L'eterna primavera
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Anteprima del libro
L'eterna primavera - Giacomo Ruaro
felicità.
Premessa
Questo libro non ha nessuna aspirazione a essere un trattato storico-culturale, né tantomeno una guida turistica. È semplicemente un flusso di pensieri ed emozioni ordinati in parole, forse in modo frettoloso e troppo sintetico.
Pertanto chiedo scusa se qualche informazione non è corretta o esauriente, ma l’intento è di ricostruire l’identità di un Paese a partire dalla gente che vi abita e che partecipa alla sua storia
Quelle raccontate in questo viaggio sono storie di persone che ho incontrato quelle narrate in queste pagine. Fanno parte della mia esperienza, e forse il mio unico intento è condividerle con voi.
Spero che ognuno possa trovare riflessione nel suo cammino e saggezza nell’incontro con ogni persona che incrocerà i suoi passi.
L’alba di una scoperta
"Il viaggio di scoperta non consiste
nel vedere luoghi nuovi,
ma nell’avere nuovi occhi."
M. Proust
Il fuoco danza con se stesso, fiamme che afferrano il tramonto. Nascono e muoiono, come le folate del vento che accarezzano le Alpi. Smuovo la legna per ordinare il fuoco, che borioso, con uno schioppo di scintille, mi dimostra il suo disappunto. Poi, quieto, torna a fluttuare nell'aria sempre più fredda, scaldandola.
Guardo le cime lontane, dove la luce increspa le forme. Sono attratto dall'immanenza di questi rilievi, immobili nel perpetuo ciclo di giorno e notte. Su quelle cime si è combattuto, nelle valli vivono e si nascondono storie di gioie e sofferenze, ricordi impressi nel vento, vite di uomini che ancora parlano, seppur vinti nella carne.
Le Alpi: luoghi di riposo, turismo, avventura, cultura, magnifica natura.
Ora siedo nella quiete e nel silenzio, e con il fresco vento fluttuano nella mente i riflessi della mia ultima esplorazione, in altre montagne, dove la memoria della guerra e della sofferenza è ancora una ferita aperta. Un dolore che si sta cementificando nel cuore della gente in attesa di spaccarsi e volare come colomba verso un futuro di speranza.
Colori in armonico contrasto. Tocchi di marimba. Rombi di camionetas. Il profumo della primavera. La dolcezza delle montagne. La snellezza dei vulcani. Il sorriso cordiale della gente. Così si potrebbe ridurre il Guatemala. Ci vuole coraggio, per quanto piccolo sia, a confezionare un Paese in poche parole. Già è difficile comprendere il proprio. Il turista presume di conoscere un luogo per il solo fatto di esserci stato. Tuttavia, più la nostra conoscenza è alimentata dalla curiosa esplorazione, più fioriscono i dubbi e le domande e sfugge la comprensione del genius loci. Comprendo così l’antropologo Marc Augé quando afferma Più ci si allontana e più si viaggia di meno. S’inseguono quelle immagini e quelle parole che hanno costruito il fascino di un luogo. Questo è il desiderio del viaggio: toccare l’immagine matrice
.
Il Guatemala è complesso, misterioso e affascinante, come qualunque altro luogo che conservi una storia propria e un’eleganza che lo caratterizza; un’anima autentica ravvivata da un crocevia di culture che si perdono nell’intricata trama della storia.
Cerco di essere un viaggiatore nell’anima e nel cuore, del mistero e della scoperta, e più ripenso a questo Paese, più mi rendo conto che non riuscirò a comprenderlo fino in fondo, proprio come non riuscirò a comprendere me stesso, perché nel momento in cui si definiscono le forme di un mio passo, già un altro è affondato in nuova terra. Nell’amorevole pigiatura di ogni passo, e nell’attenta e meditativa distanza dall’uno all’altro si costruisce il nostro percorso. In questa ricerca nell’interiorità risiede il fine ultimo di ogni viaggio di scoperta. Nell’esplorare noi stessi, e soprattutto gli altri e i luoghi dell’altrove, raccontiamo la nostra storia plasmata di emozioni, sensazioni, domande.
Ci vuole coraggio per muovere il primo passo, determinazione e fiducia nel proseguire, ma più l’inizio del nostro vagare si sbiadisce, più la nostra forza d’animo e il desiderio di scoprire ci spingono avanti.
Il Paese dell’eterna primavera
, così è questo chiamato piccolo territorio giuntura tra le due Americhe. La metafora di un attraente limbo che è sia principio che fine, così come è la stagione della rinascita, dei fiori che prima o poi appassiscono e tornano alla terra, per ricomparire l’anno successivo a nuova vita.
Un passato difficile, un presente complesso, un futuro incerto. Questo mondo pittoresco e inquieto si rivela dallo sguardo di un bambino. Potrei stare seduto a guardarlo, quel bambino; sorridergli, abbracciarlo e giocarci insieme, e forse sarà lui stesso a dirmi cosa è stato e cosa sarà, cosa sono e cosa sarò io. Da qui parte la mia scoperta, il mio viaggio: dallo sguardo gravido di speranza e di gioia di un bambino.
Siamo partiti in tre. Come spesso accade agli avvenimenti importanti della vita, non si sa con chi si condividerà un’esperienza, e la destinazione del nostro vagare non è pianificata.
Questo è il fascino del viaggio di scoperta: farsi guidare da uno stimolo, un intuito, un’indicazione, una vocazione e ci si ritrova in un luogo ignoto cui non avremmo mai pensato. Ci si mette in gioco con compagni la cui relazione si costruisce durante il nostro andare.
La mia ricerca ora è verso un nuovo è più intenso modo di viaggiare, che non copre grandi distanze fisiche ma culturali e umane: la missione. Dopo anni passati a piedi con lo zaino, e l’ultima avventura dal Sudafrica fino allo Zambia remoto, sento che manca profondità al mio viaggiare. In Italia dedico molto tempo al servizio, nell’educazione e nell’incontro con gli altri. Perché, allora, non cercare di esplorarmi nel viaggio unito al servizio? In questo modo spero di penetrare l’anima del Paese e dei suoi abitanti per disegnare un quadro più attinente alla realtà, e riportare questa prospettiva a casa.
Quanta eccitazione nella sinergia tra viaggio di scoperta e ascolto dell’altro, poter scoprire me stesso nel mio fratello! La mia speranza è di potermi semplificare, nello scontro con la povertà, nell’incontro con il prossimo, nel conflitto con me stesso, dai tanti apparati mentali superflui che inquinano i pensieri e lo spirito.
Con Andrea ed Enrico, mossi dai miei stessi desideri, ignari l’uno dell’altro, eccitati dalla novità, parto dunque verso questo Paese che conoscevo solo sulla mappa. La destinazione non è infatti stata scelta da noi, e ciò è un bene. La vita non è un puzzle già fatto da disordinare e ricomporre, ma i pezzi sono sparsi nella tavolozza del mondo. Uniamo i tasselli e vediamo cosa ne uscirà. Il viaggio non è scelto, ma scaturisce spontaneo da un intuito o da un flusso che ci lega all’altro.
Abbiamo seguito per un anno un percorso, assieme ad altri giovani, per prepararci a questa esperienza missionaria. I miei compagni di viaggio non saranno solo loro, ma tutte le persone che incontrerò, gli autori di questi racconti, le cui storie sono entrate con prepotenza e vivranno nei miei pensieri, nel mio cuore, nella mia vita.
L’altro. L’incontro. Il mistero. La scoperta. Alcune motivazioni che mi spingono a partire verso lo sconosciuto. Una tentazione nata da un moto