Il canto del gallo
Di Paolo Sorgi
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Anteprima del libro
Il canto del gallo - Paolo Sorgi
633/1941.
IL CANTO DEL GALLO
La via dell'essenza.
Cronaca di un percorso di risveglio
Dedicato a tutte le esperienze che mi hanno spinto
e portato a essere.
A tutti coloro che camminano senza gioia né colore
presi dall'amo del passato:
Seppellite quel cadavere...
Un morto trascinato con se...infetta!
Lasciatelo, non siatene attaccati, offritegli una Messa
e ringraziatelo per quello che vi ha portato,
fosse anche la peggiore delle vite...è quella che avete creato per la vostra evoluzione.
Niente è inutile
Niente è positivo o negativo in assoluto.
Tutto serve il tutto, anche se a volte non comprendiamo.
La vita e il pulsare nascosto, inconscio è il più potente,
a volte ci porta dove non vorremmo, ma chi è che vuole?
Qual'è l'istanza che decide cosa e come vivere?
La nostra mente piccola e presuntuosa,
Il caso
Fortuna o Sfortuna
Destino
Karma...
Chi ha stabilito il nostro cosiddetto Karma
Noi! Noi che abbiamo condensato i talenti e le forze necessarie
ad affrontare questo oceano chiamato vita e alcuni ostacoli necessari.
Noi che abbiamo scelto Padre e Madre, per vivere nell'humus più adatto alla nostra avventura, per affrontare, comprendere, superare e infine imparare, digerire lezioni utili alla nostra evoluzione.
Alla domanda: ma quando è successo questo, non me lo ricordo.
Certo che non ricordi, se ricordassi tutto non saresti mai nuovo!
E' successo in quello spazio non spazio che ci aspetta dopo la bellezza della vita. Bellezza con il più ed il meno.
Adesso un sorriso please. Riprendiamoci l'unico spazio degno di essere vissuto: IL PRESENTE!
La vita è un respiro, esiste solo in tempo presente.
2 Prefazione
Esiste un'ampia, variegata e purtroppo discutibile letteratura sulle esperienze
eccezionali di iniziati, sciamani, sensitivi di ogni latitudine e orientamento: perché dunque scrivere e, soprattutto, leggere un altro libro sulla conoscenza?
Cosa fa sì che si debba leggere Il canto del gallo
senza rimpiangere ancora una volta le visioni grandiose, profetiche di Alce Nero o scorci del Libro dei Morti o i
suggerimenti di Don Juan? E perché la nostra preferenza non dovrebbe andare,
invece, agli illuminanti momenti di lirismo di una poesia che è sempre via alla
conoscenza e canto d'amore per il creato, sofferente o incomprensibile,
incommensurabile o percepito nella sua armonia? Esperienze iniziatiche sono spesso infatti, come si ventila in questo testo, anche quelle di chi canta bellezza, amore ed armonia - da Leopardi a Dante, da San Francesco a... - E allora? Perché leggere questa sorta di diario fuori dal tempo e dallo spazio, che non segue un ordine cronologico ma ne definisce un altro, interiore direi? Perché dare spazio a questo strano resoconto nato dall'urgenza interiore di chi è solo un portavoce e quindi onestamente, semplicemente riporta ciò che è ricompensa per la fatica della ricerca e dono per la costanza e per l'amore profusi in tale attività? Perché soffermarsi su questi strani squarci di poesia, questi momenti a volte stranianti nella loro comicità e semplicità, a volte spiazzanti nella confusione spazio-temporale? Perché perdersi nei labirinti del pensiero di un uomo che sembra confondere, sovrapporre le dimensioni e
gli strumenti stessi della conoscenza? Che parla con personaggi che non potremmo incontrare neanche se viaggiassimo fino alla fine del mondo?
Ho seguito la genesi di questo strano libro di parole semplici ma grandi, ariose
pesanti e pensanti, e ho la fortuna, forse, di poter affermare che leggerlo significa sentire un po' dell'energia che c'è dietro. Paolo salta da una dimensione all'altra, ascoltando, indagando e penetrando l'essere - il suo e quello altri: ma sono poi distinti? - Paolo afferra l'energia, la cattura e la fa vibrare, la riversa attorno/dentro/intorno a chi gli è vicino, trasforma il respiro in suono, il suono in voci lontane e le voci in canti antichi che risvegliano ciò che è sopito e danno forma all'invisibile che in noi riposa, pescando nel nostro immaginario boschi e notti e paure e ansie ancestrali per lasciarci storditi o rinvigoriti o... travolti da ciò che abbiamo dentro e non sappiamo più di sapere. ..
Parlare di questo libro significa riconoscere un limite, enorme, alla parola scritta, chiudendo così contraddittoriamente il cerchio che abbiamo iniziato a tracciare all'inizio di questa pagina, così come in cerchio si chiude senza chiudersi la storia che Paolo ci racconta, che ancora continua e alla quale possiamo partecipare perché è anche nostra: la parola non arriva dove solo il corpo può portarci, abbandonandosi e poi abbandonandoci e distraendoci da noi stessi, dal qui- ora per un tutto-ovunque.
Leggere questo libro significa assaporare, solo in parte e purtroppo limitatamente, ciò che si prova quando l'anima vola e si allontana dal corpo – come tanti ci hanno raccontato, o hanno raccontato agli antropologi - e non possiamo fare a meno di percepire l'autenticità di ciò che ci è trasmesso nella mancanza di intellettualismi e presunzione. La semplicità di un'esperienza forte e coinvolgente perde inevitabilmente molto bloccata sulla pagina. La scrittura come sempre insegue l'indicibile, ciò che non è provabile. Allora resta la consapevolezza della difficoltà di raccontare, restano la curiosità, la voglia di assaporare dimensioni più autentiche, più profonde di quelle che quotidianamente ci circondano. Resta il desiderio di inseguire il sogno di un uomo più completo, meno dimentico di se stesso e dei suoi limiti e più generoso, con se stesso e con la Natura, la grande protagonista di questa storia che si attorciglia come un serpente, ritraendosi e donandosi come il senso segreto degli eventi, come il mistero di una voce che può attraversarci e farci risuonare in uno spazio lontano, non solo fisico.
Oscurità, ancora una volta: un'oscurità che si può diradare, forse, solo col contatto diretto con questo stravagante, giocoso, lieve narratore: un funambolo della vita e un giocoliere che lancia in aria storie, personaggi, visioni... Un raccoglitore di erbe ed aria, respiri e malesseri, viaggi e sogni, tempo e notizie.
Come i viaggiatori una volta erano anche portatori di nuove e novelle, oggi Paolo ci parla di un mondo che non appare in televisione né nelle vetrine, né sui giornali. ... di un mondo che crediamo non ci sia più, ma che vive ancora, come il nostro, qui e ora o forse un po' più in là... e leggendo questo libro ne sentiamo l'eco, debole ma presente: incontrando Paolo sentiamo qualcosa di più che l'eco.
Stella Tundo
TU NON PUOI
A PATTO CHE MUOIA
VIVENDO
E VIVA MORENDO.
Mi presento
La vita dell’uomo è il suo camminare e il suo camminare è la sua vita. Nella foresta dell’esistenza, in questo infinito bosco, il sentiero di ognuno incontra : radure, grovigli di spine e paludi, salite e discese dolci e impervie, strapiombi verso l’alto e verso il basso; anfratti e nascondigli rassicuranti, a volte bui, maleodoranti e ossessivamente terrorizzanti. Questo col sole e con la pioggia, il gelo e il vento, con ogni tempo, perché la vita di ognuno è veramente un ventaglio sempre aperto. Ma non è questo il punto, la domanda vera è: sto andando verso il mio compimento.? Sto seguendo la strada del mio vero essere, di quello che profondamente sono, o la strada che cammino è solo quella funzionale a ciò che sono diventato? Cosa sono io, cosa porto dentro. Io e il mio me, i miei me, che da secoli, abbracciati uno con l'altro camminiamo insieme. Ci siamo ostacolati fino alla nausea. Però, seguendo tracciati che non portavano da nessuna parte se non verso il dolore, utilizzando la vita contro se stessi per coronare il bisogno dell’ego di appartenere ed essere potere, ho compreso dove non andare.
Per trovare è necessario cercare, camminare.
Per cercare è indispensabile: vedere, sentire, toccare, annusare e gustare, ma soprattutto intuire, il che equivale al sentire dentro. Io mi fido delle mie intuizioni. Le mie sensazioni sono il mio cane da fiuto, le mie esperienze il mio laboratorio…là cercando mi trovo.
Io sono. Io sono-
Vengo da un atto d’amore cosmico che mi ha voluto e amato, da un canto d’amore tra un ovulo e uno spermatozoo che anche volendo non potrebbero trovare mai più quella combinazione che ha portato questo individuo all’esistenza e mi hanno amato oltre ogni lecito pensiero. Chi genera la vita mi ha amato e sempre mi amerà e anche la restituzione sarà un canto d’amore, un tornare a casa; perché ovunque è un tornare a casa. Grazie per ogni momento, fosse anche il più terribile. Grazie, perché questo mi sta dando la possibilità di sentire cosa può vivere l’uomo e tornerò con quest’amore come una lettera scritta per me e per tutti.
IL CANTO DEL GALLO
Il canto del Gallo annuncia sempre l’avanzare della luce.
Questa creatura offre il suo servizio senza presunzione,semplicemente strumento del sole posto sulla soglia dell’eterno pendolo notte-giorno. E’ il Guardiano che segnala nel veloce e morbido scivolare dalla tenebra alla solarità, l’in-scindibilità di ogni doppio, l’araldo che annuncia con l’alba un nuovo carico di possibilità, di fiducia. Ma nonostante il titolo, questo libro non è uno squillo di tromba annunciante. L’annuncio di una nuova alba per la creatura umana. No, è semplicemente la voce di un’esperienza vissuta, anche se il pensiero di un nuovo corso d’amore per l’umanità intera, non può far altro che aprirmi un immenso sorriso di gioia. No, è solo la voce di un uomo come tanti che, ubriaco della bellezza dell’universo e spinto dall’urgenza, si è posto sulla strada come una briciola di pane per il becco dell’aquila. Cibo per se stesso e per la bocca dello spirito.
Si, perché un giorno nonno mi disse:
- la magnificenza che vedi ovunque e vedrai in ogni spazio/tempo, altro non è che l’infinito specchio sfaccettato dove la divinità riflessa, coglie l’esperienza totale di essere. La nostra, loro, sua esperienza di esserci, al di là di essere-.
- Si, lo Spirito è, ma per esserci ha bisogno della presenza, ha bisogno di noi. Essere, non implica necessariamente l’atto di esserci. Essere al di là del tempo e dello spazio, al di là del manifesto/tangibile, nel vuoto impensabile, prima del suono creativo: non è esserci. Come potrebbe mancando azione e luogo. Anche il suono che per eccellenza è seme dell’universo creato, senza il pensiero che diventa azione attraverso il fonema, senza un luogo nato dal non luogo, non potrebbe moltiplicarsi, presentarsi e consapevolizzarsi come…l’esserci .
Esserci, è urgenza divina di manifestarsi e questo pone le creature dentro Dio e Dio stesso dentro le sue creature-.
Allora nonno, gli chiesi sicuro, è la nostalgia l’eco di quel suono iniziale che ronza nelle cave profonde del nostro orecchio. E’ questo richiamo a spingerci verso lo spirituale, oltre, quasi fossimo limatura di ferro attratta da una potente calamita. O meglio, un bacio che riconosce la bocca che l’ha generato e lo riceverà come sua unica terra e giustificazione.
-E’ probabile -, mi rispose.
- Ma nonostante nasca come il desiderio più spontaneo, l’anelito innato per eccellenza, è senz’altro il più arduo e nascosto. Non è da tutti –continuò e aggiunse pensieroso: -anche se nasce e si sviluppa in tutti. E’ un sentire che fin quando non si manifesta come urgenza, difficilmente si autodefinisce con chiarezza-.
-Ad esempio- continuò dicendo
TU NON PUOI
A PATTO CHE
MUOIA VIVENDO E
VIVA MORENDO-.
-Spiegati meglio nonno-, dissi serio.
-Semplicemente, apri le braccia e spogliati dell’eccesso-, rispose con noncuranza.
-Niente ti appartiene. L’ultimo respiro, ricordalo sempre, capovolgerà la montagna della vita di cui ogni uomo va tanto fiero e la trasformerà in coppa. Lì si vedrà cosa contiene -.
SI, L’ULTIMO RESPIRO CAPOVOLGERA’ LA MONTAGNA DELLA NOSTRA VITA TRASFORMANDOLA IN COPPA.
Questa immagine mi diede subito il senso ineluttabile del raccolto e la ferrea consapevolezza che solo quello che si è accumulato all’interno e non all’esterno, resta con noi.
Non fu detto:- non accumulate tesori sulla terra, dove tignola e ruggine consumano…...(Matteo, 19-21) . Oggi viviamo in un’epoca dove la cosiddetta –coscienza dell’abbondanza- sembra essere la più alta aspettativa dei ricercatori dello spirito. Nel recinto di una mente, di un cuore e due braccia serrate a produrre, difendere ed aumentare ciò che si ha, quale tempo, quale disponibilità a farsi essenziale, leggero e ad abbandonarsi al corso dell’esistenza può mai entrare..
Fa sorridere come un camminare che i Budda di ogni luogo e tempo, gli Alce Nero, i Socrate, , i Francesco e i vari Don Juan della letteratura, Gesù, abbiano insegnato e dimostrato come: lungo, difficile, impegnativo, ma anche leggero e gioioso, misterioso e avventuroso, da implicare coraggio e dedizione, urgenza, follia forse, tanto da ridisegnare il senso dell’esserci e della vita stessa; oggi si sia trasformato spesso in un mordi e fuggi fatto di pratiche e tecniche promettenti; benessere, rilassamento,fortuna e visioni . Fortuna dell’uomo, è che il tempo tesse abili agguati e ragnatele con le mani dell’infinito e, prima o poi questa immensa, piccola, incredibile, indefinita creatura ci finisce puntualmente dentro. Solo allora, dopo essere giunta davanti a se stessa non confonderà più la goccia con il mare e sentirà che di gocce ce ne sono anche sotto le proprie ascelle e che lei stessa e già mare. Lei stessa è l’infinito mistero, la pietra filosofale che permette il miracolo della consapevole e assoluta libertà.
-Abbi cura del tuo tempo e diffida di chi lo svende -,
mi disse un giorno un vecchio puntandomi l’indice davanti agli occhi.
- Chi deve imparare l’uso delle armi-, continuò con quel dito puntatomi in faccia a mo di revolver,
- - chi deve imparare l’uso delle armi, ha bisogno di quella strana dimensione chiamata tempo-. Non esserne mai schiavo, sii tu il padrone del tuo tempo. Sii tu la tua arma-.
Anche nonno una volta mi disse:
-NON ABBATTERTI MAI e non abbattere il tuo tempo. Lavora e fanne un alleato. Fa che non ti morda mai e non morderlo mai. Ricordati che anche quei soffi d’aria chiamati farfalle, per quanto leggere e colorate, ne hanno bisogno per trasformare la loro carne in aquilone-.
DIVAGAZIONI
Ci sono universi oltre i codici del visibile
Interferenze e misteri
Da trasformare un uomo in vela
Le braccia in ali e ……
La divisione è figlia della confusione e la confusione della divisione. Un vela bambino fino a quando non è separato dalla sua spontaneità, ha il dono meraviglioso della DISINVOLTURA . Quella disinvoltura che fa muovere con appropriato fare un felino, una scimmia tra gli alberi, un delfino nel mare, uno squalo e una mano innamorata quando crea una carezza. Un bambino non ha bisogno di niente. Nessuna radice, è già collegato all’universo, radicato al tutto. E’ una voce che non reclama il diritto di parlare….nasce per questo! E’ un vento che spazza libero la piana della vita, fin quando non viene costretto da palizzate e cunicoli a convogliarsi in strade prestabilite, ad essere un Noi, addomesticato a condividere, pena l’isolamento: lo scherno, la derisione, il rifiuto di quell’abbraccio che nutre e tranquillizza il suo piccolo essere.
Ci avete pensato mai che il bambino, semplicemente è.
I grandi invece, hanno denti fragili per nutrirsi di vita; essendo quello che devono e pensanodi essere. Sono come monete fuori corso, anzi si sentono come monete fuori corso e segretamente ne sono quasi contenti. Riacquistare valore, trasformarsi, dire: io sono, essere la pianta che il proprio seme anela a diventare implica sempre una meravigliosa fatica. I grandi hanno bisogno di appartenenza, di appartenere, di radici, di storie comuni per non sentirci soli ed esiliati, per sentirsi amati e protetti. I grandi sono una voragine. Hanno bisogno di sapere e non sanno niente. Chi siamo effettivamente, da dove veniamo, cosa abbiamo dimenticato, quali tesori nascondiamo sotto la terra della nostra coscienza, quale archeologia attuare alla nostra vita per riappropriarsene; visto che non abbiamo mappe né riferimenti di questo continente, tanto lo abbiamo coperto di ceneri.
In effetti l’uomo è un gran bel mistero. La bellezza lo meraviglia. Lo meraviglia la perfezione con la quale è tessuto l’universo. L’immensità stellare scompiglia e banalizza le sue certezze mentre, tranquillamente convive guardando sempre altrove, con il buco nero della memoria originaria, accontentandosi di tutte le risposte esterne che sembrano portargli sollievo. Tranquillamente, almeno così appare, tranquillamente ansioso. Continuamente facendo finta di non sapere che è in quella apparente Babele di linguaggi e paure, dentro se stesso, che è nascosta la porta da oltrepassare per cercare il vero. Quella verità che libera, portandolo finalmente a trovarsi e trovare assiso il Dio che ha la nostra stessa faccia di luce. Il Dio dormiente e vigile che, altro non aspetta che sentire risuonare le trombe della nostra e sua definitiva liberazione. La via della consapevolezza passa solo attraverso quella della libertà, non per quella delle libertà.
Mi ero appollaiato sull’ala della gioventù
Come un pidocchio credendomi immortale
Ma gli anni, come pioggia,
Hanno lasciato i solchi del vero sulla mia terra.
A VOLTE UN TESORO
A volte un tesoro ha la forma di un taccuino trovato casualmente per strada, sgualcito e poco leggibile, ma misteriosamente illuminante per la mano che lo raccoglie e gli occhi che lo leggono. Una calligrafia nervosa tra stampatello e corsivo, segnava tappe e punti di una riflessione o intuizione profondamente sentita.
1) La creatura umana tende all’unità. Al ripristino di quell’armonia primaria di cui ha solo un’eco, una nostalgia lontana e spesso lacerante.
2) L’uomo non è la divinità, ma essendone parte, vive il richiamo della similitudine. Vive immerso in un universo in risonanza con la fonte primaria e ne percepisce il respiro. Quel respiro che chiama AMORE e con ritmo continuo ed instancabile esce e rientra dalla bocca di Dio. Quel respiro che percepisce come sentimento tendente alla riunificazione, all’unità del suo cosmo interiore con quello esterno.
3) Dall’unità veniamo e all’unità tendiamo. Quale sia la strada che percorriamo è lì che ci spingiamo, è lì che andiamo,
Solo tre frasi leggibili in un marasma di segni e cancellazioni. Ma quel taccuino e quelle frasi le ho ringraziate come un dono.
E’ vero, gli uomini hanno sempre cercato questo in qualsiasi parte del mondo. Hanno creato dei percorsi formati da metodiche , discipline, leggi e visioni, chiamate appunto: tradizione, all’interno delle quali,