Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Il prezzo delle Lacrime
Il prezzo delle Lacrime
Il prezzo delle Lacrime
E-book101 pagine1 ora

Il prezzo delle Lacrime

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Fantasy - romanzo breve (68 pagine) - Quale prezzo deve pagare un eroe solitario, Jarek di Ishdar, per diventare signore della città delle Lacrime?


Jarek, capitano della guardia di Ishdar – una città-stato ricchissima grazie alle Lacrime di Oghar, cristalli presenti solo nelle sue miniere – conduce l'esercito del suo signore a una vittoria insperata e salva la città dalla capitolazione, ma il giorno del suo trionfo si trasforma in un incubo, quando il principe Ayrant, anziché premiarlo, gli rivela che lo scontro andava perso e che teme per la sua vita a causa di una congiura. Jarek deve fuggire, rivelando tutta la verità su se stesso e sulle sue imprese. E dovrà lottare al prezzo della vita, per dimostrare ciò che vale e conquistarsi la fiducia del popolo della città delle Lacrime.


Giovanni Pagogna nasce a Belluno nel 1980 e vive tra i boschi delle Dolomiti. Ha pubblicato il romanzo Il Trono delle Ombre, edito da Rizzoli. Su invito dei curatori, ha contribuito all'antologia fantasy a scopo benefico Storie di Confine.

LinguaItaliano
Data di uscita12 nov 2019
ISBN9788825410464
Il prezzo delle Lacrime

Leggi altro di Giovanni Pagogna

Correlato a Il prezzo delle Lacrime

Ebook correlati

Fantasy per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Recensioni su Il prezzo delle Lacrime

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Il prezzo delle Lacrime - Giovanni Pagogna

    Confine.

    1

    L'alba era passata da poco e il sole cominciava a fare capolino oltre le pareti del cratere, una striscia rosso scuro che andava da un orizzonte all'altro avvolgendo la città di Ishdar. Le prime luci fecero luccicare la roccia nera del Pilastro degli Dèi, scolpito nelle mille torri e guglie della fortezza del principe, e subito dopo illuminarono le pale degli immensi mulini a vento che attingevano al lago sotterraneo per creare una moltitudine di cascate, alimentando i canali con cui i primi coloni avevano trasformato una distesa senza vita in un giardino fiorito. Oltre la reggia e le tre cerchie di palazzi, caravanserragli e mercati, si estendeva un'ultima fascia di campi e frutteti che arrivava fino ai bastioni e alla Porta del Sale, già affollata nonostante fosse ancora chiusa. I raggi di sole scesero a lambire le mura di pietra rossa, facendo scintillare gli elmi e le lance delle guardie, mentre l'ombra degli spalti tagliava a metà lo spiazzo vuoto davanti ai cancelli.

    Un uomo a cavallo avanzò attraverso la spianata e si fermò al limitare dell'ombra, una mano che tormentava il corno che portava a tracolla e lo sguardo fisso sui bastioni sempre più affollati di armigeri, vecchi, donne e bambini che osservavano lui e il deserto alle sue spalle, ancora ricoperto di sangue e armi spezzate. Aveva capelli neri lunghi fino alle spalle protette da un'armatura di cuoio, un accenno di barba e occhi azzurri che rischiaravano il volto segnato dal sole. Una folata di vento lo investì, sollevando una nube di polvere che lo avvolse prima di vorticare a mezz'aria fino ai battenti alti venti braccia.

    – È un segno del cielo! – gridò qualcuno. – Un invito degli dèi!

    Un brusio d'eccitazione percorse le mura e si diffuse nelle strade, poi la città risuonò dei rintocchi che annunciavano la fine dell'ultima veglia notturna, e il vociare della folla crebbe come il ronzio di un alveare.

    L'uomo trasse un profondo respiro. – Forza, bello – disse spezzando il silenzio prima di portare il corno alle labbra. – Questa sarà una grande giornata.

    Al suono dello strumento, le strade parvero esplodere di eccitazione e i cancelli presero quasi a vibrare per la forza delle grida.

    – Chi va là? – chiese una voce dall'alto. La vedetta dovette sgolarsi per farsi sentire sopra al frastuono.

    – Jarek di Ishdar! Ho compiuto la mia missione!

    – A chi sei fedele?

    – Alla corona! Ora e sempre!

    – Aprite le porte! – tuonò la guardia. – Fate entrare il salvatore della città!

    Non appena i battenti si aprirono, il boato della folla investì Jarek come un'onda che fece scartare il cavallo di lato. Oltre la porta lo attendeva un calderone ribollente di volti, braccia e colori. La strada, di solito abbastanza ampia da permettere il passaggio di due carri affiancati, era ridotta a un budello che la guardia cittadina manteneva aperto a stento sotto la pressione della calca.

    Dèi, quanti sono.

    Gli parve impossibile che fossero tutti lì per acclamarlo. Fino al giorno prima era stato soltanto il capitano della porta, messo senza spiegazioni alla testa di un'accozzaglia di vecchi male in arnese e tagliagole ripescati dalle prigioni per ingrossare le fila dell'esercito in una battaglia che sembrava persa in partenza. E così era stato, finché lui non aveva ribaltato le sorti dello scontro. Avrebbe voluto chiamarlo eroismo, ma sapeva che era stata soltanto fortuna. Non capiva nemmeno come ci fosse riuscito, e adesso si trovava catapultato in qualcosa di più grande di lui, con le budella che si torcevano come a un ragazzino sulla porta di un bordello. Poi la moltitudine iniziò a scandire il suo nome mentre gli armigeri sulle mura battevano le lance sugli scudi, e la tensione che lo paralizzava si sciolse in una strana euforia.

    Non è un sogno. È tutto vero, si ripeté. Credeva di avere già avuto il suo grande momento anni prima, quando aveva salvato la vita al sommo sacerdote di Helvas, e gli era parso qualcosa di irripetibile, ma non era niente rispetto a quell'accoglienza trionfale. Questa è gloria!

    Spronò il cavallo e avanzò tra le due ali di folla che si protendevano verso di lui, mentre i suoi uomini, i guardiani della Porta del Sale, lo coprivano di complimenti che avrebbero fatto arrossire un marinaio. Giovani dalle vesti candide gettavano fiori al suo passaggio e tutto intorno, dalle finestre delle case, sui tetti e nei campi, altri sventolavano stendardi con l'aquila dorata in campo nero del principe Ayrant. Il frastuono era così forte da coprire persino il rombo delle cascate, pareva che tutta Ishdar si fosse fermata per rendergli omaggio, e il cuore minacciava di scoppiargli d'orgoglio. In un'occasione del genere, quasi gli dispiaceva di non avere una famiglia che potesse vederlo. Anzi, si corresse, magari suo padre c'era. Che ne sapeva, non l'aveva mai conosciuto. Se sei qui, vecchio, bevine una alla mia salute. E strozzatici.

    Il pensiero di non avere nessuno con cui condividere quel momento lo rabbuiò, ma poi la folla si aprì davanti a lui perché aveva raggiunto il primo dei ponti-tempio della città, quello di Idlys, dea della terra e delle messi, e l'emozione prese di nuovo il sopravvento. Due alberi colossali spuntavano dalla sponda più vicina del canale e si piegavano ad arco verso quella opposta, unendosi ad altri due plasmati allo stesso modo dagli incantesimi dei druidi. I rami intrecciati formavano un passaggio e le fronde davano vita a una galleria pervasa da una luce color giada.

    La somma sacerdotessa Aladria lo attendeva sulla sommità dell'arcata, dove le fronde si aprivano in una terrazza fiorita, avvolta da una tunica di un tenue colore verde che virava verso il giallo, poiché l'autunno era alla porte.

    – Che la dea ti benedica – lo accolse la donna, quindi sfiorò il ciondolo raffigurante la luna piena che portava al collo. – A te che hai combattuto per noi, auguriamo un futuro di pace.

    A un suo cenno, due druidi presentarono a Jarek una coppa colma di semi e un falcetto d'argento.

    – Che d'ora in poi dalle tue mani nasca soltanto nuova vita – aggiunse la sacerdotessa mentre alcune novizie prendevano i doni dai druidi e iniziavano a scendere lungo l'altro lato del ponte.

    Dubito nascerà dalle mani, pensò lui nel ringraziarla. Se c'era una cosa che non aveva intenzione di fare, era di finire i suoi giorni a spezzarsi la schiena nei campi. Se Idlys voleva benedirlo, c'erano modi più piacevoli di celebrare la fertilità.

    Seguì le novizie sull'altra sponda, dove i campi lasciavano il posto a bancarelle e botteghe. La calca era ancora maggiore che alle porte della città, perché alla folla festante si mescolavano i mercanti giunti a Ishdar per scambiare merci e soprattutto per acquistare le Lacrime di Oghar, cristalli unici al mondo capaci di prolungare la vita dei pochi che potevano permetterseli. Fra balle di tessuto sommerse di bambini che lo additavano strillando e mucchi variopinti di spezie, si intravedevano i turbanti degli uomini delle Terre del Tramonto, le trecce legate con rune d'oro dei nordici, la pelle ambrata e gli sguardi fieri delle cacciatrici ashare, e le corone di zanne dei capi bu'lani, adorne di gemme grosse come noci. I canali invece erano ingombri di chiatte che spostavano le merci dai caravanserragli al

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1