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Diario di un naturalista giramondo
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E-book705 pagine10 ore

Diario di un naturalista giramondo

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Viaggio di un naturalista intorno al mondo, pubblicato in Italia anche con i titoli Diario di un naturalista giramondo e Il viaggio meraviglioso di Charles Darwin (The Voyage of the Beagle) è un libro scritto da Charles Darwin pubblicato nel 1839 che gli portò notevole fama e rispetto. Il titolo è riferito alla seconda spedizione della nave HMS Beagle, che salpò da Plymouth Sound, il 27 Dicembre 1831 sotto il comando del capitano Robert Fitzroy. Originariamente la durata della spedizione fu prevista per due anni ma in realtà ne durò quasi cinque, infatti la nave Beagle non ritornò fino al 2 ottobre 1836. Darwin trascorse la maggior parte del suo tempo ad esplorare il terreno (tre anni e tre mesi a terra; 18 mesi in mare). Il libro, noto anche come “Darwin's Journal of Researches” (Le ricerche ufficiali di Darwin), è un vivido ricordo di un emozionante viaggio, nonché una dettagliata rivista scientifica che riguarda biologia, geologia, antropologia che dimostra di Darwin un forte spirito di osservazione, scritto in un momento in cui gli europei occidentali esploravano il mondo intero. I capitoli del libro sono ordinati per luoghi e località piuttosto che per ordine cronologico. Le osservazioni trascritte da Darwin in questo libro sarebbero state usate per sviluppare, in seguito, la sua teoria sulla selezione naturale e sulla evoluzione delle specie.
LinguaItaliano
EditoreP
Data di uscita11 ott 2018
ISBN9788829525652
Diario di un naturalista giramondo
Autore

Charles Darwin

Charles Darwin (1809–19 April 1882) is considered the most important English naturalist of all time. He established the theories of natural selection and evolution. His theory of evolution was published as On the Origin of Species in 1859, and by the 1870s is was widely accepted as fact.

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    Anteprima del libro

    Diario di un naturalista giramondo - Charles Darwin

    Angelis

    PREFAZIONE DEL TRADUTTORE

    Carlo Darwin, di cui si parla oggi in tutto il mondo civile,va segnalato per due meriti singolarmente diversi, emirabilmenteconcorrenti ad un medesimoeffetto.

    Egli è osservatore diligente, paziente, acuto,originale, profondo, pieno di dottrina e di erudizione: tutto poiil tesoro del suo sapere egli volge a trarredalle sue osservazioni e dalle sue comparazioniinaspettate conclusioni e grandiose, per cui veggiamo, lasua mercè, ripresa oggi l’opera di Galileo e di Newton,ed applicata ai viventi.

    Finora il Darwin fra noi, come pure in Francia, non fuconosciuto che per questo secondo rispetto. In Inghilterra inveceed in Germania esso fu apprezzato anche perquelle qualità sue che hanno preceduto efecondato le altre, ed il viaggiatore fu ammirato e lodato non menodel filosofo.

    Carlo Darwin ha fatto un viaggio intorno al mondo:nessuno più di lui poteva compierefruttuosamente un tal viaggio. Ricco di sode cognizioniscientifiche e letterarie, di studio profondo delle cose naturali ecivili del suo paese, animo forte e gentile,amore all’umanità, culto del vero. Ilviaggio del Darwin ha portata tanta luce intorno ai fattinaturali delle varie regioni della terra, che nullapiù: molte questioni che tenevan divisi i dotti, come quelladella formazione delle isole del corallo nelPacifico, ebbero da lui scioglimento: nuovi fatti nella vita e neicostumi degli animali furono rivelati ed interpretati inmodo che la scienza ne ha fatto tesoro. E la brevità energicaed incisiva, i tocchi maestri, il lampo di certigiudizii intorno a cose di costumi e di storia,hanno fatto sì che del viaggio del Darwin si siano innamoratinon solo i dotti, ma tutti i lettori. Fuscritto a mo’ di giornale, si legge col diletto con cui silegge un romanzo, e chi sa pensare trova ad ogni tratto dasoffermarsi.

    Il modo con cui furono accolte in Italia le versioni dellealtre opere del Darwin non mi lascia dubbio intorno alloaccoglimento che sarà per avere questa, e perciò mi sonoaccinto a tradurla, colla certezza che dalla lettura di essasaranno i miei connazionali per ricavare grande diletto e piùgrande ammaestramento.

    M. L.

    CAPITOLO I.SANT’IAGO –ISOLE DEL CAPO VERDE.

    Porto Praya – Ribeira Grande – Polvere atmosfericacon Infusorii – Costumi di una Aplisia, e di una Seppia– Roccie di S. Paolo, non vulcaniche – Singolariincrostazioni – Gl’insetti, primi coloni delle isoleFernando Noronha – Bahia– Roccie brunite –Costumi di un Diodonte – Conferve ed Infusorii –Pelagia – Cause dello scoloramento del mare.

    Respinto indietro due volte, da un forte vento di sud-ovest, ilbrigantino da guerraBeagledella regia marina inglese,comandato dal capitanoFitz-Roy, salpò finalmente da Devonportil 27 dicembre 1831. La spedizione aveva per iscopo di fare unaispezione compiuta della Patagonia e della Terra del Fuoco,ispezione cominciata dal capitano King dal 1826 al 1830 –esaminare le spiaggie del Chilì, del Perù e quelle dialcune isole del Pacifico – e fare una serie di misurecronometriche intorno al mondo. Giungemmo il 6 gennaio a Teneriffa,ma non ci fu permesso sbarcare, perchè si temeva a terra chenoi portassimo loro il cholera. L’indomani mattina vedemmospuntare il sole dietro lo scosceso profilo della grande isoladelle Canarie, ed illuminare repentinamente il Picco di Teneriffa,mentre le parti più basse erano velate da leggere nubi. Questofu il primo di una lunga serie di giorni deliziosissimiche non homai più dimenticato. Il 16 gennaio 1832, gettammol’àncora a Porto Praya, a Sant’Iago, la principaleisola dell’arcipelago del Capo Verde.

    Veduto dal mare il contorno di Porto Praya ha un aspettodesolato. Il fuoco dei vulcani di epoche remote,ed il caloreardentissimo del sole dei tropici, hanno reso in molti punti ilsuolo inetto alla vegetazione. Il paese sale con successivialtipiani, frammisti ad alcune collinette a cono tronco, el’orizzonte è limitato da una catena irregolare di montipiùalti. La scena veduta attraverso alla fosca atmosfera delclima, è interessantissima, se pure una persona che halasciato da poco il mare e per la prima volta passeggia in un boscodi alberi di cocco, può essere buon giudice di qualsiasi cosatranne che del godimento che prova. In generale l’isola nonpuò essere considerata come molto attraente; ma per chi nonconosce che un paesaggio d’Inghilterra, l’aspetto nuovodi una terra al tutto sterile ha un non so che di grandioso, cheforse una maggiore vegetazione potrebbe toglierle. Per granditratti di pianure coperte di lava non si incontra un filod’erba; tuttavia gregge di capre ed alcune vacche riescono atrovare di che vivere. Piove molto di rado, ma durante una breveparte dell’anno hanno luogo violentiacquazzoni, dopo i qualispunta immediatamente da ogni crepaccio del terreno una scarsavegetazione. Questa apparisce in breve, e gli animali vivono delfieno che per tal modo si forma naturalmente. Ora è un annoche non piove. Quando l’isola fu scoperta il contornoimmediato di Porto Praya era rivestito di alberi Affermo ciò sulla autorità del dottor E.Dieffenbach, che lo disse nella sua traduzione tedesca della primaedizione di questo Giornale. , di cui la imprevidentedistruzione ha cagionato qui comea Sant’Elena ed in qualchealtra isola delle Canarie, una quasi assoluta sterilità. Levalli larghe, profonde, di cui molte fanno ufficio solamente perpochi giorni in una stagione di corsi d’acqua, sono rivestitedi boschettidi arbusti senza foglie. Pochi esseri viventi abitanoquelle valli. L’uccello che vi s’incontra piùcomune è un martin pescatore (Dacelo Jagoensis), ilquale si posa tutto fiducioso sui rami della pianta detta olio dicastoro, e di là piomba sulle lucertole e sui grilli. Hacolori brillanti, ma non è così bello come le specied’Europa; differisce pure grandemente da questi pel volo, peicostumi e pel luogo ove abita, che in generale è una qualchearidissima valle.

    Un giorno andammo due ufficiali ed io a cavallo fino a RibeiraGrande,villaggio poche miglia all’est di Porto Praya. Finoalla valle di San Martino, il paese aveva sempre il suo aspettobrutto e scolorito; ma a quel punto un piccolissimo filod’acqua produce un freschissimo margine di lussureggiantevegetazione. Nel corso diun’ora giungemmo a Ribeira Grande eci sorprese la vista di una grande fortezza e di una cattedrale,entrambe diroccate. Questa piccola città era, prima che il suoporto si fosse colmato, il luogo principale dell’isola; oraha un aspetto melanconico ma molto pittoresco. Essendoci procuratiun frate nero per guida ed uno spagnuolo che aveva servito nellaguerra peninsulare come interprete, visitammo molti fabbricati, dicui la parte principale si componeva di una chiesa. Qui sono statisepolti i governatoried i capitani generali delle isoleLe isole del Capo Verde furono scopertenel 1449. Vi era la lapide di un vescovo colla data del 1571: ed unrilievo di una mano con un pugnale colla data del 1497. .Alcune delle lapidi hanno la data del secolo decimosesto. Gliornamenti araldici erano le sole cose in quel luogo remoto che ciricordassero l’Europa. La chiesa o cappella formava un latodi un quadrilatero, nel mezzo del quale cresceva un boschetto dialberi di banane.Un altro lato era composto dell’ospedale,che ricoverava una dozzina di miserabili.

    Tornammo alla Venda pel pranzo. Un gran numero di uomini, didonne e di bambini, tutti neri come l’inchiostro, siraccolsero per vederci. Essi erano sommamente allegri; ad ogninostra parola, ad ogni nostro cenno, scoppiavano dalle risa. Primadi lasciare la città andammo a visitare la cattedrale. Non visono tante ricchezze come nella chiesa più piccola, ma vantaun piccolo organo, che manda suoni singolarmente disarmonici.Donammo qualche scellino al frate nero, e lo spagnuolo, posandoglila mano sul capo, disse, molto ingenuamente, che non credeva che ilcolore facesse poi una troppo grande differenza. Tornammo allora ilpiù speditamente possibile coi nostri cavallini a PortoPraya.

    Un altro giorno dirigemmo le nostre escursioni verso ilvillaggio di San Domingo, collocato quasi nel centrodell’isola. Sopra una piccola pianura che attraversammocrescevano alcune acacie mezzo intisichite; le loro cime eransiincurvate, per effetto dei continui venti alisei, in modo singolare– alcune erano anche ad angolo retto col loro tronco. Ladirezione dei rami era esattamente N-E-N. e S-O-S., e questebanderuole naturali indicano la direzione prevalente dei ventiregolari. I viaggiatori hanno lasciato così poche tracciesuquel suolo nudo, che perdemmo la strada, e ci volgemmo versoFuentes. Non ci accorgemmo di questo finchè non fummo giuntisul luogo; ed in seguito rimanemmo contenti di questo sbaglio.Fuentes è un graziosissimo villaggio, con un piccolo corsod’acqua; edogni cosa vi sembra prosperosa, tranne invero,quello che era più importante, i suoi abitanti. I bambinineri, al tuttoneri e macilenti, portavano fasci di legna da arderegrossi quasi come il loro corpo.

    Presso Fuentes vedemmo un grande strupo Sitratta di parola non frequentissima ma abbastanzausata a fine ottocento. Etimologicamente deriva dal tardo latinocon la stessa radice di truppa per cui veniva usata nelsignificato oltre che di manipolo di uomini anche in caso diraggruppamenti animali per i quali non si usa il termine piùspecifico di gregge mandria stormo branco. A Lessonapiaceva evidentemente molto perché la usa ripetutamente anchenella traduzione di L'origine dell'uomo (due diverse edizioni nelprogetto Manuzio) semprea proposito di gruppi di scimmie. Oggiè solo sinonimo di stupro, nell'originale si trova flock",gregge, stormo (NdR). di galline di Faraone –probabilmente erano in numero di cinquanta o sessanta. Eranotimidissime e non ci potemmo avvicinare ad esse.Ci sfuggirono, comele pernici in un giorno piovoso di settembre, correndo col caposollevato, e se erano inseguite, spiccavano immantinente ilvolo.

    Il paesaggio di San Domingo ha una bellezza al tuttoinaspettata, rispetto al carattere cupo che prevalein tutto ilrimanente dell’isola. Il villaggio sta in fondo ad una valle,limitata da alti e dentati muri di lava stratificata. Le roccienere fanno contrasto spiccato colla verde e splendida vegetazioneche adorna le sponde di un piccolo corso d’acqualimpidissima. Era un giorno di festa, ed il villaggio era pieno digente. Al nostro ritorno incontrammo un drappello di una ventinacirca di fanciulle nere, vestite con molto buon gusto; la loropelle nera ed i candidi vestimenti spiccavano maggiormente peiscialli e turbanti coloriti che portavano. Appena fummo lorovicini, esse si misero in circolo, e coprendo il sentiero coi loroscialli, cominciarono a cantare con grande energia una selvaggiacanzone, battendo il tempo colle mani e coi piedi. Gettammoloroalcune vinteru, che ricevettero con scoppi di risa, e lelasciammo mentre cantavano con lena raddoppiata.

    Un mattino il villaggio era singolarmente chiaro; le montagnelontane spiccavano coi loro frastagliati profili, sopra una cupastriscia di nubi azzurrognole. Giudicando dall'apparenza, e daciò che aveva osservato in Inghilterra, supposi che l'ariafosse satura di umidità. Tuttavia, il fatto, era interamentel’opposto. L’igrometro dava una differenza di 296gradi, tra la temperatura dell’aria ed il punto a cuil’umidità si precipita. Questa differenza era quasi ildoppio di quella che io aveva osservato le mattine precedenti.Questo insolito grado di asciuttezza atmosferica era accompagnatoda continui lampi. Non è forse un caso singolare, questo ditrovare un notevole grado di trasparenza con un tempocosifatto?

    In generale l’atmosfera è fosca; e ciò ècagionato da una pioggia di polvere impalpabile, che si trovòavere lievemente danneggiato gl’istrumenti astronomici. Ilmattino prima di aver gettato l’àncora a Porto Praya, ioraccolsi un pizzico di quella polvere finissima color bruno, chesembrava essere stata filtrata dal vento attraverso la stoffa dellabanderuola dell’albero di maestra. Il signor Lyell mi diedepure quattro involtini di polvere checaddero sopra una nave aqualche centinaio di miglia da quelle isole. Il professoreEhrenberg Colgo questa occasione per farnota la somma gentilezza colla quale questo illustre naturalista haesaminato parecchi dei miei saggi. Io ho mandato (giugno 1845) unragguaglio compiuto intorno alla caduta di questa polvere allaSocietà Geologica di Londra. osserva che quella polvereè composta in gran parte d’infusorii muniti di invoglisilicei e di tessuto siliceo di vegetali. Nei cinque involtini cheio gli mandai, egli riconobbe non meno di sessantasette differentiforme organiche! Eccettuate due specie marine, gl’infusoriabitano tutti l’acqua dolce. Ho trovato non meno di quindicirelazioni differenti di polvere caduta su navi al largonell’Atlantico. Dalla direzione del vento mentre cadeva edall’esser sempre caduta durante quei mesi in cui si sachel’harmattansolleva nuvoli di polverenell’aria, possiamo dedurre con certezza che vienedall’Africa. Tuttavia è un fatto singolarissimo chequantunque il professore Ehrenberg conosca molte specied’infusorii particolari all’Africa, egli non ne abbiatrovato nessuno nella polvere che gli mandai: d’altra partene rinvenne in essa due specie che egli conosceva già siccomeviventi soltanto nell’America meridionale. La polvere cade intanta quantità da insudiciare ogni cosa a bordo, e dàmolestia alle persone negli occhi; vi furono navi che hanno dato insecco per l’oscurità dell’atmosfera. Questapolvere è caduta sulle navi quando erano a qualche centinaiood a qualche migliaio di miglia dalla costa dell’Africa, edin certi punti lontani mille e seicento miglia in direzione delN-S. In un po' di polvere che fu raccolta sopra una nave alladistanza di trecento miglia dalla spiaggia, fui molto sorpreso ditrovare particelle di pietra superiori ad un quarantesimo dimillimetro quadrato, miste con materia più fina. Dopo questofatto non v’è di che meravigliarsi della diffusionedelle ancor più leggere e più piccole spore delle piantecrittogame.

    La geologia di quest’isola èla parte piùinteressante della sua storia naturale, Entrando nel porto, sipuò vedere una striscia bianca perfettamente orizzontale infaccia agli scogli, che corre per alcune miglia lungo la costa, edall'altezza di circa 13 metri e mezzo sopra l’acqua.Esaminatoquesto bianco strato, si scorge che si compone di materia calcarea,nella quale stanno incorporate moltissime conchiglie, la maggiorparte delle quali o quasi tutte esistono ora sulla costa vicina.Esso riposa sopra antiche roccie vulcaniche, edè stato copertoda una corrente di basalto, che deve essere entrata nel mare quandolo strato bianco conchifero era ancora al fondo. È moltointeressante segnare i mutamenti, prodotti dal calore della lavasoprastante, sulla massa friabile, la quale in certe parti èstata convertita in un calcare cristallino, ed in altre parti inuna pietra compatta macchiettata. Dove il calcare è statopreso dai frammenti scoriacei della superfice inferiore dellacorrente, è stato convertito in gruppi di belle fibre raggiatesomiglianti all’aragonite. Gli strati di lava salgono insuccessivi piani dolcemente inclinati allo indentro, dai quali sonovenuti in origine diluvi di pietre fuse. Nei tempi storici non siè manifestato, credo, nessun segno di attività vulcanicain nessuna parte di Santiago. E non è neppure tanto facilescoprire la forma di un cratere sulle cime delle tante colline diceneri rosse; tuttavia si possono distinguere sulla costa lecorrenti più recenti, che formano catene di scogli meno alti,ma che sporgono in fuori da quelle che appartengono a seriepiù antiche: così l’altezza degli scoglisomministra un calcolo approssimativo dell’età di quellecorrenti.

    Durante la nostra stazione, osservai i costumi di qualcheanimale marino. È comunissima colà una grossa Aplisia.Essa è lunga circa dodici centimetri, ed è di coloregialliccio sudicio, venato di rosso. Da ogni lato della superficieinferiore, o piede, v’ha una larga membrana, che sembratalora operare come ventilatore, facendo che unacorrented’acqua scorra sulle branchie dorsali o polmoni. Si nutre didelicate alghe marine che crescono fra i sassi, nell’acquabassa e melmosa; e trovai nel suo stomaco parecchie piccole ghiaie,come nel ventriglio di un uccello. Stuzzicata questa aplisia emetteun finissimo fluido rosso-porpora, che macchia l’acqua per lospazio di trenta centimetri all’intorno. Oltre a questo mezzodi difesa, essa ha una secrezione acida, di cui è spalmato ilsuo corpo, e che produce una sensazione astringente sgradevole,simile a quellaprodotta dalla Fisalia.

    Mi procurò molto piacere l’osservare varie volte icostumi di unOctopuso seppia. Sebbene comuni nei ristagnid’acqua lasciati dalla bassa marea, questi animali non sonofacili da prendere. Colle loro lunghe braccia e colle loro ventose,possono insinuarsi fra i più stretti crepacci; e quando sonoattaccati a quel modo ci vuole una grande forza per staccarneli. Amomenti si slanciano colla parte del corpo opposta al capo alloinnanzi, colla rapidità di una freccia, da un latoall’altro dello stagnetto, facendo torbida l’acqua conun inchiostro color castagno scuro. Questi animali riescono asfuggire alla vista con una facoltà singolarissima, simile aquella del camaleonte, quella di mutar colore. Sembrano variar laloro tinta secondo la natura del terreno sul quale passano;nell’acqua profonda, la loro tinta generale erabruno-porpora, ma quando venivano poste sulla terra onell’acqua bassa, questa tinta oscura si mutava in verdegialliccio. Il colore, esaminato molto accuratamente,era grigio,con moltissime macchiettine giallo-brillante: il primo variava diintensità: il secondo spariva al tutto e ricompariva a tratti.Questi mutamenti seguivano cosifattamente che si vedevanopassaresul suo corpo di continuo nuvole di una tinta chevariava dalrosso al castagno bruno Cosìchiamato secondo la nomenclatura di Patrik Symer. . Ogniparte, essendo sottoposta ad una lieve scossa galvanica, divenivaquasi nera: un effetto simile, ma in grado minore, veniva prodottoraschiando la pelle conun ago. Queste nubi, o rossori, come sipotrebbero chiamare, si dice siano prodotti da una alternaespansione e contrazione di minute vesciche che contengono fluidivariamente coloriti VediEncyclop. ofAnat. and Physiol. art.Cephalopoda. .

    Questa seppia spiegava la sua facoltà da camaleonte, tantonell’atto del nuoto come quando stava immobile al fondo. Midivertiva molto la vista di vari artifizi per nascondersi,adoperati da un individuo che pareva rendersi ben conto della miapresenza. Rimaneva per un certo tempo immobile, poi si avanzavalentamente tre o quattro centimetri come fa il gatto dietro altopo; talora mutava colore: esso andava in tal modo finchè,giunto in una parte profonda, guizzava via, lasciando dietro asè una fosca traccia d’inchiostro per nascondere il bucoove era scivolato.

    Mentre stava osservando gli animali marini, col capo chinatosugli scogli all’altezza di un metro circa, venni una voltasalutato da uno zampillo d’acqua, accompagnato da un lieverumore stridulante. Dapprima non poteva capire che cosa fosse, mapoi m’avvidi che era quella medesima seppia, la quale,sebbene nascosta in un buco, mi svelava in tal modo il suonascondiglio. Non v’ha ombra di dubbio che essa abbia lafacoltà di mandar fuori uno zampillo d’acqua, e mi parvequasi certo che poteva prender la sua mira dirigendo il tubo osifone sulla parte inferiore del suo corpo. Per la difficoltàche hanno questi animali a reggere il loro capo, non possonostrisciare agevolmente sul terreno. Ne tenni una nel mio stanzino abordo ed osservai che al buio era un tantino fosforescente.

    Roccie di S. PaoloLasua costituzione mineralogica non è semplice; in alcune partila roccia è di natura quarzosa, in altre feldspatica, conqualche vena di serpentino. È un fatto notevole, che tuttequante le isolette che stanno lungi da ogni continente nelPacifico, nell’Oceano indiano e nell’Atlantico,eccettuate le isole Sechelles e questa piccola punta di scogli,sono, credo, composte o di coralli o di materia vulcanica. Lanatura vulcanica di queste isole oceaniche è evidentemente unaconseguenza di quella legge, e l’effetto delle stesse causechimiche o meccaniche, dalle quali risultache la maggior parte deivulcani ora in attività sono collocati presso le coste marineo sorgono come isole in mezzo al mare.

    Le roccie di San Paolo appaiono da lontano di un color biancosplendente. Questo fatto è dovuto in parte allo sterco di ungran numero di uccelli marini,ed in parte a ciò, che sonocoperte di una sostanza dura brillante madreperlacea, che staintieramente unita alla superficie delle roccie. Questa sostanza,esaminata colla lente, si trova composta di un buon numero distrati sottilissimi, e la sua totalespessezza è di circa duemillimetri e mezzo. Contiene molta materia animale, e la suaorigine è dovuta senza dubbio all’azione della pioggia odella spuma marina sullo sterco degli uccelli. Sotto ad alcunepiccole masse di guano alla Ascensione, ed alle isolette Abrolhos,trovai certi corpi stalattitici ramificati, formati, secondo ogniapparenza, nello stesso modo dello strato bianco che ricopre quelleroccie. I corpi ramificati somigliavano tanto nell’aspettogenerale a certe nullipore (famiglia di piantemarine dure ecalcaree) che, avendo guardato in fretta la mia collezione, non miaccorsi della differenza. Le estremità globulari dei rami sonodi una tessitura perlacea, come lo smalto dei denti, ma tanto durada rigare il vetro. Io posso qui aggiungere,che in una parte dellacosta dell’Ascensione, ove v’ha un grande ammasso disabbia conchifera, si depone sugli scogli coperti dalla marea unaincrostazione, per l’acqua del mare, che somiglia, come lomostra la nostra incisione, a certe piantecrittogame(Marchantiæ), che siosservano soventi sulle muraglie umide. La superficie delle frondeelegantemente levigata, e quelle parti già formate che sonopienamente esposte alla lucesono di un bel color nero, ma quelleombreggiate dagli altri strati sono solamente bigie. Ho mostrato avari geologi gli esemplari di queste incrostazioni, e tuttigiudicarono che fossero di origine ignea o vulcanica. Per la suadurezza e pellucidità, per la sua levigatura pareggia lepiù belle conchiglie del genereOliva; – pelcattivo odore che manda e per la perdita del colore quando èsottoposta al cannello – mostra una stretta somiglianza colleconchiglie marine viventi. Inoltre, si sa che nelle conchigliemarine, quelle parti che sono per solito coperte dal mantellodell’animale, il colore è più pallido che nonquelle che sono pienamente esposte alla luce, come èprecisamente il caso di questa incrostazione. Quando pensiamo chela calce, sia come fosfato o come carbonato, entra nellacomposizione delle parti dure, come le ossa oil nicchio delleconchiglie, di tutti gli animali viventi, è un fattofisiologico interessante Il signor Homere sir David Brewster hanno descritto (PhilosophicalTransactions, 1836, p. 65) una singolaresostanza artificiale somigliante alle conchiglie.Si depone inlaminette più trasparenti, levigatissime, di color bruno, chehanno speciali proprietà ottiche, nell’interno di unvaso, nel quale un pannolino preparato prima con colla e poi concalce, vien fatto sciogliere rapidamente nell’acqua. Èpiù morbida, più trasparente, e contiene maggior copia dimateria animale che non la incrostazione naturaledell’Ascensione; ma qui vediamo nuovamente la forte tendenzache mostrano il carbonato di calce e la materia animale a formareuna sostanza solida affine ainicchi delle conchiglie.trovare sostanze più dure dello smalto dei denti, e superficicolorite e brunite come le conchiglie recenti, rifatte mercèmezzi inorganici dalla materia organica morta – imitanti purenella forma alcuni dei prodotti vegetali piùbassi.

    Trovammo a San Paolo due sole specie di uccelli, la Sula fosca,e la Sterna stolida. Entrambe hanno indole famigliare e stupida, ecosì poco avvezze ai visitatori, che ne avrei potuto uccidereun numero grandissimo solo col mio martello geologico. La Sulafosca depone le sue uova sulla roccia nuda; ma la Sterna stolida sicostruisce un semplice nido con alghe marine. Accanto a molti diquei nidi stava un piccolo pesce volante, il quale suppongo fossestato portato dal maschio alla sua compagna. Era cosa curiosissimaosservare con quanta sveltezza un grosso e vivace granchio(Graspus), che dimora nei fessi della roccia, rubava ilpesce che era accanto al nido, appena la nostra presenza avevafatto allontanare gli uccelli adulti. Il signor W. Symonds, unadelle poche persone che sono sbarcate qui, mi ha detto di averveduto certi granchi trascinar via dal nido anche i giovani uccellie divorarli. Su quella isoletta non cresce una pianta, neppure unlichene; tuttavia vi hanno posto dimora parecchi insettie variragni. La lista seguente compie, io credo, la fauna terrestre. Undittero (Olfersia) vive sulla Sula, ed una zecca cheè venuta qui come parassita degli uccelli; una farfallinanotturna di color bruno, appartenente al genere che si nutre dipiume;un coleottero (Quedius), ed un centogambe venivanofuori dallo strato di guano; ed infine, moltissimi ragni, chesuppongo diano caccia a quei piccoli dipendenti e seguaci degliuccelli d’acqua. È molto probabile che la descrizionetanto sovente ripetuta, dei maestosi palmizi e di altre nobilipiante tropicali, degli uccelli, ed infine dell’uomo cheprendeva possesso delle isolette di corallo del Pacifico, non siaal tutto esatta; temo molto di distruggere la parte poetica diquesta storia, dicendo che gli insetti che si nutrono di piume e disudiciume, gl’insetti parassiti ed i ragni debbono essere iprimi abitatori delle terreoceaniche di recente formazione.

    La più piccola roccia dei mari tropicali, presentando unfondamento allo accrescersi di molte specie di alghe marine e dianimali compositi, mantiene pure moltissimo pesce. Gli squali ed imarinai nelle barche lottavano costantemente fra loro perconservare, ognuno per parte sua, la maggior porzione della predafatta cogli ami e le lenze. Ho sentito dire che una roccia pressoalle Bermude, posta a molte miglia in alto mare e molto profondasotto acqua, fu scoperta per la prima volta dalla circostanza diavervi osservato molto pesce nel contorno.

    Fernando Noronha,20febbraio. – Da quantoho potutoosservare nelle poche ore che rimanemmo in questo luogo,la costituzione dell’isola è vulcanica, ma probabilmentenon di data recente. Il rilievo più notevole è unacollina a cono, alta circa trecento dieci metri, di cui la partesuperiore è sommamente ripida, e da un lato sporge in fuoridalla base. La roccia è di fenolite e si divide in colonneirregolari. Osservando una di quelle masse isolate, dapprima siè propensi a credere che sia sorta repentinamente in uno statosemi-fluido. Tuttavia, a Sant’Elena,mi convinsi che alcuneguglie di figura e costituzione quasi simile sono state formatedalla iniezione di roccia fusa in letti stratificati, i qualicosì hanno formato il modello di quei giganteschi obelischi.Tutta l’isola è boscheggiata; ma per la soverchiaasciuttezza del clima non vi si vede ricchezza di vegetazione. Amezza strada del monte, alcune grandi masse di roccie a colonna,ombreggiate da piante simili ai lauri, ed ornate da altre copertedi bei fiori rossi, ma senza una sola foglia, abbellivano le partipiù vicine del paesaggio.

    Bahia o San Salvatore. Brasile,29febbraio.– Il giorno che è trascorso è stato deliziosissimo.Tuttavia, il vocabolo delizia è ancor troppo debole peresprimere ciò che sente un naturalista che per la prima voltavain giro in una foresta del Brasile. L’eleganza delle erbe,la novità delle piante parassite, la bellezza dei fiori, ilverde brillante del fogliame, ma sopratutto il lussureggiare ditutta la vegetazione, mi colmavano di maraviglia. Un mistostranissimo disuoni e di silenzio domina nelle parti ombrose dellaforesta. Il ronzìo degli insetti è tanto forte, che sipuò udire anche da una nave ancorata a qualche centinaio dimetri dalla spiaggia; tuttavia nel centro della foresta sembraregnare un silenzio perfetto. Ad una persona amante della storianaturale, una giornata come quella da me goduta procura un piacerepiù profondo di quello che egli possa mai sperare in avvenire.Dopo aver errato per alcune ore, tornai al luogo ove era sbarcato;ma prima di giungervi fui sorpreso da un temporale dei tropici.Cercai di ricoverarmi sotto un albero, tanto fitto che inInghilterra mi avrebbe benissimo riparato dalla pioggia; ma qui, inun paio di minuti un torrentello correva giù lungo il tronco.Si è precisamente a queste pioggie violenti che va attribuitala verde vegetazione nel fitto dei boschi; se le pioggie fosserocome quelle dei climi più freddi, la maggior partedell’acqua sarebbe assorbita o svaporata prima di giungeresul suolo. Non starò ora a descrivere labella vista di questomagnifico golfo, perchè, al ritorno, torneremo a visitarlo, edallora avrò occasione di parlarne più distesamente.

    Lungo tutta la costa del Brasile, per un tratto di almeno2000miglia, e certo molto dentro terra, ovunque si presentano rocciesolide, esse appartengono alla formazione granitica. Il fatto chequesta enorme area è composta di materiali che la maggiorparte dei geologi credono essere stati cristallizzati mentre eranocaldi o sotto pressione, fa nascere nella mente molte curioseriflessioni. Questo effetto ebbe egli luogo negli abissi di unprofondo oceano? Oppure una copertura di strati venne da primastesa sopra, e poi ritolta? Possiamo noi credere che una forzaqualunque, operando per un tempo breve nell’infinito possaavere denudato il granito sopra uno spazio di parecchie migliaia dimiglia quadrate?

    In un punto non lontano della città, ove un ruscello siscarica nel mare, osservai un fatto che ha rapporto con un soggettodiscusso da Humboldt. Alle cateratte dei grandi fiumi Orenoco, Niloe Congo, le rocce sienitiche sono rivestite di una sostanza nera,che loro dà l’aspetto di essere state lustrate conpiombaggine. Lo straticello è sottilissimo; ed analizzato daBerzelius fu trovato composto di ossidi di manganese e di ferro.Nell’Orenoco questo fatto si presenta sulle rocceperiodicamente bagnate dalle acque, ed in quelle parti sole ove lacorrente è rapida, oppure, come diconogl’Indiani,ove le acque sono bianche lerocce sono nere. Qui lo strato è di unbel bruno invece d’essere nero, e sembra composto soltanto dimateria ferrugginosa. Gli esemplari non possono dare una giustaidea di quelle lucide pietre brune che brillano ai raggi del sole.Si osservano solo nei limiti delle onde della marea; e siccome ilruscellettoscorre lentamente, i marosi debbono avere lafacoltà di lustrare che hanno le cateratte dei grandi fiumi.In tal modo il salire e lo scendere della mareatien luogoprobabilmente delle inondazioni periodiche; e così gli stessieffetti sono prodotti in circostanze apparentemente differenti, main realtà consimili. Tuttavia, l’origine di questirivestimenti di ossidi metallici, che sembrano cementati collerocce, non si può spiegare; e non credo che si possa dare unaragione al fatto che la loro spessezza riman sempre la stessa.

    Un giorno io ebbi diletto dall’osservare i maneggi diunDiodon antennatus, che stava montando presso laspiaggia. Tutti sanno che questo pesce, colla sua pelle floscia hala singolar facoltà di distendersi in forma quasi sferica.Tenuto fuori dell’acqua per un po’ di tempo, e poirimesso nuovamente in essa, assorbiva notevole quantità diacqua e di aria dalla bocca, e forse anche dagli orificibranchiali. Questo processo si compie in due modi: l’ariaè aspirata, poi viene spinta nellacavità del corpo, eduna contrazione muscolare, che si può vedere esternamente,impedisce che torni ad uscire: ma l’acqua entra in una dolcecorrente dalla bocca, che rimane aperta ed immobile; questa ultimaazione deve tuttavia operarsi col succiamento.La pelledell’addome è molto più floscia che non quella deldorso; quindi, durante il rigonfiamento, la superficie inferiorevien molto più distesa della posteriore, ed in conseguenza,galleggia col dorso allo ingiù. Cuvier dubita che il Diodontepossa nuotare in questa posizione; ma non solo può procederein linea retta, ma si volge da ogni lato. Quest’ultimomovimento si compie solo coll’aiuto delle pinne pettorali;perchè la coda è rilasciata e non serve. Pel fatto che ilcorpo è tanto pieno d’aria, le aperture branchialistanno fuori dell’acqua, ma una corrente di questa che entradalla bocca, scorre costantemente attraverso diesse.

    Il pesce, dopo di esser rimasto per un po’ di tempo inquesto stato di distensione, espelle generalmente aria ed acquaconnotevole forza dalle aperture branchiali e dalla bocca. Volendo,potrebbe emettere una certa porzione d’acqua: e perciòsembra probabile che questo fluido venga preso in parte collo scopodi regolarizzare la gravità specifica. Questo Diodontepossiede vari mezzi di difesa. Può mordere fortemente epuò spingere fuori dalla bocca l’acqua ad una certadistanza, facendo nello stesso tempo uno strano rumore collemascelle. Enfiando il corpo, le papille di cui è coperta lasua pelle si raddrizzano e divengono pungenti. Ma il fatto piùsingolare è, che secerne dalla pelle del ventre, quando èpreso in mare, una materia fibrosa di un bellissimo color rossocarmino, che macchia l’avorio e la carta in modo permanente,perchè la tinta ha conservato tutto il suo bel colore fino adoggi: sono affatto all’oscuro della natura e dell’usodi questa secrezione. Ho inteso dire dal dottore Allan di Forresche egli ha spesso trovato un Diodonte vivo galleggiante e distesonello stomaco di uno squalo; e che in parecchi casi egliha scortoche il pesce si era aperta, divorando, una via, non solo attraversole pareti dello stomaco, ma anche attraverso i fianchi del mostro,che in tal modo rimaneva ucciso. Chi avrebbe mai potuto immaginareche un debole pesciolino possa aver distrutto il grande e fieropesce-cane?

    18 marzo. – Siamo partiti da Bahia. Pochi giornidopo, non molto lungi dalle isolette Abrolhos, la mia attenzione fudesta dall’aspetto del mare che era colore rosso-bruno. Tuttala superficie dell’acqua veduta con deboli lenti parevacoperta di fieno sminuzzato colle punte frastagliate. Sono minute ecilindriche conferve, in mucchi o zattere composte ognuna di ventio sessanta di esse. Il signor Berkeley mi disse che sono la stessaspecie (Trichodesmium erytræum) chesi trova sopra grandi tratti del Mar Rosso, e dalla quale deriva ilnome di Mar Rosso.

    Il loro numero deve essere infinito: il bastimento passava inmezzo a mucchi di esse, di cui uno era largo almeno dieci metri, e,giudicando dal color di mota dell’acqua, lungoalmeno duemiglia e mezzo. In quasi tutti i viaggi di lungo corso, si parla diqueste conferve. Sembrano comuni specialmente nel mare pressol’Australia; e passato il Capo Lesurvin Il Capo Leeuwin, la punta più a sud-ovestdell'Australia (NdR). ne trovai una specie affine, mapiù piccola, e da quanto pare differente. Nel suo terzoviaggio il capitano Cook avverte che i naviganti davano a quelfatto il nome di mare di segatura.

    Lamateria polposa della guaina interna si raggruppava repentinamenteassieme in linee, alcune delle quali assumevano una forma raggianteda un centro comune; continuava poi, con un moto irregolare erapido, a contrarsi, cosicchè nel corso di un secondo il tuttoera riunito in una perfetta sfericina, che occupava il posto delsetto ad un capo delsacco ora al tutto vuoto. La formazione dellasfera granulosa veniva affrettata da qualche guasto accidentale.Devo soggiungere, che sovente un paio di questi corpi eranoattaccati assieme, come sono rappresentati sopra, cono contro cono,dalla parte dovesi presenta il setto.

    Aggiungerò qui alcune poche osservazioni riguardo alloscoloramento del mare per cause organiche. Sulla costa delChilì, a poche miglia al nord della Concezione, la nostra navepassò un giorno in mezzo a grandi strisce di acqua melmosa,precisamente uguale a quella di un fiume molto gonfio; e parimentiad un grado al sud di Valparaiso, quando eravamo a cinquanta migliadalla terra, si osservò lo stesso fatto in modo anche piùesteso. Messo in un bicchiere due dita di quell’acqua,avevauna tinta rossiccia pallida; ed esaminata col microscopio, visi vedevano guizzare dentro minutissimi animali, che spessoesplodevano. Hanno forma ovale, e contratta nel mezzo per un anellodi ciglia vibratili ricurve. Tuttavia era difficilissimo esaminarlicon cura, perchè quando il movimento attuale cessava, il lorocorpo, anche passando solo nel campo divisione, scoppiava. Talorascoppiavano i due capi in una volta, talora uno solo, e in quelcaso una certa quantità di materia granulosa grossolana,bruniccia, veniva gettata fuori. L’animale un minuto prima discoppiare si espandeva quasi il doppio del suo volume naturale el’esplosione seguiva quindici secondi dopo che il movimentoprogressivo e rapido era cessato: in alcuni pochi casi erapreceduto, per un breve intervallo, da un movimento rotatorio sopral’asse più lungo. Dopo circa due minuti tutti quelli cheerano stati isolati in una goccia d’acqua eranocosifattamente periti. Questi animali si muovono coll’apicestretto allo innanzi, coll’aiuto delle loro ciglia vibratili,ed in generale con rapide scosse. Essi sono minutissimi, e al tuttoinvisibili ad occhio nudo, e coprono solo uno spazio uguale a 26milionesimi di metro quadrato. Il loro numero era infinito;perchè ogni gocciolina d’acqua che iopoteva smuovere neconteneva moltissimi. In un giorno attraversammo due trattid’acqua di quel colore, uno dei quali solo doveva avere unaestensione di parecchie miglia quadrate. Quale numero sterminato dianimali microscopici! Il colore dell’acqua, veduto a unacerta distanza, era simile a quello di un fiume che abbiastraripato sopra un terreno argilloso; ma sotto l’ombra dellanave era al tutto scuro come il cioccolatte. La linea nel punto diunione fra l’acqua rossa e la turchina era distintamentedefinita. Il tempo essendo stato, nei giorni precedenti, in unacalma, il mare abbondava in grado insolito di animali viventiIl signor Lesson (Voyage de laCoquille, tom. I, p. 255) fa menzione di acqua rossa al dilà del Lima, prodotta, da quanto pare, dalla stessa causa. Ildistinto naturalista Peron, nelVoyage aux TerresAustrales, cita non meno di dodici relazioni di viaggiatoriche hanno parlato dello scoloramento delle acque del mare (vol. II,pag. 239). Ai ragguagli dati da Peron si può aggiungere,Lanarrazione personaledi Humboldt, ilViaggiodiFlinders, Labillardiere, ilViaggiodi Ulloa, ilViaggiodell’Astrolabe e della Coquille; e le ricerchesull’Australia del Capitano King, ecc. .

    Nel mare presso la Terra del Fuoco, e non molto lungi dallacosta, ho veduto strette strisce di acqua color rosso brillante,per un gran numero di crostacei, che somigliano in certo modo nellaforma a grossi granchiolini. I marinai li chiamano cibo di balena.Non so se le balene si nutrano di essi, ma le sterne, i marangonied immensi branchi di grandi e pesanti foche traggono, in alcuneparti della costa, il loro principale sostentamento da questinatanti granchiolini. I marinai attribuiscono invariabilmente ilfatto dello scoloramento dell’acqua alle uova dei pesci, manon riconobbi la verità di questo asserto se non una volta.Alla distanza di parecchie miglia dall’Arcipelago delleGalapagos, la nave attraversò tre strisce di acqua colorgialliccio oscuro, o color di fango; queste strisce eran lunghevarie miglia,ma larghe solo pochi metri, ed erano separatedall’acqua circostante da un margine sinuoso ma distinto. Ilcolore era cagionato da pallottoline gelatinose, del diametro dicirca ventisei millimetri, nelle quali stavano incorporatimoltissimi minuti ovuli sferici: essi erano di due sorta bendistinte; una era di color rossiccio ed aveva forma differentedall’altra. Non ho potuto congetturare a quali specie dianimali appartenessero. Il Capitano Colnett osserva, che questoaspetto è comunissimo fra le Isole Galapagos, e che ladirezione delle strisce indica quella delle correnti, tuttavia, nelcaso sopra menzionato la striscia era cagionata dal vento.L’unico altro caso di questa sorta che io abbia damenzionare, è uno straticello oleoso sull’acqua chespiegacolori iridescenti. Sulla costa delBrasile, vidi un trattonotevole dell’oceano coperto in tal modo; i marinail’attribuirono al carcame putrefatto di qualche balena, cheprobabilmente galleggiava non molto lontano da quel punto. Nonfarò qui menzione diquelle minute particelle gelatinose, dicui parlerò in seguito, che sono frequentemente sparse sopratutta l’acqua, perchè non sono abbastanza abbondanti perprodurre qualche mutamento di colore.

    Vi sono due circostanze nei ragguagli suddetti chesembranonotevoli; prima, come fanno i vari corpi che formano zonecon margini definiti a stare uniti assieme? Nel caso deigranchiolini, i loro movimenti erano tanto concordi quanto quellidi un reggimento di soldati, ma ciò non poteva compiersi negliovuli nè nelle conferve per via di un qualche cosa diconsimile ad un’azione della volontà, nè ciòè neppure probabile negli infusorii. In secondo luogo, qualicause si possono assegnare alla lunghezza ed alla strettezza diquelle strisce? L’aspetto è tanto somigliante a ciòche si può vedere in un corso d’acqua, dove la correnteraduna in lunghe strisce la spuma raccolta nei vortici, che ioinclino ad attribuire quell’effetto ad un’azione simileper parte delle correnti del mare o di quelle dell’aria.Supponendo ciò,dobbiamo credere che i vari corpi organizzatisono prodotti in certi luoghi convenienti, e sono in seguitorimossi dall’azione del vento o dell’acqua. Tuttaviaconfesso che v’ha una gran difficoltà ad immaginare cheun dato luogo possa dar nascimento a milioni e milioni dianimalucci e di conferve: perchè? donde vengono i germi inquei dati punti? mentre i corpi dei genitori sono stati sparsidalle onde e dai venti sullo sterminato oceano. Ma io non possocomprendere con un’altra ipotesi il loroaggruppamentolineare. Aggiungerò che Scoresby osserva, che l’acquaverde ove abbondano animali pelagici si trova invariabilmente inuna certa parte dell’Oceano artico.

    CAPITOLOII.RIO JANEIRO.

    Rio Janeiro–Escursione a nord del Capo Frio–GrandeSvaporamento –Schiavitù – Golfo di Botofago– Planarie terrestri – Nuvole sopra il Corcovado– Pioggia pesante – Rane musicanti – Insettifosforescenti – Elaterio, sua potenza al salto – Nebbiaazzurra – Rumore prodotto da una farfalla – Entomologia– Formiche – Vespa che uccide un ragno – Ragnoparassita – Artifizi di una Epeira – Ragno gregario– Ragno con una ragnatela dissimetrica.

    4 aprile al 5 luglio 1832.– Pochi giorni dopo ilnostro arrivo feci la conoscenza di un inglese che andava avisitare un suo podere, collocato a un po’ di più dicento miglia dalla capitale, al nord del Capo Frio. Accettai conpiacere l’offerta di accompagnarlo.

    8 aprile.– La nostra compagnia era di settepersone. La prima tratta fu interessantissima. Il giorno eraterribilmente caldo, enell’attraversare i boschi, ogni cosaera immobile, tranne le grandi e splendide farfalle, chesvolazzavano lentamente, qua e là. Il paesaggio vedutonell’attraversare le colline dietro Praya Grande erabellissimo; i colori intensi, e la tinta dominante l’azzurrooscuro; il cielo e le tranquille acque del golfo splendevano agara. Dopo aver attraversato un po’ di terra coltivata,entrammo in una foresta, di una maestà insuperata. Giungemmo amezzodì ad Ithacaia; questo villaggetto è posto in unapianura; eintorno alla casa centrale stanno le capanne dei neri.Queste, per la loro forma regolare e per laloro posizione, mirammentarono i disegni delle abitazioni degli Ottentotinell’Africa meridionale. Siccome la luna si alzava di buonora, determinammo di partire la stessa sera per andare a dormire aLagra Marica. Mentre andava facendosi buio, passammo sotto uno diquei massicci, nudi e scoscesi dirupi di granito che sono tantocomuni in questo paese. Questo luogo è notevole per esserestato da lungo tempo ladimora di alcuni schiavi fuggiti, i qualicoltivando un pezzetto di terra presso la cima, riuscirono asostentarsi. Alla fine furono scoperti, e una compagnia di soldatispedita contro di loro s’impadronì di tutti gli schiavi,salvo una vecchia, la quale,anzichè ricadere inschiavitù, amò meglio morire precipitandosi dalla rupe.In una matrona romana quest’atto sarebbe stato chiamato amorenobilissimo di libertà; in una povera nera era solo brutaleostinazione. Continuammo a cavalcare per alcune ore. Perle ultimepoche miglia la strada era intralciata, ed attraversava una landadeserta, sparsa di paludi e di lagune. Il paesaggio veduto alchiaro di luna aveva un aspetto desolatissimo. Alcune pochelucciole svolazzavano accanto a noi; ed il beccaccino solitariomandava, spiccando il volo, il suo grido lamentoso. Il lontanomormorio del mare rompeva appena la quiete di quella notte.

    9 aprile.– Lasciammo il nostro miserabile albergonotturno prima dell’alba. La strada attraversava una strettapianura sabbiosa, collocata fra il mare e le lagune salate interne.I numerosi uccelli di palude, gli aironi e le grue, e le piantesuccose che assumevano le forme più fantastiche, davano alpaesaggio una animazione che altrimenti non avrebbe avuta. I pochialberi intristiti erano carichi dipiante parassite, fra le quali labellezza e la fragranza deliziosa di alcune orchidee erano degne diessere ammirate. Appena spuntato il sole, il tempo cominciò adivenire caldissimo, e il riflesso della luce e del calore dellasabbia bianca era in sommo grado molesto. Si desinò aMandetiba; all’ombra il termometro segnava + 46°centigradi. La bella vista delle lontane colline tutteboscheggiate, che si specchiavano nell’acqua tranquillissimadi un’ampia laguna, ci rianimò al tutto. Siccome lavenda Venda.Nome portoghese diuna locanda. era qui molto buona, ed io ho la piacevolesebbene rara rimembranza di un eccellente pranzo, mi mostreròriconoscente, e la descriverò come tipo della sua classe.Queste case sovente son grandi e fabbricate di pali spessi, dritti,con intreccio di ramoscelli e quindi intonacate. Di rado hanno unpavimento, e mancano sempre di finestre a vetri, ma per lo piùhanno un tetto ben fatto. Generalmente la facciata è aperta, eforma una sorta di veranda, nella quale sono allogate tavole epanche. Le stanze da letto stanno ai due lati, e là ilviaggiatore può dormire comodamente quanto gli èpossibile, sopra una piattaforma di legno, coperta di un sottilematerasso di paglia. La venda è posta in un cortile,ovemangiano i cavalli. Appena arrivati solevamo tirar via la sellaai nostri cavalli e dar loro grano indiano; poi, dopo un leggeroinchino, domandare alsenoredi favorirci qualche cosa damangiare. — Tutto ciò che volete, signori, — erala risposta consueta. Per le prime volte io ringraziava a torto laProvvidenza di averci condotti da un uomo tanto buono. Mentre laconversazione continuava, il caso diveniva costantementedeplorevole. — Potreste favorirci un po’ di pesce?— Oh! no, signore. — Un po’ di minestra?—Oh! no, signore. — Un po’ di pane? — Oh! no,signore. — Un po’ di carne secca? — Oh! no,signore. Quando eravamo fortunati, dopo aver aspettato un paiod’ore, si otteneva qualche pollo, un po’ di riso efarina. Non di rado accadeva che eravamo obbligati ad uccidere asassate il pollame per la nostra cena. Allorchè, sfiniti altutto dalla stanchezza e dalla fame, osavamo timidamente esporre ilnostro desiderio di aver presto cena, l’altera e (sebbenevera) poco soddisfacente risposta era: Sarà pronto quandosarà pronto. Se avessimo ardito di insistere ancora, ciavrebbero detto di continuare il nostro viaggio, siccome troppoimpertinenti. Gli osti hanno modi sommamente sgarbati e spiacevoli;le loro case e la loro persona sono spesso molto sudice;ècomune la mancanza di forchetta, di coltelli e di cucchiai; eson certo che non si trova una capanna od un tugurio in Inghilterratanto sprovvisto di ogni comodità. Tuttavia a Campos Novasfummo trattati sontuosamente; pel desinare ci vennero ammannitipolli, riso, biscotti, vino, liquori; caffè alla sera, e pescee caffè per la colazione. Tutto questo, compreso buonnutrimento per i cavalli, ci costò solo 2 scellini e mezzo atesta. Tuttavia l’oste di quella venda, essendogli statochiesto se sapeva dirciqualche cosa di una frusta perduta da unodella compagnia, rispose sgarbatamente: — Che cosa possosapere io? perchè non ci avete badato? Credo che i canil’abbiano mangiata.

    Lasciata Mandetiba, continuammo ad attraversare una intricatasolitudine di laghi; in alcuni di questi v’erano conchiglied’acqua dolce, in altri d’acqua salsa. Del primo generetrovai una Limnea molto numerosa in un lago, nel quale, secondoquello che mi dissero gli abitanti, il mareentra una voltaall’anno, e talora anche più sovente, e rendel’acqua al tutto salata. Sono certo che si potrebberoosservare fatti molto interessanti, intorno ad animali marini e diacqua dolce, in questa serie di lagune che limita la costa delBrasile. Il signor Gay ha asserito che egli trovò in vicinanzadi Rio conchiglie dei generi mariniSoleneMytilus,e ampullarie d’acqua dolce, che vivevano assiemenell’acqua salmastra. Io ho pure frequentemente osservatonella laguna, presso il Giardino Botanico, ove l’acqua èpoco meno salsa di quella del mare, una specie d’idrofilo,somigliantissimo ad un coleottero acquatico comune negli stagnid’Inghilterra; nello stesso lago l’unica conchigliaapparteneva ad un genere che si trova generalmente negliestuari.

    Lasciando la costa per un certo tempo, entrammo nuovamente nellaforesta. Gli alberi erano altissimi, e, comparati a quellid’Europa, si facevano notare per la bianchezza dei lorotronchi. Vedo dal mio libro di note, che le piante parassitemeravigliosamente belle e cariche di fiori mi colpivano come glioggetti più nuovi per me in quei maestosi paesaggi.Continuando ad avanzarci, attraversammo alcuni pascoli, moltodanneggiati dagli enormi nidi conici delle formiche, che son altiquasi tre metri e mezzo. Davano alla pianura l’aspettopreciso dei vulcani difango di Jorullo, come sono disegnati daHumboldt. Giungemmo ad Engenhodo a sera, dopo essere stati dieciore a cavallo. Durante tutto il viaggio, non mi stancai di ammirarela somma di fatica che i cavalli potevano sopportare; pareva ancheche guarisseropiù presto di qualche malattia, di quelli dellenostre razze inglesi. Il pipistrello Vampiro cagiona spesso moltomale ai cavalli, mordendoli al garrese.Il danno non è tantograve per la perdita del sangue, quanto per l’infiammazioneche produce poi la pressione della sella. Era stato messo in dubbioultimamente questo fatto in Inghilterra; fui quindi ben lieto ditrovarmi presente quando uno di essi (Desmodusd’Orbigny,Wat.) fu preso sulla groppa di un cavallo.Stavamo una sera ad ora tarda accampati presso Coquimbo, nelChilì, quando il mio servitore avendo osservato che uno deicavalli era molto inquieto, andò a vedere di che si trattasse,e sembrandogli scorgere qualche cosa, pose la mano repentinamentesul garrese dell’animale, e s’impadronì delvampiro. Al mattino il luogo ove era stata fatta la morsicatura sivedeva benissimo, perchè era un tantino gonfio esanguinolento. Il terzo giorno dopo di ciò il cavallo vennecavalcato senza che ne provasse cattivi effetti.

    13 aprile.– Dopo tre giorni di viaggio giungemmoa Socego, podere del signor Manuel Figuireda, amico di uno dellanostra brigata. La casa era semplice, e sebbene avesse la forma diuna capanna, era molto adatta al clima. Nel salotto le seggiole edi sofà dorati contrastavano curiosamente coi muri imbianchiticolla calce, col tetto coperto di paglia, colle finestre senzavetri. La casa, coi granai, le stalle ed i laboratori pei neri, aiquali s’insegnano vari mestieri, formava una sorta digrossolano quadrangolo; nel centro del quale un granmucchio dicaffè stava seccando. Questi fabbricati stanno sopra unacollinetta che guarda il terreno coltivato, il quale ècircondato da ogni lato dal verde cupo di una lussureggianteforesta. Il prodotto principale di questa parte del paese è ilcaffè. Sicalcola che ogni albero ne produce all’anno unchilogrammo,ma alcuni ne danno fino a quattro. La Manioca o Cassavaè pure coltivata in grande. Ogni parte di questa pianta ha lasua utilità; le foglie e gli steli servono di cibo ai cavalli,e la radice èridotta in una polpa, la quale, quando èbene seccata e cucinata, forma lafarinha, principalearticolo di nutrimento del Brasile. È un fatto curioso,sebbene notissimo, che il succo di questa pianta molto nutrienteè velenosissimo. Alcuni anni fa, una vacca morì in questopodere, per averne bevuto un tantino. Il signor Figuireda mi disseche l’anno precedente aveva seminato un sacco di fave e tredi riso; il primo ne aveva prodotto ottanta, e gli ultimi trecentoe venti. I pascoli allevano una bella razzadi bestiame, e i boschisono tanto pieni di selvaggina, che nei tre giorni precedenti erastato sempre ucciso un cervo. Questa profusione di cibo si mostravada sè stessa al pranzo, ove, se le tavole non si lamentavano,si lamentarono certamente i convitati; perchè ognuno ètenuto a mangiare di ogni piatto. Un giorno che io mi fui propostobene di non lasciare andar via qualche cosa senza averlaassaggiata, con mio gran smarrimento vidi venire alla fine untacchino arrosto ed un maiale in tutta la loro sostanzialerealtà. Durante il pranzo, un uomo era occupato a mandar viadalla stanza alcuni vecchi cani, e dozzine di piccoli neri, ches’introducevano tutti insieme, ogniqualvolta ne avevano ildestro. Se si potesse escludere l’idea della schiavitù,vi sarebbe un fascino particolare in quel modo di vita semplice epatriarcale; v’era una quiete perfetta ed una indipendenzaassoluta da tutto il resto del mondo. Appena si vede giungere unostraniero, cominciano i rintocchi di una grossa campana, ed ingenerale si spara anche qualche cannoncino. In tal modol’avvenimento è annunziato allerocce ed alle foreste; maa nessun altro. Un mattino, uscii per passeggiare un’oraprima del giorno, onde ammirare la quiete solenne di quelpaesaggio; alla fine il silenzio fu rotto dall’inno mattutinomandato da tutto il branco dei neri; ed in tal modo cominciageneralmente il loro compito quotidiano. In poderi come questi soncerto che gli schiavi passano la vita contenti e felici. Il sabatoe la domenica lavorano per conto loro, ed in questo climafertilissimo il lavoro di due giorni basta a sostentare un uomo ela sua famiglia per tutta la settimana.

    14 Aprile.– Lasciato Socego, volgemmo i nostricavalli verso un altro podere sul Rio Macao, il quale eral’ultimo tratto di terreno coltivato in quella direzione. Ilpodere era lungo due miglia e mezzo, ed il proprietario ne avevadimenticato la larghezza. Soltantouna piccola parte era statadiboscata, tuttavia quasi ogni ara di terreno avrebbe potutoprodurre tutte le più varie colture di una terra tropicale.Considerando l’area enorme del Brasile, la proporzione delterreno coltivato non è nulla a petto di quellaparte cheè lasciata allo stato di natura, in qualche futura epoca chisa a quanta gente darà la sussistenza! Nel secondo giorno delnostro viaggio trovammo la strada così intralciata, che eranecessario che un uomo andasse avanti con una spada per tagliar leerbe rampicanti. La foresta abbondava di bellissimi oggetti; fra iquali le felci arboree, che, sebbene non fossero grandi, erano, pelloro fogliame verde splendidissimo e per l’eleganza dellefronde, degne al tutto di ammirazione. La sera cadde pioggiadirotta, e sebbene il termometro si mantenesse a 36 centigradi,tuttavia io aveva molto freddo. Appena cessata la pioggia, eracuriosoosservare lo straordinario svaporamento che cominciava sututta la distesa della foresta. All’altezza di circatrentametri le colline erano sepolte in un denso vapore bianco chesi sollevava come in tante colonne di fumo dalle parti piùfitte del bosco, e specialmente dalle valli. Osservai questofenomeno in parecchie occasioni. Suppongo che derividall’ampia superficiedel fogliame riscaldata precedentementedai raggi del sole.

    Mentre io era in questo podere, corsi rischio di esseretestimonio oculare di uno di quegli atroci atti che possono seguiresoltanto in un paese da schiavi. In seguito ad una disputa e ad unprocesso, il proprietario era sul punto di portar via tutte ledonne e tutti i bimbi agli uomini schiavi, e venderli separatamentein pubblico incanto a Rio. L’interesse solo, non già unqualsiasi sentimento di compassione, lo impedì di mettere adesecuzione ilsuo progetto. Infatti non credo che il separare trentafamiglie che hanno vissuto tanti anni insieme, sembrasse alproprietario un atto inumano. Tuttavia sono certo che in fatto diumanità e di buoni sentimenti egli era superiore alla comunedegli uomini.Si può dire che non v’è limite alcieco interesse ed all’abito dell’egoismo.Menzionerò un aneddoto di poca importanza, che mi colpìin quel tempo più di qualunque altra storia di crudeltà.Io era sopra un traghetto con un nero di una stupidaggine veramenteinsolita. Cercando di farmi capire, io parlava forte, gesticolavaviolentemente, e ciò facendo gli sfiorai il volto con la mano.Egli, suppongo, credette che io fossi in collera e che volessibatterlo; perchè sul momento, con aspetto sgomento e gli occhisemichiusi, lasciò penzolare le mani. Non dimenticheròmai il senso di sorpresa, di disgusto e di vergogna che provaivedendo un uomo alto e robusto atterrito dalla sola minaccia di uncolpo diretto, secondo lui, al suo volto. Quell’uomo erastato ridotto ad una degradazione inferiore a quella dellaschiavitù del più inerme animale.

    18 aprile.– Al ritorno passammo due giorni aSocego, e li spesi raccogliendo insetti nella foresta. Pel maggiornumero quegli alberi, sebbene siano tanto alti, non hannopiùdi 90 centimetri o un metro di circonferenza. Ve ne sononaturalmente alcuni di maggior dimensione. Il signor Manuel sifaceva fare una barchetta lunga venti metri da un tronco bensolido, che aveva in origine 34 metri di lunghezza ed era moltogrosso. Ilcontrasto delle palme che crescono in mezzo alle specieramificate nel modo consueto, non manca mai di dare alla scena uncarattere intertropicale. In quel luogo la foresta era adorna dallaPalma cavolo, una delle più belle della famiglia. Con untronco tanto sottile che si potrebbe stringere con le due mani, faondeggiare il suo elegante ciuffo di fogliame all’altezza di13 o 15 metri dal suolo. Le grosse piante rampicanti, coperte aloro volta da altri rampicanti, erano sommamente fitte; ne misuraialcuneche avevano la circonferenza di circa sessanta centimetri.Molti degli alberi più antichi avevano un aspettocuriosissimo, per la capigliatura di una liana che pendeva dai lororami, e rassomigliava a mucchi di fieno. Se l’occhioscendendo dal fogliame superiore si posava sul terreno, eraattirato dalla somma eleganza delle foglie delle felci e dellemimose. Queste ultime in certi punti coprivano il terreno di unavegetazione alta appena pochi centimetri. Camminando in mezzo aquesti fitti letti di mimose,si faceva una larga traccia pelmutamento ditinta prodotto dalla caduta dei sensitivi pezioli.È facile specificare gli oggetti individuali degni diammirazione in quelle grandi scene; ma non è possibile dareuna giusta idea del senso di meraviglia, di stupore, di devozione,che invadono l’anima ed innalzano la mente.

    19 aprile.– Lasciato Socego, per due giorni sirifece la stessa strada. Fu una fatica penosissima, perchèdovevamo attraversare quasi sempre pianure sabbiose ardentissime,non molto lontanedalla costa. Osservai che ogni qual volta ilcavallo poneva il piede sulla fine sabbia silicea, si produceva unlieve rumore pigolante. Il terzo giorno prendemmo

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