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Missy cane della neve: detta anche Misto Fritto
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Missy cane della neve: detta anche Misto Fritto
E-book306 pagine3 ore

Missy cane della neve: detta anche Misto Fritto

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Info su questo ebook

1.850 grammi di pelo rosso scombinano la diade Mamma e Padroncina, un regalo desiderato ma che realizza un sogno a metà. Una storia in punta di piedi sulla difficoltà dell’accettazione del diverso ma con lo sguardo umoristico e un po’ infantile, di una peste a quattro zampe che legge nel pensiero e vede i colori intorno alle persone. Missy un nome a lungo negato, Misto fritto perché sa di buono. In mezzo a mille disastri, incidenti, calzini mangiati, una bastardina osserva il mondo umano e ne viene a sua volta osservata. Un lento e reciproco conoscersi, tollerarsi, ascoltarsi. Forse un giorno amarsi. Ferite curate, abitudini stravolte per imparare a giocare sulla vita, in quel caos che quando sembra che arrivi per sconvolgere, in realtà rimette le cose a posto.
LinguaItaliano
Data di uscita14 feb 2020
ISBN9788835372455
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    Anteprima del libro

    Missy cane della neve - Ada Venturelli

    Chiara

    CIAO SONO MISSY

    Ciao, sono Missy, quel frugoletto di 1.810 grammi portato a casa il 17 dicembre 2010. Nevicava, che ad Ariccia è piuttosto insolito.

    E già questo poteva essere interpretato come un presagio. Un chiaro segnale a cui dar retta. Soprattutto perché era un venerdì.

    Ora di grammi ne peso 18.100 e Mamma non è proprio contenta. Tranne quando mi alzo su due zampe e sono alta quanto lei, così non deve abbassarsi per accarezzarmi che le fa male la schiena per via dell’ernia.

    Certo lei voleva un cane piccolo. Anzi, non voleva affatto un cane.

    Non ne ha mai voluti perché ne ha sempre avuto paura. Ma mi ha tenuta lo stesso. Al momento. Ma tutta la vita è fatta solo di momenti. Ora non ha più paura, almeno di me, perché degli altri cani continua ad averne.

    Forse non ha avuto il coraggio di rispedirmi al mittente per via del mio difficile esordio su questa terra. Anche se guardandomi intorno, non è certo stato più duro di quello della maggior parte dei cani randagi. Ma andiamo per ordine.

    Non ricordo la mia mamma, quella naturale intendo, e neanche il mio papà (che per inciso non ho neppure in forma adottiva). Ma, vista la mia mole (e soprattutto la forma delle orecchie) non dovevano essere dei Chihuahua. E neanche dei Volpini Italiani come a lungo sperato.

    Non da me, ma da Mamma e Padroncina, sua figlia.

    A pensarci bene, forse anche da me, per farle contente.

    Diciamo che, ad occhio e croce, mi avvicino di più a qualche parente alla lontana dei Golden Retriever, per via del pelo, e a qualche cugino di quarto grado del Levriero, per via del mio lato B.

    Oddio, camminando io in orizzontale non sono certa si tratti proprio del lato B, ma non importa. Comunque, oltre al pelo biondo ramato e il sedere secco secco, ho anche un muso che di certo tradisce degli antenati lupoidi un po’ selvatici.

    Le veterinarie mi chiamano infatti CREATURADELLAFORESTA.

    Ma qualcuno dice che ho anche il muso da Lessie. Cioè da Collie, perché la razza Lessie non esiste ma è solo una star del cinema.

    Come si sarà capito non sono un cane di razza e a parte i tre, forse quattro, tratti da pedigree che mi caratterizzano e mi danno un certo tono, non saprei proprio come definirmi.

    Direi piuttosto che sono una METICCIA o CANEFANTASIA, termine usato nelle mostre canine per sostituire quello un po’ più bruttino di BASTARDA.

    Ma Mamma mi chiama MISTOFRITTO, rende meglio l’idea e a me piace perché sa di buono.

    Dunque, non so chi siano i miei genitori e non ho un albero genealogico di cui vantarmi.

    Neppure un piccolo cespuglietto, un bosso nano, un bonsai, una dichondra repens strisciante.

    Niente di niente.

    Sono solo stata trovata vicino ad un cassonetto della spazzatura sulla Nettunense, insieme a sei fratelli e sorelle. E già è andata bene. Forse ci volevano buttare dentro e far fare una brutta nonché anticipata fine. Probabilmente siamo nati sotto una buona stella e chiunque fosse l’umano in questione, all’ultimo secondo deve averci ripensato. L’accalappiacani poi ci ha portati in un canile. Sempre meglio che in una discarica.

    Io ero l’unica cucciola rossa in mezzo a tre bianchi e tre neri. Semplicemente per questo sono stata scelta dal fidanzato di Padroncina. In realtà il fidanzato è un Ex Fidanzato che voleva far colpo regalandomi.

    In effetti il colpo l’ha fatto. Col botto. Lui è sparito e io sono rimasta.

    Ma ci è mancato poco che fossi abbandonata anch’io. No, non per strada, Mamma avrebbe cercato un’altra famiglia che mi amasse, ma poi non l’ha fatto perché ormai mi amava lei.

    Quindi: fidanzato congedato, cane adottato.

    Più o meno. All’incirca. Forse. Chissà. Ma questa è solo la fine della storia. Infatti Mamma quando lo sente (ormai raramente per la fortuna e salute di entrambi) s’innervosisce ancora. Non si regalano i cani.

    Quando sono cuccioli è come nella pubblicità della carta igienica, sono belli, divertenti, dei bei giocattoli teneri. E non sporcano.

    Poi crescono e sono meno belli, meno divertenti e meno teneri. E sporcano. Naturalmente non è il caso mio, perché io continuo ad essere bella, divertente e tenera. Nonostante i miei 18.100 grammi. Nonostante sporchi. Sempre naturalmente secondo il MIO punto di vista.

    Certo non sono un San Bernardo, ma non sono neppure un cagnolino che si può mettere in una borsetta alla Paris Hilton.

    Né in un trasportino per viaggiare comodamente in aereo. Né per stare semplicemente accoccolata in braccio, come voleva la mia giovane padroncina.

    Per questo non sono stata accettata subito e forse non lo sono completamente neanche adesso che di anni ne ho due. Circa.

    Non so di preciso quando sono nata. Mamma e Padroncina hanno scelto il sei novembre. E a me sta bene perché quel giorno mi danno qualcosa di speciale. L’anno scorso è stata una torta letteralmente costruita con i croccantini. Quest’anno sono andate più sul classico e mi hanno fatto assaggiare della panna montata. Naturalmente entrambe le volte ho spento le candeline.

    È vero, non mi hanno accettata completamente, specialmente Mamma, e questo è un grande dolore. Ma fanno del loro meglio e mi vogliono bene. Anche se non tanto quanto io ne voglio a loro. Nonostante le apparenze a mio sfavore perché le faccio disperare e non sono troppo affettuosa. Ma non esternare i sentimenti non vuol dire non provarli e comunque adesso mi comincia a piacere essere coccolata. Vorrei anche essere presa in braccio, ma ho perso il mio attimo fuggente. Grande errore. Ogni tanto ci provo a mettermi col sedere sulla pancia di Mamma (o per meglio dire sul suo stomaco), ma non mi riesce molto bene e devo andarmene anche se lei cerca di resistere. Che non è il caso d’insistere lo capisco da un certo colorito paonazzo che non le dona affatto e dagli occhi fuori dalle orbite che le donano ancora meno.

    Dicevo, data presunta di nascita: prima settimana di novembre.

    Luogo: intorno ad un cassonetto.

    Residenza nei primi quaranta giorni di vita: canile.

    Sì, lo chiamavano hotel per animali, ma sempre canile era. Un po’ come il cane fantasia al posto di bastarda. Ma non era dei peggiori e mi trattavano bene.

    E poi tutto ha un suo senso e segue una perfetta sincronia, se non fossi stata portata lì, non avrei trovato una famiglia. Certo un po’ costretta.

    Infatti il discorso di Ex Fidanzato rimane sempre una nota dolente.

    Ma io un po’ grata gli sono, perché se non avesse voluto farsi bello con Padroncina regalandomi, tutta questa storia non sarebbe cominciata. E in cuor suo questo lo pensa anche Mamma. In fondo in fondo però.

    Stavo nella gabbia con i miei fratelli e, come si sarà capito, lui mi ha scelta per il pelo rosso.

    Da qualche parte bisogna pur cominciare ogni storia.

    MA LE SCELTE NON SONO MAI CASUALI

    Ma le scelte non sono mai casuali e tutto va sempre come deve andare. Nel modo più perfetto possibile.

    Anche se non sembra.

    Anche se nessuno se ne rende conto perché le apparenze ingannano e possono essere proprio diverse. A volte proprio brutte.

    Me ne stavo lì infreddolita e tremante.

    Per quanto ai Castelli Romani non faccia proprio così freddo, quel famoso venerdì 17 (per niente infausto) dicembre aveva deciso di nevicare. E anche il 17 dicembre dell’anno successivo aveva preso la stessa decisione, tanto che Mamma e Padroncina mi chiamano appunto CANEDELLANEVE.

    Non so proprio come Ex Fidanzato abbia potuto vedere il colore del mio pelo, perché ero proprio sporca. E decisamente impresentabile per fare IO bella figura. Oltre che lui ovviamente. Così mi fa fare un bel bagno.

    Non mi piaceva troppo lavarmi, e non mi piace troppo neanche adesso. E ho paura che non mi piacerà mai troppo.

    Intendiamoci, non è che non mi piaccia l’acqua. Infatti adoro fare il bagno, nel mare. Ho nuotato benissimo fin dalla prima volta che l’ho visto buttandomi dentro senza paura.

    Forse anche questo dipende da qualche tripletta genetica ereditata dai lontani parenti Golden o da qualche altra razza amante dell’acqua. Anche se non ci assomiglio per niente, magari addirittura un Perro de Agua Español che fa tanto esotico.

    Essere un misto fritto, o un cocktail se ci vogliamo pure bere sopra, ha anche i suoi vantaggi. Puoi essere chiunque.

    Pulita e profumata, ma non troppo per via di un certo odore di selvatico che lo shampoo non è riuscito a togliermi di dosso, sono quasi pronta per il mio ingresso in società.

    E anche se non so esattamente in cosa consista questa società umana, deve essere importante per via della bella cesta e del bel fiocco rosso che mi mette.

    Sempre per far fare bella figura a me, e sempre, soprattutto a lui. E siccome nevica, compra anche una calda e avvolgente copertina di pile. A fiori, da femmina, tanto per capirsi subito.

    Adesso, sono veramente pronta per andare a casa.

    Già, ma dove?

    A dir la verità credevo proprio da lui, che in fondo non era poi così male (cosa che pensava anche Mamma PRIMA che mi regalasse). Felice ma anche spaventata. Per quanto il canile non fosse la situazione ideale, era l’unica casa che conoscevo e che mi faceva sentire protetta.

    A volte cambiare intimidisce e si rimane attaccati anche alla sofferenza solo perché la si conosce bene e dà energia.

    Il cambiamento richiede uno sforzo molto più grande del rimanere sempre gli stessi.

    Ma io sono un cagnolino e non ragiono come gli umani (veramente Mamma dice che non ragiono affatto). Inoltre sono piuttosto curiosa, e quindi anche se intimorita, non punto i piedi, cioè le zampe, al flusso della vita. La seguo.

    Qualcosa in serbo per me ci sarà.

    Certo, in infermeria per un attimo non sono più stata della stessa opinione e quando ho visto il camice bianco me la sarei data a gambe più che volentieri.

    In senso contrario al flusso. Proprio come un salmone.

    La paura è stata tanta, accompagnata dall’immediata consapevolezza che ogni volta che avrei visto quel camice non ne avrei ricavato nulla di buono. Anche se devo dire che le mie veterinarie, due, una bionda e riccia e l’altra mora e liscia, in realtà sono molto buone e un biscotto, e spesso più di uno, lo rimedio sempre.

    Il veterinario del canile compila la scheda con i miei dati. Pochi in verità, perché non li conosce.

    Mi guarda e scrive: razza meticcia, sesso femmina, mantello fulvo, taglia media (e qui mi domando, o meglio si domanda Mamma, perché mai Ex Fidanzato mi abbia regalata lo stesso sapendo che non sarei stata accettata così grossa) età 40 giorni circa.

    Data di cattura 7 novembre. Brutto termine cattura, ma a me ha salvato la vita.

    E siccome sono iscritta all’anagrafe canina, mi microchippa.

    Sì, lo so, serve ed è importante. Ma questo non vuol dire che sia divertente anche se è solo una puntura dietro il collo. Certo, mi permetterà di essere ritrovata. E non è poco.

    Vabbè sopporto, non voglio correre il rischio di perdermi. E poi mi dicono che serve anche a loro, agli umani, per essere rintracciati qualora decidessero di abbandonarci. Anche se pare che siano piuttosto furbi e un sistema lo trovino sempre.

    Finalmente il veterinario firma e mette un bel timbro sulla mia scheda di affidamento.

    E sì, sono temporanea.

    L’adozione s’intenderà definitiva, solo se entro 60 giorni dalla cattura non si presenterà l’eventuale proprietario. Dubito, altrimenti non mi avrebbe buttata via. Insieme ai miei fratelli.

    Ho un groppo alla gola. Già, che ne sarà di loro?

    Per me la sorte ha deciso.

    Pulita: più o meno.

    Profumata: molto meno che più.

    Microchippata: molto più che meno.

    Documentata: all’incirca.

    In una parola: SONO PRONTA!

    Per cosa non lo so. Ma ho fiducia, perché è così che voglio affacciarmi al mondo. Fiducia, fiducia, fiducia, qualsiasi cosa accada.

    I miei sei fratellini bianchi e neri senza nome sono ancora nella gabbia e il buio comincia ad avvolgerli.

    Forse anche loro troveranno una famiglia o forse no, non avendo il pelo del colore adeguato.

    Forse trascorreranno la vita intera dietro quelle sbarre in attesa di una carezza, in attesa di qualcuno che li scelga in mezzo a tanti. Per un motivo qualsiasi che faccia iniziare la loro storia.

    Che trasformi una vita da invisibili, semplicemente in vita.

    Ho il cuore pieno di speranza e di dolore. Quasi non vorrei più andarmene mentre li sento guaire. Do loro un’ultima occhiata e mi viene da piangere.

    Non sono ancora partita che già ho nostalgia. Saudade la chiamano in alcuni posti.

    Ma la nostalgia è solo l’amore che rimane.

    E così mi volto velocemente, per andare incontro al mio destino. Quello che ho scelto prima di nascere e per il quale sono nata.

    SONO FORTUNATA

    Sono fortunata e guardo il mondo con avidità. Forse ho anche fame. Veramente vedo poco perché è buio anche se la neve riflette un bel bagliore candido.

    Ma sono fuori dal canile e la vita è tutta in divenire.

    Ringrazio i miei genitori, chiunque siano, per avermi dato il pelo rosso. Ex Fidanzato, che naturalmente ancora non sa di essere ex (oltretutto a causa mia), gongola tutto e sistema il cesto sul sedile di una strana scatola metallica che si muove e fa rumore.

    Mi dicono che si chiami macchina o automobile. E mi pare di capire che gli umani ci siano tanto, ma tanto affezionati. Il cesto ballonzola un po’ e io ciondolo da una parte all’altra, ma Ex Fidanzato va piano.

    Nevica tanto. Bei fiocchi bianchi, grossi e vaporosi. La bellezza è negli occhi di chi guarda e a me sembra un paesaggio incantato. Il più bello che esista.

    Quello verso casa.

    È Padroncina ad uscire per prima.

    Non sa della mia esistenza e cammina tranquilla lasciando profonde impronte. Poi si ferma all’improvviso. Forse mi ha vista.

    Il mio cuore perde un colpo.

    Io sono spaesata da tutto quel trambusto e novità nel giro di poche ore. Ma è anche vero, che talvolta, per cambiare un destino bastano solo pochi secondi.

    Basta scegliere di svoltare in una strada piuttosto che in un'altra.

    Come ha fatto Mamma. È così che ha conosciuto il papà di Padroncina. Ed è in una manciata di secondi che il destino è cambiato di nuovo quando lui se ne è andato. Per un’altra strada.

    Io ero stata tranquilla in una gabbia per quaranta (circa) giorni. E basta. Immobile. Senza passato, senza futuro. E poi all’improvviso eccomi sulle montagne russe a giocare un gioco nuovo.

    Lei mi guarda. Adesso ne sono sicura.

    I suoi grandi occhi marroni si sgranano all’infinito.

    E il mio cuore batte ancora più forte. Il suo non so.

    Forse la sorpresa è stata TROPPO SORPRENDENTE. Non fiata. Credo sia anche più stralunata di me.

    Decisamente non si aspettava un cane. Lo aveva chiesto per tanti anni, ma Mamma aveva sempre detto di no. E adesso ero lì, con i miei venti centimetri di potenza e i miei 1.810 grammi di pelo. Rosso. Sotto la neve.

    Mi continua a guardare incredula e io guardo lei. Io già pronta ad amare. Lei, di nuovo non so. Gli umani fanno più fatica ad essere se stessi.

    Qualcosa non va. Il mio codino non parte.

    Decisamente non aspettava ME.

    Non sono il cane che desiderava. Non sono il cane che avrebbe cercato. Non sono il cane che avrebbe scelto. Nonostante il pelo rosso.

    Vorrebbe essere felice ma non lo è. Mi sorride, ma io so leggere dove lei non può.

    Voleva un Chihuahua da tenere sempre con sé, e sì, proprio da portare in una borsetta alla Paris Hilton. La moda è moda. E il cane toy fa tendenza. Invece sono arrivata io. Un sogno a metà.

    Non vorrebbe essere delusa ma lo è. E anche se può mentire al mondo, non può mentire al suo cuore e al mio. Continua a sorridere, ma vorrebbe piangere.

    Ci provo ancora e mi metto a scodinzolare con tutta la mia coda inesistente. Un pennellino rosso con una punta bianca. Una virgola nel libro dell’esistenza. La muovo insistentemente di qua e di là, per farmi coraggio, per farmi vedere bene.

    Sono qui Padroncina, eccomi!.

    Per un attimo mi prende in braccio. Anche una virgola può cambiare il senso di una frase. E di un’esistenza.

    INTANTO ero ancora piccola, meno di un Chihuahua e questo mi stava salvando dall’essere spedita seduta stante al canile, senza neppure scendere dalla macchina. E soprattutto, questo stava salvando Ex Fidanzato.

    Per il momento.

    E poi ero tenera. Meravigliosamente, irresistibilmente tenera. Impossibile lottare.

    Ma adesso veniva lo scoglio, il Colosso di Rodi, la montagna, il monolite, l’obelisco di granito. Insomma, lei, la mamma.

    Anzi, LA MAMMA.

    ​NON SCORDERÒ MAI

    Non scorderò mai la prima sera in casa. Il primo giorno (anche se sul calare) della mia nuova vita. E di certo neppure Mamma.

    Mi viene incontro. Anzi, viene incontro a Padroncina e a Ex Fidanzato. Quasi lo fulmina con lo sguardo ma non dice nulla e sorride. A me naturalmente, non all’ex. Non vuole accogliermi male, ma è preoccupata e io pure.

    Forse non le piaccio e il mio pelo non è sufficientemente biondo. O rosso. O nero.

    O del colore giusto che le piaccia.

    Non dice nulla neppure quando legge il certificato del veterinario, quello con i dati scarni. Forse voleva qualche informazione in più per conoscermi. Per provare ad accettarmi. Ad amarmi no, sarebbe stato pretendere troppo.

    Per un attimo infinito il suo sguardo si fa di ghiaccio, forse di odio. Sempre per Ex Fidanzato non per me. Fissa quella parola e non legge altro: MEDIA MEDIA MEDIA. Sarei diventato un cane di taglia media. E lei non voleva un cane di taglia media. Né di nessuna forma o misura o colore. Ma ancora una volta non dice nulla e inghiotte.

    Amava sua figlia e per lei avrebbe accettato qualsiasi cosa.

    Persino me.

    Intanto io ero stata messa per terra vicino ad un camino. Forse in quella casa, se avessero deciso di tenermi, non avrei avuto più freddo. E le vie del Signore sono infinite anche per i cani. Sempre intanto, cercavo io, la mia di via. Quella di uscire dal cesto. Aiutati che il ciel ti aiuta, non si può sempre aspettare che gli altri agiscano per noi e fare come quello che chiedeva a GRANDECAPO di farlo vincere alla lotteria, senza comprare neppure il biglietto. O peggio ancora, come quello che aspettando l’aiuto di GRANDECAPO, affoga perché non sale né sulla zattera, né sulla barca e neppure sulla nave. E, arrivato in paradiso si arrabbia pure. L’aiuto va anche riconosciuto.

    Io ci provo a fare la mia parte e assumermi la responsabilità della mia esistenza, anche se l’impresa non è proprio facile per i miei esigui 20 cm di lunghezza e i miei 1.810 g per lo più concentrati nel lato B. Nonostante gli sforzi, cado in continuazione dal bordo.

    Ma devo essere davvero buffa perché qualche risata comincia ad echeggiare nell’aria. E sgorga persino dal volto tirato di Mamma.

    Lei non lo sa, ma la luce intorno al suo corpo si colora tutta quando ride. E sì, tutto un arcobaleno iridescente la avvolge e danza ad ogni suo movimento!

    La guardavo chiedendomi se mi avrebbe mai amata. Senza darmi una risposta. La guardavo chiedendomi se sarebbe stata una mamma coraggiosa, capace di andare oltre se stessa e le sue paure. Cioè io.

    Una bastarda non meglio identificata.

    Da parte mia, oltre a Padroncina, già amavo anche lei. E in un modo o nell’altro glielo avrei fatto capire.

    Forse, rosicchiandole tutti i mobili, non avrei scelto proprio il modo migliore. E neppure facendole pipì sul tappeto Missoni

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