Per il mondo
Di Jae Akahone
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Dimitri, Axel, Solwen, Alexandre e Milian: cinque esseri che provengono da diversi ambienti e che non erano destinati a incontrarsi. Eppure, la loro vita cambia da un giorno all’altro a causa di una sensazione e di un odore che fa loro perdere la testa. Si ritrovano in un luogo sconosciuto alle prese con dubbi, passato e futuro e ritenendo di essere unici, potenti ma soprattutto utili per l’avvenire del mondo. Ma si tratta di un sogno o della realtà che li condurrà fino ai confini del possibile?
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Anteprima del libro
Per il mondo - Jae Akahone
Per il mondo
Traduzione di Antonella Mastropieri
Per il mondo
Autore Jae Akahone
Copyright © 2019 Jae Akahone
Tutti i diritti riservati
Distribuito da Babelcube, Inc.
www.babelcube.com
Traduzione di Antonella Mastropieri
Progetto di copertina © 2019 MMC Prodgraph
Babelcube Books
e Babelcube
sono marchi registrati Babelcube Inc.
I
Non so perché e non ci tengo veramente a saperlo.
Amo la mia diversità, anche se può apparire insignificante agli occhi degli altri.
Mi chiamo Dimitri Kerzhakov e ho diciassette anni.
Rappresento tutto ciò che di più normale appare agli occhi degli altri ma, sento qualcosa di diverso dentro di me a livello chimico.
Che cosa? Bella domanda ma, sento qualcosa di abbastanza forte che mi mette a disagio nel mio stesso corpo.
Ho degli amici, anche se ho un temperamento solitario.
Loro non sanno che mi comporto sempre e continuerò a farlo come se stessi benissimo.
Come se non avessi nulla di diverso.
Ad ogni modo, che cosa potrei dire loro. Eh?
Mi sento diverso? No, mi risponderebbero: ‘È normale, sei in piena adolescenza e sei alla ricerca di te stesso’.
E poi, darei l’impressione di farne un melodramma.
Non si tratta di orientamento sessuale, certo che no; qualunque cosa sia, chi se ne importa, succede. Punto.
No, come lo dico io si tratta di chimica, si annida nel più profondo delle mie viscere da quando sono nato.
Sì, sì. Potrei essere ermafrodito, soffrire del disturbo d’identità di genere, anche se non penso che si tratti di una reale sofferenza, ma no, non si tratta di niente di tutto questo.
I miei genitori mi hanno già fatto fare una serie di test, ma non c’è niente di visibile, niente di spiegabile.
C’è qualcosa che non torna.
E poi, se fosse solo questo... Mi potrei abituare, sono certo che chi si trova nella mia situazione lo fa, sebbene con qualche difficoltà; mi rendo conto ma con un po’ di volontà, secondo il mio modesto parere, si sistemano le cose.
Ma c’è questa Voce, sì, no, non faccio parte della classe di persone cosiddette paranoiche, anche se me lo chiedo spesso.
Mi consiglia, mi dice quello che non devo fare.
Una specie di doppia personalità?
No, ho fatto anche dei test per questo.
Agli occhi della scienza, sto assolutamente bene, a parte il fatto che i medici si sono pienamente convinti che somatizzo.
Sono cresciuto con questa Voce e mi rendo conto che ora sarei totalmente incapace di perderla.
Lei è come il fratello che non ho mai avuto, una parte a tutti gli effetti di me stesso.
Sì, è una voce maschile. Non lo so. È una Voce. Non riesco a definirla ma per me è maschile; sicuramente, si tratta di un riflesso della mia personalità, se è tanto tormentata come pensano tutti gli specialisti che ho consultato.
––––––––
- Dimi!
––––––––
Mi volto lentamente in direzione di questa voce e il mio sguardo cade su Serguei, il mio migliore amico.
Non so se posso considerarlo veramente come il mio migliore amico, perché dopotutto, non sa quasi nulla di me e dei miei disturbi.
Lo vedo che si sta comportando come uno stupido, facendomi segno. Questa scena mi strappa un sorrisino, malgrado la mancanza di reazione che di solito dimostro.
Istintivamente, la mia ‘maschera’ si riveste di sua spontanea volontà, facendomi diventare qualcun altro.
Un estraneo. Ecco. Un estraneo per me stesso.
Un essere sorridente, in modo ipocrita, che si comporta come se tutto stesse andando bene.
Così, andiamo lentamente verso la nostra classe, insieme.
Socievole? Sì, lo sono ma me lo impongo.
Tutto, dentro di me, grida il contrario.
Le lezioni sono la mia unica via di fuga; divertente, no?
Qualunque persona della mia età affermerebbe esattamente il contrario ma io ho le mie buone ragioni.
Durante il lasso di tempo in cui dura una lezione, non ho bisogno di portare la ‘maschera’, non parlo, ascolto e questo mi sta benissimo.
La fine della giornata arriva velocemente, strappandomi un sospiro di noia.
Mi sbrigo nell’indossare la mia maschera e lascio la scuola, salutando velocemente Serguei, prima di mettermi a correre, in modo da non arrivare in ritardo alla lezione di canto.
Incredibile, no?
Sì, posso avere una vita fuori dalla scuola.
È la Voce che mi ci ha costretto a essere così manipolabile come sono.
Mi ha detto che cantavo bene. Sì, veramente.
Mi faccio passare per un narcisista, no?
È un po’ come se mi dicessi, da solo, che canto bene.
Patetico, eppure realista.
Bruciore totale e il niente, ecco cosa sento ora.
Un vuoto, pieno d’incoscienza.
No... Non del tutto, sento il bruciore che si propaga nelle vene e l’odore della carne bruciata.
L’odore della mia.
II
Sette,
Otto,
Nove,
Nove goccioline di pioggia sulla mia cassetta della posta.
E una sola lettera, una della scuola, ancora una comunicazione di assenza.
Ancora una che sta per raggiungere la spazzatura, come tutti i giorni.
––––––––
Signora, Signore,
Vostro figlio Axel Desman,
Vostro figlio, ssh, non fatemi ridere, come se mi considerassero tale.
Non si lascia il proprio figlio marcire da solo, per mesi a casa, con il minimo indispensabile al mese per mangiare e vestirsi.
No, sicuramente, no, non andrò.
L’anno scorso, io e i miei ‘genitori’ ci siamo trasferiti a Londra per l’inizio del liceo.
Tutto prometteva bene: una buona scuola e io che non vedevo l’ora di andarci.
Dicono che al liceo possiamo affermare le nostre differenze.
Nel mio caso, questo non era possibile, non ho mai avuto molti amici, uno o due mi bastavano, ma lì, in quel posto mi odiavano come la peste.
Non solo a causa del mio stile stravagante di vestirmi, - no, no, ci sono cose peggiori, - ma a causa di qualcosa che emano, un qualcosa di paranormale.
Sì, ecco, di paranormale.
È quello che mi ha detto uno della mia classe, l’anno scorso; non che questo mi desse fastidio, nemmeno lontanamente, dopotutto, anch’io lo percepivo e pensavo di poterne fare la mia forza.
Ma no.
Rientrando, mi trattenevo a malapena sulla porta di casa.