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E-book371 pagine4 ore

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Info su questo ebook

È un libro di ricordi. È un libro di riflessioni. È un libro di viaggi. È un libro di predisposizione di pensieri. È un libro che vuole onorare la memoria di ogni viaggio. È un libro che spiega la minuziosa, talvolta maniacale, ricerca di elementi utili per l'organizzazione di una cena dedicata totalmente ad un viaggio specifico. È un libro di arte, che parla delle performance create appositamente per ricordare alcuni degli svariati viaggi compiuti dall'autrice. Ogni volta, dopo ogni viaggio, l'arte viene installata sopra e intorno ad un grande tavolo che, secondo le esigenze, si trasforma, si scompone, perde i pezzi, impone la sua massiccia presenza, svanisce… rivelandosi un vero mago del palcoscenico, sul quale i partecipanti alla cena debuttano e vanno in scena entrando in azione, parlando, cambiando posizione, ridendo, mettendosi in moto, mimando, commuovendosi… mentre i ricordi del viaggio affiorano e travolgono i sentimenti. È un libro di cucina, ma solo di una cucina speciale, appartenente al Paese protagonista del viaggio. È un libro che non manca di sussulto; sussulto che si macchia di nostalgia o di tristezza quando si impegna a scavare nei ricordi di infanzia oppure si veste di piacere e di ilarità quando racconta episodi assai divertenti accaduti durante il viaggio.
LinguaItaliano
Data di uscita2 mar 2022
ISBN9791220372831
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    Anteprima del libro

    215 x 215 - Francesca Frasso

    I N D I C E

    Prefazione

    uno

    VOLARE

    due

    SIRIA

    tre

    ALASKA

    quattro

    VENEZIA

    cinque

    GRECIA

    sei

    RUSSIA

    sette

    SENEGAL

    otto

    REPUBBLICA DOMINICANA

    nove

    IRLANDA

    dieci

    TUNISIA

    undici

    CHINA

    dodici

    MAURITIUS

    tredici

    STATES

    quattordici

    SVIZZERA

    quindici

    PATAGONIA

    Francesca Frasso

    215 X 215

    È un libro di ricordi. È un libro di riflessioni. È un libro di viaggi. È un libro di predisposizione di pensieri. È un libro che vuole onorare la memoria di ogni viaggio. È un libro che spiega la minuziosa, talvolta maniacale, ricerca di elementi utili per l’organizzazione di una cena dedicata totalmente ad un viaggio specifico. È un libro di arte, che parla delle performance create appositamente per ricordare alcuni degli svariati viaggi compiuti dall’autrice. Ogni volta, dopo ogni viaggio, l’arte viene installata sopra e intorno ad un grande tavolo che, secondo le esigenze, si trasforma, si scompone, perde i pezzi, impone la sua massiccia presenza, svanisce… rivelandosi un vero mago del palcoscenico, sul quale i partecipanti alla cena debuttano e vanno in scena entrando in azione, parlando, cambiando posizione, ridendo, mettendosi in moto, mimando, commuovendosi… mentre i ricordi del viaggio affiorano e travolgono i sentimenti.

    È un libro di cucina, ma solo di una cucina speciale, appartenente al Paese protagonista del viaggio.

    È un libro che non manca di sussulto; sussulto che si macchia di nostalgia o di tristezza quando si impegna a scavare nei ricordi di infanzia oppure si veste di piacere e di ilarità quando racconta episodi assai divertenti accaduti durante il viaggio.

    È un libro di 15 capitoli:

    Volare, Siria, Alaska, Venezia, Grecia, Russia, Senegal, Repubblica Dominicana, Irlanda, Tunisia, Cina, Isola Mauritius, States, Svizzera, Patagonia.

    Ogni capitolo è composto da 3 parti:

    Ricordi

    Organizzazione e Riflessioni

    Menù

    Titolo | 215 X 215

    Autore | Francesca Frasso

    ISBN | 9791220372831

    © 2021 - Tutti i diritti riservati all’Autore

    Questa opera è pubblicata direttamente dall'Autore tramite la piattaforma di selfpublishing Youcanprint e l'Autore detiene ogni diritto della stessa in maniera esclusiva. Nessuna parte di questo libro può essere pertanto riprodotta senza il preventivo assenso dell'Autore.

    Youcanprint

    Via Marco Biagi 6 - 73100 Lecce

    www.youcanprint.it

    info@youcanprint.it

    a   Mari,   Ale,     Andri

    Jaco,   Vero,   Gio,   Tom

    Prefazione

    PRIMA E DOPO UN VIAGGIO

    PRIMA di iniziare un sogno cioè un viaggio, acquisto e studio una buona guida. Quindi cerco libri relativi al viaggio, che parlano delle esperienze personali dell'autore. Senz'altro il coinvolgimento è maggiore, ma incamero e resto sulle mie. Il computer poi mi fornisce tante informazioni utili e notizie di qualsiasi genere. Prendo atto di ogni cosa............ perché ogni cosa serve. Mi organizzo di conseguenza.

    All'avvicinarsi del sogno però sento che il mio spirito anela alla libertà, la libertà di scoprire lati della vita a me ancora sconosciuti e soprattutto di scovare emozioni mai provate. Questo non può essere suggerito da altri. Ed ogni volta che sono in partenza mi dico quant'è bella la vita!

    Non c'è viaggio che non mi abbia procurato nuove emozioni:

    gli occhi di un bimbo africano arrotolato nel pareo sulla schiena di sua madre,

    il muso di un cammello brucante l'ultima sterpaglia tra i sassi,

    il sorriso di una ragazza danese sulla sua bicicletta sotto la pioggia,

    i vivaci colori di una gonna svolazzante al suono della musica caraibica,

    l'acqua opaca, ma trasparente di storia sacra del fiume Giordano,

    lo skyline di New York al tramonto, visto dal treno proveniente da Boston,

    il tramonto dalla cima di un castello arabo contornato dalla sabbia,

    gli spettacolari scenari di ghiaccio dell'Alaska e quelli incredibilmente azzurri della Patagonia,

    la timidezza e la signorilità dei pinguini,

    l'eleganza di un guanaco saltellante sulla steppa patagonica,

    la foresta dei giganteschi abeti di douglas di Vancouver, vista dall'alto di un'intricata rete sospesa di stradine di legno e di ponti di corda,

    il rumore del vento, verso il Polo Sud, rotto dal ruggito dei leoni di mare,

    i numerosi serpenti depuratori del mare dell'isola di Mauritius, nell'Oceano Indiano,

    la dolcezza delle donne senegalesi, nonostante la loro triste storia di deportazione di schiavi,

    l'espressione di sollievo del viso di un soldato di pietra di Xi'an, appena dissotterrato,

    l'immobilità luccicante dei Budda di Bangkok,

    l'interminabile Muraglia che, accompagnando i crinali delle colline cinesi, diventa una importante opera d'arte all'aperto,

    i magnetici riflessi della foresta amazzonica pluviale,

    gli incomparabili colori dell'aurora boreale,

    le forme del Davide michelangiolesco nell'Accademia di Firenze

    . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

    DOPO il viaggio ho una voglia pazza di materializzarne il ricordo, affinché mi riporti all'esperienza appena terminata, per poterla custodire per sempre.

    Non voglio perdere ciò che mi ha dato il viaggio e mi dedico ad una riflessione accurata. Allora prendo in mano il mio diario di bordo, guide, foto, filmati, dischi musicali e libri di cucina acquistati in loco e mi godo il viaggio. E per questo, mi è necessario un tempo più lungo del viaggio stesso.

    Per giorni, seduta sulla mia nera poltrona vittoriana, rifletto ed assimilo il sogno fatto, con la paura che mi sfugga, come fanno spesso i sogni. Mi soffermo….... cercando nel ricordo i momenti più intensamente vissuti e li racconto mediante i miei scritti, le mie tele, i miei disegni, ma soprattutto attraverso le mie cene.

    La sensazione più vitale mi viene data dal ricordo dei colori del Paese visitato ed è anche la prima cosa su cui medito e studio.

    Poi mi sovviene l'espressione degli occhi del popolo appena conosciuto. Mi convinco che ogni popolo abbia una propria espressione capace di racchiudere la sua stessa storia. Forse nei magici occhi dell'essere umano continua a vivere la vita di chi ha già vissuto. Mi è capitato più volte di intuire questo e di illudermi che ci sia un filo conduttore tra la vita e la morte, attraverso quel nucleo miracoloso che è l'occhio umano. Guardando intensamente un'iride ci si può perdere in quel labirinto di righine, il cui percorso è reso ancor più complicato da seguire per le innumerevoli tonalità di cui è costituito.

    Poi considero ed esamino l'arte creata dalla natura e dall'uomo.

    In seguito mi tornano in mente i paesaggi e fiuto gli odori, gusto i sapori e….......

    L'idea della cena, insieme ai partecipanti al viaggio, mi è venuta proprio per fermare, in maniera definitiva, ciò che di intenso avevamo appena vissuto; ognuno di noi avrebbe passato agli altri, reciprocamente e trasversalmente, le informazioni e le sensazioni provate. Queste, moltiplicandosi, avrebbero raggiunto lo scopo. Il sogno sarebbe ridiventato realtà, anche attraverso le mie installazioni concettuali, le performance di arredo, sì.......in alcuni casi avrei imitato il lavoro di Kassel ed in altri quello di Duchamp. Lo avremmo incastonato anche mediante le parole, le emozioni, i sapori del cibo, gli odori e i colori, intorno al mio tavolo di

    cm 215 x 215.

    Il sogno, per tutti noi, non sarebbe stato più in grado di fuggire.

    nota dell’autrice

    L’eccessiva spaziatura tra le parole e l’abbondanza di puntini riflettono lo stream of consciousness dell’autrice.

    uno

    VOLARE …... VOLARE ….....

    ricordi dal 1940 …

    Ho cominciato a volare quando ero piccola. Non avevo nessuna coetanea che avesse fatto quella esperienza e riscuotevo la curiosità o anche l'invidia di molte ragazzine della mia età. Ma io ero figlia dell'Ala Littoria, la Compagnia Aerea Fascista.

    Mia madre, a vent'anni, era già vedova di un pilota dell'Ala Littoria. Passò un periodo di sofferenze strazianti e di isolamento, consolata solo dal suo pianoforte. Suonava spesso l'Ave Maria di Schubert, l'unica musica che le dava conforto, le ricordava il suo amato Piero. Quando suonava le sembrava di averlo ancora accanto.

    In un locale di Venezia, la radio stava trasmettendo le note di quella musica, quando avvenne il loro primo incontro. Era stata quella musica che l'aveva accompagnata all'Altare. E, incidentalmente, le stesse note furono portate dal vento, nel momento tragico della morte di Piero, in un letto di ospedale. Le ultime sue parole furono: Anna ….... senti la nostra musica?.

    Con il diritto dato dalla vedovanza, mia madre entrò a far parte del personale della Compagnia e si trasferì a Roma. Dopo qualche anno conobbe il secondo amore della sua vita, mio padre, responsabile del settore trasporto merci in Ala Littoria. Poi la Repubblica di Salò si portò dietro la sua Compagnia e i miei si trasferirono al Nord. Mia madre era contenta perché, essendo di origine veneta, poteva contattare spesso la sua famiglia. Alla morte della Repubblica di Salò e della Compagnia Ala Littoria fece seguito la mia nascita e quella della nuova Compagnia Aerea Nazionale ALITALIA. Mia madre dovette trasferirsi di nuovo a Roma. Mio padre raggiunse Roma e Alitalia molto più tardi.

    Volare era abbastanza esclusivo a quei tempi ed io mi sentivo una vera privilegiata. Nel 1950, all'età di cinque anni, feci il mio primo volo. Sono convinta che quel decollo fu la causa dell'esplosione della mia forte sensibilità e plasmò il mio carattere. Il mio entusiasmo per la vita e per ogni sua espressione è sempre stato anomalo... esagerato. Il merito l'ho spesso attribuito a quel volo.

    Mia mamma era venuta a prelevarmi dal Collegio di Santa Rita alle pendici del Pincio a Roma, cioè a metà strada tra il Pincio e piazza del Popolo, antico edificio legato sul retro alla Basilica di Santa Maria del Popolo. In cima, sulla parte sinistra era provvisto di una terrazza delimitata da un brutto muro, alquanto alto per una giusta protezione, però dal quale noi bimbette non riuscivamo a vedere niente. Quella terrazza non mi sollevava affatto moralmente; il ricordo di me seduta sul suo pavimento con una ciotola di latta in mano mi sovviene puntualmente.

    Ancora … cameroni bui con letti troppo alti e stretti, da cui si poteva facilmente cadere durante il sonno; cosa capitatami diverse volte, ma non sconvolgente per me che continuavo a dormire in terra, dove mi ritrovavo ancora la mattina al suono della sveglia. In tutto l'edificio solo piccole finestre di vetro smerigliato color ocra tagliato a losanghe contornate da ferro battuto nero...

    A mio parere lì ci avevo già trascorso 5/6 mesi terribili della mia vita, in balia di educatrici molto rigide vestite da novizie o da suore, guidate da una Superiora che faceva venire i brividi al solo guardarla; me la ricordo come un essere enorme, arricchito da una gonna nera ampissima, con corpetto nero che andava anche a chiudere una faccia quanto mai paffuta, guarnita da guance rosse e contornata da una striscetta di cotone rigido bianco.

    Nella maggior parte dei casi in cui si mostrava era seduta su una specie di trono fornito di braccioli importanti.

    L'unica cosa piacevole che rammento è il vasto spazio situato di fronte al portone di ingresso del Collegio, dove si trovava una bella e grande fontana contornata da un grosso bordo rotondeggiante di pietra, da cui si dipanavano vari vialetti in salita verso il Pincio, contornati da recinzioni di sassi di tufo che chiudevano cespugli e alberelli. Era la passeggiata che facevo con mia madre quando poteva venire a trovarmi. E su quel bordo di fontana mi piaceva sostare, seduta insieme ad altre due bimbe, con cui mi intrattenevo con tanti giochini che ci offriva un simpatico signore che disegnava o dipingeva i tratti dei nostri visi; diceva che doveva comporre schiere di vari angioletti per una chiesa di Roma.

    Ero particolarmente eccitata quando uscii da quel Collegio per andare a prendere l'aereo.

    La tratta: Roma/Venezia

    Andavamo a casa della mia nonna materna, presso cui avevo passato i miei primissimi anni di vita. La nonna era dolcissima. Quando, mesi prima, io ero partita per Roma aveva chiuso tutta la casa in segno di lutto, in attesa del mio ritorno.

    La casa della nonna era bellissima. Era preceduta da una vasta aia e da un grande giardino sempre pieno di fiori. Lei studiava come rallegrare il giardino in tutte le stagioni, anche in inverno nonostante il rigido clima veneto. Il punto più emozionante del giardino era una zona fatta tutta di terra gialla sabbiosa, tutta pulita, piatta e liscia, ma che improvvisamente si animava di minuscoli dossi che io ogni mattina andavo a scoprire facendo spuntare da ognuno di essi, come per magia, la punta di un asparago bianco. Il giardino era diviso in due da un vialetto che dalla strada, attraversando il giardino e l'aia, portava fino all'ingresso principale della casa, la cui facciata era piuttosto lunga di un colore giallino e costellata da parecchie persiane di legno verde; aveva una dimensione tripla confrontandola con quella della profondità della casa. Entrando dalla strada il vialetto fungeva anche da ponticello poiché passava sopra il fosso. La maggior parte delle strade delle cittadine e dei paesi veneti erano delimitate lateralmente dai così detti fossi che servivano come canali di scolo.

    Guardando la casa, sulla parte destra dell'aia prendeva posto il bel pozzo sempre ricco di secchi di ferro, non lontano si trovava una fontanella di ferro scuro che partiva da terra, di una forma quasi simile ai nasoni di Roma, non arrivava ad un metro di altezza ed era provvista di un aggeggio complicato che fungeva da stantuffo, faticoso da azionare ma necessario per pompare l'acqua. Sulla parte sinistra dell'aia era stato creato un berceau, un piacevole pergolato di vigna che andava ad abbracciare una parte della facciata della casa. Penso che allora il berceau fosse di gran moda poiché occupava una parte di spazio aperto in parecchie case venete.

    Al piano terra della casa si trovava la zona giorno, composta da vari locali tra cui una grande cucina considerata il locale più importante della casa, un enorme camino occupava un'intera parete e lo ricordo sempre acceso e sempre fornito di catena da cui pendeva un paiolo di rame pieno di polenta bianca; un'altra parete era occupata da una larga ed alta credenza color celestino slavato, contenente vettovaglie di tutti i tipi, tra cui grosse tazze piene di burro di un indimenticabile giallo. Di fronte era situata la cucina economica a legna in ferro e ghisa il cui pianale era formato da vari cerchi di ferro che venivano tolti o no, secondo cosa si doveva cucinare e... ancora un bollitore in alluminio, sempre sbuffante vapore, di forma rettangolare allungata; tra mestoli e schiumarole figuravano sul pianale sempre fette di polenta bianca abbrustolita. Non lontano da questo punto cottura, una piccola apertura sul muro portava alla zona acquaio che serviva da aiuto e da sgombero alla cucina. Oltre al vecchio tavolo con le sedie, in un angolo prendevano posto delle poltroncine di un rosa sbiadito arricchite da pizzo bianco.

    Poi, sempre al piano terra, c'era una sala sempre bella, pulita e ordinata che serviva per ricevere gli ospiti, arredata con mobili abbelliti da vasetti con fiori, con poltrone e con un tavolino sormontato da una grossa radio. Questa sala anticipava una zona alquanto attraente, ricca di attrezzi di falegnameria, in cui però mi era proibito entrare. Ma per me era di un fascino estremo un locale ricco di lunghi e molteplici piani di legno coperti da foglie e foglie di gelso dove meravigliosi bruchi ciccioni se la spassavano a fare banchetti continuamente: erano i bachi da seta. Miracolosi esseri, voraci quanto mai, la loro bocca era sempre molto attiva e riusciva a dare enormi morsi a forma di mezza luna alle foglie di gelso; i bachi erano di un bellissimo color perlaceo ed erano teneri, gonfi, strutturati da rientranze che formavano delle righe orizzontali sul loro corpo, capaci di farli strisciare e avanzare velocemente sulle foglie di gelso, queste ultime dotate di un verde scuro intenso. I bachi erano veramente spettacolari … non poteva essere altrimenti dato il loro potere nel produrre quel filo lucente, sottile ma resistente, in grado di creare il più bel tessuto in assoluto al mondo: la seta. Io adoravo guardarli e spendevo molto tempo con loro.

    Al primo piano della casa c'erano diverse camere da letto, di cui ogni letto sviluppava un insolito volume perché nascondeva sotto le coperte un attrezzo di legno, una cosa complicata, per me era un cavallo a dondolo senza testa, dentro il quale veniva posta una specie di pentola con braci per riscaldare il letto. Lo chiamavano monaca, ma in seguito ho sentito attribuirgli anche altri nomi come frate, cecia o prete. Avevo un certo timore quando passavo per le camere e correvo quasi accucciata per non farmi vedere dalla monaca.

    Ma non potevo rinunciare a conquistare un'altra interessante zona, situata alla fine delle camere: un salone vuoto di mobili e di letti ma pieno di grano e di pannocchie dove mi divertivo a tuffarmi. Era uno spasso unico. In seguito, molti anni più tardi, quando portavo i miei figli al Parco dotato di recinti pieni di palline colorate e li vedevo gioire mentre si tuffavano in quel mare di palline, gioivo con loro pensando al mio granaio.

    Sul retro della casa si trovavano i gabinetti. Questi, staccati dalla casa, erano due parallelepipedi con mattoni a vista, alti due metri, forniti di porta di legno e la cui base di circa cm 100 x 150 era occupata dall'essenziale: un grosso buco nel pavimento, anticipato da due rialzi di cemento a forma di piede.

    Non molto lontano c'era il pollaio dove mi divertivo a parlare con le galline e a raccogliere uova fresche, mia nonna vi procurava due buchini contrapposti e bevevamo uova; non dimenticherò mai la loro dolcezza.

    Poi iniziava il vigneto tra i cui filari si correva … ci si nascondeva … si gustavano i chicchi ambrati o violacei o neri come la pece. Ancora … dopo... un affascinante bosco che ricordo fatto di altissimi pioppi.

    Insomma la casa della nonna era una favola.

    Dunque dicevo … la tratta era Roma/Venezia.

    Le fortissime sensazioni percepite nel sentirmi sollevare da terra, mentre incombeva un temporale da paura e nel vedere poi, improvvisamente, sotto i miei occhi, l'immensa bambagia di nuvole, sfumata di verde, di viola, di rosa, … di lilla … di giallo, a causa dei puliti raggi del sole, mi resero padrona del mondo. Nel temporale vedevo racchiuso il collegio che avevo lasciato e nel sole vedevo la mia gioia di vivere che riacquistava il suo giusto posto. Ma quale grande dono vivere … far parte dell'Universo! Immaginavo di essere una rondine e mi veniva voglia di gridare.

    La conquista dell'aria è stata un vero miracolo da parte dell'uomo. Il miracolo del volo! Abbiamo vinto contro l'aria. L'abbiamo costretta a sostenere il peso di questi grandi uccelli di metallo, imbottiti di carburante e di centinaia di umani con i loro troppi bagagli. Oggi volare è diventata una cosa comune, abitudinaria, …............ma io, che volo da sempre, mi stupisco ogni volta al momento del decollo. Nel contempo resto attonita davanti all'apparente indifferenza della quasi totalità dei passeggeri. A me sobbalza il cuore e penso al sogno del grande Leonardo.

    Ho sposato un uomo Alitalia, che nella Compagnia di Bandiera ha speso 40 anni tondi tondi. Mio figlio, ingegnere aerospaziale, è parte integrante Alitalia. Insomma Alitalia fa parte della mia vita: di quella remota, di quella passata e di quella futura.

    Tempo fa ho dedicato molto del mio tempo e molti dei miei pensieri per organizzare un evento speciale, a cui hanno partecipato i miei amici della Gente dell'Aria.

    ORGANIZZAZIONE E RIFLESSIONI - VOLARE - 2000

    Ho creato diverse situazioni che in alcuni casi avrebbero sfiorato la realtà, in altri l'immaginazione ed in altri ancora la fantasia.

    Non sarebbe stato facile scomporre il mio mitico 215 x 215 per poter dare una certa parvenza di sedili di aereo,.......... perciò in fila, dando le spalle gli uni agli altri... tra l'altro per il mio convegno sarebbe stato buffo e non proficuo. Per cui ho rinunciato a ricreare l'interno di un aereo, dando invece spazio all'estetica di un esterno di aereo.

    Allora ho diviso il tavolone in tre lunghi tavoli: due da cm 215 x 85 ed uno da cm 215 x 45. Li ho modificati in aerei stilizzati. Mi sono messa nei panni di Cezanne, il precursore del cubismo, e ho cercato di vedere ogni tavolo come un esterno di aereo, però avrei dovuto muovermi come se fossi nel suo interno e nel contempo dentro un aeroporto, dove si sarebbero annunciate continuamente le varie rotte di questo o di codesto volo Alitalia.

    Su ogni tavolo ho messo una tovaglia bianca. All'inizio, sul piano, in posizione centrale, ho posto il muso dell'aereo, rappresentato da un cerchio di panno nero di 20 cm di diametro, dal quale partivano due strisce di panno verde bandiera, larghe 10 cm, lunghe quanto il tavolo, che si estendevano sui due lati lunghi del piano ed andavano ad abbracciare una enorme ed alta coda di aereo Alitalia, posta in posizione centrale, ma alla fine del piano del tavolo. La coda di aereo, realizzata da mio marito, con cartoncino lucido Bristol verde, bianco e rosso, rappresentava, in entrambi i lati, la simbolica A, messa in sbieco, …...per fendere meglio l'aria e guadagnare il cielo aperto.

    Intorno ai due aerei più grandi ho messo i sedili per 16 persone (8 persone cad.) ed il terzo, non in servizio per un guasto tecnico (in effetti troppo sottile per fungere da tavolo), l'ho lasciato a riposo. Ma era comunque bello da guardare.

    In sostituzione dei piatti, trovai da Ikea una serie di contenitori di plastica bianca, che facevano proprio al caso mio. Il più grande di essi non superava in altezza i cm 8 e misurava in larghezza e in lunghezza cm 30 x cm 20. Questo includeva due contenitori di cm 18 x cm 13 cad. e questi ultimi, a loro volta, racchiudevano ognuno due contenitori di cm 11 x cm 8 cad. In totale 7 contenitori per ogni serie, tutti forniti di coperchio. Ne acquistai 25 serie. Ad ogni invitato avrei servito il grande contenitore (simile ad un vassoio), pronto a ricevere i piccoli ed i medi contenitori con cibi precotti, man mano che si fossero succeduti i voli.

    Mi sono rifornita di una pila di bicchieri di plastica, di bustine di sale, pepe, salse e miscele di vari condimenti, nonché di salviette rinfrescanti e profumate per il dopo pasto. Però, per quanto riguarda le posate, ho sostituito quelle di plastica con altre di acciaio, raccolte in un bel tovagliolo di carta con righino verde (tipico sui voli AZ)

    Una mia amica, fuori cerchia Gente dell'Aria, si è prestata a fungere da hostess di cabina. In divisa, avrebbe servito i miei invitati, supportata da due carrelli: uno con i cibi ed aggeggi vari ed uno con le bevande. Avrebbe fatto transitare i carrelli tra i due aereo/tavoli e, secondo la successione dei voli, avrebbe scelto i cibi precotti, già posizionati e ben separati nei piccoli e medi contenitori. Eccezion fatta per la zuppa, per la quale avrei

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