L’arte di persuadere - Il ragionamento argomentativo: strutture e strategie
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É effettivamente interessante una riflessione sul significato e le sorti dell'antica arte del persuadere e del suo essere alla vigilia di una metamorfosi.
Ogni giorno, infatti, nell'attività comunicativa quotidiana, dobbiamo saper sviluppare strategie linguistiche per difendere e fare accettare dagli altri le nostre tesi, ma più spesso dobbiamo saper analizzare i ragionamenti degli altri per valutarli e sapere se farci convincere o meno.
Lo studio di questo tema non è più affidato unicamente alla filosofia, si può anzi sicuramente parlare di un approccio interdisciplinare. Dalla logica, la sociologia, il diritto, la filosofia, la semiotica, la psicologia, fino alla linguistica e alla psicolinguistica, l'interesse per quella che oggi viene definita “argomentazione”, è grande.
Ma è solo con gli anni 70 che l'argomentazione diventa oggetto di studio da parte della linguistica. In Francia e a Neuchâtel hanno inizio le ricerche sperimentali sull'argomentazione.
George Vignaux (1976) è forse il primo rappresentante del mondo francofono ad interessarsi di questo tema. Poi Anscombre e Ducrot (1983). Vincenzo Lo Cascio (1991) è, in fine, uno dei pochi autori italiani, che ha contribuito, alle ricerche di psicolinguistica sull'argomentazione.
Il problema, per chi si vuole occupare dell'argomentazione dal punto di vista linguistico, nasce dal fatto che anche se nel passato non sono certo mancati i testi di retorica, il mondo greco prima e quello latino poi, ci hanno lasciato numerosissimi studi su questo tema, e anche se di recente in Europa e negli Stati Uniti l'interesse per questo argomento è rinato, sono veramente pochissimi i testi che lo affrontano da un punto di vista prettamente psicolinguistico.
In quest'ottica si inserisce anche la presente opera, in cui l'argomentazione viene studiata proprio dal punto di vista della psicolinguistica. L'argomentazione viene analizzata in quanto processo cognitivo, sia per quanto riguarda il soggetto che la produce, che per quanto riguarda l'interlocutore, il destinatario. Si è sviscerato il tema trattandone tutti i punti fondamentali, ma analizzando anche le principali teorie che sono state formulate a riguardo.
Partendo dagli aspetti più generali si è giunti fino all'analisi di singole componenti linguistiche, particolarmente importanti in un profilo argomentativo.
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Anteprima del libro
L’arte di persuadere - Il ragionamento argomentativo - Maria Rosa Fischetti
L’ARTE DI PERSUADERE
Il ragionamento argomentativo: strutture e strategie
Maria Rosa Fischetti
Collana Linguaggi e Parole
INDEX 2012
INTRODUZIONE
... tutti infatti sino ad un certo punto si occupano di indagare su qualche tesi e di sostenerla, di difendersi e di accusare. Senonché la maggior parte fa ciò spontaneamente, alcuni invece lo fanno per una pratica che proviene da una disposizione. (...) Definiamo dunque la retorica come la facoltà di scoprire in ogni argomento ciò che è in grado di persuadere.
Aristotele, Retorica, I
Gli animali mancano di quell'arte della parola che è necessaria per suscitare i turbamenti dell'animo, e grazie alla quale si rappresenta all'animo il bene come migliore, e il male come peggiore di quel che sono in realtà. La lingua dell'uomo è una tromba di guerra e di sedizione; e si dice che un tempo Pericle, con le sue orazioni, tuonasse, fulminasse e gettasse lo scompiglio in tutta la Grecia.
Thomas Hobbes, De Cive
Disciplina antichissima, per lungo tempo dimenticata e disprezzata, la retorica, arte del persuadere, conosce oggi una fase di rinnovato interesse. Certo la parola si è organizzata secondo i modelli dell'argomentazione persuasiva da tempi immemorabili e con sorte alterna, ma, nei tempi moderni, si è andata sempre più riducendo l'area assegnata ai discorsi apodittici, fondati sulla deduzione logica, lasciando largo spazio al discorso persuasivo. Le strategie argomentative dominano l'interazione sociale. Dalla politica, alla pubblicità fino al discorso teoretico, ci troviamo di fronte ad argomentazioni in cui si procede in base a discorsi ragionevoli, intorno a premesse probabili, valutando l'accettabilità delle conclusioni a seconda dell'indole di un uditorio storicamente e culturalmente situato. La centralità della comunicazione con profilo argomentativo nel formare e modificare il sistema di opinioni, credenze e atteggiamenti, è stata recentemente motivo di interesse per molti studiosi.
É effettivamente interessante una riflessione sul significato e le sorti dell'antica arte del persuadere e del suo essere alla vigilia di una metamorfosi.
Ogni giorno, infatti, nell'attività comunicativa quotidiana, dobbiamo saper sviluppare strategie linguistiche per difendere e fare accettare dagli altri le nostre tesi, ma più spesso dobbiamo saper analizzare i ragionamenti degli altri per valutarli e sapere se farci convincere o meno.
Lo studio di questo tema non è più affidato unicamente alla filosofia, si può anzi sicuramente parlare di un approccio interdisciplinare. Dalla logica, la sociologia, il diritto, la filosofia, la semiotica, la psicologia, fino alla linguistica e alla psicolinguistica, l'interesse per quella che oggi viene definita argomentazione
, è grande.
É soprattutto a Carl Hovland e ai suoi collaboratori (1949) che si devono le prime ricerche su larga scala condotte durante la seconda guerra mondiale e poi proseguite presso l'Università di Yale nell'ambito dell'Attitude Change and Communication Reserach Project.
In linea con la posizione teorica, basata sul modello dell'apprendimento strumentale
che enfatizza le connessioni stimolo-risposta¹, essi analizzarono quelle variabili-stimolo della situazione persuasiva che determinano le risposte di attenzione, comprensione e accettazione di un messaggio.
Sottoposero a verifiche sperimentali molteplici aspetti, quali le caratteristiche della fonte, il contenuto del messaggio, le caratteristiche dell'uditorio, fornendo con ciò un insieme considerevole di dati. Le ricerche di Hovland e del gruppo di Yale riuscirono ad individuare i principali fattori coinvolti nel processo persuasivo, come gli stimoli osservabili riguardanti la comunicazione, i fattori riguardanti le predisposizioni, processi interni di mediazione, gli effetti della comunicazione.
Queste ricerche, pure apprezzabili per la loro sistematicità e il loro rigore metodologico hanno però prodotto dei risultati che sono stati oggetto di critiche severe; lo stesso Hovland le ha giudicate insoddisfacenti anche per gli scarsi riscontri ottenuti fuori dal laboratorio.
Negli anni ‘50 le ricerche continuarono; venne dato alle stampe un altro testo fondamentale per lo studio dell'argomentazione: quello di Toulmin, del 1952. L'Autore, quale studioso di logica, sostiene che i logici dovrebbero allontanarsi dai loro criteri universali e ideali riguardo alla validità formale dell'argomentazione. Bisognerebbe, invece, concentrarsi sullo studio delle strutture argomentative esistenti nei vari campi scientifici, così da rilevarne le caratteristiche, in una logica comparativa di impostazione più empirica che aprioristica.
Un ulteriore studio degli anni 50, che può essere considerato ormai un classico
sul tema, è quello di Perelman e Olbrechts-Tyteca (1958), quasi una nostalgica ripresa di una antica tradizione, sotto l'ottica della logica delle scienze non dimostrative. I due Autori scrivono: "Constatammo che, negli ambiti in cui si tratta di stabilire ciò che è preferibile, ciò che è accettabile e ragionevole, i ragionamenti non sono costituiti né da deduzioni formalmente corrette, né da induzioni che vanno dal particolare al generale, ma da argomentazioni di ogni genere, intese a ottenere l'adesione di coloro alla cui approvazione le tesi vengono sottoposte²."
Solo con gli anni 70 l'argomentazione diventa oggetto di studio da parte della linguistica. In Francia e a Neuchâtel hanno inizio le ricerche sperimentali sull'argomentazione.
George Vignaux (1976) è forse il primo rappresentante del mondo francofono ad interessarsi di questo tema, anche se coi suoi studi, pur di grandissimo interesse, non è certo giunto a considerazioni definitive. Non si possono poi dimenticare Anscombre e Ducrot (1983), che con la loro teoria della Argumentation dans la langue hanno dato una impronta decisiva e determinante a queste ricerche.
Vincenzo Lo Cascio (1991) è, in fine, uno dei pochi autori italiani, (lavora però presso l'università di Amsterdam), che ha contribuito, alle ricerche di psicolinguistica sull'argomentazione, con un recentissimo lavoro che si propone di creare una grammatica dell'argomentare
.
Il problema, per chi si vuole occupare dell'argomentazione dal punto di vista linguistico, nasce dal fatto che anche se nel passato non sono certo mancati i testi di retorica, il mondo greco prima e quello latino poi, ci hanno lasciato numerosissimi studi su questo tema, e anche se di recente in Europa e negli Stati Uniti l'interesse per questo argomento è rinato, sono veramente pochissimi i testi che lo affrontano da un punto di vista prettamente psicolinguistico.
In Italia, tra l'altro, è molto difficile poterli reperire. Non così stanno le cose in Francia, dove sembra esserci una sensibilità di gran lunga maggiore sia per la linguistica che per l'argomentazione stessa. Basti pensare che nei primi anni '90 fu pubblicata una rivista dal titolo "Argumentation", che raccoglie tutti i principali contributi dati dalla linguistica e dalla psicolinguistica a questo tema.
In quest'ottica si inserisce anche il presente lavoro, in cui l'argomentazione viene studiata proprio dal punto di vista della psicolinguistica. L'argomentazione viene analizzata in quanto processo cognitivo, sia per quanto riguarda il soggetto che la produce, che per quanto riguarda l'interlocutore, il destinatario. Si è cercato di sviscerare il tema in questione trattandone tutti i punti fondamentali, ma analizzando anche le principali teorie che sono state formulate a riguardo.
Partendo dagli aspetti più generali si è giunti fino all'analisi di singole componenti linguistiche, particolarmente importanti in un profilo argomentativo.
Inizialmente si è voluto chiarire cosa sia l'argomentazione e cosa, dunque, significhi argomentare, giungendo alla conclusione che argomentare significa esporre un ragionamento, adducendo prove a favore o contro una opinione che si vuol sostenere o confutare. Se si vuol dare una definizione più tecnica, si può dire che l'argomentazione è un atto illocutivo formato dalla somma di almeno due atti linguistici: uno che esprima l'opinione, e uno che esprima un argomento, volto ad ottenere un atto perlocutivo. Non sempre è facile stabilire se ci si trova di fronte ad un profilo linguistico di tipo argomentativo; un criterio di valutazione valido potrebbe però essere quello di verificare se nel testo si trova una opinione sostenuta da almeno un argomento a favore o contro.
Partendo da questi assunti, si è visto anche che l'argomentazione in quanto macro-atto linguistico, e come tutti gli atti linguistici, deve sottostare a certe regole o condizioni che ne garantiscano la buona esecuzione ed il successo. Si è quindi analizzato il Modello Pragma-Dialettico Ideale dell'Argomentazione
, formulato da van Eemere e Grootendorst (1984) i quali stabiliscono proprio quali condizioni deve soddisfare un atto argomentativo per esser definito felice
. Non c'è, però, una perfetta concordanza di opinioni tra i vari Autori relativamente agli scopi dell'atto argomentativo. Alcuni sostengono che esso deve provocare un mutamento di opinioni, altri che deve mutare il comportamento. Il dibattito è ancora aperto, così come lo è per le condizioni di verità. Sembrerebbe, infatti, che l'importante non sia tanto esporre un ragionamento che parta da premesse vere, quanto piuttosto ottenere approvazione, riuscire a persuadere partendo da premesse accettabili. Certo la questione non è di facile soluzione, ed ha provocato forti attacchi alla teoria della persuasione, in nome del fatto che chi vuol convincere, conduce la sua argomentazione sulla base di problemi di opinione e di congettura. D'altra parte è lecito chiedersi che bisogno ci sarebbe di argomentare se si affermasse sempre ciò che è evidente.
Col secondo capitolo vengono già affrontate questioni meno generali. Innanzitutto bisogna capire chi sono i protagonisti dell'argomentazione. Dal momento che argomentare significa addurre prove a sostegno di una tesi per convincere qualcuno della validità di essa, oltre al soggetto che produce il macro-atto, è necessario qualcuno che funga da destinatario (non importa la sua presenza fisica).
L'orientamento verso il destinatario è fortissimo nel testo di tipo argomentativo, ed il tipo di uditorio o di interlocutore influisce largamente sul profilo in cui il testo viene calato. Il soggetto emittente avrà, invece, successo o meno a seconda della sua abilità linguistica, del prestigio e della popolarità di cui gode, della sua cultura, emotività, aspetto fisico e via dicendo.
Gli studi sui rapporti tra i protagonisti ci giungono soprattutto dall'America, ma si tratta di studi a carattere più sociologico che psicolinguistico. L'argomentazione può svolgersi tra due soggetti, un soggetto emittente ed un interlocutore (presente o assente), ma anche tra un soggetto emittente ed un intero uditorio. Evidentemente cambiano anche i luoghi in cui si argomenta, si è proposta quindi una tipologia dei contesti in cui ci si può trovare ad argomentare. Innanzitutto ci può essere una argomentazione scritta ed una argomentazione orale. La prima necessita di una grande chiarezza, perché viene a meno la possibilità di dare chiarimenti e spiegazioni immediati. L'argomentazione scritta si differenzia in svariati profili a seconda che si scriva in un manuale, in un articolo, in una intervista o in un testo pubblicitario.
Nell'ambito di un atto argomentativo orale, invece, molti fattori giungono in aiuto dei protagonisti: la gestualità, l'intonazione, lo sguardo. Oltre a ciò non va dimenticata la presenza fisica, in questo ambito, dell'interlocutore, il che implica la necessità di saper rafforzare in