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Le Onde della Vita
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E-book464 pagine6 ore

Le Onde della Vita

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Info su questo ebook

Un romanzo per adolescenti ma non solo, in cui il racconto dell'autrice riesce a permeare la mente e l'anima del lettore, raggiungendo ogni parte del suo essere. L'azione pulsa in ogni parte del corpo e ti fa rendere conto che le onde della vita arrivano quando meno te lo aspetti. (Booknation)

È un libro che parla della vita e della morte, del dolore e dell'amore, di una lei e di un lui, di ognuno di noi, ma prima di tutto parla del cuore e delle sue onde. (Camellia's Corner)

Il trama di questo libro è una domanda che cambia i destini a chi la pone e trasforma le persone all'inizio dell'avventura: il primo amore è quello giusto? (Lettori feroci)

L'autrice ha un talento speciale per assorbire il lettore nell'azione del libro, riuscendo a far attraversare tutti gli stati d’animo, proprio come le onde che sollevano, abbassano, fanno raggiungere le stelle, per poi farci crollare nell'abisso, da dove si può solo aggrapparci ad un filo di speranza per andare avanti, per finalmente trovare un raggio di luce miracoloso che possa calmarci e calmare i battiti del cuore.(Delizie letterarie)

Non so se l'ho detto, ma questa ragazza ha uno stile speciale, diverso sia nella descrizione dei dettagli che nelle espressioni piene di originalità. E, credetemi, scrive come una vero "Hemingway", in uno stile inconfondibile. (Letteratura sui tacchi)

LinguaItaliano
EditoreBadPress
Data di uscita24 giu 2020
ISBN9781071553497
Le Onde della Vita

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    Anteprima del libro

    Le Onde della Vita - Lina Moaca

    CAPITOLO 1

    Casa dolce casa

    La vacanza sta per finire!

    La pressione è orribile ma è così, tra qualche giorno la scuola inizia e devo tornare in collegio in Francia. Non è una novità. Non sarebbe neanche un problema. E’ assolutamente normale. Tutti i miei amici sono lì, non vedo l’ora di ricontrarli.

    Penso a quanto mi piace Parigi. Il fascino particolare della città può sorprendere sempre, provocare le sensazioni più contrastanti; è energica e divertente. Veramente penso che un’atmosfera del genere non si trovi da nessun’altra parte nel mondo. Parigi è senza dubbio una città piena di poesia, dove tutto si combina perfettamente. M’incantano i palazzi medioevali coperti di verde, le strette strade in pietra, le biblioteche, i musei, i bistrot nascosti agli sguardi superficiali. I cavalletti dei pittori lungo la strada. Sì. E’ meraviglioso. Sospiro. Se la situazione fosse stata un'altra, sicuramente avrei continuato gli studi in Francia. Invece ora mi preoccupa il pensiero di ritornare per quest’ultimo anno di studio.

    Guardo mio nonno come respira tranquillamente seduto nel suo posto confortevole dell’aereo. Neanche quando dorme, perde l’eleganza del suo portamento che impressiona chiunque. Normalmente dovrebbe sembrare un vecchietto vulnerabile, ma non è per niente così. Lui ha la stessa espressione di una montagna con le vette bianche eppure è solo una facciata riflessa del suo carattere forte. La sua salute è peggiorata, aveva sofferto due attacchi di cuore in soli cinque mesi.

    Ho paura. Evidente, Daniel ha un carattere energico, dipendente dal lavoro, neanche ai suoi settant’otto anni può stare tranquillo. Il suo corpo da segnali d’allarme ma lui non trova la tranquillità. Una volta finita l’università, e avendo un ottimo istinto per gli affari, la pazzia e l’entusiasmo che emanava intorno a lui, la passione che metteva nei progetti a cui ci teneva lo hanno portato abbastanza velocemente al successo. Anche se non aveva un soldo, si è spostato nella capitale, dove in poco tempo è riuscito ad entrare come membro del comitato di un club esclusivo ― a una condizione: di non rubare le mogli dei membri più anziani. Certo Daniel era entrato rispettando le regole. Non ha rubato nessuna moglie, ma si è innamorato della figlia di un uomo benestante, Irina Plesu, mia nonna.

    Da giovane, Daniel era un uomo molto attraente, come d’altronde lo è anche oggi. Oltre la sua postura sempre elegante, il profilo aquilino e l’altezza di un metro e novanta, ha una grazia particolare; uno spirito allegro e brillante che incanta qualsiasi donna incontri, ma il suo cuore è rimasto sempre fedele a mia nonna, vicino a lei ha passato oltre trent’anni della sua vita. Per lui, nonna è stata l’unica donna ad aver completato la sua vita nel vero senso della parola.

    Sfortunatamente la nonna l’ho conosciuta solo dalle foto. E’ morta poco prima della mia nascita. L’unica cosa che ho ereditato da lei sono gli occhi dal colore del mare. Affascinata dalla signora bella e dolce che mi sorrideva dai quadri, durante la mia infanzia avevo pregato spesso nonno di raccontarmi di lei. E così, con il suo modo accattivante di raccontarmi i fatti, mi aveva aiutata a ricreare nella mia mente quel passato di cui non ero testimone. Per colpa degli affari, Daniel doveva viaggiare tantissimo ma comunque il poco tempo libero che rimaneva, lo passava in mia compagnia, viziandomi. Mi ricordo come mi teneva sulle ginocchia mentre mi raccontava le più belle favole, fino a quando li si addormentavano i piedi.

    Dopo la disgrazia che aveva totalmente cambiato la vita della nostra famiglia, la morte dei miei genitori, lui era diventato tutto il mio mondo. Ogni volta che mi diceva che doveva partire per risolvere non so che problema, mi sembrava che insieme con lui sarebbe sparito tutto il mondo. Sentivo il bisogno di averlo accanto a me giorno e notte. Ero insicura, infelice e piena di paure. E’ stata proprio questa dipendenza a preoccupare il nonno. Dopo aver consultato più specialisti, ha deciso di mandarmi in collegio.

    Nove anni fa, è stato terribile dover andar via da casa, dalla sua vicinanza, ma con il tempo sono riuscita a comprendere che questo spostamento era necessario per il mio bene. Mi aveva spiegato perché aveva scelto di mandarmi in un collegio proprio a Parigi. A parte il fatto che la nostra famiglia durante il regime comunista aveva vissuto un bel po’ in Francia, mia nonna aveva studiato li. Certamente a questa città avevamo legati tanti bei ricordi, pieni di emozioni dalla sua adolescenza.

    E va bene. Se Daniel era riuscito a convincermi che per me la cosa migliore era studiare all’estero, questa volta io lo dovevo convincere che era l’ora che io tornassi a casa, vicino a lui.

    Ebbene il dottore li aveva raccomandato tanto riposo, una cosa molto difficile per un vecchio testardo, se fosse rimasto a Bucarest. Neanche quando era in ospedale non riusciva a stare fermo, aveva trasformato la sua stanza nel suo ufficio. Sentiva la pressione su di lui e quindi l’ho convinto ad accompagnarmi in una piccola vacanza sulle coste del Mediterraneo. La vicinanza ci aveva fatto bene a tutti due. Tutto quello che desideravo, era poterlo coccolare e godere a volontà della sua presenza. 

    Comunque in questi giorni avevo notato un cambiamento in Daniel, era più sensibile in un certo senso malinconico, i suoi occhi s’inumidivano più spesso. L’ho sorpreso tante volte guardandomi in un modo strano, tanto triste che mi ghiacciava.

    Ovviamente, ha mantenuto quotidianamente i contatti con tutti i direttori dell’azienda, dirigendo tutto con precisione. Gli affari vanno bene, ma scorgo sul suo viso una paura indefinita, non normale per il mio vecchio che ha sempre irradiato sicurezza da tutto il suo essere. Quando ho lui intorno, mi sforzo di sembrare forte, di non lasciare il sopravvento alla debolezza e lotto per mantenere il controllo e l’allegria.

    Ebbene mi aveva promesso di non lasciarmi sola, assolutamente nulla lo farà crollare prima di accompagnarmi davanti all’altare; deve assolutamente assicurarsi che andrò in buone mani. Misuro con lo sguardo le nuvole bianche attraverso il vetro ovale dell’aereo, mentre sento la pulsazione dell’emozione che mi fa sentire il cuore battere nella tempia.

    Asciugo le lacrime. Lo so, la mia mente non è in grado di vedermi sola al mondo, senza questo simpatico vecchietto che mi è stato accanto da quando sono nata e che mi fa così felice. La mia colonna portante. Tutto. Uffa... nel profondo del mio cuore so che un giorno, non troppo lontano, succederà. La realtà semplicemente non può essere cambiata. Ho paura del tempo che scorre insieme alla vita, verso una destinazione finale, la morte.

    Il mio corpo s’irrigidisce solo a pensarlo. Insopportabile, non riesco a respirare. Ok, non voglio separarci, di nuovo la preoccupazione che sento ora, aumenterà ancora quando sarò lontana migliaia di chilometri, quando non saprò come si sente. Certamente lui capirà perché non voglio tornare a Parigi. Lui ha bisogno della sua nipote e nella stessa misura io ho bisogno del mio nonno. Ci sono un sacco di buone scuole anche a Bucarest mi dico fiduciosa. Chiudo gli occhi concentrandomi sul mio futuro.

    Le idee mi girano incessantemente nella testa, in un turbinio inebriante. Dal mio subconscio le voci di mamma e papà rendono tutto più facile.

    Prima di lasciare l’Italia, Daniel mi ha detto che a casa mi aspetta una sorpresa che spera che mi farà felice. Ho sempre avuto sorprese dal vecchietto, in un certo senso è il suo modo di cercare il mio sorriso. Mi chiedo cosa avrà preparato stavolta? Cosa li sarà passato per la testa? Dio spero che non voglia presentarmi a qualche possibile fidanzato! Timore giustificato se ricordo che il soggetto principale delle nostre conversazioni durante questa vacanza è stato tra altre cose, la vita sentimentale. Il mio vecchietto desidera vedermi innamorata e non capisce bene perché sono sola. L’adolescenza riguarda l’amore. Geniale. Ogni volta che vede nelle vicinanze un ragazzo carino li chiede senza mezzi termini:

    Giovanotto, concordi che ho una nipote assolutamente incantevole? Normale. Nessuno osa contraddirlo e io arrossisco fino  alla punta delle orecchie dalla vergogna. Li chiedo incessantemente di smettere di cercarmi un fidanzato perché in tutto l’universo, non esiste un uomo più meraviglioso di lui ma lui, non sa stare fermo a lungo. Ormai non perdeva nessuna occasione per prendermi in giro giocosamente. "Irina cara, ti ho fatto una promessa: ebbene non morirò finché non ti vedrò sposata, ma non posso neanche vivere per sempre, quindi mi devi dare una mano! Va bene bisbetica, flirterò io con i ragazzi a posto tuo! Non accigliarti le belle sopracciglia che hai, guardati un po’ intorno e vedrai quanta ragione ho....guarda il ragazzo con i capelli ricci dal tavolo accanto, guarda come prova in tutti i modi ad attirare la tua attenzione. Veramente non ti rendi conto dell’effetto che fai sui ragazzi? 

    Sii un po’ più aperta...la mia mamma diceva: l’appetito vien mangiando! Gli occhi devono vedere per poter poi chiedere al cuore...". I pensieri mi sono interrotti dall’assistente di bordo carina con i capelli rossicci che ci informa che tra qualche minuto atterreremo.

    ― Nonno svegliati! sussurro toccandoli delicatamente la mano. Apre lentamente gli occhi e mi guarda.

    ― Siamo già arrivati?

    Scuoto la testa con un sorriso dimesso e giocoso nello stesso tempo.

    ― Si, ci prepariamo per atterrare. Sospira leggermente mentre si posiziona la sedia correttamente e si allaccia la cintura di sicurezza.

    ―  Come un vecchio, ho dormito tutto il tempo... sono una compagnia abbastanza noiosa per te.

    ― Che dici? Dai vecchietto, dovresti sapere che sto benissimo nella tua compagnia! Ti conosco da una vita e anche la tua sola presenza mi lascia con una sensazione di tranquillità, così come al seno della mamma.

    ― Sole mio!

    ― Ebbene tu sei il mio sole e la mia luna! li sussurro all’orecchio.

    Le emozioni sono così visibili sul suo volto come se fossero scritte a parole. Mi mordo le labbra pensierosa.

    Dimmi cosa esattamente ti preoccupa? sento dal subconscio la voce incoraggiante dei miei genitori. 

    ― Indovina nonno, non vedo l’ora di arrivare a casa! Ho qualcosa d’importante da dirti, una piccola sorpresa!

    ― Oh... hai qualcosa d’importante da dirmi? Già. Lui alza le sopracciglia bianche concentrando tutta la sua attenzione su di me. M’incuriosisci. Di cosa si tratta?

    ― Hehe...un po’ di pazienza fino...

    ― Impossibile! m’interrompe sbuffando. Ora la curiosità mi uccide! Non posso resistere fino a casa!

    ― Ma si che puoi resistere fino a casa, rispondo io.

    ― Lo sai, sono una persona anziana con un cuore debole, alla quale non piacciono le sorprese, dice mettendo una mano sul petto. Il finto tono drammatico della sua voce mi fa sorridere. Lo sapevo io, sa sempre quali argomenti usare per vincere.

    ― Ah vecchietto mio, pensavo le amassi visto quante sorprese prepari te a me!

    ― Ma a me piace farle, non riceverle! Tesoro, mi dovresti dare almeno qualche indizio per attutire il colpo.

    Ora non hai scampo ridacchia mia madre con la sua voce dolce e incantevole.

    Alzo gli occhi.

    ― Ok vecchietto impaziente, giacché non ho scelta, accetto di darti un indizio! Certamente se anche tu mi dai uno riguardo alla sorpresa che mi hai detto che mi aspetta a casa; mi sembra abbastanza corretto.

    ― Tesoro, sono d’accordo ma inizia te!

    ― Normale, sorrido io. Essendo una persona generosa faccio appello alla mia benevolenza e ti dico che ha a che fare con noi.

    ―  Aha, allora ha a che fare con noi due! Che coincidenza perché anche la mia sorpresa ha a che fare con noi.

    L’aereo era atterrato, ma Daniel chiede al personale di bordo di lasciarci un attimo soli per finire la conversazione. Poi con lo sguardo m’invita a continuare.

    ― Anche con la scuola, dico io velocemente.

    ―  Con la scuola? ripete lui un po’ pensieroso e aggiunge: guarda caso, un'altra coincidenza!

    Lo guardo con sospetto.

    ― Sembra che le nostre sorprese coincidono nei dettagli?

    Un sorriso soddisfatto appare all’angolo della sua bocca.

    ― E’ così, coincidono nei dettagli. Sarei felicissimo se avessero anche una direzione in comune.

    ―  Guarda, allora ti dirò di che si tratta.

    ― Dimmi, m’incoraggia lui.

    Oh Dio mi riempio i polmoni d’aria ed espiro con rumore. Veloce.

    ― Non voglio andare in Francia. Ho pensato tanto e ho deciso di spostarmi a una scuola qui, a Bucarest. Devi comprendere che è il momento di tornare a casa definitivamente. Comunque, non voglio più lasciarci. Voglio stare con te, sussurro implorandolo con lo sguardo. Faccio sforzi enormi per trattenere le lacrime che già scorrono sulle mie guancie.

    ― Perché piangi? Lo sai che i tuoi desideri sono sacri per me, mi dice tirandomi con dolcezza per darmi un bacio in fronte. Sospiro.

    ― Posso rimanere con te?

    ― Certo tesoro. La sensazione di sollievo m’invigorisce, come se un grande fardello fosse tolto dalla mia anima.

    Lo abbraccio ancora di più, sopraffatta dall’immensa gioia della riuscita.

    Hai visto cara ragazza quanto è stato semplice!sussurrano soddisfatte le voci.

    ― Credevo che fosse più difficile convincerti, riconosco io.

    ― Insomma, come ti ho detto prima niente al mondo, mi renderebbe più felice. La mia sorpresa era che ti ho già iscritta qui, a un liceo francese.

    Sorrido felice fissandolo negli occhi.

    ― Come? Mi hai già iscritta? Vecchietto mio, delle volte penso che tu abbia dei poteri sovrannaturali e puoi leggere i miei pensieri!

    ― Non c’è bisogno, il tuo viso è un libro aperto per me e non mi è voluto tanto per capire che stava succedendo qualcosa con te e ho pensato che è meglio essere preparato nel caso in cui era questo ciò che desideravi.

    Lo sentivo.

    ― Vecchio arguto! Ti ho detto che ti amo?

    ― Anch’io ti amo principessa. Non ti mancheranno i tuoi colleghi, gli amici? Non sarà difficile per te muoverti proprio ora che entri nell’ultimo anno di scuola? Un anno passa velocemente. Non vuoi aspettare e finire la scuola insieme ai tuoi colleghi? mi tempesta di domande lui. Scuoto la testa.

    ― Se vado via, te mi mancherai di più. Con i colleghi e amici terrò il contatto via internet o telefono e ci faremo visita in vacanza. Molto probabile rivedrò presto alcuni di loro. Lo sai benissimo, Jen mi ha promesso che andremo alla stessa università, desidera tantissimo studiare in Romania. E affascinata da questo paese dall’aspetto povero ma con profondità non sospette. Che dire del mangiare rumeno, l’hai vista che mangia come se fosse il finimondo!

    ― Ehi... quanti cuori infrangerai all’annuncio che rimani qui bella bambina? Storco il naso con un’espressione ironica.

    ― Si, più di tanti, quasi un’ infinità.

    Da quanto vedevo tutto il personale della casa, era venuto fuori per darci il benvenuto. Erano tutti davanti alla villa dall’architettura particolare, costruita con delle grosse mura e con un patio in stile tradizionale Brincovenesc del diciannovesimo secolo.

    Una famiglia numerosa di brava gente lavora per Daniel da tanto tempo, da quando la mia famiglia viveva in Francia. Maria e Martin Cucuruz, paesani della regione Jiul de sus Si erano sposati contro il volere dei loro genitori e non essendo arrivati a un accordo con loro, appena sposati sono partiti nel mondo. Così sono arrivati a Bucarest. Con due bambini piccoli e uno in arrivo, hanno avuto grossi problemi materiali. Quando non avevano più cosa mettere nel piatto, Maria è stata costretta a ritornare insieme ai bambini nel suo villaggio, e Martin è scappato all’estero. Martin ha lottato per mettere da parte dal poco che guadagnava per poter reintegrare la sua famiglia. In Francia, rimasto senza lavoro Martin ha incontrato Daniel. Lui l’ha portato a casa sua, per poi far arrivare tutta la sua famiglia. Solo ora capisco quanto deve essere stato difficile per loro stare lontani. Il semplice pensiero di vedere il viso di mio nonno tutti i giorni mi rende veramente felice. Finalmente sono a casa. Ora possiedo una casa permanente, dove tornare ogni giorno, non solo durante le vacanze. Una famiglia. Il mio posto.

    Qui su questo pezzo di terra ho vissuto la parte più felice della mia infanzia. Qui ho fatto i primi passi, ho pronunciato le prime parole, ho imparato a scrivere e leggere, ho addobbato bellissimi alberi di Natale e ho dipinto bellissime uova di Pasqua. Qui ho sentito che per certe persone significavo più di quanto potevano dirlo a parole. Felice, mi lascio accarezzare dallo sguardo e dalle mani dolci di Maria. Il calore del suo petto generoso mi tranquillizza.

    Tra scherzi e risate riferite alla dieta mediterranea, abbraccio tutti intorno a me. Daniel, poiché ha cose importanti da risolvere si dirige direttamente verso il suo ufficio. Certamente accompagnato dal suo assistente Caius Vela, che aveva da poco nominato come direttore generale delle società Albu. Alto e robusto con gli occhi color cenere, freddi come l’acciaio, Caius sembrava un generale dell’esercito che presentava vittorioso il rapporto davanti al suo Re.

    Rapidamente distribuisco i piccoli regali che avevo portato dall’Italia poi, presa da un entusiasmo travolgente, salgo nella mia stanza per disfare i miei bagagli. Dopo la morte dei miei genitori avevo passato troppo poco tempo in questo posto. Solo poche settimane l’anno. Tutto era rimasto così come l’avevo lasciato, nove anni fa. Una miriade di peluche e bambole riempivano tutta la stanza. Geniale. Quando venivo in visita, non mi disturbavano ma ora, visto che ci rimango, devo fare delle modifiche. Dai, al lavoro Irina.

    Svuoto la valigia. Organizzo i vestiti nella stanza armadio così grande che si potrebbe ballare in mezzo. Evidentemente, la maggior parte del posto è occupata da vestiti comodi come jeans, top, giacche e scarpe da ginnastica. Dopo aver messo a posto i vestiti, liberandomi da un sacco di giocattoli tra l’altro, respiro felicemente. Wow, mi piace veramente com’è questo posto! Spazioso e molto luminoso, con due finestre ad arco che affacciano su un piccolo gazebo dietro la casa. In più, ho la vista su un bellissimo giardino ben curato, che copre una vasta area di terreno. A differenza del resto della casa, posso dire che questa è arredata in uno stile un po’ più contemporaneo perché è più distaccata. Gli unici pezzi di mobilio esistenti sono: un grande letto, un divano bianco, e una scrivania carina. Generalmente i mobili sono in stile semplice, lineare. Guardo con malinconia i quadri attaccati alle pareti bianche.

    Mia piccola Picasso, sento sospirare la mia mamma.

    Guardo divertita.

    Oh, non sapevo Picasso avesse disegnato oche e conigli.

    Con certezza l’ha fatto.

    Ridacchio.

    Non ti contraddico.

    Tutto viene messo in buste di plastica. E’ così. Piango un po’ pensando ai miei ricordi insieme con le mie care voci. Senz’altro, tutta la mia infanzia è tra queste cose. Eppure non ho paura che tutti i miei ricordi spariranno insieme a loro. E’ la verità. So che i ricordi sono metafisici, come l’amore. Non si possono buttare perché non stanno su una mensola o in un armadio, ma sono dappertutto, dentro di me.

    Lascio le buste ad Anna la figlia più piccola di Maria. So che ha una bambina di soli tre anni e forse li potrà usare.

    *

    I giorni seguenti passano velocemente. Le emozioni appaiono. Sono veramente agitata. Il pensiero che devo iniziare tutto da zero, in una nuova scuola mi da i brividi. Daniel mi aveva detto che mi ha iscritto a quell’istituto privato per due motivi. Da una parte è il più rinomato nella città e poi anche perché una parte dei miei ex colleghi di scuola elementare studiano li. Ebbene l’unica amica mia delle elementari si era spostata insieme alla famiglia in America qualche anno fa e siccome non avevo mantenuto i rapporti con nessun altro, spero di essere fortunata e riconoscere qualcuno o essere riconosciuta da qualcuno. Impossibile. Normale, allora eravamo bambini e oggi ci siamo trasformati in adolescenti.

    Timida di carattere, mi è abbastanza difficile socializzare con persone sconosciute. Essendo più ritirata ho un temperamento tranquillo, ma non quando si tratta di cose importanti. Parlo abbastanza poco ma osservo tanto e quando mi si chiede un’opinione, semplicemente dico quello che penso in quel momento, senza sotterfugi. Detesto la demagogia della manipolazione e del sentirsi importante. Questo è uno dei motivi per cui ho pochi amici.

    CAPITOLO 2

    La mia nuova scuola

    Dormo male tutta la notte, mi giro e rigiro a letto. Mi sveglio così stanca che neanche la doccia calda riesce a rinvigorirmi come al solito. Mentre mi spazzolo i capelli, alzo lo sguardo allo specchio. Benone. Ho una faccia terribile. Gli occhi arrossati per la mancanza di riposo, hanno delle ombre scure che si vedono sotto di loro.

    Eppure, l’aria fresca del mattino, le parole d’incoraggiamento dal subconscio insieme alla colazione fatta in compagnia di Daniel sotto l’occhio attento di Maria, che si accontenta solo se finisco tutto dal piatto, mi tranquillizzano un po’ i nervi che sento nello stomaco.

    Daniel insiste per accompagnarmi a scuola. Non li dico di no. Stupendo! Nell’ultimo anno di liceo, a 18 anni chi altro viene a scuola accompagnato dal nonno? Senza dire altro, mi augura in bocca al lupo. Li ringrazio, dandoli un bacio sulla guancia. Poi, sorridente raddrizzo le spalle. Pronta!

    ― Vedete che bel tempo è oggi? Mi saluta sorridente Martin davanti alla Mercedes nera.

    Questa mattina, mi accompagna lui a scuola, così mi abituo un po’ con la strada prima di andare da sola. Anche se a Daniel non piace l’idea, a me piace guidare. Mi sento indipendente e utile. Fisso con lo sguardo l’omino dalla faccia luminosa e limpida come il cielo. La barba tagliata corta lì da un’aria misteriosa.

    ― La piccola Irina dove è andata? chiedo io.

    ― Ehe, la piccola Irina è cresciuta, ora è la Signorina Irina.

    ― Ma va, è quando è successo questo?

    ― Come, non ti sei resa conto che è più alta di me? sorride lui con la voce allegra.

    ― Mamma mia! Perdonatela Zio Martin, se è successa questa cosa contro la sua volontà!

    Quasi tutto il tragitto chiacchiero con Martin guardando le trasformazioni urbanistiche della città. Solo strane fantasie e piani asimmetrici. La piccola Parigi? Diversa da tutti i punti di vista. Se Parigi attrae per l’aria che si respira, Bucarest irradia la sua attrazione dalla terra. Si.

    E’ qualcosa di unico. Gli strilli della gente, l’agitazione nell’aria, le bestemmie, la musica, il mormorio di sottofondo... sono tutto. L’alba e il tramonto. Una Torre di Babele culturale. Quando scendo dalla macchina, le emozioni smuovono il mio stomaco. Guardo titubante l’iscrizione di design innovativo e supero le alte porte nere di ferro battuto.

    Nel cortile interno, resto a bocca aperta da ciò che vedo intorno a me. Qualcosa totalmente inaspettato. Oltre la normale agitazione del primo giorno di scuola, tutto è diverso da com’ero abituata a vedere. Un flusso colorato. Vedo un sacco di teste bionde ben pettinate e con tanti accessori stravaganti. Sembrano tutti ritagliati dalle riviste e fatti sfilare sul tappeto rosso come alla presentazione di un grande evento, in nessun caso delle alunne che vano semplicemente a scuola. Quindi, è questa la mia nuova scuola. Davvero? Dio mio, ma cosa si studia qui? Chi insegna qui? mi chiedo mentre guardo stupita le persone intorno a me. Ma dai...forse per sbaglio sono capitata su un set di una nuova serie di Gossip Girl. Non so neanche cosa fare, avanzare oppure stare ferma. Tutto è così strano! Mi guardo per un momento. Chiaro. L’unica strana qui sono io.

    Temo di essere totalmente fuori luogo nell’ambiente pazzesco che mi si presenta davanti, con l’estrema semplicità del mio vestiario. Grandioso! Evidentemente in piedi ho delle scarpe da ginnastica Converse. Il mio vestito e molto, troppo discreto e i miei capelli castano chiaro sono troppo, troppo semplicemente lasciati cadere sulle spalle. Non avevo usato il trucco, solo un po’ di burro cacao per le labbra. Ehi... poi la pelle era troppo scura. Quest’estate come un’anatra, avevo abusato del sole e dell’acqua. Che cavolo! Veramente, mi vedo obbligata a riconoscere che quest’ambiente così colorato mi faceva paura. 

    Certo finora non mi ero preoccupata più di tanto dell’aspetto esteriore, né mio né quello delle persone intorno a me. Cerco sempre cose più profonde, resistenti nel tempo. Vere. Si. La mia vita significa più di così e tutta la gioia sua può essere ritrovata in qualsiasi cosa banale, insignificante per tanti.

    Chiaramente in questo momento sento la mancanza della divisa a quadretti blu del collegio. Sicuramente la maggior parte degli alluni di qui penserebbero che la divisa trasformi tutti in una massa uniforme senza personalità. Ma, per me, la divisa è un modo di educazione. Se fosse indossata anche qui, sicuramente non avrei dovuto confrontarmi con domande tipo Come cavolo dovrei vestirmi domani? Non mi piace per niente questa cosa anche se qui, in questa scuola con certezza è la domanda più gettonata.

    Sospiro. Quindi, sarà un anno complicato. Ok, ma sono accanto a Daniel ― questa è la cosa più importante. Non lascerò questi dettagli rovinarmi la mia gioia. Neanche un po’!  Posso affrontare qualsiasi cosa, mi dico adottando un’aria decisa.

    Non abbiamo alcun dubbio che riuscirai in tutto ciò che ti proponi di fare, sei una vincente! sento nel mio subconscio la voce emozionata di papa. Poi continua mamma: Vediamo come nel tuo cielo i sogni attendono di essere toccati....e poi vediamo che è arrivato il momento che noi ci ritiriamo, per lasciarti prendere il volo da sola.

    ―  Come? Nooo! urlo io terrorizzata. Più persone si fermano guardandomi in modo strano come se fossi matta. Abbasso lo sguardo implorando, questa volta nella mente. Non potete farmi questo, ho ancora bisogno di voi... vi prego non lasciatemi, non ora!

    Tesoro sei una donna forte! in più, lo sai che non ti abbandoniamo definitivamente. Saremo sempre dentro di te, accanto a te, in assolutamente tutto ciò che sei e sarai, solo che in questa nuova tappa della tua vita noi non possiamo intervenire. E’ una regola alla quale non ci possiamo sottrarre. Non sei più una bambina, stai diventando donna, capisci?

    Acconsento con la testa con gli occhi in lacrime e con l’anima sconvolta.

    Una calda brezza soffia accarezzandomi il viso, sento come passa oltre lo strato della pelle riscaldandomi l’anima.

    Ora spiega le ali e osa... Vola Irina! Ti ameremo per sempre! Il suono delle voci pian piano diminuisce fino a sparire completamente.

    Presa da uno stato d’animo contraddittorio, rimango per un momento bloccata, come una solitaria statua di pietra, guardando nel vuoto, senza una direzione. Qualcuno inciampa in me svegliandomi alla realtà. Le mie ciglia sono ancora piene delle gocce di rugiada del mio pianto. Tutto accade per un motivo.

    Tremando, faccio un respiro profondo e avanzo camminando piano nella folla colorata. Sento di nuovo quella pesantezza nel petto che mi tira giù. Con grande fatica cerco di ritrovarmi e affrontare la mia esistenza. Si. Non crollerò. Ora a questo confuso sconosciuto dovrò dargli un contorno più familiare possibile. Certo. Ho bisogno degli orari e piantina della scuola.

    Dentro l’edificio a due livelli, guardo attorno e vedo che quasi tutti si spostano nella stessa direzione. Probabilmente vanno nell'aula dove avrà luogo la festività di apertura del nuovo anno scolastico, suppongo io.  Quindi li seguo sul lungo corridoio, arricchito con alte colonne e colonnati, con cupole gotiche sferiche. La decorazione architettonica è preziosa sotto tutti i punti di vista. 

    Incantata dalle scene scolpite sui muri, raggiungo un anfiteatro. Sbatto le palpebre. La luce diffusa dall'alto avvolge la stanza in un'aria antica, epica che incanta gli occhi. Un numero quasi infinito di file di sedie si stende davanti a me. Sto cercando di individuare un posto vacante. Sul retro, nelle ultime file, noto che ci sono abbastanza posti vuoti. Con cautela, salgo i gradini di legno che scricchiolano leggermente sotto i miei piedi sedendomi in un posto più isolato. Bene. Proprio nel margine, dove non ci sono molte persone in giro. Rattristita tiro fuori il mio taccuino. Mamma. Papà.

    Mi rendo conto che d’ora in poi l’affidabile sostegno su cui avevo contato finora, si era ritirato. Dovrò continuare la strada da sola, senza le loro voci. Sforzandomi di capire il silenzio, scrivo del caos da lui creato nella mia mente.

    Sussulto alla risonanza metallica di un microfono. Un uomo, alto e grassoccio vestito con un abito grigio scuro con la cravatta rossa, ci chiede di stare in silenzio. Chi si prepara a parlarci è probabilmente il direttore di questa istituzione. Sollevo la testa dal mio taccuino per guardarmi attorno. Accanto a me si era seduto un gruppo di quattro ragazzi chiassosi, che continuavano a discutere in un tono di voce abbastanza alto, senza considerare la richiesta di fare silenzio di prima.

    L’aula è piena. Vedo che comunque ci sono anche altri tipi di colori dei capelli, a parte il biondo che domina, ma non in totalità. Ora è perfettamente chiaro che questa scuola prestigiosa, accetta solo i figli delle famiglie dell’alta società.

    Qui, spesso le apparenze sono importantissime, essendo tutti cresciuti avendo la cura dell’immagine più importante di tutto. Anche se io faccio parte di una delle famiglie più ricche d’Europa, probabilmente per quanto sembro accessibile nel mio look, nessuno avrebbe mai pensato che sono la nipote del grande industriale Daniel Albu. Mi considero una persona abbastanza normale, che gode delle tante cose belle ma che sente anche la mancanza di altrettante.

    Nella vita esistono cose più importanti del denaro. Non conta quanti ne hai, ma chi hai accanto a te. Ho sempre provato, come in questo momento, di trovare un equilibrio che mi mantenga la dove devo, nella normalità. Cerco di far bene le cose, per quanto umanamente possibile, anche se la bilancia è squilibrata, senza alcuna speranza di stabilizzarla. Esiste dentro di me qualcosa che mi manca enormemente. Avevo perso una parte del mio essere, che non può essere sostituita con null’altro. La vita è stata abbastanza amara anche per me. Neanche tutti i soldi del mondo potrebbero addolcire ciò che avevo ricevuto con il sigillo delle pietre tombali. Si. Sono rimasta orfana di entrambi miei genitori all’età di nove anni. 

    In quella dannata giornata del  21 Gennaio, la vita mia è cambiata per sempre. Come se... niente. Avevo perso tutto: i genitori, la gioia della vita, l’infanzia. Dopo quel giorno, per molto tempo nulla ha avuto più senso, per tanto tempo la mia vita era entrata in un collasso. Tante volte ridevo ma non sentivo nessuna gioia. Il mio recupero è stato difficilissimo. Vuoi, non vuoi la sofferenza ti rende matura, ti butta in faccia la cruda realtà. Non ti lascia sperare in alcun modo, illuderti che forse andrà tutto bene o credere nei miracoli o nelle magie. Il mondo non si fermerà e ancor meno, cambierà per me. Quel che è morto, non torna in vita. Troppo, troppo intensamente e in un intervallo troppo breve. In quei momenti terribili, ho deciso di lasciare l’ingenuità in un posto ben nascosto, da dove mai più l’avrei tirata fuori. La mia infanzia era morta bruscamente, insieme ai miei cari genitori, e i suoi sogni rimarranno per me delle chimere. Tutto quello che mi era rimasto, erano delle immagini video che avevo visto infinite volte, con un’intensità anormale, ossessionante. Ero disperata di memorizzare le loro voci, il loro timbro unico, prima che un'altra disgrazia mi potessero togliere anche loro. Questo forte desiderio si è manifestato una sera, quando ho iniziato a sentire le voci, e non solo dai ricordi. Era come se il mio subconscio mi parlasse con la voce dei miei genitori. Le loro voci mi hanno aiutato a passare i momenti difficili, mi hanno dato sufficiente volontà per vivere nuovamente e piano piano sentire le emozioni.

    E così, ho imparato che la vita non sempre è giusta, ma non possiamo opporci, non ha senso. Quello che possiamo fare e adattarci il meglio possibile alla situazione. Con coraggio incassiamo i colpi, indifferentemente di quante bende servono per curare le ferite causate da loro. Ci alziamo, con quello che abbiamo, buono o cattivo, cerchiamo di andare avanti. Senza voglia ho dovuto accettare tutto quello che era successo, assimilare dentro questa realtà impietosa. Insomma. Nessuno poteva fare niente, il passato non può essere cambiato. Non aveva alcun senso chiedere: Perché è successo proprio a me? Perché proprio i miei genitori? Perché tutti due?

    La Vita è dura. Tutti soffriamo in qualche modo. Un sacco di bambini sono nella

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