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A farsi male è un attimo. A guarire ci vuole tempo: Consigli per superare l'infortunio
A farsi male è un attimo. A guarire ci vuole tempo: Consigli per superare l'infortunio
A farsi male è un attimo. A guarire ci vuole tempo: Consigli per superare l'infortunio
E-book259 pagine3 ore

A farsi male è un attimo. A guarire ci vuole tempo: Consigli per superare l'infortunio

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Info su questo ebook

Questa è la storia di un incidente avvenuto in montagna durante un’arrampicata, di un trauma che ha segnato in modo inesorabile la vita dell’autore e deciso la fine della sua giovinezza e il passaggio alla fase adulta, ma anche la storia di una rinascita e della trasformazione di un avvenimento tragico in un momento di crescita. 

“Ora sono una persona diversa, con un corpo diverso e un’importante esperienza alle spalle che mi ha provato e allo stesso tempo forgiato e temprato nuovamente, cerco e spero di compensare le mie mancanze fisiche con una maggior intelligenza nell’affrontare le cose e la vita”. 


Silvestro Franchini, classe 1987, guida alpina e maestro di sci, nato a Madonna di Campiglio, Dolomiti di Brenta, Trento. È stato un atleta di sci alpino, poi è diventato un alpinista. Ha trasformato questa passione in un lavoro e grazie all’alpinismo ha iniziato a viaggiare in tutto il mondo. Nell’aprile 2020, in pieno lockdown, la sua vita è cambiata. 
LinguaItaliano
Data di uscita31 ott 2022
ISBN9788830673014
A farsi male è un attimo. A guarire ci vuole tempo: Consigli per superare l'infortunio

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    Anteprima del libro

    A farsi male è un attimo. A guarire ci vuole tempo - Silvestro Franchini

    Nuove Voci

    Prefazione di Barbara Alberti

    Il prof. Robin Ian Dunbar, antropologo inglese, si è scomodato a fare una ricerca su quanti amici possa davvero contare un essere umano. Il numero è risultato molto molto limitato. Ma il professore ha dimenticato i libri, limitati solo dalla durata della vita umana.

    È lui l’unico amante, il libro. L’unico confidente che non tradisce, né abbandona. Mi disse un amico, lettore instancabile: Avrò tutte le vite che riuscirò a leggere. Sarò tutti i personaggi che vorrò essere.

    Il libro offre due beni contrastanti, che in esso si fondono: ci trovi te stesso e insieme una tregua dall’identità. Meglio di tutti l’ha detto Emily Dickinson nei suoi versi più famosi

    Non esiste un vascello come un libro

    per portarci in terre lontane

    né corsieri come una pagina

    di poesia che s’impenna.

    Questa traversata la può fare anche un povero,

    tanto è frugale il carro dell’anima

    (Trad. Ginevra Bompiani).

    A volte, in preda a sentimenti non condivisi ti chiedi se sei pazzo, trovi futili e colpevoli le tue visioni che non assurgono alla dignità di fatto, e non osi confessarle a nessuno, tanto ti sembrano assurde.

    Ma un giorno puoi ritrovarle in un romanzo. Qualcun altro si è confessato per te, magari in un tempo lontano. Solo, a tu per tu con la pagina, hai il diritto di essere totale. Il libro è il più soave grimaldello per entrare nella realtà. È la traduzione di un sogno.

    Ai miei tempi, da adolescenti eravamo costretti a leggere di nascosto, per la maggior parte i libri di casa erano severamente vietati ai ragazzi. Shakespeare per primo, perfino Fogazzaro era sospetto, Ovidio poi da punizione corporale. Erano permessi solo Collodi, Lo Struwwelpeter, il London canino e le vite dei santi.

    Una vigilia di Natale mio cugino fu beccato in soffitta, rintanato a leggere in segreto il più proibito fra i proibiti, L’amante di lady Chatterley. Con ignominia fu escluso dai regali e dal cenone. Lo incontrai in corridoio per nulla mortificato, anzi tutto spavaldo, e un po’ più grosso del solito. Aprì la giacca, dentro aveva nascosto i 4 volumi di Guerra e pace, e mi disse: Che me ne frega, a me del cenone. Io, quest’anno, faccio il Natale dai Rostov.

    Sono amici pazienti, i libri, ci aspettano in piedi, di schiena negli scaffali tutta la vita, sono capaci di aspettare all’infinito che tu li prenda in mano. Ognuno di noi ama i suoi scrittori come parenti, ma anche alcuni traduttori, o autori di prefazioni che ci iniziano al mistero di un’altra lingua, di un altro mondo.

    Certe voci ci definiscono quanto quelle con cui parliamo ogni giorno, se non di più. E non ci bastano mai. Quando se ne aggiungono altre è un dono inatteso da non lasciarsi sfuggire.

    Questo è l’animo col quale Albatros ci offre la sua collana Nuove voci, una selezione di nuovi autori italiani, punto di riferimento per il lettore navigante, un braccio legato all’albero maestro per via delle sirene, l’altro sopra gli occhi a godersi la vastità dell’orizzonte. L’editore, che è l’artefice del viaggio, vi propone la collana di scrittori emergenti più premiata dell’editoria italiana. E se non credete ai premi potete credere ai lettori, grazie ai quali la collana è fra le più vendute. Nel mare delle parole scritte per esser lette, ci incontreremo di nuovo con altri ricordi, altre rotte. Altre voci, altre stanze.

    INTRODUZIONE

    Non vado in montagna per farmi male e chiamare i soccorsi, non ne vale la pena, ormai ho 33 anni, ho fatto parecchie esperienze, ho avuto incidenti ma personalmente il soccorso è la prima volta che mi aiuta.

    Peraltro non ero andato a fare il mio giro in montagna a cui aspiravo, che sognavo, avevo escogitato qualcosa che mi consentisse di allenarmi restando in disparte perché in questo periodo ci è vietato fare quello che vogliamo.

    Posso senz’altro dire che il divieto è stata la causa dell’incidente, senza divieto non sarei mai stato lì soprattutto da solo e in quella condizione mentale.

    Credo nel karma, nella giustizia della natura, lo so che funziona così, con la mia vita ne ho la prova ogni giorno sia sul breve che sul lungo periodo, se trovi l’equilibrio sei in forma, quello che semini raccogli.

    Non ho bisogno di avere una macchina lussuosa per dimostrare che valgo qualcosa, riesco ad essere appagato da quello che prova il mio corpo quando si spinge verso i suoi limiti raggiungendo mete e traguardi che con piccoli sacrifici riesci piano piano a raggiungere.

    Che sia stato un errore tecnico o un difetto nel materiale ma poco importa, la colpa di quello che è accaduto è mia e mi prendo le mie responsabilità, cercherò di imparare da questi errori e insegnerò ai miei amici e allievi a non commetterli come ho fatto io.

    Quel giorno per me era un giorno a rischio quasi zero, dovevo essere ben legato e completamente al riparo dai pericoli oggettivi.

    Eppure è successo l’inimmaginabile.

    Ho sbagliato e la pagherò, se mi va bene mi prenderò una multa e i dolori dureranno qualche mese, se mi va male dovrò condividere le pene che mi ha inflitto questo errore ogni giorno della mia vita, sarà la mia croce da portare, almeno sarò vivo.

    Io ci voglio provare, voglio tornare quello che ero prima di quel maledetto lunedì 6 aprile, ero forte, leggero e con una motivazione alle stelle.

    Come ho detto non posso escludere che il mio infortunio sia come un mutuo che mi ricorderà della sua presenza, ogni volta che muoverò il mio corpo.

    Perché è successo proprio a me?

    Ho fatto qualcosa di sbagliato, sono sopravvissuto e la pago, cerco di non lamentarmi, cerco di andare avanti e di non fermarmi.

    Il virus non mi ha preso personalmente, ha colpito direttamente migliaia di altre persone facendo ammalare loro e i loro cari, altre dovranno cambiare la loro vita a causa dei danni all’economia che il virus ha causato.

    Il virus mi ha tolto la libertà di spostarmi come l’ha tolta ai miei cari, per il resto a differenza di altre persone stavo bene, ma me lo stavo meritando? Perché alcune persone sono sempre più colpite di altre? Quando sei in ospedale capisci sempre che c’è gente che sta peggio di te.

    In questo momento mi piace pensare che la sofferenza che provo possa servire a far passare a tutti questo momento di crisi, sarà la mia preghiera, questo pensiero serve in primis a me, mi aiuta a sopportare al meglio le piccole umiliazioni che io e il mio corpo subiamo in questi giorni.

    Capitolo 1 - Perché questo libro

    Ho 33 anni, è sabato 18 aprile, sono ricoverato all’ospedale villa Rosa di Pergine Valsugana, lunedì 6 aprile ho subito un intervento di 8 ore e mezza, in pochi secondi ho distrutto la cosa per me più cara e nella quale ho investito di più nella mia vita, il mio corpo.

    Lo strumento che uso per il mio lavoro, il mio divertimento, la macchina che mi permette di raggiungere i miei obbiettivi e i miei sogni, la macchina che è da una vita che cerco di mettere a punto e perfezionare perché sia pronta a sopportare le prove per me più estreme si è quasi distrutta, l’ho quasi distrutta, ieri mi son reso conto che probabilmente non tornerà quella di prima, devo smettere di sognare, devo pensare al presente.

    Conosco il mio corpo, i principi dell’allenamento, non è la prima volta che mi faccio male, voglio condividere con voi tutti gli insegnamenti che ho imparato in questi anni e che imparerò in questa difficile parte della mia vita, voglio creare qualcosa che serva a non perdere la motivazione e che aiuti a superare un infortunio a tutti ma in primis sono consapevole che questo lavoro serva a me, cercherò di mettere in pratica quello che scriverò nel capitolo La mentalità vincente.

    Dopo una breve parte che ricorda i miei albori e la nostra formazione come persone e atleti ci sono dei capitoli che trattano nello specifico il tema dell’infortunio, ho scoperto sulla mia pelle che spesso quello che dicono i medici può variare moltissimo da persona a persona, ho imparato sulla mia pelle che ogni infortunio è diverso.

    Seguiranno delle schede con delle esperienze di infortunio avute in passato mie e di mio fratello Tomas.

    Verrà poi la parte centrale del libro, l’infortunio che mi ha segnato di più e mi ha anche spinto ad imbarcarmi in questo lavoro, non un semplice infortunio ma un qualcosa che mi ha cambiato nel profondo facendomi invecchiare di colpo di almeno 50 anni, un qualcosa che in pochissimo tempo ha trasformato un corpo agile, elastico e scattante in un corpo degno di un buon ottantenne con tutti i problemi annessi e connessi.

    Al cambiamento fisico è quindi per forza seguito un cambiamento mentale, questo trauma ha scandito in modo inesorabile e deciso la fine della mia giovinezza e il passaggio alla fase adulta della mia vita, l’unico modo per non rimpiangere ogni giorno quello che è accaduto è vedere in questo il lato positivo, ci sono degli adulti che per cause personali o problemi della società moderna restano sempre bambini, questa botta mi ha messo in faccia in modo deciso e un po’ crudele che la mia fase di giovinezza è finita.

    Penso in maniera diversa, sono cosciente che non sono più invincibile ed il mio corpo non è più immortale ma tutto d’un colpo è diventato più lento e fragile.

    Di conseguenza devo trattarlo meglio, le scelte che farò dovranno quindi essere molto diverse.

    La mia giovinezza è finita, ho fatto tante cose belle, avevo ancora tanti sogni e progetti che come la maggior parte delle persone non ho realizzato.

    Cercherò di realizzare qualcuno dei miei sogni nella fase adulta ma inevitabilmente dovrò farlo in un modo diverso, questo magari mi darà ancora più soddisfazione.

    Dovrò dedicarmi anche ad altri progetti sfruttando le conoscenze e le doti che prima non avevo.

    Dalla fase adulta della mia vita cercherò di avvicinarmi lentamente alla vecchiaia provando a ringiovanire fino a quando al momento della mia morte ritornerò bambino.

    Questo libro spero che piaccia a voi ma servirà anche a me, a monitorare le fasi di guarigione e per farmi passare le lunghe giornate in ospedale.

    Una parte del libro sarà in forma di diario, quando ho deciso di fare questo ho scritto:

    Ogni giorno scriverò gli sbagli fatti e i miglioramenti che ci sono stati, i momenti difficili e visto che mi son rotto parecchie ossa approfondiremo nello specifico i metodi migliori di fisioterapia per cercare di ritornare ad essere come prima, anzi più forti di prima.

    Capitolo 2 - Scheda clinica infortunio

    Infortunio Silvestro Franchini

    avvenuto il 6/4/2020

    - Il 6/4/2020 ad ore 12.30 è precipitato da una parete di roccia dove stava arrampicando facendo un volo di 20 metri.

    - Nel tardo pomeriggio del 6/4/2020 è arrivato all’Ospedale Santa Chiara di Trento in stato cosciente e muoveva le gambe.

    - La notte è stato operato per 8 ore e poi è stato intubato fino alla mattina dell’8/4/2020 (Dott. P. e Dott. P.)

    - Il 9/4/2020 dal Reparto di Rianimazione è stato spostato nel Reparto di Neurochirurgia (Dott. C.) dove ora si trova.

    - Entro la fine di questa settimana dovrebbe essere trasferito a Villa Rosa a Pergine, clinica specializzata nella cura di pluri-traumatizzati, per curare il danno nervoso che si è procurato alle gambe e agli sfinteri.

    CONTUSIONI RENI E FEGATO

    Nei primi 3 giorni di ricovero ha avuto delle emorragie e quindi gli sono state fatte delle trasfusioni di sangue.

    La cosa più preoccupante era la rottura della vena renale però, giorno dopo giorno, le contusioni si stanno riassorbendo e per verificare che non sia più necessario fare altro il 16/4/2020 gli verranno ripetuti gli esami e verrà sentito il parere dei chirurghi vascolari

    TIBIA frattura composta

    -Il 7/4/2020 è stato ingessato e dovrà tenere il gesso per 1 mese

    dopodiché potrà iniziare a caricare il piede

    COSTOLE

    4 rotte da una parte

    5 rotte dall’altra

    tempo di guarigione 1 mese

    STERNO fratturato

    tempo di guarigione 1 mese

    TAGLIO SULLA FRONTE

    - Il 7/4/2020 gli sono stati messi dei punti

    - Il 16/4/2020 gli sono stati tolti i punti

    TERZA VERTEBRA LOMBARE fratturata

    - Il 7/4/2020 è stato operato e gli è stato messo il catetere, spiegazione dell’intervento che ha subito: nella zona della terza vertebra lombare ci sono dei fasci di nervi che terminano con una coda equina e si staccano delle radici nervose che servono per innervare gli sfinteri e le gambe (in particolare la coscia).

    Al momento dell’intervento:

    - Questi fasci di nervi erano schiacciati e compressi, ma le radici non erano interrotte.

    - Il sacco durale era rotto e pure le radici contenute nel sacco durale erano spezzate, quindi per fissare la L3, che era fratturata e pertanto è stata saldata, sono state messe 8 viti e diverse barre; il sacco durale è stato chiuso e riparato, così come sono state riparate le radici, per fare questo intervento la zona è stata molto manipolata e quindi per determinare quanto durerà la riabilitazione occorre capire il grado di compressione di questa zona, ma è già chiaro che il danno non è stato completo e che la zona più compromessa è quella legata al funzionamento degli sfinteri.

    - Il 12/4/2020 ha messo un busto di stoffa dorso lombare per dare sostegno alla muscolatura e alla colonna vertebrale che, grazie all’intervento, è stata stabilizzata.

    - Il 13/4/2020 lo hanno messo seduto in poltrona.

    - 14/4/2020 è stato fatto il primo tentativo di togliere il catetere, ma è fallito; però va precisato che, prima che venisse rimesso il catetere, ha fatto la pipì da solo, ma, non avendo svuotato completamente la vescica, per evitare infezioni alle vie urinarie gli è stato rimesso il catetere.

    - Il 16/4/2020 gli sono stati tolti i punti sulla schiena

    Impressione attuale:

    Silvestro sta recuperando bene

    -ha recuperato parte della forza

    -muove le gambe

    -ha buona volontà e addirittura fa gli esercizi da solo

    -è bene che venga seguito da uno psicologo in modo che sia aiutato ad affrontare il periodo di riabilitazione

    -se di notte fatica a dormire va bene che prenda del sonnifero

    -per quanto riguarda la buona riuscita dell’intervento alla colonna vertebrale occorre attendere i controlli che faremo nelle prossime settimane.

    Capitolo 3 - Alpinisti agli albori

    Vivendo a Madonna di Campiglio io e mio fratello siamo sempre andati in montagna, per noi muoverci nella natura è sempre stato qualcosa di spontaneo e fin dove arrivano i camosci siamo sempre andati.

    Abbiamo scoperto l’arrampicata intorno ai 15 anni per riempire gli spazi vuoti lasciati dallo sci che ancora ci impegnava molto, possiamo dire che l’abbiamo poi lasciato entrambi perché abbiamo scoperto che la libertà e la soddisfazione che avevamo andando in montagna non la trovavamo da nessuna altra parte.

    La montagna soddisfaceva il nostro bisogno di attività fisica, in più chissà perché nella nostra famiglia e un po’ in tutta la comunità c’è stato trasmesso che chi va in montagna ha dei bei valori, forse perché costa fatica, chi va in montagna sceglie di percorrere una strada in salita, a chi va in montagna piace sudare, non è uno scansa fatiche, questa dote è un valore anche nel mondo del lavoro, forse per questo l’andare in montagna ed arrampicare è visto spesso di buon occhio, anche dalle forze dell’ordine, abbiamo imparato negli anni che rispondendo alla domanda dove siete stati? con ad arrampicare è un ottimo lasciapassare ad ogni controllo che sia stradale, aeroportuale o anche in dogana.

    Quando ci si affaccia a questo mondo uno degli ostacoli che tutti devono superare è la ricerca del compagno di cordata.

    Negli anni le guide alpine ci hanno dato qualche input durante i corsi roccia organizzati per i bambini del paese ma prenderne una per progredire non ci è mai interessato, i nostri genitori hanno speso molti soldi per farci sciare e vedevamo l’arrampicata e la montagna come qualcosa di nostro e in cui non valeva la pena investire.

    Nel nostro caso abbiamo sempre avuto un rapporto un po’ particolare con le guide alpine.

    Ci sembrava addirittura che alcune di loro non vedessero di buon occhio due ragazzini che iniziassero ad arrampicare in autonomia, 15 anni fa i ragazzi che arrampicavano nelle nostre zone erano veramente pochi e in più noi non appartenevamo a nessuna famiglia con un passato alpinistico.

    Mio padre fa l’elettricista e mio nonno è salito a Campiglio perché serviva un buon meccanico alle funivie.

    Un po’ per timidezza e un po’ per l’atteggiamento di alcuni di loro che non facevano altro che farci notare quanto fosse pericoloso arrampicare ha fatto sì che appena vedevamo una guida alpina in lontananza in fretta e furia arrotolavamo la nostra corda alla bell’e meglio e filavamo via.

    L’alternativa alla guida se sei in cerca di compagno è affidarsi ad un amico esperto, in questo caso lo si seguirà nei suoi progetti che in molti casi sono troppo difficili per il tuo livello, in questo modo la crescita dell’arrampicatore sarà molto veloce ma mancheranno inevitabilmente delle esperienze che si costruiscono sulla propria pelle per gradi.

    Qualcuno ha anche la fortuna di trovare un compagno pari livello ma molte volte è difficile che abbia la nostra stessa motivazione e quindi tante volte la crescita è molto lenta, se il compagno cambia frequentemente si ripetono solo esperienze già fatte.

    Nel nostro caso l’aver avuto un compagno con cui vivi assieme, condividi l’attrezzatura e che più o meno ha la tua stessa età e motivazione ci ha dato un enorme aiuto per progredire in montagna costantemente e abbastanza velocemente progredendo in montagna step by step accumulando ogni esperienza sulla nostra pelle.

    Ricordo che non abbiamo

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