Startup di merda: Il primo libro da comprare se vuoi aprire una startup
Di Mario Moroni
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Info su questo ebook
quasi tutta la letteratura italiana sulle startup, oggi, è un fritto misto retorico che sembra avere come unico scopo quello di spingere giovani e meno giovani a darsi in pasto al mercato senza le giuste precauzioni.
I nuovi startupper sono convinti di cadere sul morbido dell’idea che è venuta loro mentre erano al pub con gli amici, salvo poi schiantarsi al primo semestre tra Iva e contributi. E poi ci sono quelli che sanno di doverci mettere tutto l’impegno del mondo, ma a cui nessuno, finora, ha detto che potrebbe non bastare.
Nella mia esperienza in radio ho visto giovani cadere e non trovare la forza di rialzarsi.
Ho intervistato imprenditori a ogni livello, e tutti mi hanno raccontato le stesse, tragiche storie.
Ho vissuto sulla mia pelle l’esperienza di avviare un business in un Paese che ha i migliori talenti creativi del mondo, ma le peggiori regolamentazioni e infrastrutture d’Europa.
Ho voluto mostrare a quelli che hanno in testa di aprire una startup perché sentono di avere avuto un’idea brillante, che un’alternativa per salvarsi la pelle e la serenità, c’è.
Ed è NON APRIRE UNA STARTUP.
Con uno stile leggero e adatto ai neofiti, senza polpettoni di economia né fuffologia, questo libro va nella direzione opposta. Non troverete formule sicure per il successo: qui si spiega il perché aprire una startup potrebbe essere la peggiore scelta della vita.
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Anteprima del libro
Startup di merda - Mario Moroni
Indice
STARTUP DI MERDA
Risposte bellissime e domande mai fatte
Uno su 51 mila ce la fa. ma per tutti gli altri... ne sarà comunque valsa la pena
COSA NON TROVERAI IN QUESTO LIBRO
La pillola blu non esiste
Il business del ‘CREDICI’
Disclaimer
1. Mamma, voglio fare lo startupper!
1.2 E invece no.
1.3 Il sopravvissuto
1.4 Perchè non dovevo aprire una startup
2. Il mito / I miti della startup
2.1 Il mito del garage
2.2 Il mito della partenza da zero
2.4 Non siamo a Cupertino!
3. La differenza tra chi ha successo e chi no
3.1 - 8 Cose da fare se vuoi fallire
1. Ogni cosa ha il suo tempo: tutti hanno un piano, fino a che non prendono un cazzotto in faccia (Mike Tyson)
2. Un moltiplicatore efficace
3. Il futuro non è un app (ce ne sono già 15 milioni)
4. Tieniti alla larga dai fuffologi
5. Troppe piroette danno il vomito
6. Il problema delle metriche
7. Le competenze che dicono di avere
8. Se entri per uscire ti trovi con la faccia nella porta
4. Le idee
NOTA AI LETTORI CHE HANNO MENO DI 16 ANNI
Cosa rende grande una idea
Come farsela venire, la maledetta idea
Ok, ce l’ho.
Il focus group Casalingo
Un caso di studio: LUMOS
5. Le persone
Le persone intorno a te
Quindi? Come sapere se la tua idea è buona?
Circa i soldi: chiederli in casa?
E agli amici?
Le persone intorno: con chi lavorare?
Come scegliere con chi lavorare?
Il decalogo per scegliere la persona giusta
6. I soldi
A) Soldi per sopravvivere
→ I consigli migliori del mondo
B) Soldi per la startup
Ok voglio i soldi. Come faccio?
SCENARIO A
SCENARIO B
SCENARIO C
Gli incubatori
Cosa dovrebbero fare?
Cosa fanno (molto spesso, quasi sempre) da noi?
Dove trovarli? Come sceglierli?
Qualche dritta su come cercare e dove
7. Il tempo
Andy Warhol
Charles Baudelaire
4) Pink Floyd
5) John Lennon
5 Verità per 5 domande:
8. La felicità
9. Il cambiamento
9.1 - GESTIRE I CAMBIAMENTI – dalla parte dello strappo o da quello delle resistenze?
Resistere
9.2 - Il futuro e il passato. Il prima e dopo. Cambiamento come evoluzione.
9.2 - Ciò che non può essere cambiato – il possibile e l’impossibile
10. CONCLUSIONI
Bibliografia facilitata
Ringraziamenti
STARTUP DI MERDA
Mario Moroni
[2017]
IL PRIMO LIBRO DA COMPRARE SE VUOI APRIRE UNA STARTUP
Mario Moroni
Startup di merda
Il primo libro da comprare se vuoi aprire una startup
© La Memoria del Mondo Libreria Editrice
Via Garibaldi, 51 – Magenta (MI)
www.lamemoriadelmondo.it
edizioni@memoriadelmondo.it
ISBN 9788899933241
Settembre 2017
Tutti i diritti sono riservati
Risposte bellissime e domande mai fatte
di Matteo Sarzana
Le startup hanno rotto il C@££0
[cit. Anonimo]
Sarebbe difficile risalire all’autore originale di questa affermazione, ma sono sicuro che a tanti di voi che avete scelto o state scegliendo o, meglio ancora, state sfogliando questo libro in libreria, questa frase sia transitata, almeno una volta, per l’anticamera del cervello.
Le startup sono state nel corso degli ultimi anni glorificate e osannate come la panacea a tutti i mali del nostro paese.
Forti dell’esperienza oltreoceano (o oltremanica, o anche solo oltre alpi), siamo stati inondati da proclami che inneggiavano ai giovani startupper che, partendo da una semplice idea, erano in grado di cambiare il mondo e di generare miliardi e di creare milioni di posti di lavoro.
La parola startup è diventate talmente di moda e di uso comune, che, per qualche tempo, non pareva possibile trovare qualcuno che non volesse lavorare nel magico mondo delle startup.
Uso l’aggettivo magico perché è quello che più si addice alla credenza che si è man mano andata generando.
La magia è quella pratica che permette di risolvere qualsiasi problema, senza fatica e senza sforzo.
Peccato che, fino a prova contraria, la magia non esista e, quindi, anche la magia che si sperava le startup potessero generare, non si è (ancora) avverata.
Perché questo miracolo non si è avverato?
È proprio a questa domanda che il (troppo) buon Mario Moroni cerca di rispondere.
Una domanda scomoda, perché rischia di scoperchiare tanti piccoli segreti, che nessuno ha piacere di mettere sulla pubblica piazza.
Una domanda che vuole far riflettere tutti coloro che, ancora ammaliati dalla magia, stanno cullando tra se e se la voglia di provare a far si che la propria idea diventi una startup.
Una domanda che ha una risposta semplice, ma che non vi voglio svelare, per non togliervi il piacere di scorrere le pagine che seguono, alla scoperta della storia di Mario e di quanto è stato in grado di imparare da quella famosa serata in una (terribile) pizzeria di Milano Est.
Mario ha avuto coraggio, ha creato la sua startup e continua ad avere coraggio nel farla progredire ogni giorno e ha avuto ancora più coraggio a provare a sollevare il velo dai suoi errori, dalle sue battute di arresto e dalle continue difficoltà, perché chiunque abbia voglia di scorrere queste pagine possa imparare qualche cosa di utile.
Le startup sono quindi il male?
Certo che no.
Le startup sono parte di una rivoluzione che trascende le startup stesse e ci rende cittadini di un mondo globale, connesso e fluido.
Il male è pensare che chiunque possa farle, perché è facile, perché porta successo e perché è di moda.
Ammiro Mario, perché possiede quelle qualità che lo hanno reso uno startupper e che io non ho e, difatti, mi hanno reso un semplice manager.
Ci ho provato anche io (purtroppo Mario non aveva ancora scritto questo libro) e ho fallito. E ho capito che non potevo fare la mia startup, potevo, forse, gestire quella di qualcun altro.
Il dono migliore che questo libro farà alla comunità digitale (e non) italiana, sarà quello di far riflettere su chi si vuole diventare (startupper o no) e di permettere di compiere questa scelta in serenità, senza pensare che se non fai la tua startup non sei nessuno.
A Mario, al suo Mulino e a mille altre (tremende) pizze.
Uno su 51 mila ce la fa. ma per tutti gli altri... ne sarà comunque valsa la pena
di Daniele Barbone
Parlare di Start Up per chi come me, e come Mario, ha fondato da zero le proprie aziende, è quanto di più naturale possa esistere. È la nostra vita. La conosciamo bene.
Ma questo mio contributo al racconto di Mario, non esisterebbe se non ci fosse stato un evento a unirci.
Un giorno ricevo una chiamata da Confindustria e mi propongono di partecipare a una trasmissione in una web radio della zona del Legnanese. La trasmissione si chiama Aperitivo Aziendale
.
Mi presento negli studi il giorno e l’ora stabiliti e incontro Mario che mi introduce nel suo mondo.
OkNetwork è di fatto una realtà in cui la concretezza è fatta di competenze su quanto di più immateriale ci possa essere: il cosiddetto digital
. Ed è così che progressivamente dalle interviste come ospite dei vari OkDay, ad amico, collega, e poi anche partner in alcune operazioni aziendali. E siccome la sintonia si è via via ampliata, anche compagno di cammino in montagna e di corsa in città quando ogni tanto ci alleniamo insieme.
Conosco dunque il suono
dei pensieri di Mario quando è provato dalla fatica del duro lavoro. Conosco come affronti la salita su un sentiero irto di montagna. Conosco il suo modo di porsi con le persone che lavorano nel suo team e quanto tenga a loro. Conosco anche la determinazione che lo caratterizza quando la sua fiducia è tradita. Cosa che nel nostro mestiere di imprenditori a volte capita.
In questi anni ho quindi compreso molto di lui e quando mi ha detto del progetto Start Up di Merda ero certo che avrei ritrovato nella lettura molta concretezza e altrettanta leggerezza.
Ero sicuro che si sarebbe dimostrato un racconto emozionante e che avrebbe lasciato a chi lo intraprende,sia strumenti pratici da mettere in campo, che un sorriso da collocare nella cassetta degli attrezzi. Perché anche di questo occorre armarsi se siete affetti dal virus dell’intraprendere.
Non aspettatevi però un racconto politically correct. Per esempio leggerete che la vasta schiera di coloro che vuole partire per far nascere una star up assomiglia a un esercito di mucche mandate al macello, che pensa che il camion le stia portando sui monti con Heidi
. E brutalmente vi verrà ricordato che in effetti solo uno su dieci realizza il suo progetto.
Per meglio ragionarne, torniamo alla metafora con la corsa dove tutto questo è la norma, anzi è ancora più brutale. Rispondete alla seguente domanda: Quanti partono per correre la Maratona di New York? Ve lo dico io. Cinquantuno mila ogni anno (e le richieste di partecipazione sono diverse centinaia di migliaia). In quanti vincono? Uno solo. Lui incassa un premio in denaro decisamente importante. Per gli altri il premio è una medaglia il cui valore monetario è di pochi Euro. Contro un prezzo di iscrizione di diverse centinaia di dollari. E mediamente la grande moltitudine di quelli che partecipano arrivano quando il vincitore è già in hotel. Arrivano devastati di stanchezza. Arrivano e hanno speso fino all’ultima goccia di sudore di cui il loro corpo è capace. Alcuni si sentono male, alcuni vomitano ma si trascinano fino al traguardo. Nessuno ve lo dirà mai e le immagini vi faranno sempre e solo vedere della grande festa di popolo che si svolge intorno alla gara. Bellissima, innegabilmente. Ma devastante come solo la maratona sa essere. E sapete quanti sono a New York quelli che si ritirano? Nel 2016 sono stati solo 600. Circa l’uno percento. Perché è così?
Perché tutti i cinquantamila che tagliano il traguardo portano nel cuore ognuno dei 42 chilometri percorsi. Perché ognuno di quei 42 chilometri ha costruito la nuova persona che è diventato dopo aver portato a termine il percorso. Molti di loro saranno pronti l’anno successivo ad allenarsi nuovamente per mesi. E poi a spendere altre centinaia di dollari e cercare