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Politica ambientale e inquinamento nel diritto internazionale - Paolo De Santis
Politica ambientale e inquinamento nel diritto internazionale - Paolo De Santis
Politica ambientale e inquinamento nel diritto internazionale - Paolo De Santis
E-book211 pagine2 ore

Politica ambientale e inquinamento nel diritto internazionale - Paolo De Santis

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La politica ambientale rappresenta una frontiera ancora da delimitare. E il mare come soggetto giuridico è una "res nullius", ovvero non legato a codici e limitazioni. Nel tempo è divenuto per questo un non luogo dove scaricare rifiuti di ogni genere.
LinguaItaliano
EditoreAbel Books
Data di uscita28 giu 2011
ISBN9788897513087
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    Politica ambientale e inquinamento nel diritto internazionale - Paolo De Santis - Paolo De Santis

    Paolo De Santis

    Politica ambientale e inquinamento nella politica internazionale

    Abel Books

    Proprietà letteraria riservata

    © 2011 Abel Books

    Tutti i diritti sono riservati. È  vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico.

    Le richieste per l’utilizzo della presente opera o di parte di essa in un contesto che non sia la lettura privata devono essere inviate a:

    Abel Books

    via Terme di Traiano, 25

    00053 Civitavecchia (Roma)

    ISBN 9788897513087

    INDICE

    Introduzione

    Il diritto internazionale marittimo e la sua

    evoluzione

    Capitolo I

    Aspetti geografici, storici e giuridici del Mediterraneo

    Problemi di delimitazione e cooperazione tra gli Stati del Mediterraneo

    Capitolo II

    Politica ambientale e inquinamento nel diritto

    internazionale

    L’inquinamento nell’ambiente marino e le principali

    fonti di inquinanti

    Episodi di inquinamento da navi

    Capitolo III

    La tutela dell’ambiente marino

    Sezione I: La normativa internazionale generale

    Diritto internazionale e obblighi  degli Stati per la protezione dell’ambiente marino

    La Convenzione di Montego bay

    Sezione II: La normativa internazionale in particolare

    La normativa comunitaria per la protezione del Mediterraneo

    Normativa mediterranea e Convenzione di Barcellona

    Sezione III: La normativa italianaNormativa italiana e suo adattamento al diritto internazionale

    Legge 1982/979 Disposizioni sulla difesa del mare

    Legge 1986/349 Danno ambientale

    Capitolo IV

    Danno ambientale

    Responsabilità degli Stati in materia di lotta all’inquinamento e risarcimento del danno

    Fondo internazionale e comunitario in materia di risarcimento del danno ambientale

    Capitolo V

    Prevenzione e controllo

    Le Convenzioni internazionali in materia di sicurezza

    Considerazioni conclusive

    Introduzione

    Uomo libero, sempre amerai il mare, scriveva Charles Baudelaire nei suoi celebri "I fiori del male". Viene spontaneo affidarsi alle parole di un poeta per esprimere al meglio i sentimenti e l’infinita serie di riflessioni che subito si affollano al pensiero quando lo si rivolge al mare. Eterna fonte d’ispirazione per gli uomini, si tratti di sfidare l’ignoto, di partire per l’avventura, di esplorare altre usanze e modi di comportamento.

    Un mare - il Mediterraneo - che richiama alla mente l’idea di viaggio, di intraprendenza e di coraggio verso l’altrove, ma che rappresenta anche una grande potenzialità economica e quindi un panorama significativo ed unificante per lo sviluppo delle popolazioni che su di esso si affacciano.

    Ma la storia del Mediterraneo comprende anche guerre e scorrerie, antiche e recenti, porta invasori e saccheggi, come ha portato idee, scoperte e progresso. Ed è con l’avanzamento del processo di integrazione europea ed internazionale che si ampliano gli orizzonti e si attribuisce anche al Mediterraneo un ruolo unico ricco di potenzialità, ed ogni comunità, consapevole della propria importanza, è chiamata ad interpretarne le prospettive.

    Ma per capire cosa veramente sia il Mediterraneo, inteso come spazio riempito di cose terrestri, dobbiamo far riferimento ad una citazione di Fernard Braudel che considera il Mediterraneo come un immenso spazio-movimento, ossia un unico immenso sistema di movimento composto da pianure liquide comunicanti per mezzo di porte più o meno larghe, e dichiara in tal modo l’assoluta identità tra le vie d’acqua e di terra. Ma egli si comporta secondo una consolidata tradizione che obbedisce ad una duplice e soltanto in apparenza contrastante strategia che faccia capire cosa sia il Mediterraneo, strategia intesa a negare la legittimità di ogni riduzione della realtà a specifiche e circoscritte categorie, a determinazioni statiche e autosufficienti.

    Così secondo Pierre Deffontaines l’idea di Mediterraneo nel concreto non esiste, nel senso che di fatto esso è composto da un complesso di bacini l’un dall’altro autonomi e separati, sicché il nome Mediterraneo dovrebbe sempre essere impiegato al plurale e quindi rifiuta ogni tipo di generalizzazione.

    In maniera opposta ma in realtà concomitante, Ellen Semple si accorge invece che la struttura del Mediterraneo è ricorsiva ed obbedisce ad un unico modello, secondo il quale il mare sta dentro un altro mare che ha la sua stessa struttura. Si tratta quindi della negazione di ogni specificità basata su ciò che Semple chiama omologia della forma geografica.

    Ma comunque si voglia intendere l’idea di Mediterraneo, ciò che occorre focalizzare e mettere in luce all’attenzione della comunità europea ed internazionale è la sua continua ed inesorabile alterazione dei valori dell’ecosistema che lo costituisce con conseguente riflesso sulle popolazioni che da esso ne traggono sostentamento e che in esso riversano la maggior parte delle risorse produttive.

    In quest’opera si cerca di far luce sulle principali cause che minano la sopravvivenza dei mari e del Mediterraneo in particolare con uno sguardo profondo che si sposta dalle iniziative internazionali fino a toccare quelle locali che prestano più attenzione, in quanto più direttamente coinvolte, alla tutela dell’ambiente circostante anche se con minori risultati per la scarsa importanza dovuta ad un disinteresse di chi utilizza tali risorse solo ed esclusivamente per uno scopo di lucro, incurante degli effetti devastanti che tale indiscriminato sfruttamento arreca all’ambiente.

    Inoltre si guarderà anche a ciò che realmente si intende per danno ambientale con specifico  riferimento agli inquinanti da idrocarburi che attraverso il loro trasporto per mezzo di navi sono le principali cause di contaminazione del mare, con riferimento ad episodi di particolare gravità che hanno risvegliato nella coscienza collettiva ed internazionale un’esigenza di maggior tutela e controllo. Questo lavoro di prevenzione per la tutela dell’ambiente marino si realizza anche attraverso uno studio delle responsabilità oggettive  e soggettive dei danni causati all’ambiente attraverso il principio chi inquina paga e lo stanziamento di fondi per fronteggiare i danni arrecati oltre che all’ambiente anche agli individui che, inconsapevoli, sono stati soggetti in prima persona alla politica dell’enrichment.  Il diritto internazionale ha origine dalla coesistenza degli Stati e può quindi definirsi come il diritto della comunità degli Stati. In quanto tale esso si forma al di sopra delle parti ma non disciplina solo materie riguardanti rapporti interstatali, bensì si occupa anche dei rapporti interindividuali interni allo Stato. Ed è quindi compito dello stesso rispettare tali norme attraverso la loro proiezione nel diritto interno. La codificazione del diritto internazionale, inteso in senso lato, sta ad indicare la formulazione precisa e completa delle norme regolatrici dei rapporti tra Stati in un determinato campo o settore di interesse generale, da stabilirsi mediante trattati generali. Mediante la codificazione si realizza quindi una sistemazione completa ai fini della certezza dei rapporti giuridici nell’ambito del settore considerato e quindi nella preparazione di Convenzioni su materie che non sono ancora regolate dal diritto internazionale o riguardo alle quali la pratica degli Stati non appare sufficientemente sviluppata. Si tratta quindi di produrre nuove norme di diritto internazionale o di modificare quelle esistenti per adeguarle ai nuovi bisogni della Comunità internazionale. La codificazione in senso stretto del diritto internazionale consiste invece nella riduzione in forma scritta o nella raccolta sistematica  delle norme e dei principi relativi a quei campi che sono già regolati dal diritto internazionale; o in cui si riscontra una prassi uniforme già diffusa ed il consenso dei precedenti e della dottrina. Si svolge quindi un’attività dichiarativa, poiché ci si limita a coordinare le norme già esistenti relative a determinate materie di interesse generale. Una di queste materie di interesse generale è sicuramente il diritto marittimo cui la comunità internazionale ha dato un contributo molto forte attraverso una serie di conferenze che sono state convocate per tale scopo. Occorre quindi esaminare l’evoluzione della realtà politica, sociale ed economica che si è manifestata nel dominio dei mari e che ha una notevole influenza sull’opera di codificazione del diritto del mare.

    Il diritto internazionale marittimo e la sua evoluzione

    Il più antico testo legislativo in materia marittima è costituito dalle leggi di Hammurabi, re di Babilonia (2285 a.C.), non risultano invece tracce di leggi greche dato che la navigazione era affidata esclusivamente alle consuetudini. Bisogna attendere il sec. VIII d.C. per avere una raccolta privata di consuetudini, detta Lex Rodhia, che fu applicata per vari secoli nell’Italia meridionale e in tutto l’Adriatico e che costituisce una delle più cospicue fonti del diritto marittimo medioevale. Il principale testo dell’alto medioevo è invece il Consolato del mare, che costituì la legge comune del bacino del Mediterraneo e che fu utilizzato anche per le zone dell’Oceano Atlantico e dei mari del Nord. Il primo testo di leggi marittime, di carattere pubblico e privato, che costituisce l’inizio della moderna codificazione del diritto marittimo ed ebbe un’influenza decisiva su tutto lo svolgimento delle legislazioni successive è l’Ordonnance de Louis XIV. Ma la moderna unificazione del diritto marittimo è stata anche aiutata dall’esistenza di numerosi codici marittimi, i quali, sebbene non promulgati da nessuna autorità sovrana, gradualmente assunsero un carattere obbligatorio. Il loro valore straordinario sta nel fatto che essi contenevano norme riconosciute dalla pratica di essere appropriati alle necessità di una comunità che non conosce confini, la comunità internazionale dei naviganti. I giuristi incominciarono ad interessarsi al diritto internazionale del mare nel momento della espansione coloniale verso i nuovi territori d’oltre mare all’incirca nel secolo XVII. Nel corso di questo periodo infatti, il diritto internazionale marittimo si è sviluppato in base agli stessi presupposti di regolamento di ordine commerciale, coloniale e militare con l’utilizzazione degli spazi marini ad opera degli Stati e conseguente conflitto di interessi  creatosi tra grandi Potenze marittime e Stati costieri per il dominio dei mari. Tale conflitto ha avuto i suoi padri in Ugo Grozio che nel 1609 pubblica Mare Liberum, nel quale sostiene la libertà dei mari e quindi l’impossibilità di fatto di occupare e delimitare una cosa che per sua natura non è delimitabile come i mari. Dietro tale dottrina l’autore vede gli interessi concreti della compagnia olandese delle Indie di fronte alle pretese del controllo esclusivo della navigazione verso le Indie orientali ed occidentali avanzate da Spagna e Portogallo. Posizione antitetica la si ebbe nel 1635 con l’opera Mare Clausum di John Selden, che vuole dimostrare la possibilità di appropriazione del mare al pari del territorio. Il primo criterio per stabilire la fascia di mare appropriabile da parte dello Stato fu proposto nel 1702 nel De domino maris disseratio di Cornelis van Bynkershoek, criterio estremamente empirico basato sull’effettivo dominio che uno Stato può avere sul mare delle sue coste: la gittata dei cannoni dalla terraferma. Ma presto ci si rese conto che tale limite sarebbe stato sempre più incerto data l’evoluzione delle artiglierie e nel 1782 Ferdinando Galiani propose quindi un limite generale di tre miglia; tale limite trovò molte conferme ma non fu accettato universalmente. Numerosi furono i tentativi di codificazione in questo secolo, presentati dapprima dalle Società delle Nazioni e successivamente dalla Organizzazione delle Nazioni Unite. Il primo tentativo di codificare taluni principi del diritto internazionale marittimo fu la Dichiarazione di Parigi del 1865, realizzato al Congresso di Parigi, al termine della guerra di Crimea. A questo tentativo ve ne seguirono altri, tutti con lo scopo di stabilire regole precise in un settore che forse più degli altri ne richiede la fissazione.  Il tentativo più recente da ricordare è costituito dalla Conferenza dell’Aja del 1930 (l’unico tentativo fallito della Società delle Nazioni), che riuscì ad approvare solo due raccomandazioni. Tale compito di codificazione fu poi ripreso dalle Nazioni Unite che promosse una Prima Conferenza sul diritto internazionale marittimo a Ginevra nel 1958 e si concluse con l’adozione del testo in quattro convenzioni. Tale Convenzione, pur avendo natura meramente dichiarativa, ha raccolto in maniera sistematica ed organica principi e norme preesistenti di diritto internazionale marittimo. Una seconda Conferenza sul diritto del mare fu convocata a Ginevra nel 1960, ma si risolse presto in un insuccesso nel tentativo di delimitare nello spazio gli interessi contrapposti tra Stati. Il diritto marittimo internazionale si è andato comunque ulteriormente sviluppando in base a criteri nuovi, dovuti in gran parte all’evoluzione tecnico-scientifica e in base a presupposti di ordine economico, che ne hanno cambiato gli aspetti tradizionali e hanno posto maggior attenzione verso lo sfruttamento delle risorse biologiche e minerali dei fondali del mare. Viene quindi considerato fondamentale non più il tradizionale conflitto tra potenze marittime e Stati costieri, ma il più vasto complesso conflitto di interessi tra Paesi industrializzati e Paesi in via di sviluppo. A ciò si aggiunga il principio dell’autodeterminazione dei popoli che ha provocato il fenomeno della decolonizzazione con conseguente rifiuto, da parte degli Stati neo-indipendenti, di quelle norme consuetudinarie e convenzionali formate in epoca coloniale con interessi del tutto diversi da quelli contemporanei. Ciò ha provocato un rapido invecchiamento delle precedenti convenzioni e la necessità di una nuova conferenza che provvedesse alla ricodificazione di tale settore. Nell’ambito della Convenzione di Montego Bay del 1982, verificatasi durante la Terza Conferenza del diritto del mare, si sono poste numerose norme innovatrici che sono state accettate dalla maggior parte degli Stati partecipanti. L’orientamento prevalso in seno alla Conferenza sul diritto del mare è quello di attribuire allo Stato costiero il controllo esclusivo di tutte le risorse economiche, sia del sottosuolo che delle acque sovrastanti. Per quanto riguarda invece le risorse dell’alto mare deve ritenersi pienamente conforme con il diritto internazionale generale la Dichiarazione dei principi dell’Assemblea generale dell’ONU che dichiarava tali risorse patrimonio comune dell’umanità.  La Terza Conferenza delle Nazioni Unite sul diritto del mare  è stata dedicata allo sviluppo progressivo del diritto internazionale marittimo, in quanto da un lato creatrice di nuovo diritto e dall’altro innovatrice del diritto preesistente. Nell’ambito della lunga lista che abbraccia tutte le questioni relative al diritto internazionale marittimo possono essere individuati tre diversi gruppi di problemi il cui ambito è stato condotto separatamente in seno alla Conferenza. Il primo gruppo di problemi riguarda la determinazione della zona dei fondali marini al di là dei limiti della giurisdizione nazionale e lo stabilimento di un regime internazionale applicabile allo sfruttamento di tali risorse. Il secondo punto riguardava invece alcune questioni concernenti l’alto mare, il mare territoriale e la zona contigua, compresa la questione della piattaforma continentale ed il regime della pesca. Il terzo problema affrontato in seno alla Conferenza concerneva la preservazione e la protezione dell’ambiente marino e la ricerca scientifica in mare. Tale questione ha richiesto l’ammodernamento di numerose norme internazionali per il loro continuo adeguamento al progresso della scienza ed ai pericoli che da questo progresso ne derivano. Molti Stati, nonostante la partecipazione ai lavori

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