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Karma Yoga: Lo Yoga dell'Azione
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E-book117 pagine1 ora

Karma Yoga: Lo Yoga dell'Azione

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Info su questo ebook

Sebbene un uomo non abbia studiato un solo sistema filosofico,
sebbene non creda in alcun Dio, e non abbia mai creduto,
sebbene non abbia pregato neanche una volta in tutta la sua vita,
se il semplice potere delle buone azioni lo ha portato a quello stato in cui è pronto a rinunciare alla propria vita e a tutto il resto per gli altri, è arrivato allo stesso punto in cui l'uomo religioso arriverà attraverso le sue preghiere e il filosofo attraverso la sua conoscenza;
e così potresti scoprire che il filosofo, l'operaio e il devoto si incontrano tutti ad un certo punto”

Questo è un insieme di lezioni di Swami Vivekananda sul tema del Karma Yoga, uno dei numerosi percorsi yogici verso l'illuminazione.
Il Karma Yoga è una disciplina mentale che permette di svolgere i propri doveri come servizio al mondo intero, come via verso l'illuminazione. Lavorando nel mondo reale, ma rinunciando all'attaccamento, possiamo ottenere la liberazione spirituale. Vivekananda discute il concetto di Karma nella Bhagavada-Gita e individua il Buddha come un primo esempio di questa forma di yoga.
 
“La parola Karma deriva dal sanscrito Kri,fare; tutta l'azione è Karma. In connessione con la metafisica, a volte significa gli effetti, di cui le nostre azioni passate sono state le cause. L'obiettivo dell'umanità è la conoscenza. Il piacere non è l'obiettivo dell'uomo, ma è la conoscenza. Piacere e felicità finiscono. È un errore supporre che il piacere sia l'obiettivo; dopo un po' l'uomo scopre che non è la felicità, ma la conoscenza, verso cui sta andando, e che sia il piacere che il dolore sono grandi maestri e che apprende tanto dal male quanto dal bene. Mentre il piacere e il dolore passano davanti alla sua anima, lasciano su di essa immagini diverse, e il risultato di queste impressioni combinate è quello che viene definito il "carattere" dell'uomo”
 
LinguaItaliano
Data di uscita28 ago 2019
ISBN9788869374708
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    Anteprima del libro

    Karma Yoga - Swami Vivekananda

    KARMA-YOGA

    L’INFLUSSO DEL KARMA SUL CARATTERE

    La parola karma deriva dal sanscrito, dal verbo kri fare. Ogni azione è karma. Dal punto di vista tecnico il termine indica, di regola, le conseguenze delle azioni. Dal punto di vista metafisico indica, tal­volta, gli effetti dei quali le nostre azioni passate sono state le cause. Ma nel Karma-Yoga, noi dob­biamo esaminare la parola Karma soltanto nel senso di lavoro.

    Lo scopo dell’umanità è la conoscenza, il solo ideale che ci pone la filosofia orientale. L’uomo non ha per suo scopo il piacere, ma la conoscenza. Il piacere e la gioia hanno fine; è un errore supporre che il piacere è il nostro scopo. La causa di tutti i dolori, che a questo mondo di affliggono, è data dal fatto che l’umanità scioccamente si propo­ne il piacere come l’ideale da realizzare. Alla fine l’uomo capirà ch’egli non deve dirigersi verso la felicità, ma verso la conoscenza; scoprirà che il pia­cere e il dolore sono due grandi maestri, e che si può apprendere sia dal bene che dal male. A mano a mano che i piaceri e i dolori passano, lasciano nel suo spirito diverse immagini ed è il risultato della combinazione di tutte queste impressioni che si chiama il « carattere » di un uomo. Si prenda il carattere di un uomo qualsiasi, non si troverà altro che la risultante delle sue tendenze, l’insieme di tut­ti gli stimoli inferti al suo spirito; si vedrà che la gioia e il dolore hanno in pari misura contribuito a formare quel carattere. Il bene e il male, nella formazione del carattere, hanno la stessa importan­za e, in alcuni casi, il dolore è maestro più grande della felicità. Se esaminiamo i caratteri più nobili che il mondo ha generato, io credo si possa affer­mare che, nella maggior parte dei casi, il dolore ha più contribuito a formarli del piacere, la miseria più della ricchezza; si scoprirà che più che le lodi sono stati i colpi dell’avversa fortuna a far spri­gionare la scintilla del fuoco interiore.

    Dunque la conoscenza appartiene alla natura stessa dell’uomo; nessuna conoscenza viene dal di fuori, tutto è in noi. Se ci esprimessimo con proprie­tà, nel linguaggio della psicologia, invece di dire che un uomo « sa » una cosa, noi dovremmo dire che egli l’ha « scoperta » ovvero « svelata »; ciò che « impara » è, in realtà, ciò ch’egli « scopre» solle­vando il velo che maschera la sua anima, quell’ani­ma ch’è una miniera infinita di conoscenza. Noi di­ciamo che Newton ha scoperto la legge di gravità. Vale a dire che quella legge era stata messa in qual­che parte, in qualche angolo per aspettare lo scien­ziato? No, essa esisteva già nello spirito di Newton; egli l’ha scoperta al momento buono. Ogni conoscen­za che il mondo ha ricevuto viene dallo spirito; l’in­finita biblioteca dell’universo è tutta quanta conte­nuta nel vostro spirito. Il mondo esterno procura soltanto la suggestione, l’occasione che vi spinge a esaminare il vostro spirito, ma è pur sempre il vo­stro spirito l’unico vero oggetto del vostro studio. La caduta di una mela ha fatto riflettere Newton, che si è messo, allora, a studiare il proprio spirito. Egli ha raggruppato tutte le associazioni d’idee che vi si trovavano già contenute, ed ha scoperto, tra quelle, un nuovo rapporto che noi chiamiamo legge di gravità. Questa legge non si trovava né nella mela né in nessun’altra cosa caduta al centro della terra. Ogni conoscenza che deriva sia dalle cose ma­teriali che da quelle spirituali, si trova, per conse­guenza, nello spirito umano. Nella maggior parte dei casi, non si scopre nulla, quella resta velata, ed è quando il velo è lentamente sollevato che noi di­ciamo di « capire ».

    Anche i progressi della conoscenza si realizzano svelando sempre di più; l’uomo che ha sollevato il suo velo è colui che sa più del suo vicino; l’igno­rante è colui che ha innanzi a sé un fitto e spesso velo; onnisciente è colui che non ha più alcun velo innanzi a sé: egli sa tutto. Vi sono stati uomini onniscienti e io credo ancora ve ne saranno a migliaia nei cicli a venire. La conoscenza esiste nello spirito come il fuoco nella pietra; la suggestione come uno sfregamento l’ha fatta scaturire. Allo stesso modo avviene per i nostri sentimenti e per ogni nostra azione, per le nostre lacrime e i nostri sorrisi; per le nostre gioie e i nostri affetti, per i nostri buoni e cat­tivi desideri, per le nostre critiche e per i nostri con­sensi. Se ci studiamo freddamente, potremo vedere che ciascuno di quegli elementi è venuto dal più pro­fondo di noi stessi a seguito di un certo numero di shock. Il risultato è ciò che noi siamo; tutti quei shock riuniti costituiscono quel che noi chiamia­mo karma, il lavoro, l’azione. Ogni shock mentale o fisico che subisce l’anima, che fa per così dire spriz­zare una scintilla della nostra anima, che gli fa sco­prire il suo proprio potere e la sua propria cono­scenza, è karma, nel senso più largo del termine; anzi noi produciamo continuamente karma. Io vi parlo, è karma, noi respiriamo, è karma, noi cammi­niamo, è karma. Tutto quel che noi facciamo, sia sul piano fisico che su quello mentale, è karma e lascia traccia su di noi.

    Vi sono alcune azioni che sono, si può dire, la risultante, la somma d’un gran numero di opere più piccole. Se ascoltiamo il mormorio delle onde del mare che battono a riva, abbiamo l’impressione di ascoltare un grande frastuono; noi sappiamo, intan­to, che in realtà ogni onda si compone di milioni e milioni di piccole onde e il rumore di ognuna di esse è una piccola vibrazione; ma questi rumori non li udiamo, non li percepiamo se non quando si som­mano per formare il grande insieme. Allo stesso mo­do ogni battito del nostro cuore è un lavoro. Deter­minati generi di lavori che i nostri sensi percepisco­no, e che per noi diventano tangibili, non sono altro che il risultato di un certo numero di impercetti­bili lavori. Se volete proprio farvi un’idea del ca­rattere di un uomo, non guardate le sue grandi azio­ni. Il primo venuto, può in un certo momento della sua vita, comportarsi da eroe. Guardate, invece, come si comporta un uomo nelle piccole azioni di ogni giorno; sono proprio quelle che vi sveleranno il vero carattere di un grande uomo. Nelle circostan­ze gravi anche il più vile degli esseri umani può sentire lo stimolo a fare qualcosa di degno, ma soltanto chi è veramente un grande uomo ha il carat­tere costantemente nobile, sempre fermo in ogni cir­costanza.

    Per i suoi effetti sul carattere il karma è la forza più gigantesca con la quale l’uomo viene a contatto. L’uomo è, per così dire, un centro, egli attira a sé tutte le forze dell’universo, egli le amalgama tutte quante insieme nel suo centro e le respinge ad una vasta corrente. L’uomo vero è questo centro, l’on­nipossente, l’onnisciente, che attrae a sé l’intero uni­verso; il bene e il male, le disgrazie e le gioie, tutto corre verso di lui e si ferma presso di lui, e con tutto ciò egli forma ed emana al di fuori il poten­te fluido delle tendenze che noi chiamiamo caratte­re. Come questo uomo ha il potere di attrarre tutto a sé, così ha il potere di proiettare tutto fuori di sé.

    Il movimento che noi vediamo nel mondo, le azioni che gli uomini compiono nella società, tutte le opere che osserviamo intorno a noi, non sono che l’effetto del pensiero, la manifestazione della vo­lontà dell’uomo. Macchine e strumenti, città, navi da guerra e navi mercantili, non sono altro; ora questa volontà è il prodotto del carattere e il carat­tere proviene dal karma. Tale è il karma, tale è la manifestazione della volontà.

    Gli uomini di potente volontà, che il mondo ha generato, sono stati tutti formidabili lavoratori, ani­me di giganti, dalla volontà abbastanza potente per sollevare il mondo, dalla volontà realizzata con un lavoro costante, compiuto da secoli e secoli. Una vo­lontà così formidabile come quella di Buddha o di Gesù non si può conquistare durante il corso di una sola vita. Noi sappiamo chi erano i loro genitori, e niente ci autorizza ad affermare che quei genitori abbiano mai pronunciato una sola parola per il bene dell’umanità. Ci sono stati milioni e milioni di falegnami come Giuseppe; ancora oggi ce ne sono a milioni. Ci sono stati al mondo milioni di piccoli monarchi come il padre di Buddha. Se il solo fat­tore è l’ereditarietà come spiegare che quel piccolo sovrano, a cui i suoi stessi domestici forse non ob­bedivano, ha avuto un figlio che la metà del mon­do venera?

    La teoria dell’ereditarietà non spiega il problema. Donde è venuta quella volontà di titani che Buddha e Gesù hanno proiettato sul mondo? Certamente dev’essere esistita da secoli e secoli, sem­pre crescente fino a quando non ha fatto irruzione sulla società personificandosi in un Buddha o in un Gesù, per continuare ad espandersi ancora ai nostri giorni.

    Tutto ciò è determinato dal karma, il lavoro. E’ una legge eterna, nessuno può ottenere nulla senza aver sudato. Certe volte noi possiamo avere l’impressione che non è così, ma al momento di ti­rare le somme, abbiamo la prova che la legge è vera. L’uomo che ha lottato durante tutta la sua vita con successo per acquistare ricchezza e ha sfrut­tato migliaia di persone, finisce per capire che non ha meritato di arricchirsi e la vita diventa per lui un pietoso fardello. Possiamo continuare ad ammas­sare quanto soddisfi i nostri desideri materiali, ma noi non possediamo fermamente nulla se non lo ab­biamo guadagnato. Il primo venuto può acquistare tutti i libri del mondo e metterli nella sua biblioteca, ma egli non potrà leggere che quelli che merita di leggere

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