Monete, denaro e sistemi di compensazione: Per l'autofinanziamento di parte dello sviluppo sostenibile
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I singoli stati membri della Comunità avranno bisogno di dotarsi di mezzi di pagamento appropriati alla loro condizione; tra questi la compensazione complementare. Il campo che meglio si presta all’impiego di questi mezzi è il mercato dei beni essenziali, per i quali si dovrà puntare al massimo livello di autosufficienza possibile. In tale ambito si formeranno circuiti di scambio quasi chiusi nei quali, com’è teorizzato da Kalecki e da von Mises, ed è dimostrato dall’esperienza, la moneta può essere sostituita con qualsiasi cosa; comprese, quindi,l’attività delle centrali di compensazione e le monete complementari dei territori.
La raccolta di saggi che forma questa piccola antologia descrive l’utilità e il funzionamento dei sistemi di pagamento complementari, ancorati alla produzione reale, al valore del patrimonio pubblico, e ai territori; e segnala una loro specificità: quella di affiancare alla funzione economica anche una missione educativa; il loro impiego, infatti, favorisce lo sviluppo della società dell’apprendimento, e la riorganizzazione dei modi di vivere e di produrre, in particolare per quanto concerne il rapporto con l’ambiente e con le forme concrete di democrazia.
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Monete, denaro e sistemi di compensazione - Alessio Lofaro
Alessio Lofaro
Monete denaro e sistemi di compensazione
Per l'autofinanziamento di parte dello sviluppo sostenibile
UUID: 6df1c60f-3e42-4917-b914-869bd51426c5
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Indice dei contenuti
Introduzione
Quale guerra?
1. La moneta NON unica
La moneta internazionale e i suoi comple(ta)menti
Il campo d'azione della moneta internazionale
Gli ibridi dell'economia concreta
2. Topologia delle monete
Il tempo della moneta-non moneta
Moneta e denaro
Circuiti chiusi, semichiusi, e aperti
Circuiti gerarchici e circuiti funzionali
Una topologia basata sui campi d'azione
Dall’efficacia all’efficienza
3. Le disuguaglianze diffuse
Disomogeneità delle economie regionali in Italia
Le divergenze regionali in Europa
Le omogeneità trasversali tra le regioni dell'Europa
4. Compensare le disuguaglianze
Le monete delle centrali di compensazione
Compensazione ed equilibri macroeconomici regionali
5. Benessere e beni collettivi
Avvio di brainstorming per un piano industriale
I soldi che non ci sono
6. La società dell’apprendimento
Questione di saldi
Debiti della P.A.
Fare educazione e progresso per mezzo delle monete
7. Un altro vivere
Innovazione di risparmio e autosufficienza possibile
Catastrofi
L’approccio bioeconomico e le categorie sociali
Maastricht non è un ostacolo
8. Ipotesi di disegno di legge sulle centrali di compensazione
Articolato
Bibliografia
Note
Introduzione
Lo scopo del modello è di delineare un sistema monetario complementare territoriale, che sostenga gli scambi e la produzione locale e che agevoli l’incontro tra bisogni insoddisfatti e risorse inutilizzate, evitando che l’incontro fra domanda potenziale e offerta potenziale non avvenga semplicemente per una mancanza di denaro.
(M. Amato, L. Fantacci, Moneta complementare, ebook, Bruno Mondadori, 2015)
Quale guerra?
Un’altra distorsione si aggiunge alle altre, ormai consolidate, che distraggono l’attenzione dai problemi veri e dalle prospettive della nostra economia: quella di collocare il contrasto al covid-19 in uno scenario di guerra, nel quale il nostro paese (o il mondo intero) si trova al contrattacco; l’analogia è fuorviante perché le azioni messe in atto fino ad ora, o immaginate per il futuro, hanno scarsa attinenza con la vera guerra che c’impegna, quella che sta altrove, come vedremo; esse si limitano, fatto salvo il lavoro oscuro degli scienziati, a opporre forme di resistenza passiva e improvvisata all’insidia planetaria di un agente pervasivo e impalpabile che minaccia la salute delle persone e non le cose; diversamente, l’altra guerra è più circoscritta, costringe le nostre cose alla consunzione e corrode la vita delle persone.
A ben vedere, le caratteristiche della crisi sanitaria hanno ben poco in comune con quelle derivanti da eventi bellici, comunque combattuti. Sappiamo, ad esempio, che una generazione sarà, alla fine, falcidiata: ma non quella vigorosa, dei giovani che vanno a morire sui campi di battaglia; ci sta lasciando la più fragile, quella degli anziani, che osservava mite il fluire del tempo e fungeva spesso da salvadanaio per i figli e i nipoti a corto di quattrini; e non vediamo la distruzione di impianti industriali, o città e infrastrutture da ricostruire per dare alloggio e servizi alla popolazione. Le conseguenze del covid-19 riguardano principalmente le modalità di produrre e d’uso dei servizi e delle cose, e le relazioni sociali.
Si pensi, ad esempio, al settore del turismo: gli alberghi e le altre strutture ricettive sono integri, le opere d’arte, il clima e il paesaggio sono sempre gli stessi, o persino migliorati, gli imprenditori e gli addetti impiegati nel settore mantengono le loro competenze e la volontà di procedere, pur mettendo in conto una produttività ridotta dai necessari aggiustamenti. Ma la domanda di offerta turistica dov’è? Come cambierà? Quali tempi e quali dimensioni avrà? Così in molti altri comparti dell’economia.
La crisi indotta dal covid-19 non si può associare alla carenza dell’offerta, piuttosto alla sua potenziale sovrabbondanza, unita a una più che probabile inadeguatezza: è, principalmente, una crisi dovuta allo sconvolgimento e alla caduta della domanda, causati dalla mobilità negata, dalla nuova disoccupazione attesa, e dal tracollo della liquidità interna e internazionale.
La prospettiva non sarà la ricostruzione
dopo la crisi, ma la riorganizzazione
delle attività produttive e dei servizi, e la riconversione
degli stili di vita in corso di crisi.
Ciò non deve far da velo al dilagante bisogno di ricostruzione che interpella a gran voce buona parte dell’Europa e potrebbe inizialmente sostituire la domanda persa di beni e servizi correnti, e poi rilanciarla; questo bisogno -e veniamo al punto- discende dalla guerra che sta altrove, e si protrae da lungo tempo: è quello che ereditiamo dalla regola nota come fiscal compac (ora sospesa fino al termine dell’emergenza sanitaria, e limitatamente alla spesa da essa generata). Il rispetto di questa regola ha mutilato la dignità di molte generazioni, non solo di giovani, mandate al macello in quell’organizzazione scientifica della precarietà impropriamente denominata mercato del lavoro; e si è prodotto sfasciume in ogni parte, con ponti privi di manutenzione che collassano; l’istruzione e la ricerca in affanno, spogliate delle risorse necessarie; i sistemi sanitari di base ridotti all’inefficienza; i territori abbandonati all’inquinamento, agli incendi, alle frane, e allo sviluppo disordinato e pericoloso di alcune specie selvatiche (ad esempio, i cinghiali) portatrici di malattie non molto diverse dal coronavirus che oggi c’insidia.
A mio modo di vedere, il covid-19 ha soltanto accentuato le criticità già presenti; e l’emergenza sanitaria, un episodio grave quanto si vuole, non deve distrarre: piuttosto può essere utile come traino che accelera e aiuta ad affrontare le disfunzioni di sistema, prima che sia troppo tardi.
Le domande a cui cercherò di rispondere in modo prima sintetico e poi dettagliato sono essenzialmente tre: (1) Come finanziare gli investimenti necessari per evitare che il paese collassi? Non certamente con l’euro. (2) Come ridurre gli squilibri macroecomici tra le regioni italiane? Non certamente con una seconda moneta unica (la nuova lira o altro). (3) Come riportare l’economia ai livelli necessari per competere a scala internazionale e per confrontarsi alla pari in ambito comunitario? La risoluzione dei primi due problemi risolve anche il terzo.
Le tre risposte sintetiche troveranno più ampie motivazioni nei saggi che seguono; qui è utile un’anticipazione: uno Stato può decidere la propria politica economica solo se dispone del controllo dei mezzi di pagamento che determinano la liquidità della sua economia; il Trattato di Maastricht assegna agli stati membri l’obbligo di dotarsi di una loro politica economica, che non può essere quella della BCE, vincolata com’è alla sola stabilità dell’euro. Pertanto, senza negare all’euro la funzione di unica moneta legale comune agli stati membri della Comunità, si deve pensare anche ad altri mezzi, funzionali al benessere delle popolazioni.
Il ricorso alle centrali di compensazione e alle loro monete complementari, ove occorre garantite dal patrimonio delle Pubbliche Amministrazioni, crea mezzi nostri per quanto riguarda la formazione della liquidità ed è compatibile con la legislazione nazionale ecomunitaria attuale; l’ipotesi di disegno di legge che chiude questa piccola antologia, qualora fosse approvata, migliorerebbe l’efficienza del sistema.
In generale, la più importante occasione di stimolo all’economia è riconducibile all’obiettivo dell’autosufficienza fino al pieno impiego delle risorse interne nel mercato dei beni essenziali, agricoli, industriali e nel quaternario di ricerca (innovazione e brevetti); si potrebbe persino parlare di una finalità, più che di un obiettivo, determinata sia da esigenze di equilibrio macroeconomico tra gli stati (e tra le regioni), sia dal bisogno di uscire da una condizione di precarietà insostenibile e ingiustificata (la vicenda delle mascherine chirurgiche e sanitarie introvabili, prodotte solo all’estero, messe all’asta, confiscate, bloccate alle frontiere, è un primo segnale di ciò che dobbiamo aspettarci per il futuro). Questo mercato definirebbe un circuito in larga parte chiuso; quindi al suo interno, come spiegarono, in tempi diversi e con motivazioni diverse, Kalecki e von Mises, la circolazione delle merci, sia d’investimento sia di consumo, non richiederebbe un impiego massiccio e sistematico di moneta internazionale (l’euro), ma per una parte consistente degli scambi qualunque cosa potrebbe fungere da moneta, come sarebbe per un uomo o una famiglia (quasi) isolati.
L’idea non è nuova, ha un suo