Nei tuoi occhi
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Anteprima del libro
Nei tuoi occhi - Alessio Dematteis
stesso
Prefazione dell'autore
Ad un tratto diventa tutto più sfocato. I contorni che prima vedevi luminosi e precisi si fanno densi e si mischiano ai loro colori, come quando apri gli occhi durante un'immersione in mare. Quella che chiami realtà si mescola alle tue fantasie, intricandosi nelle memorie più profonde. Affetti, emozioni, paure e gioie si alternano alla stessa frequenza del battito d'ali di un colibrì e, proprio come questa bizzarra creatura, se smetti di battere le ali il respiro si strozza e tutto diventa nero e silenzioso. È quasi impossibile ripercorrere a ritroso il cammino che ti ha condotto fino a questa condizione, e se mai ci riuscissi, sarebbe tutto vano. La spinta iniziale, la scintilla, il perché della tua mirabile visione non si trova alla fonte del fiume che ti sta trascinando via, senza sosta, impossibile da guardare stando seduti sulla riva; l'unica risposta che puoi trovare è guardare il fondo, immergerti e aprire gli occhi verso il letto del fiume, modellato ogni istante dalle acque che lo percorrono, ricco di sabbia e sassi, di rapide e guadi.
In realtà
. Quante volte usi questa locuzione senza soffermarti a pensare se sia il caso ancora di far scomodare le cose, gli accidenti, le circostanze che stai patendo. Che significa: in realtà le cose stanno in questo modo...
?
Non ti accorgi di essere sempre a cavallo tra mondi paralleli, numerosi tanto quante le volte che ricorri alle tue aspettative, alle tue speranze di una condizione diversa di quella che hai davanti agli occhi? Ma se tutto questo fantasticare si fondesse in un unico istante, allora ogni cosa diverrebbe sfocata, perché sarebbe il risultato della sovrapposizione di tutti quei modi che hai pensato potessero essere, proprio come i volti di Galton. È disorientante questo effetto Galton
. Ogni cosa generata dalla sovrapposizione di ogni sua modalità non è altro che una sorta di archetipo che però tu non vedrai mai, è come se essa non esistesse affatto. Come se ogni cosa affetta dall'esistenza non fosse altro che il risultato mal riuscito di uno stampo.
Luoghi, volti, idee, racconti ti appaiono come legati da una moltitudine di fili che non riesci a vedere. Ma tu vuoi vederli, almeno uno, per non sentirti perso su una mappa senza legenda, divorato dalla voracità del tempo. Non sai ancora nuotare e allora cerchi qualche fune a cui aggrappare le tue dita e poterti trascinare fino alla riva del fiume.
Ma devi ancora scoprire che questo non è un fiume: è un oceano senza continenti.
I
Vuoto e confusione sono state le tue compagne per molti anni, ma adesso una condizione altissima ti è capitata. Nel vortice più caotico ed arrogante della tua vita, tu hai trovato una rinascita: in un attimo tutta la fisionomia dei presenti è evaporata. Sagome avevi davanti e non individui differenti. Impossibile ferire la pelle di Artemide. La cosmetica è morta. Una condizione felicissima è quella in cui ti ritrovi. Non essere in grado di pre-giudicare il tuo prossimo, il computer delle categorie visive è collassato e ad un tratto tutto diventa più sfocato, il mondo è ombra e tu sei luce. Ma la perdita di nitidezza è benedizione per colui che cerca una verità che sia solo interiorità, una dimensione nella quale la parola è solo fisiologica emissione di fiato e la sua rilevanza è ridotta al minimo. Non rimane nulla da dirsi, perché non esiste il linguaggio del pensiero. La forma pura del pensare non si muove sui binari delle lettere, ma nuota nell'oceano dell'esperire. Perdere ogni traccia di cosmesi significa perdere ogni secondo la memoria – le nostre percezioni estetiche non si fondano più su esperienze passate di convivenza. È involontario il criterio cosmetico, ma condizionato dal nostro passato. Perdere il passato significa perdere ogni categoria. È nata l'Estetica.
Nitidi ed urticanti raggi di Sole inondano la tua stanza: la tua giornata è stata appena partorita. Il freddo non è ancora giunto sebbene Novembre abbia già mosso i suoi primi passi, ma l'Inverno è più vicino di quanto le previsioni ti stiano facendo credere. Sposti delicatamente il lenzuolo che ti ha coperto tutta la notte e ti fai faticosamente strada verso la cucina.
Non appena termini il corridoio i tuoi occhi lamentano quella dannata luce che imperversa in ogni angolo della stanza, lacerando il pavimento e le mura di lunghe e sottili ombre nere.
Oggi il tempo è davvero magnifico!
Tua moglie è solita svegliarsi sempre prima di te e, come sua abitudine, aveva già preparato una colazione continentale deliziosa. Il profumo amaro del caffè appena versato non risveglia l'ordine consumato dei tuoi sensi ancora intorpiditi dal lungo sonno. Con la mente viaggi ancora tra i sogni che hanno popolato la tua notte: mobili e rumori sono distanti. I tuoi occhi non li vedono e stai ancora tendendo le orecchie alle confuse parole che ti hanno ronzato nelle testa fino a qualche minuto fa, ma ogni tuo sforzo di comprensione è vanificato dalla voce di tua moglie. In effetti ha davvero ragione: nel cielo nessuna nube ferisce l'azzurro e il Sole può dipingere un quadro divinamente bucolico sullo sfondo delle finestre. Eppure non sei spettatore di ciò che hai intorno, viaggi ancora con tutto il tuo corpo in quella dimensione fatta di ombre e riflessi che hai da poco abbandonato.
È una domanda che tutti prima o poi arrivano a farsi e dalla quale ognuno trae le sue diverse conclusioni: ma è forse possibile che sia tutto un sogno? La vita intera, questa tazza di caffè, gli uccelli in cielo e perfino questa voce che sento. La conclusione a cui tutti i sani di mente giungono è chiara e nitida. Ma ci sono ponti con i sogni che non possono essere spezzati, in alcun modo. È necessario che questi ponti ci siano. Forme, colori, sensazioni, rumori. Non ci sono diversi gradi di realtà
. Il verde frizzante dei fili d'erba di un prato non sbiadisce nel sogno, ma nel ricordo che hai di esso.
Nei ricordi tutto si affievolisce e non servono anni perché questo accada. I tuoi occhi non sono adatti a meravigliarsi delle visioni che scorrono nella tua mente: là tutto è infinito e nulla ha uno sfondo. Mentre sogni, e non mentre ricordi il tuo sogno, non c'è nulla che non sia reale.
Persino un dinosauro ti pare reale, perché condivide le forme essenziali della natura che osservi durante la veglia. La differenza tra un sogno ed una vita sta soltanto nella durata. E questo era appena finito. Mentre fissi il nero cerchio del caffè, la schiuma comincia ad agitarsi come presa da una qualche smania. Due turbini si muovono veloci a tal punto da ergersi sopra la tazza, crescendo a dismisura fino ad ergersi di fronte a te, come due lunghe corna caprine. Il panico ti assale e cadi dalla sedia, lasciandoti circondare dal buio.
Vittima delle tue speranze. Paradossalmente è proprio lei il tuo più grande nemico: la speranza, la compagna che fin dall'antichità abbraccia l'uomo quando si sente solo. Ma nell'essenza della speranza non c'è nulla di quello che il senso comune, o buon senso, ha sempre ritenuto che a lei si addicesse. A tutti hanno raccontato il mito del vaso di Pandora – quella ragazzina troppo sveglia per la sua età che ha condannato il mondo aprendo il suo vaso divino e facendo uscire tutti i mali. Il mito si conclude dicendo che proprio sul fondo del vaso era rimasta la Speranza, e la prima volta che ascolti questo racconto, vedi nella speranza quel dono dato all'uomo per difendersi dai mali del vaso, ma negli ultimi mesi hai capito una cosa: lei stava sul fondo, perché è la madre di tutti i mali, e non la salvatrice che, ironia della sorte, speravi che fosse.
Perché vittima delle tue speranze? Perché stai ancora dormendo e, di conseguenza, stai anche sognando. Sì, stai proprio sognando di svegliarti e sentire la voce di tua moglie.
Ma non c'è nessuna donna a svegliarti, e la tua finestra non si affaccia sulle meravigliose campagne. A svegliarti è solo la tua fisiologia, la tua solitudine.
Ora ti accorgi di quanto sia nitido ciò che ti circonda, e al confronto, la tazza di caffè che nel sogno stavi per bere è solida quanto il fumo della sigaretta che ti stai accendendo. Qualche colpo di tosse a ricordarti che sei vivo, e un fastidioso dolore alle articolazioni che ti accompagna ad ogni risveglio. Mani intorno alla testa, gomiti sulle ginocchia e sguardo perso sulla trama del pavimento di finto marmo. Nonostante il chiaro risveglio, il ricordo di quelle corna ti intima ancora la fuga, ma rimani fermo. Tutto è silenziosamente immobile, tranne la tua mente. Lì dentro non ci sono vortici, caos e rumori, ci sono immagini e suoni che, se esistesse un modo di metterli su tela e pentagramma, formerebbero capolavori da far impallidire i grandi geni del passato. Ma non perché tu sia meglio di loro, ma perché il problema dell'uomo è proprio questo: corrispondere l'oggetto al soggetto, dare voce a quello che pensi.
Decidi di alzarti e fare una passeggiata in riva al mare. Casa tua, infatti, si affaccia su una piccola insenatura dove le acque sono sempre tranquille e, mosso da un'insolita voglia di essere avvolto dalla Natura e concederle di abbracciare la tua anima con le sue infinite braccia, decidi di passeggiare sulla spiaggia. Vedi nell'aria invisibili cariche elettriche che preannunciano una tempesta sulle tue terre.
Tutto è teso sopra di te come un cavo di