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Anatomia di una disfatta
Anatomia di una disfatta
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E-book179 pagine2 ore

Anatomia di una disfatta

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Anatomia di una disfatta parte dalla ambizione di mettere in fila, una dopo l’altra, le varie testimonianze dei protagonisti delle elezioni comunali di Cosenza del 2016, in forma di altrettanti racconti. Elezioni, bisogna dirlo subito, il cui esito ha lasciato con in bocca il sapore della scontentezza una certa parte della città più attiva politicamente, quella sinistra che credeva di contare e che invece ha visto il proprio potere, insieme al proprio prestigio, implodere come mucchi di sabbia prima creduti solide rocce: non solo non è arrivata una tanto agognata vittoria ma ci si è resi conto, soprattutto nel partito democratico, che, mentre si giocavano tante piccole guerre di posizione, la politica cittadina stringeva nuove alleanze, creava nuovi rapporti e sperimentava nuovi equilibri.

(Dalla Prefazione di Giap Parini)

LinguaItaliano
Data di uscita23 set 2016
ISBN9788868224585
Anatomia di una disfatta

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    Anteprima del libro

    Anatomia di una disfatta - Sergio Aquino

    Collana

    L’Intervista

    diretta da Walter Pellegrini

    3

    La Collana è dedicata ai protagonisti della vita dei nostri giorni: politici, manager, professionisti, industriali, tutte persone note che in Calabria hanno raggiunto i vertici nel proprio campo e che conosciamo attraverso le notizie che la cronaca quotidiana ci consegna.

    Ma quanto sappiamo veramente dell’uomo che c’è dietro l’immagine ufficiale creata dai media, spesso troppo costretta dai limiti di tempo di una intervista televisiva o da quelli di spazio di una dichiarazione ad un giornale?

    Questa Collana nasce con l’intento di dare a questi uomini la possibilità di esprimersi compiutamente, di raccontarsi fino in fondo, di mostrarsi ai lettori come non sono mai apparsi prima: calabresi che sono riusciti ad esprimere le loro potenzialità senza dover lasciare la propria Regione, contribuendo così alla sua crescita culturale, sociale ed economica.

    SERGIO AQUINO

    ANATOMIA

    di una disfatta

    Proprietà letteraria riservata

    © by Pellegrini Editore - Cosenza - Italy

    Edizione eBook 2016

    ISBN: 978-88-6822-458-5

    Via Camposano, 41 (ex via De Rada) - 87100 Cosenza

    Tel. (0984) 795065 - Fax (0984) 792672

    Siti internet: www.pellegrinieditore.com - www.pellegrinilibri.it

    E-mail: info@pellegrinieditore.it

    I diritti di traduzione, memorizzazione elettronica, riproduzione e adattamento totale o parziale, con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche) sono riservati per tutti i Paesi.

    Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore,

    che cerca di seguire tutto ciò che succede,

    di conoscere tutto ciò che se ne scrive,

    di immaginare tutto ciò che non si sa o si tace;

    che coordina fatti anche lontani,

    che mette insieme i pezzi disorganizzati

    e frammentari di un intero coerente quadro politico,

    che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare

    l’arbitrarietà, la follia e il mistero.

    (Io so – Pier Paolo Pasolini, 1974)

    Prefazione

    Tipologia da una Anatomia…

    Il modo migliore per apprezzare il libro di Sergio Aquino, Anatomia di una disfatta, è aprirsi a una specie di ingenuità, una ingenuità sociologica la chiamerei, forti della convinzione che, per meglio comprendere la complessità dei fatti, e nel caso particolare di certi fatti che hanno a che fare con una tornata di elezioni cittadine, abbiamo bisogno di mettere insieme, una dopo l’altra, tante versioni: altrettanti racconti delle vicende da recitare come rosario in nome della ricerca della verità.

    Ma, per cogliere i caratteri di quella ingenuità, è bene procedere con ordine. Faccio di mestiere il sociologo e, come ogni sociologo, per dimestichezza tendo a dare valore al carattere situato e prospettico delle narrazioni, vale a dire al fatto che ciascuna di esse narra un proprio punto di vista, dice la propria verità. Ogni racconto che offriamo all’attenzione degli altri risente, infatti, della nostra esperienza, dei colori che diamo alle cose quando le guardiamo e che rappresentano quei filtri costituiti dalle nostre attitudini, dalle nostre idiosincrasie, così come dai nostri amori e dalle nostre passioni. E non è affatto un difetto. Anche quanti tra di noi si sforzano di essere limpidi ai massimi livelli immancabilmente si trovano a inforcare occhiali filtranti: modo situato e personale con il quale abbiamo accesso a quella cosa complessa, inarrivabile, inattingibile a cui diamo nome di verità.

    Questa attitudine a cogliere la proliferazione delle prospettive ha una conseguenza importante: in fondo noi sociologi siamo degli eterni bambini, anche velati di ingenuità e poco inclini a vedere menzogne e raggiri ovunque: certe cose che non ci convincono tendiamo, piuttosto, a chiamarle verità prospettiche. Anche di fronte a un libro che è innanzitutto fatto di narrazioni di una vicenda politica. (Lo devo ammettere: in tempi di antipolitica, tutto ciò potrebbe avere il sapore dell’eresia essendo la politica, nell’immaginario dei più, arena dove viene messa in gioco ogni nefandezza, ogni imbroglio; acquario di pescecani ben navigati che mangiano i pesci più piccoli. Insomma luoghi dai quali tenersi alla lontana).

    Ma questa ingenuità, lasciando sgombro il campo della nostra mente da anguste verità preconcette, ci permette di aprirci alla complessità delle cose.

    Anatomia di una disfatta parte dalla ambizione di mettere in fila, una dopo l’altra, le varie testimonianze dei protagonisti delle elezioni comunali di Cosenza del 2016, in forma di altrettanti racconti. Elezioni, bisogna dirlo subito, il cui esito ha lasciato con in bocca il sapore della scontentezza una certa parte della città più attiva politicamente, quella sinistra che credeva di contare e che invece ha visto il proprio potere, insieme al proprio prestigio, implodere come mucchi di sabbia prima creduti solide rocce: non solo non è arrivata una tanto agognata vittoria ma ci si è resi conto, soprattutto nel partito democratico, che, mentre si giocavano tante piccole guerre di posizione, la politica cittadina stringeva nuove alleanze, creava nuovi rapporti e sperimentava nuovi equilibri. Un senso di penoso spiazzamento è quello che devono avere sentito questi protagonisti sconfitti.

    Nel suo preambolo, Sergio esprime una apertura speranzosa proprio a quella parte politica rimasta spiazzata, dato che analisi come la sua permettono di "dare un contributo per evitare che nel PD e nel centrosinistra in genere si commettano nuovamente gli stessi errori, con la speranza, tra cinque anni, di poter condurre una inchiesta per scoprire gli errori degli schieramenti avversari". Sono sicuramente buone intenzioni, assolutamente condivisibili per chi ancora crede in una idea di sinistra, nonostante i sinistri destini che le si sono abbattuti addosso negli ultimi decenni. Ma che non tutti sono chiamati a fare proprie. Anzi, per apprezzare questo libro non è affatto necessario farle proprie. Anche il lettore, pur ingenuo, ma meno fiducioso e progettuale, può appagare il suo gusto: in questo gioco di reciproche narrazioni, vi vedrà rappresentata la politica nel suo modo più puro, come in un repertorio di ruoli e di personaggi.

    Alcuni illustri rappresentanti della disciplina che pratico si sono ingegnati a intessere vere e proprie stole di tipi sociali per descrivere meglio i caratteri delle società che andavano studiando. Lo ha fatto, per esempio, Georg Simmel che, per illustrare le trasformazioni della società urbana mitteleuropea, ha inanellato una tipologia di personaggi costituita dal blasé, dal mediatore, dall’avventuriero, dal mediocre, dal povero, dallo straniero e così di seguito. Proverò, allora, a proporre qualcosa di simile per mettere in evidenza come in fondo ciascun attore sociale, nella fattispecie il politico, altro non faccia che replicare ruoli già noti, già codificati, per tanti aspetti ampiamente prevedibili, dei tipi, appunto. Una pratica che in fondo conforta tutti: chi questi tipi interpreta e chi è semplice spettatore.

    Ci sono innanzitutto gli sconfitti che un poco ce lo aspettavamo ma anche no: quelli che si credevano potenti e che hanno preso atto che il loro potere era svanito: quelli che, dopo una sbiadita assunzione di responsabilità, amano dire che in fondo i problemi sono maturati in alto, che non c’era da fare nulla contro una sfilza di errori fatti da altri etc. etc. etc.; che hanno fatto l’errore di presentarsi divisi etc. etc. etc. Sempre appartenente a questo tipo, vi è il sottotipo dell’ottimista sconfitto, che inanella buoni intendimenti e buone speranze e che vede in ogni batosta un’occasione dalla quale ripartire (ostinata, pervicace e ormai logora logica del bicchiere sempre pieno ché sennò perdiamo tutto).

    Segue il politico vinco tutto io: tronfio dell’ampio successo ottenuto, può fare sfoggio di incauta modestia, per poi rimarcare che questo successo sorprende ma in fondo era atteso, i sondaggi gli davano ragione: perché lui è vicino alla gente e ha ottenuto dei risultati importanti; perché lui è lontano dai partiti, in barba a tutti quei partiti che pure lo hanno sostenuto. Perché in fondo il potere sta altrove, quel potere che fa sfoggio di non avere e che forse (continuando nello sfoggio) neanche gli interessa.

    Vi è poi il dai che ci riprovo!: quello che ha già attraversato la sconfitta e forse anche il tradimento di chi lo aveva illuso di volerlo vincitore; ma un poco ci ha fatto il callo per affrontare altri tradimenti e un’altra sconfitta: ma che sa anche che le cose sono più complesse e meritano un ragionamento approfondito, in attesa di altre occasioni.

    Vi sono poi i politici del io ci sono, testimonio ed erodo: sono quelli per i quali l’importante è partecipare e che pure, magari, hanno ottenuto un numero cospicuo di voti: ma a Cosenza, si sa, comandano i potentati e quando i potentati vanno da qualche parte è tutto inutile; ché di fronte ai potentati soccombe anche il grande partito. Ma tanto qualche voto lo ha eroso! Variante di questo tipo è quello che ha eroso poco e recrimina, per giustificare una non proprio lusinghiera performance del movimento che lo ha sostenuto, l’assenza dei giovani, che in questa città hanno paura di schierarsi.

    Seguono, poi, i dissacranti, quelli che hanno voluto giocare al voto per dissacrare, appunto, e per fare la satira ma che poi però i risultati si potevano raggiungere: ma non sono andati fino in fondo … e resta il dubbio del perché ciò non sia accaduto.

    C’è un ultimo tipo, in questa rassegna, capace di attraversare tutti i racconti e tutte le vicende senza proferire parola. Lo chiamo il fantasma: il candidato promesso, quello che prima c’era e che poi non c’è. Ma che c’è perché per tutti vale la domanda chissà perché ha rinunciato.

    Come ampiamente citato nella nota di apertura di Sergio, a dare l’intelaiatura ad Anatomia di una disfatta è il film Rashomon del regista giapponese Akira Kurosawa: è del 1950 e mette in scena, in maniera sofisticata, il resoconto di una serie di racconti relativi alla stessa vicenda, l’uccisione di un samurai e la probabile violenza sulla moglie. Riportati in una giornata di pioggia da un boscaiolo, un monaco e un passante, i racconti sono quelli dei quattro testimoni: il brigante (l’autore probabile del delitto), la moglie del samurai, lo stesso samurai ucciso per il tramite di un medium e, appunto, il boscaiolo/testimone; quest’ultimo dovrebbe essere il narratore più obiettivo, quello che più degli altri è capace di mettere in scena nel modo più completo la complessità dei fatti accaduti. Ma nel gioco di specchi delle reciproche prospettive, si è portati a mettere in dubbio anche questa versione.

    Sergio Aquino, con dovizia di particolari, quindi con la dedizione tipica di certi monaci certosini, cerca di fare la Anatomia di una disfatta fornendo una pluralità di documenti e di narrazioni. Non cade, però, nella tentazione di pretendere di fornire una verità oggettiva, come nel film di Kurosawa pretende di fare il boscaiolo, perché Sergio ha fatto propria la lezione del regista: in fondo, tutti, nella difficile contesa per decifrare i fatti sociali, manchiamo di oggettività perché quei fatti ci appartengono almeno in qualche misura e, sempre almeno in qualche misura, ci vedono protagonisti. Piuttosto, l’autore ci presenta un prisma dall’indefinibile numero di facce invitando il lettore a costruirsi il proprio racconto.

    Mi sia consentita, però, una ultima annotazione. I sociologi sono inclini a paragonare le rappresentazioni sociali alle rappresentazioni teatrali: ognuno, come abbiamo visto, riveste un ruolo e lo fa cercando di essere credibile dentro quelle vesti. Ma, almeno in questo caso, la metafora teatrale sembra funzionare soltanto in parte. A rimanere, dopo avere letto il resoconto di resoconti di Sergio, sono piuttosto le tracce della metafora calcistica: in tutto questo darsi da fare della politica e dei grandi e dei piccoli candidati l’amara sensazione è che quella sia una partita calcistica, giocata tra club che ben si conoscono, che gestiscono rivalità, conflitti e alleanze strategiche: una fulgida rappresentazione agonistica di fronte alla quale la città, pubblico pagante, non fa altro che assistere, magari prendendo le parti dell’una o dell’altra fazione nella speranza che vincano dei colori rimasti ormai sbiaditi, ma nella consapevolezza di una incolmabile distanza.

    Ercole Giap Parini

    Nota dell’autore

    Quando, con un post su Facebook, ho informato i miei amici che avrei scritto un libro sulle elezioni amministrative a

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