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Life of a Bastard
Life of a Bastard
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E-book156 pagine2 ore

Life of a Bastard

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Info su questo ebook

Nato nella Harlem Spagnola nel 1972 da madre portoricana e padre afroamericano, Javier Soto non è altro che un difetto sul volto della società americana. Dopo essere scampato ad un incendio probabilmente causato da sua madre mentre suo padre è in prigione, Javier e le sue sorelle vengono rimossi dalla loro casa e inseriti nel sistema dell’affidamento. La storia vera della vita di Javier Soto, il suo viaggio di famiglia in famiglia tra brutalità e violenze, viene raccontata in questo libro in toni crudi ma toccanti.

La sua storia, cominciata nei servizi sociali cattolici, illustra la sua evoluzione da bambino innocente ad adolescente arrabbiato, passando attraverso abusi, malnutrizione, abbandono, solitudine. Come migliaia di bambini americani gettati nel sistema dell’affidamento, Javier e le sue sorelle vengono ripetutamente scaricati in famiglie adottive, ciascuna delle quali ha lasciato cicatrici indelebili su di loro. Dopo essere stato brutalmente separato dalle sue sorelle, Javier deve continuare la sua battaglia per la sopravvivenza da solo.

Un racconto indimenticabile sull’angoscia, sull’autodistruzione e su quel desiderio di essere amati che Javier non riuscirà mai a soddisfare. Con delle basi così esigue su cui fondare le sue speranze, quanta strada potrà fare Javier?

LinguaItaliano
EditoreBadPress
Data di uscita2 giu 2019
ISBN9781547593682
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    Anteprima del libro

    Life of a Bastard - Damien Black

    Life of a bastard

    Damien Black

    Copyright© 2017 Damien Black

    Tutti i diritti riservati. Non è possibile riprodurre o utilizzare alcuna parte di questo libro in qualsiasi tipo di forma o attraverso mezzi elettronici o meccanici incluse fotocopie, registrazioni o archiviazioni senza il permesso dell’autore ad esclusione di brevi citazioni in recensioni.

    Questa libro è tratto da una storia vera.  Personaggi, date e luoghi sono stati modificati per proteggere il colpevole e l’innocente. 

    2017

    Traduzione di Francesca Boaria

    Design di copertina: Todd Engel, Engel Creative

    Illustrazioni: Laura Caiafa

    Design del libro: Laura Caiafa

    Redazione di Benjamin Slaughter

    Per contatti e per Chronicles of a Bastard:

    http://lifeofabastard.com

    Twitter: @lifeofabastard1

    Facebook: lifeofabastard

    Instagram: lifeofabastardebook

    Indice

    Prefazione

    Ringraziamentii

    Capitolo 1: Inverno del 1972, Bloody Sunday

    Capitolo 2: Io e mia sorella Marilynn nella nostra prima avventura in quel dedalo del sistema di affidamento  8

    Capitolo 3: Ritorno ad Harlem... Ritorno all’inferno....18

    Capitolo 4: Separazione........................................24

    Capitolo 5: Brividi al crepuscolo.............................32

    Capitolo 6: Senza pietà.........................................38

    Capitolo 7: Hamburger e salsa di mele.....................48

    Capitolo 8: Ancora più in alto.................................53

    Capitolo 9: Vacanze.............................................58

    Capitolo 10: Vediamo cosa c’è dietro la porta numero 364

    Capitolo 11: Non mi freghi due volte.......................75

    Capitolo 12: Bambini sperduti................................82

    Capitolo 13: Hobby e passione...............................88

    Capitolo 14: Light my fire......................................94

    Capitolo 15: Separazione.....................................101

    Capitolo 16: Buongiorno vermi.............................109

    Capitolo 17: Sfondamenti....................................124

    Capitolo 18: Funky, freschi e fighi.......................134

    Capitolo 19: Scuola di sostegno............................142

    Capitolo 20: Barche controcorrente......................150

    Capitolo 21: Tu quoque, Bruto?............................162

    L’autore............................................................175

    Prefazione

    Nel 2011 mi trasferii in Cina. Sulla mia mensola c’erano ore e ore di colloqui e sedute di terapia trascritte e stampate: Vita di Javier Soto. Era stata una promessa che avevo fatto molto tempo prima. L’avevo mantenuta solo dopo diversi anni, perché la vita nel frattempo si era messa in mezzo. Quando si è giovani si parla così spesso di sogni che, a volte, ci si dimentica di realizzarli da adulti. Ci si svende per tenersi stretto un lavoro e per riuscire a restare a galla, ma di tanto in tanto ci si ricorda delle promesse fatte. Javier, amico mio, io manterrò la mia promessa.

    Che cos’è l’affidamento? É un sistema legale che permette di radunare e disfarsi di quei bambini maltrattati, abbandonati, non voluti e mai rivendicati. I bambini vengono idealmente collocati in case certificate, in case-famiglia, o in istituzioni, a seconda dei loro bisogni. Se i nonni o altri parenti possono prendersi cura di loro, l’affidamento diventa l’ultima opzione. Ma cosa succede quando l’affidamento è l’unica opzione? Ce l’avranno mai questi bambini la possibilità di una vita normale? Lo raggiungeranno mai il Sogno Americano? Compleanni, Natali, visite dalla fatina dei denti, un diploma, una laurea e il tuffo nell’età adulta. Chiedete a qualcuno che è stato in affidamento e vi racconterà storie agghiaccianti di abusi, violenze o sfruttamento sessuale, vagabondaggio, prigione, dipendenza, e del ripercorrere gli stessi passi dei propri genitori. Questo sistema è stata la realtà per me e per moltissimi altri.

    L’esperienza di Javier Soto è fin troppo comune in una nazione che dichiara di avere a cuore i valori della famiglia e di essere la più ricca al mondo. A metà del diciannovesimo secolo circa 30.000 bambini abbandonati vivevano nei bassifondi di New York. La coscienza sociale del NYPD[1] li definiva ratti di strada. Questi bambini spesso nascevano da genitori inadatti ad esserlo, avevano malattie e finivano nei guai con la legge e i servizi sociali consistevano semplicemente in orfanatrofi e fondazioni benefiche. Ma poi arrivò Charles Loring Brace, il filantropo che istituì la Children’s Aid Society, che per migliorare le vite di quei bambini bisognosi creò il Treno degli Orfani. L’idea era quella di mettere i bambini di New York su un treno e spedirli nelle fattorie a nord dello stato e nel Midwest. Succedeva che le coppie del posto potessero preordinare un bambino dopo essere state selezionate, oppure che i bambini venissero sistemati a caso a seconda della zona. L’arrivo dei bambini veniva annunciato dai giornali locali. I bambini venivano lavati, istruiti di quelle che erano le buone maniere e, come le celebrity quando entrano in tribunale, venivano dotati di Bibbie da portare sottobraccio. Questa era il maggiore sforzo che veniva fatto al tempo. Alcuni potranno cinicamente guardare all’esibizione di bambini come a una vera e propria asta di schiavi. Creata idealmente come un’iniziativa nobile, la sua realizzazione è stata infatti corrotta, come spesso succede, da coloro che l’hanno messa in pratica. Ovviamente si sono verificati abusi del sistema: molti bambini venivano collocati in case lavoro e sfruttati, e nessun tipo di sostegno terapeutico per coloro che soffrivano fu mai messo in atto.

    Sono felice di poter dire che questa storia non è ambientata nel diciannovesimo secolo. Né è disseminata di orfani che cantano a squarciagola mentre una ragazzina dai capelli rossi aspetta Daddy Warbucks. É una storia che ci porta in svariate città e in diverse famiglie affidatarie in un viaggio di 17 anni vissuto nel sistema dell’affidamento. È la valutazione della caparbietà di un ragazzo nel riuscire ad affrontare il proprio continuo trasferimento da un posto all’altro. Javier è destinato a diventare un rimpianto della società? Diventerà un criminale, un drogato, una persona emotivamente distaccata? È forse così che nascono gli psicopatici? Forse lui, come altri, crescerà per diventare un predatore sessuale in cerca di giustizia, in cerca di un equilibrio, facendo del male ad altri come è stato fatto del male a lui. Magari la speranza e la volontà di Javier riusciranno a resistere. Dovete solo scoprirlo.

    Un appunto: in America siamo da sempre abituati a celebrare successo e affermazione, ma la maggior parte dei bambini in affidamento non li raggiunge mai, e quindi viene dimenticata. Gli Stati Uniti spesso nascondono i propri fallimenti dietro a meravigliose storie di successo che hanno solamente un minuscolo impatto sulle vite di coloro che sono ancora in affidamento o che lasciano le famiglie adottive impreparati alla vita. Dato che mi piacciono i numeri e le statistiche, vediamo se l’affidamento è realmente efficace:

    Statistiche fornite dal Foster Care Club (2014)

    •  415,129 sono i bambini in affidamento in data 30 settembre 2014 (un incremento del 4% rispetto al 2012)

    •  264,746 sono i bambini entrati nel sistema nel 2014 (il che significa che negli Stati Uniti un bambino entra nel sistema ogni due minuti)

    •  238,230 sono i bambini usciti dal sistema

    •  107,918 sono i bambini in attesa di adozione in data 30 settembre 2014

    •  60,898 sono i bambini con potestà genitoriale (di tutti i genitori in vita) decaduta, in attesa di adozione

    •  50,644 sono i bambini adottati con il coinvolgimento di enti preposti alla tutela dei minori

    Chi sono i 415,129 bambini in affidamento?

    •  52% sono maschi

    •  48% sono femmine

    •  39% hanno meno di 5 anni

    •  23% hanno tra i 6 e i 10 anni

    •  22% hanno tra gli 11 e i 15 anni

    •  16% hanno tra i 16 e i 20 anni

    •  2% sono indiani d’America o nativi dell’Alaska

    •  1% sono asiatici

    •  24% sono neri o afroamericani

    •  0% (525) sono hawaiani o provenienti da altre isole del Pacifico

    •  22% sono ispanici (di ogni etnia)

    •  42% sono bianchi

    •  3% appartengono a etnie sconosciute o impossibili da determinare

    •  7% appartengono a di due o più etnie

    Nel 2014 22,392 giovani si sono emancipati (hanno raggiunto il limite d’età) dal sistema di affidamento a diciotto anni o al termine delle scuole superiori (alcuni stati hanno esteso il limite d’età a 20 o 21 anni). I giovani in affidamento spesso non ricevono l’aiuto di cui hanno bisogno per completare le scuole superiori, trovare un’occupazione, accedere alla sanità, cogliere ulteriori opportunità di istruzione, trovare una sistemazione provvisoria o definitiva. Studi relativi ai giovani che hanno lasciato il sistema di affidamento dimostrano che esiste una tendenza a non terminare le scuole superiori, a rimanere disoccupati o a dipendere dall’assistenza pubblica. Molti finiscono in prigione, si ritrovano senza una dimora, o costretti a crescere figli in giovane età.

    Inoltre, i bambini in affidamento presentano una maggiore incidenza di disturbo da stress post traumatico (DSPT). Uno studio ha dimostrato che il 60% dei bambini in affidamento che ha subito abusi sessuali ha il DSPT, mentre il 42% di coloro che ha subito violenze fisiche ha soddisfatto i criteri del DSPT. Il DSPT è stato ritrovato anche nel 18% dei bambini che non ha subito alcuna violenza. Questi bambini potrebbero aver sviluppato il DSPT dopo aver assistito a scene di violenza domestica. Essi soffrono inoltre in misura maggiore di disturbi alimentari e mentali, dimostrano una maggiore tendenza al suicidio e all’omicidio e hanno prospettive accademiche ridotte. (Marsenich, 2002)

    Spesso è complicato per il pubblico riuscire a comprendere la situazione solo attraverso numeri e statistiche, ma per quanto mi riguarda si tratta di una vergogna nazionale e spesso mi chiedo cosa posso fare per aiutare a migliorare la situazione. Posso raccontare una storia vera e rivolgermi direttamente a coloro che sono passati per quell’inferno che nessuno si augurerebbe mai per i propri figli. Quella di Javier è una delle milioni di storie che non sono ancora mai state raccontate. Magari questa storia può essere d’ispirazione o d’accusa per il trattamento che riserviamo a coloro che vengono abbandonati o ai non desiderati. Servono una mentalità e una volontà di ferro per sopravvivere ad un’infanzia di violenze. Magari questo libro può raggiungere qualcuno che ha vissuto le stesse esperienze e fargli capire che non è solo. Che si può sopravvivere all’affidamento o ad una vita segnata dalla famiglia affidataria. Questa storia è raccontata con onestà e umorismo ma più di tutto con brutalità, perché abbiamo bisogno di storie che manchino di quella modernissima pillola indorata che riduce tutte le esperienze di vita ad un pacchetto hollywoodiano. Javier considera la propria vita quella di un bastardo, quindi come possiamo io o chicchessia privarlo di quel senso di perdita?

    Questa storia è narrata con le parole di Javier, riviste nei contenuti ma non nel linguaggio. Siete stati avvertiti!

    Oltre a questo libro vi prego di visitare il sito http://www.lifeofabastard.com/ per ulteriori storie di ragazzi sopravvissuti all’affidamento e per qualche racconto che alcune delle persone reali incontrate in questo libro potrebbero postare nella sezione Storie.

    Ringraziamenti

    Quando ho iniziato, non sapevo se i diari di terapia e le trascrizioni delle sedute di Javier Soto che si erano salvati potessero essere

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