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Le affinità elettive
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Le affinità elettive
E-book339 pagine7 ore

Le affinità elettive

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Info su questo ebook

Cura e traduzione di Luca Crescenzi
Edizione integrale

Le affinità elettive è, insieme al Werther, il romanzo più celebre di Goethe; concepito in origine come novella da inserire nella complessa architettura degli Anni di pellegrinaggio di Wilhelm Meister, presto crebbe fino ad acquisire forma autonoma. Geniale rappresentazione della disgregazione della società aristocratica settecentesca e del tramonto di un mondo, Le affinità elettive cela in sé, sotto apparenze semplicissime, una malinconica riflessione sulla potenza dell’eros e sull’irreversibile scorrere del tempo, ma anche sul contrasto tra natura e istituzioni dell’uomo e sul conflitto distruttivo che da esso scaturisce. Nel destino dei quattro protagonisti del romanzo emerge la consapevolezza goethiana del profilarsi di un mondo in cui l’ordine superiore della norma morale lascia il posto alla semplice regolarità della legge di natura e al suo tragico dominio.

«Ogni bisogno, la cui vera soddisfazione sia impedita, induce alla fede.»


Johann Wolfgang Goethe

nato a Francoforte sul Meno nel 1749 e morto a Weimar nel 1832, è il massimo scrittore tedesco e uno dei padri della letteratura moderna. Poeta, drammaturgo e narratore grandissimo, oltre al Faust, suo capolavoro, scrisse quattro romanzi (Le affinità elettive, I dolori del giovane Werther, Anni di apprendistato di Wilhelm Meister e Anni di peregrinazione di Wilhelm Meister), divenuti modelli per la narrativa europea dell’Ottocento e del Novecento. Di Goethe la Newton Compton ha pubblicato Poesie d'amore, Le affinità elettive e I dolori del giovane Werther.
LinguaItaliano
Data di uscita16 dic 2013
ISBN9788854134058
Le affinità elettive

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    5/5
    Fiction, Eduard and Charlotte, an aristocratic couple both in their second marriage, invite the Captain, Eduard’s childhood friend, and Ottilie, the beautiful, orphaned, coming-of-age daughter of Charlotte’s deceased best-friend, to live with them. They are described as chemical species, whose amorous affairs and relationships were predetermined via chemical affinities, similar to the pairings of alchemical species. Goethe outlined the view that passion, marriage, conflict, and free-will are all subject to the laws of chemistry and in which the lives of human species are regulated no differently than the lives of chemical species. Max Weber, used Goethe's conception of human "elective affinities" to formulate a large part of his sociology; Jeremy Adler, a German historian, in "Goethe’s Elective Affinity and the Chemistry of its Time", 1987, studied Goethe’s use of chemical theory. By extending the reference of an established chemical theory to encompass social interactions, according to Adler, the novel provides the basis for a universal theory of affinity. First published in 1809 by J. G. Cottaische Buchhandlung, Berlin, under the title "Die Wahlverwandtschaften"
  • Valutazione: 4 su 5 stelle
    4/5
    Elective Affinities is a bit of slog (hard to tell whether that's because of the translation from German language or the inscrutableness of turn-of-the-19th-century German aristocracy), but it's also not without certain charms. If it weren't for Ottilie's observations as scattered throughout, I wouldn't have been able to finish it; she's a highly entertaining character amidst a cast of bores. Goethe has chosen pessimistic themes such as tragedy, death, and fatalism to illustrate an optimistic one, that of love. Well, the scientific or chemical attraction of love and how the laws of man regarding love and marriage are no match for laws of nature for the latter requires a conformity that may not be natural at all. I can't imagine to whom I would ever recommend this, but I'm glad I read it.
  • Valutazione: 5 su 5 stelle
    5/5
    It is very important you read a good edition of this book- as it affects the translation. I read one edition almost to the end and restarted from another, and it was an entirely different experience. The one I preferred, invariably, was the one you can find for free on the "Online Library of Liberty" website. As per the novel, it was amazing. There are ups, downs, tribulations, foils, the switching of motivations and emotions, love, obsession, and overall unity of form. It is a surprising journey from inception to denouement and there is something to be garnered from each and every character. The language, indeed, at times approaches the sublime as well (as well as Odette's diary entries--aphorism in themselves) that unite the entirety of the experience together in a closely knit flashion.4.5 stars--well deserved too!

Anteprima del libro

Le affinità elettive - Johann Wolfgang von Goethe

Parte prima

Capitolo primo

Eduard - così chiameremo un ricco barone nel fiore degli anni - Eduard aveva trascorso l'ora più bella di un pomeriggio d'aprile nel suo vivaio, per innestare su dei giovani tronchi certi ramoscelli da poco ricevuti. Il lavoro era appena terminato; aveva riposto gli attrezzi nella custodia e considerava con soddisfazione il suo operato, quando si avvicinò il giardiniere che si compiacque della zelante collaborazione del signore.

«Non hai veduto mia moglie», domandò Eduard accingendosi a proseguire il cammino.

«Di là, nei nuovi edifici», rispose il giardiniere. «Oggi sarà terminata la capanna di muschio che ha fatto costruire presso la parete di roccia, di fronte al castello. È venuto tutto molto bene e di certo piacerà a Vostra Grazia. C'è una vista magnifica: sotto, il villaggio, un po' a destra la chiesa, il cui campanile quasi si oltrepassa con lo sguardo; davanti, il castello e i giardini.»

«Verissimo», disse Eduard, «a pochi passi da qui potevo vedere gli uomini lavorare.»

«Poi», seguitò il giardiniere, «a destra si apre la valle e, al di là dei ricchi prati alberati, si guarda in una limpida lontananza. Il sentiero che risale le rupi è tracciato assai gradevolmente. La graziosa signora se ne intende; ai suoi comandi si lavora con piacere.»

«Va' da lei», disse Eduard, «e pregala di aspettarmi. Dille che desidero vedere la nuova creazione e rallegrarmene.»

Il giardiniere si allontanò in fretta e Eduard lo seguì poco dopo.

Discese lungo le terrazze, osservò, passando, serre e aiuole per la riproduzione, finché giunse all'acqua e, attraverso un ponticello, al luogo in cui il sentiero diretto ai nuovi edifici si biforcava. Tralasciò il ramo che, passando oltre il cimitero, andava quasi diritto verso la parete di roccia, per imboccare l'altro che, a sinistra, saliva per un po' girando lievemente attraverso un ameno sottobosco; nel luogo in cui i due rami si incontravano, Eduard sedette per un istante su un'opportuna panchina, quindi intraprese la salita vera e propria e attraverso ogni sorta di scale e pianerottoli posti sullo stretto sentiero, ora più ora meno ripido, si vide condotto infine alla capanna di muschio.

Sulla soglia Charlotte accolse il marito e lo fece sedere in modo da permettergli di abbracciare in un solo sguardo, attraverso la porta e la finestra, i diversi quadri che componevano il paesaggio, quasi come in una cornice. Eduard se ne compiacque, e sperò che la primavera presto rendesse ancor più viva ogni cosa. «Ho solo un'osservazione da fare», soggiunse, «la capanna mi sembra un po' troppo piccola».

«Per noi due è grande abbastanza», rispose Charlotte.

«Ma certo», disse Eduard, «c'è spazio anche per un terzo.»

«Perché no?», disse Charlotte, «E anche per un quarto. Per una compagnia più numerosa prepareremo altri luoghi.»

«Giacché siamo qui soli e indisturbati, e d'animo tranquillo e sereno», disse Eduard, «devo confessarti di aver già da qualche tempo qualcosa sul cuore che devo e voglio confessarti, ma non mi riesce.»

«Avevo notato qualcosa in te», rispose Charlotte.

«E voglio anche confessare», seguitò Eduard, «che se il messo postale di domani mattina non impellesse, se non dovessimo decidere già oggi, forse avrei taciuto ancora più a lungo.»

«Di che si tratta, dunque?», chiese Charlotte incoraggiandolo affettuosamente.

«Si tratta del nostro amico, il capitano», rispose Eduard. «Tu conosci la triste situazione in cui si trova, come tanti altri, senza averne colpa. Quanto dev'essere doloroso per un uomo della sua cultura, del suo talento e della sua abilità, vedersi messo fuori attività e... ma non voglio nascondere più a lungo quel che desidero per lui: vorrei che fosse ospite da noi per qualche tempo.»

«È una cosa su cui bisogna riflettere bene e considerare sotto più di un aspetto», rispose Charlotte.

«Sono pronto a esporti il mio parere», replicò Eduard. «Nella sua ultima lettera domina una sommessa espressione di profondo malumore; non che gli manchi alcunché di necessario: sa limitarsi perfettamente e all'indispensabile ho provveduto io; né gli pesa accettare qualcosa da me: per tutta la vita siamo stati a tal punto debitori l'uno all'altro che non sappiamo calcolare quale sia il rapporto tra i debiti e i crediti... l'essere inattivo, questo è il suo vero tormento. Il suo esclusivo piacere, anzi, la sua passione è impiegare a vantaggio degli altri, ogni giorno e ogni ora, le molteplici capacità che ha perfezionate in sé. E adesso lo starsene con le mani in mano o il continuare a studiare per procurarsi altre abilità quando non può utilizzare quanto possiede in sommo grado... insomma, cara bambina, è una condizione penosa il cui tormento egli, nella sua solitudine, sente duplicato e triplicato.»

«Ma io pensavo», disse Charlotte, «che avesse ricevuto offerte da diverse parti. Io stessa avevo scritto per lui a diversi amici e amiche intraprendenti e, a quel che ne so, anche questo non fu senza conseguenze.»

«Verissimo», rispose Eduard, «ma anche queste diverse occasioni, queste offerte, gli procurano nuovo tormento, nuova inquietudine. Nessuna di quelle situazioni è adatta a lui. Non dovrebbe agire; dovrebbe sacrificarsi, sacrificare il suo tempo, le sue idee, il suo modo d'essere, e questo gli è impossibile. Quanto più considero tutto questo, quanto più lo sento, tanto più vivo diventa il desiderio di vederlo qui da noi.»

«È molto bello e gentile da parte tua», disse Charlotte, «considerare la situazione dell'amico con tanta partecipazione; ma mi permetto di esortarti a pensare anche a te, a noi.»

«L'ho fatto», rispose Eduard. «Dalla sua vicinanza possiamo riprometterci solo vantaggi e piacere. Non voglio parlare della spesa, che in ogni caso, qualora egli si trasferisca da noi, sarà per me minima; e, al contempo, penso che la sua presenza non ci procurerà il minimo disagio. Potrà vivere nell'ala destra del castello, e tutto il resto verrà da sé. Quanto non si farebbe per lui in questo modo, e quale piacere verrebbe a noi dalla sua frequentazione, quanti vantaggi! Da tempo desideravo una misurazione del fondo e dei dintorni; se ne occuperà e la dirigerà lui. La tua intenzione, in futuro, non appena siano trascorsi gli anni delle attuali concessioni, è quella di amministrare da te stessa i terreni. Quant'è pericolosa una simile impresa! E quante nozioni preliminari non ci potrà procurare! Mi accorgo fin troppo di quanto mi manchi un uomo di questo genere. I contadini hanno le giuste nozioni; ma le loro spiegazioni sono confuse e insincere. I diplomati che vengono dalla città e dalle accademie certo sono chiari e onesti; ma manca loro la nozione immediata dell'oggetto. Dall'amico posso aspettarmi l'una e l'altra cosa; e poi discendono da tutto ciò cento altre circostanze che mi fa piacere immaginare abbiano a che fare anche con te e dalle quali mi attendo ogni bene. Ti ringrazio, dunque, di avermi ascoltato benevolmente; ma ora parla tu, in tutta libertà e in modo circostanziato, e dimmi tutto ciò che hai da dire, io non ti interromperò.»

«Molto bene», rispose Charlotte, «comincerò allora con un'osservazione di carattere generale. Gli uomini pensano più al dettaglio, al presente, e a buon diritto poiché sono chiamati a fare, ad agire; le donne, invece, pensano più a ciò che nella vita si trova in reciproca connessione, e con egual diritto poiché il loro destino, il destino delle loro famiglie, è legato a tali connessioni e la loro coerenza è da esse favorita. Gettiamo perciò uno sguardo sulla nostra vita presente e su quella passata, e converrai con me che l'invito del capitano non si accorda in tutto e per tutto con i nostri propositi, con i nostri piani, con le nostre disposizioni.

E quanto mi piace ricordare i nostri primi rapporti! Da giovani ci amavamo con tutto il cuore; fummo separati: tu da me, perché tuo padre, per insaziabile brama di possesso, ti congiunse a una donna ricca e alquanto più vecchia; io da te, perche, senza speciali prospettive, dovetti concedere la mia mano a un uomo benestante, non amato ma onorato. Tornammo liberi; tu per primo, mentre la tua manimetta ti lasciava proprietario di un vasto patrimonio; io più tardi, proprio all'epoca in cui tu tornavi dai tuoi viaggi. Così ci ritrovammo. Gioivamo del ricordo, amavamo il ricordo, potevamo vivere insieme indisturbati. Tu insistesti per un'unione; io non accondiscesi subito: poiché avendo noi quasi la stessa età io, come donna, ero invecchiata, tu, come uomo, no. Da ultimo non volli negarti ciò che sembravi considerare la tua unica felicità. Volevi ristorarti al mio fianco di tutte le traversie patite a corte, nell'esercito, nel corso dei viaggi, volevi pensare a te stesso, volevi godere la vita; ma anche questo, soltanto con me. Misi la mia unica figlia in collegio, dove certamente riceve un'educazione più varia di quanto non sarebbe potuto accadere in un luogo di campagna; e non solo lei. vi misi anche Ottilie, la mia cara nipote, che forse, sotto la mia guida, sarebbe cresciuta nel migliore dei modi come aiutante di casa. Tutto questo avvenne, col tuo assenso, al solo scopo di vivere per noi stessi, di godere finalmente indisturbati della felicità tanto struggentemente bramata un tempo e tardi raggiunta. Così iniziammo la nostra vita in campagna. Io mi incaricai dell'amministrazione interna, tu di quella esterna e dell'andamento generale delle cose. La mia disposizione è a venirti incontro in tutto, a vivere per te solo; proviamo almeno per qualche tempo, fino a che punto possiamo bastare a noi stessi in questo modo.»

«Poiché ciò che si connette, come tu dici, è propriamente il vostro elemento», disse Eduard, «certo non bisogna sentirvi parlar di filato, oppure bisogna risolversi a darvi ragione, e di ragione, fino a oggi, ne hai. Le fondamenta che sin qui abbiamo dato alla nostra esistenza sono buone; ma non dobbiamo costruirvi sopra nulla e nulla deve più prodursi da esse? Quel che io realizzo nel giardino e tu nel parco dev'essere fatto solo per degli eremiti?»

«Giustissimo!», rispose Charlotte. «Molto bene! Ma non facciamoci entrare nulla che sia d'ostacolo o estraneo. Pensa che i nostri propositi, anche per ciò che riguarda gli intrattenimenti, hanno in un certo senso a che fare solo col nostro reciproco stare insieme. Per prima cosa volevi sottopormi i diari dei tuoi viaggi in successione cronologica, con l'occasione mettere in ordine diverse altre carte che a essi si riferiscono e, con la mia collaborazione, col mio aiuto, mettere insieme da quegli inestimabili ma confusi quaderni e fogli un tutto dilettevole per noi e per gli altri. Io promisi di aiutarti nella copiatura, e immaginammo che dovesse essere così piacevole, così gradevole, così intimo attraversare col ricordo il mondo che non avremmo visto insieme. Anzi, abbiamo già iniziato. Poi, la sera, hai ripreso il tuo flauto e mi accompagni al cembalo; né ci mancano le visite dei vicini e ai vicini. Con tutto questo io, almeno, mi sono costruita la prima estate veramente lieta che abbia mai pensato di godere in vita mia.»

«Se solo non tornassi sempre a pensare», disse Eduard, passandosi una mano sulla fronte, «mentre tu mi ripeti tutto questo, amorosa e ragionevole, che la presenza del capitano non turberebbe nulla, ma piuttosto accelererebbe e ravviverebbe ogni cosa. Anch'egli ha partecipato ad alcuni dei miei viaggi; e ha annotato molte cose, ma da un punto di vista diverso: utilizzeremmo tutto insieme e solo allora ne verrebbe fuori un bell'insieme.»

«Lascia allora che ti confessi sinceramente», replicò Charlotte con una certa impazienza, «che questo proposito contraddice alla mia sensibilità, che un presentimento non mi fa presagire nulla di buono.»

«A questo modo voi donne sareste proprio invincibili», disse Eduard, «dapprima così ragionevoli che non vi si può contraddire, così amabili che vi si cede volentieri, così sensibili che non vi si può far male, così presaghe da metter paura.»

«Io non sono superstiziosa», disse Charlotte, «e non concedo nulla a questi oscuri impulsi, se tali soltanto essi sono; ma per lo più sono inconsapevoli ricordi di conseguenze fauste e infauste, sperimentate in occasione di azioni nostre o altrui. Nulla è più importante, in ogni circostanza, che il sopraggiungere di un terzo. Ho visto amici, fratelli, amanti, sposi, i cui rapporti sono completamente mutati, la cui situazione si è completamente capovolta, per l'intervento casuale o voluto di una nuova persona.»

«Questo può ben succedere», disse Eduard, «a quegli uomini che vivono ignari di sé, non a quelli che, illuminati dall'esperienza, sono più consapevoli di se stessi.»

«La coscienza, mio adorato», rispose Charlotte, «non è un'arma sufficiente e, anzi, talvolta è pericolosa per colui che l'adopera; e da tutto questo si deduce almeno che non dobbiamo affrettarci. Concedimi ancora qualche giorno, non decidere!»

«Per come stanno le cose», rispose Eduard, «ci affretteremmo sempre, anche dopo molti giorni. Ci siamo esposti reciprocamente le ragioni a favore e contro; si tratta di decidere e, veramente, il meglio sarebbe di lasciarlo fare alla sorte.»

«So», rispose Charlotte, «che in casi dubbi scommetti volentieri o tiri i dadi; in un caso così serio lo considererei un sacrilegio.»

«Ma cosa dovrò scrivere al capitano?», esclamò Eduard. «Perché lo devo fare subito.»

«Una lettera pacata, ragionevole, consolatrice», disse Charlotte.

«Il che equivale a non scrivere», replicò Eduard.

«E tuttavia, in certi casi», rispose Charlotte, «è necessario e affettuoso scrivere di nulla piuttosto che non scrivere nulla.»

Capitolo secondo

Eduard si trovava solo nella sua stanza, e veramente la rievocazione delle vicende della sua vita per bocca di Charlotte, il ricordo della loro condizione, dei loro propositi, avevano piacevolmente emozionato il suo animo fervido. Vicino a lei, in sua compagnia, egli si era sentito così felice, da pensar di scrivere al capitano una lettera affettuosa, partecipe, ma pacata e senza alcun cenno d'assenso. Tuttavia, quando si fu recato allo scrittoio ed ebbe preso la lettera dell'amico per leggerla ancora una volta, la triste condizione di quell'uomo eccellente gli si ripresentò immediatamente; tutte le sensazioni che gli avevano angustiato quei giorni si risvegliarono e gli parve impossibile abbandonare il suo amico a una così angosciosa situazione.

Eduard non era abituato a rifiutarsi qualcosa. Fin dalla giovinezza, figlio unico e viziato di ricchi genitori che avevano saputo persuaderlo a uno strano ma vantaggiosissimo matrimonio con una donna molto più vecchia, che pure l'aveva vezzeggiato in tutti i modi, cercando di ricambiare il buon comportamento nei suoi confronti con la massima generosità, padrone, poi, di se stesso dopo la precoce morte di costei, viaggiatore indipendente, capace di ogni cambiamento e di ogni mutamento, mai eccessivo nei suoi desideri, ma desideroso di molte e disparate cose, franco, benefico, coraggioso e, anzi, all'occasione valoroso... cosa al mondo poteva opporsi ai suoi desideri!

Fino ad allora tutto era andato secondo il suo genio, era giunto anche a possedere Charlotte che aveva infine conquistato con una fedeltà ostinata e addirittura romanzesca; e ora si sentiva per la prima volta contraddetto, per la prima volta impedito, proprio quando voleva chiamare a sé l'amico di gioventù, quando, per così dire, voleva conchiudere tutta la sua esistenza. Era seccato, impaziente, impugnò più volte la penna e la posò perché non riusciva ad accordarsi con se stesso sul cosa scrivere. Contro i desideri di sua moglie non voleva andare, assecondarli non poteva; inquieto com'era, gli sarebbe stato del tutto impossibile scrivere una lettera pacata. La cosa più naturale era cercar di differire. Con poche parole pregò il suo amico di perdonarlo perché non gli aveva scritto in quei giorni e non gli avrebbe scritto esaurientemente oggi, e gli promise al più presto una lettera più importante e tranquillizzante.

Il giorno dopo Charlotte, durante una passeggiata al medesimo luogo, colse l'occasione per riprendere il filo del colloquio, convinta, forse, che non vi fosse modo più sicuro per troncare un proposito, che discuterlo frequentemente.

Eduard si auspicava quella ripresa. Si espresse, alla sua maniera, con affabilità e cortesia: poiché se egli, sensibile com'era, prendeva fuoco facilmente quando la vivacità dei suoi desideri si faceva pressante, se la sua ostinazione poteva renderlo impaziente, pure tutte le sue espressioni erano addolcite in tal modo da un totale riguardo per gli altri, che si era costretti a trovarlo sempre amabile anche quando riusciva molesto.

A questa maniera, quella mattina, egli mise dapprima Charlotte di ottimo umore, poi con discorsi suadenti la sconcertò del tutto, sicché, alla fine, ella esclamò: «Tu vuoi proprio che io conceda all'amante quel che ho rifiutato al marito».

«Almeno, mio caro», proseguì, «devi constatare che i tuoi desideri, l'amabile vivacità con cui li esprimi, non mi lasciano indifferente né insensibile. E mi costringono a una confessione. Anch'io ti ho nascosto qualcosa fino ad ora. Mi trovo in una situazione analoga alla tua e ho già esercitato su me stessa quella medesima violenza che mi aspetto ora da te.»

«Mi fa piacere sentirlo», disse Eduard, «noto che nel matrimonio è necessario, talvolta, litigare, perché così si apprende qualcosa l'uno dell'altro.»

«Devi sapere, dunque», disse Charlotte, «che a me accade con Ottilie la stessa cosa che accade a te col capitano. Mi spiace moltissimo sapere quella cara bambina in un collegio, dove si trova in una situazione molto opprimente. Se Luciane, mia figlia, che è nata per il mondo, là si educa a esso e riceve insegnamenti di lingua, di storia e quant'altro, e suona a prima vista pezzi e variazioni; se con la sua natura vivace e la sua felice memoria, si potrebbe dire, dimentica tutto e si ricorda di tutto all'istante; se per libertà di contegno, grazia nella danza e garbata facilità di conversazione si distingue su tutte e la sua innata essenza dominatrice la rende regina della ristretta cerchia; se la direttrice dell'istituto la considera una piccola divinità che solo ora, sotto le sue mani, prospera veramente, le farà onore, ispirerà fiducia e procurerà l'afflusso di altre giovani; se le sue lettere e i rendiconti mensili sono sempre e solo inni all'eccellenza di una simile figlia che io so ben tradurre nella mia prosa, per contro quello che mi dice di Ottilie sono solo scuse su scuse per il fatto che una fanciulla la quale, tra l'altro, cresce così bella non si sviluppa e non vuole mostrare alcuna capacità e alcuna abilità. Il poco che ancora aggiunge - anche quello - non è per me un enigma, poiché nella cara bambina rivedo tutto il carattere di sua madre, la mia preziosa amica, che è cresciuta accanto a me e la cui figlia, qualora potessi esserne l'educatrice o la tutrice, vorrei far diventare una stupenda creatura.

Poiché però non rientra nei nostri piani, e non si dovrebbero tirare e stiracchiare troppo le condizioni della propria vita, né introdurre sempre in esse qualcosa di nuovo, piuttosto sopporto, e supero anche la spiacevole sensazione che provo quando mia figlia, che sa bene quanto completamente la povera Ottilie dipenda da noi, fa uso spavaldamente nei suoi confronti dei suoi privilegi distruggendo così, in una certa misura, la nostra

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