La Leggenda di Syra
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Anteprima del libro
La Leggenda di Syra - Giuseppe Mariano Greco
La leggenda di Syra
di
Giuseppe Mariano Greco
Prefazione
Ciò che vi propongo è un viaggio a ritroso nel tempo, in un’epoca in cui l’Italia era abitata da più popoli in
continua lotta tra loro per l’egemonia sui territori.
Ci sono state tramandate molte leggende di quell’era; una di queste è la leggenda di Syra.
Buona lettura
1 le origini
Calabria Citra anno 378 a.C.,
È una calda sera di maggio, il sole è appena scomparso dietro le colline ed un’ultima luce rossastra illumina la cittadina di Pandosia *1 . Un silenzio che trasmette pace e tranquillità regna tra le sue case e vie; si ode raramente solo il guaito di qualche cane e, da lontano, gli ululati di un branco di lupi provenienti dalla montagna che, con il suo verde lussureggiante, si impone tutto intorno quasi come a proteggere ed abbracciare le abitazioni in sassi che compongono l’Urbe.
La maggior parte degli uomini non è presente in città, alcuni lontani con le greggi, fonte di ricchezza principale di questa gente, altri, i guerrieri, presidiano gli Oppidium *2 perché è loro dovere difendere tali postazioni militari, soprattutto in guerra; essi appartengono al popolo dei Brettii *3, in guerra per la loro indipendenza dal Popolo Lucano, di cui fanno parte per stirpe ed a cui sono assoggettati da sempre.
Da una delle case di Pandosia (la più grande per struttura e posta al centro dell’urbe, costruita interamente in muratura e con tetti in legno ricoperti da tegole, con un cortile adiacente all’ingresso principale ed un giardino fiorito e recintato nella parte posteriore della dimora) giungono urla di dolore di una donna che interrompono la quiete del villaggio. Dopo pochi minuti le urla di dolore vengono sostituite da gemiti di un neonato appena venuto al Mondo.
L’ultima luce solare ha abbandonato la stanza di Ezia, sostituita dalla penombra dei lumi ad olio; la giovane mamma è nel suo letto, i suoi lunghi capelli di colore nero corvino fini ed ondulati scendono lungo il suo bellissimo viso e lungo le spalle fin quasi a coprirle il petto. Sta seduta sorretta dai cuscini ed indossa una semplice veste di cotone bianco, nel contempo stringe tra le sue braccia, adagiata al seno, sua figlia nonché primogenita del più valoroso guerriero di Pandosia, Alcide, Re dei Brettii. Gli occhi grandi e scuri di Ezia scrutano la bimba alla sua prima poppata con uno sguardo intenso di gioia e di preoccupazione.
La sorella di Ezia, Ofelia, è la nutrice del villaggio. Più anziana della sorella di dieci anni; ha lunghe trecce tenute sul capo con fermagli in bronzo e pietre colorate; un po’ robusta e con le guance rosse, vestita con un abito in cotone color rosso pompeano, il colore del sangue. Sta seduta su uno scanno vicino al letto della sorella stremata dalla stanchezza e osserva la nipotina. Notando il viso teso di Ezia si rivolge alla sorella chiedendole "Sorellina, gli Dei ti sono stati propizi, il tuo sposo sarà allietato al suo ritorno nel trovare te in salute e lui padre.
Cosa turba la tua mente?"
Si Ofelia, gli Dei mi son stati vicini, è bellissima! Non sono però sicura che Alcide sia lieto di trovare al suo ritorno una figlia e non un figlio! Ha sempre desiderato un erede maschio
.
Ed Ezia, con tono rassicurante Un giorno gli darai anche un maschio o, magari più di uno, Alcide sa che non dipende da te, ma dagli Dei! Saprà attendere e saprà accogliere la sua principessa
Per un attimo Ofelia si zittisce, le si illumina lo sguardo di colpo e sorridendo esclama "Dobbiamo darle un nome! Hai già
pensato a come chiamarla?
Syra. Cosa ne pensi?
Syra, mi piace, un bel nome! Al ritorno di Alcide dovremmo sacrificare un Toro agli Dei. Vanno ringraziati per il loro dono. Incaricherò mio marito, ora dammi la piccola e riposa".
Nella stessa giornata, ad alcuni Km di distanza, all’Oppidium di Pandosia, i capi guerrieri ed altri importanti componenti della società stanno terminando la cena a base di carne di capra e frutti vari, il tutto accompagnato da Vino allungato all’acqua, bevanda molto gradita e importata dalle vicine città di origine Greca come Thurii *4 e Hipponion*5.
I commensali sono distribuiti come a formare un largo quadrato, al centro c’è la brace dove è stata cotta la carne che oramai dimora negli stomaci degli avventori. Alcuni degli uomini sono accovacciati su cuscini, altri seduti a gambe incrociate, altri quasi sdraiati. Tutto intorno bassi tavoli in legno su cui sono appoggiati vassoi con frutta di vario tipo e anfore di ceramica colmi di vino e di acqua, tutte dipinte con immagini dei volti degli Dei.
Egidio, Re della città di Aufugum*6 è ospite dell’Oppidium di Pandosia; uomo robusto, muscoloso, imponente seppur non più giovane. La sua barba è più bianca che nera, come la sua folta capigliatura che non sembra risentire dell’età che avanza; alzando un calice colmo del nettare degli Dei, rivolge lo sguardo verso Alcide e tutti i presenti e propone un brindisi "Nobile Alcide, Re di Pandosia e dei Brettii nonché mio amico fraterno, brindo a te, alla tua gente, alla tua ospitalità ed al nostro popolo! Con l’augurio che presti ci si liberi
dall’ingerenza dei Lucani!"
I calici si alzano e tutti bevono. Alcuni piegano la loro coppa per far penetrare anche l’ultima goccia nella loro gola assetata, altri la svuotano sino a far traboccare il vino fuori dalle labbra fino alle vesti. Molte di queste genti non aveva modi fini e gentili, solo i Nobili avevano maniere più appropriate apprese grazie ai viaggi nelle vicine città Greche.
Alcide è un uomo di trenta anni, possente, indossa lo Schiniere sulla gamba sinistra ed una armatura di cuoio su una veste blu; le braccia e le cosce sono nude e poderose, abituato sin da ragazzo a maneggiare gladio, lancia e scudo; bevuto il vino per onorare l’amico, poggia il calice sul piccolo tavolo che ha alla sua destra e si alza, anche per sgranchire un po’ le gambe. Si rivolge con lo sguardo all’ ospite e gli dice Egidio, fratello mio, sono felice che tu sia qui; hai lasciato la tua città ed il tuo Oppidium in tempi pericolosi per farmi visita; mi auguro che il banchetto preparato in tuo onore sia stato di tuo gradimento. Ti comunico però che i tempi non sono maturi per una indipendenza del nostro popolo, altre lune dovranno trascorrere prima che questo tempo giunca. Eri presente all’ultimo consiglio; si è deciso che vanno difese le nostre greggi dai ladri lucani e nessun dazio dovrà essere pagato dalla nostra gente né ai Lucani né ai Siracusani ma e si è anche deciso di non attaccare in territorio nemico, è troppo rischioso! Sono molto più numerosi, finiremmo per divenire loro schiavi per sempre
. Un sorriso ironico ma amicale traspare sulle labbra di Alcide che domanda Ma dimmi, per questo hai deciso di farmi visita? Non per la mancanza di un vecchio amico?
Alcide, Il consiglio fa ciò che dici tu. Sei tu che non vuoi lo scontro diretto e nessuno nel consiglio osa opporsi a te, al Re di Pandosia, al Re dei Re; sono qui per convincerti a far guerra ai Lucani nel loro territorio e ti sono troppo amico per temere la tua collera o la tua disapprovazione
Nessuno? Tu, non ti stai opponendo forse? Non ti sei già opposto in consiglio? Gli altri sono d’accordo con me per questo non si oppongono, le decisioni del consiglio sono inderogabili, opporsi è inutile e, non sarò mai in collera con te per una divergenza di opinioni
. "Alcide, sono convinto della nostra superiorità, siamo più forti ed abili nel combattimento, se solo inserissimo nelle nostre fila i soldati delle città che