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A caccia di fantasmi
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A caccia di fantasmi
E-book176 pagine1 ora

A caccia di fantasmi

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Info su questo ebook

L'ebook – semiserio nel suo essere – può essere sintetizzato con una semplice battuta: c’è bisogno di fantasmi come c’è bisogno di fantasia. E ci conviene vivere con loro, quale utile antidoto a un eccesso di realtà, sempre più deprimente. Una lettura insolita e divertente che può prestarsi a un’utile riflessione.
LinguaItaliano
Data di uscita25 feb 2011
ISBN9788897268055
A caccia di fantasmi
Autore

Leandro Castellani

Nato a Fano, vive a Roma. Noto autore e regista che alla tv, e più sporadicamente alla radio e al cinema, ha dato un valido e originale contributo spaziando dal grande sceneggiato (Le cinque giornate di Milano, Orfeo in paradiso, La gatta, Incantesimo, ecc.) all’inchiesta storica (La bomba prima e dopo, Mille non più mille, ecc), alla biografia (Tommaso d’Aquino, Don Bosco, ecc.) ottenendo i massimi riconoscimenti internazionali (Leone d’Oro di Venezia, Prix Italia, Festival di Montecarlo, Mosca, Villerupt, Chan-chung (Cina),ecc. È autore inoltre di numerosi volumi di carattere storico (Mistero Majorana), giornalistico (Giallo storia), di critica (Umorismo e comicità) di costume (Lo Strauss della Romagna), di saggi sulla comunicazione e i media (Premio Fabbri, Premio Capri, Premio “Scrivere di cinema”), di opere di narrativa (Lavinia, Il profeta, Un provvisorio stabile, Occhi da cinema Premio Domenico Rea 2009).

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    A caccia di fantasmi - Leandro Castellani

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    Leandro Castellani

    Nato a Fano, vive a Roma. Noto autore e regista che alla tv, e più sporadicamente alla radio e al cinema, ha dato un valido e originale contributo spaziando dal grande sceneggiato (Le cinque giornate di Milano, Orfeo in paradiso, La gatta, Incantesimo, ecc.) all’inchiesta storica (La bomba prima e dopo, Mille non più mille, ecc), alla biografia (Tommaso d’Aquino, Don Bosco, ecc.) ottenendo i massimi riconoscimenti internazionali (Leone d’Oro di Venezia, Prix Italia, Festival di Montecarlo, Mosca, Villerupt, Chan-chung (Cina),ecc. È autore inoltre di numerosi volumi di carattere storico (Mistero Majorana), giornalistico (Giallo storia), di critica (Umorismo e comicità) di costume (Lo Strauss della Romagna), di saggi sulla comunicazione e i media (Premio Fabbri, Premio Capri, Premio Scrivere di cinema), di opere di narrativa (Lavinia, Il profeta, Un provvisorio stabile, Occhi da cinema Premio Domenico Rea 2009).

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    Gli altri libri di Leandro Castellani:

    Parte prima

    VIAGGIO NEL BRIVIDO

    Oltre ad essere la terra di Agatha Christie, di Alice nel paese delle meraviglie e della famiglia reale, la Gran Bretagna viene considerata anche la terra dei fantasmi. Anzi soprattutto dei fantasmi, fantasmi d’origine controllata, domiciliati di solito negli altrettanto famosi castelli inglesi. Da quelle parti è addirittura disponibile una guida tascabile nella quale viene specificato dove e a che ora incontrarli, le precauzioni da osservare e così via.

    Eppure, prove alla mano, anche la nostra Italia, oltre che terra di eroi, santi, navigatori e mafiosi, può dirsi terra di fantasmi. Fantasmi di ogni tipo, da quelli freddi e compassati, quasi made in England, come Bianca di Collalto, a Susegana, che si affaccia alla finestra solo una volta l’anno, a quelli estrosi e salutisti come il quertur di Sondalo, che ama fare il bagno nel fiume Adda. Fantasmi tuttora in stato di servizio attivo, come i coboldi di Savigliano, in Piemonte, che nottetempo intrecciano le code dei cavalli per fare dispetto agli ultimi carrettieri sopravvissuti.

    Ma è possibile leggere dietro questo grande centone di cose viste e non viste, immaginate o incontrate, una fetta dei nostri terrori ancestrali, una sorta di calderone delle paure infantili su cui riflettere o da cui liberarci?

    Questo viaggio nel brivido, alla ricerca dei fantasmi italiani, vuol essere anche un viaggio nel nostro inconscio collettivo, nel reame delle nostre favole, nell’universo delle nostre paure, un universo che giustifica l’odierno successo della fantascienza, dei fantasy, dei fumetti dell’orrore e di tante altre cose. E gli UFO? Sono tra noi? Parenti dei fantasmi? Da dove provengono e perché? Cosa vogliono? Come recita all’amico il principe Amleto, vittima disincantata del dubbio e delle tragedie domestiche, ci sono più cose fra cielo e terra, Orazio, di quante non ne enumeri la nostra filosofia. E da oltre quattrocento anni, il buon Orazio non sa cosa rispondere.

    CAPITOLO 1

    FANTASMI PER AMORE

    Amarsi a Gradara

    Se vi interessa incontrare i protagonisti della più famosa love story del mondo - dopo quella di Romeo e Giulietta, naturalmente - cercate di transitare, ma non prima di mezzanotte, sotto il lato est delle mura di Gradara, la parte più vecchia e incontaminata del Castello.

    Gradara, in provincia di Pesaro ma a pochi passi dalla romagnola Cattolica, è una delle mete più frequentate dal turismo adriatico. Dunque non provateci durante l’estate, quando le note fragorose delle discoteche seminate nei dintorni, le gincane automobilistiche al chiaro di luna o i cori dei turisti tedeschi inneggianti al vino e alla piadina sarebbero in grado di neutralizzare anche i gemiti dei fantasmi più volonterosi.

    Invece, nelle notti d’inverno, quando la nebbia si trasforma in brina e il respiro in nuvola di fumo, non è improbabile che riusciate a udire distintamente i lamenti di Paolo e Francesca, intrecciati in un unisono d’amore. Riprova indiscutibile che il dramma cantato da Dante avvenne proprio qui, nonostante i dubbi insinuati da qualche storico puntiglioso. La prova fantasma è la più convincente.

    Ma procediamo con ordine. Siamo nel secolo tredicesimo. Francesca, figlia di Guido da Polenta, è una fanciulla dolcissima e bellissima, che si affaccia a quel mare di sentimenti tremori speranze e sogni in cui naviga l’adolescenza. La vogliono sposa a un Malatesta, la potente famiglia che domina Rimini e la Romagna. Ma il Malatesta prescelto per impalmare l’eterea fanciulla ravennate è Gianciotto, un essere deforme e ignobile, brutto nel corpo e cattivo nell’anima, come vuole la migliore tradizione favolistica, una sorta di ripetizione casalinga dello shakespeariano Riccardo III. Consapevole della sua scarsa avvenenza, Gianciotto ritiene più opportuno delegare il fratello Paolo, famoso invece per la sua bellezza, quale latore della richiesta ufficiale alla corte di Ravenna.

    Dal solito spioncino, immancabile in ogni castello medioevale, Francesca riesce a spiare il bel Paolo a colloquio col genitore.

    - Chi è quel giovane così leggiadro?, chiede arrossendo alla fedele nutrice. E la fedele nutrice, svanita e un po’ ruffiana come tutte le nutrici, risponde: - Ma è il Malatesta, venuto a chiedere la tua mano!

    Francesca cade nell’equivoco - contatti diretti fra i due giovani non sono previsti dallo sbrigativo cerimoniale dell’epoca - e riserva immediatamente un’ampia porzione del suo cuore all’incantevole cavaliere.

    Concluse per procura le nozze, Francesca raggiunge il Castello di Gradara e scopre l’inganno. Il suo sposo non è il bel giovane intravisto dallo spioncino della reggia paterna ma un essere bieco e deforme, Gianciotto.

    Glissiamo sulla luna di miele, presumibilmente agghiacciante, e arriviamo al cuore del dramma. Ci soccorre Dante: amor che a nullo amato amar perdona...

    Paolo il bello ha la sciagurata idea di proporre come sollazzevole passatempo per la misera cognata la lettura degli amori di Lancillotto e Ginevra, una sorta di soap opera dell’epoca, potremmo dire. Il libro, è inevitabile, funziona da miccia e da scintilla, e i due giovani scoprono l’amore.

    Scoppia il dramma. Gianciotto fiuta il tradimento. Ci sarà stato lo Jago di turno a sobillarlo? La storia non lo dice. Fatto sta che il marito cornificato finge una partenza, torna sui suoi passi, si apposta dietro l’uscio della camera fatale, sorprende i due amanti.

    Per sottrarsi al pugnale del fratello, Paolo si getta dalla finestra ma rimane impigliato al ferro dell’imposta, Gianciotto gli è addosso, Francesca si frappone fra i due e si becca la pugnalata in pieno petto. Poi il gobbo assassino si accanisce anche contro il fratello rivale...

    All’epoca la vicenda dovette far scalpore se Dante, assiduo frequentatore di casa Da Polenta, ne fu così impressionato da riservarle uno dei momenti più alti e suggestivi della sua Divina Commedia.

    Per secoli la tradizione ha ritenuto teatro del delitto il castello di Gradara, dove vi mostreranno anche la camera di Francesca, l’ingresso segreto, l’uscio dell’agguato, la finestra con la micidiale imposta e così via.

    Ma c’è di più. Nel 1790 fu rinvenuto nel castello lo scheletro di una donna ricoperta di gioielli e vesti preziose: era Francesca? Francesca! decretò il popolo, fugando ogni dubbio! E Paolo? Non voleva la tradizione che i due amanti fossero stati sepolti nella stessa tomba? E se poi qualche malvagio li avesse separati? Troverebbero piena giustificazione i periodici lamenti notturni dei due infelici innamorati che invocano la riunificazione!

    La prova incontrovertibile che vuole Gradara sede della tragedia sono proprio quei lamenti - lamenti d’amore, è fuori discussione - che di tanto in tanto, quando tacciono le discoteche, si elevano strazianti dagli spalti. E se una notte o l’altra apparissero anche i fantasmi, completi di ricche vesti, oppure avvolti nel tradizionale lenzuolo svolazzante o, meglio ancora, nudi come mamma li fece, stando alla tavola illustrata del Dorè? La locale benemerita Pro loco offrirebbe sicuramente una lauta ricompensa al fortunato... visionario.

    La ninfomane delle Giudicarie

    A viaggiare dalle parti di Creto, in Trentino, osservando il consueto orario notturno, c’è da imbattersi nel fantasma di una ninfomane: eh sì, pane al pane, perché proprio di una ninfomane si tratta! È consigliabile che i giovanotti, smaliziati o ingenui che siano, rimangano ben serrati in casa, non solo nelle notti di bufera (il che sarebbe comunque consigliabile!) ma anche in quelle di luna piena. Potrebbero veder apparire un cavallo bianco con la criniera al vento e, in groppa al medesimo, la bellissima sagoma di Dina Lodron, la ninfomane delle Giudicarie. E sarebbero dolori, nonostante le lusinghe di tanta avvenenza.

    La storia del fantasma è la seguente: Dina è la figlia di Paride Lodron, una sorta di concentrato di Duca Valentino e Conte Cagliostro messi assieme, avvelenatore di amici e parenti, seviziatore di uomini e violentatore di donne. La figlia ha ereditato dal genitore non solo la residenza di Castel Romano ma anche le peggiori predisposizioni. Suo sport preferito è quello di prelevare i giovanotti più gagliardi della zona e, dopo aver soddisfatto i sensi con adeguata orgia, liberarsi di

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