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La mia lince Ottawa: Gli Ottawa, #1
La mia lince Ottawa: Gli Ottawa, #1
La mia lince Ottawa: Gli Ottawa, #1
E-book73 pagine46 minuti

La mia lince Ottawa: Gli Ottawa, #1

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Info su questo ebook

Isabelle è una giovane ragazza parigina, un po' timida, che si trasferisce in Canada per lavorare. Achak è un nativo americano appartenente alla tribù degli Ottawa. Lei ha paura di lui,mentre lui è irrimediabilemente attratto da lei. Il loro incontro farà scintille, soprattutto per via del singolare potere posseduto dalla tribù.
Se amate le storie d'amore erotiche e che parlano di metamorfosi, questo è il libro che fa per voi.

LinguaItaliano
EditoreBadPress
Data di uscita29 lug 2020
ISBN9781071557792
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    Anteprima del libro

    La mia lince Ottawa - Virginie T.

    Capitolo 1

    Isabelle

    Ed eccomi in Canada. Fino a quel momento non avevo realizzato che la mia vita stava prendendo una direzione completamente nuova. Adesso non dovevo più nascondermi. Sono partita da Parigi, città incredibilmente soffocante, con i suoi edifici, il suo inquinamento e i suoi due milioni di abitanti che corrono continuamente da una parte all’altra, per arrivare in questo gioiello verde sulle rive del lago Huron, sull’isola Manitoulin, popolazione: tredicimila autoctoni. Confondermi tra la folla sarà meno facile qui.

    Ho 25 anni, non avevo mai viaggiato in vita mia e sono venuta qui, dall’altra parte del mondo, per lavorare e ripartire da zero. Un paese nuovo per una vita nuova, una decisione un po’ drastica, ma volevo voltare pagina e dimenticare il mio doloroso passato. Beh, lavorare è una parola grossa. Mi occupo di bambini, sono una ragazza alla pari, anche se trovo che ormai la parola ragazza non mi si addica più molto. I bambini sono la mia passione e quando ho visto l’annuncio di una famiglia canadese, che cercava una ragazza francese per occuparsi della loro bambina di 4 anni, ho colto al volo l’occasione. Dopotutto, dietro di me non stavo lasciando niente e nessuno.

    Sono sempre stata una persona solitaria, non ho amici né tantomeno un ragazzo. Non è una scelta mia, ma piuttosto degli altri. Sono timida e riservata, non mi apro facilmente con le persone, e quando sono loro ad avvicinarsi a me, mi sento a disagio. Mi trovano strana, non degna di interesse e vanno subito verso qualcuno che si mostri più socievole. Non che io non abbia carattere, semplicemente mi rimane difficile confidarmi con gli altri.

    Con i bambini è più facile. Non giudicano nessuno. Nessuna imperfezione fisica, nessuno stato d’animo sono un ostacolo per loro. Sono dei piccoli esserini pieni di curiosità e di gentilezza. Con loro posso essere me stessa, non ho bisogno di nascondermi dietro a un finto sorriso né devo sforzarmi per comunicare, è una sensazione piacevole. Nessun atteggiamento ipocrita. Interagire con loro è facile per me. Mi trovano divertente e adorano ascoltare le mie storie.

    I miei genitori erano morti l’anno prima in un incidente, non avevo più legami ormai e avevo bisogno di un cambiamento radicale. Era da tempo che non prendevo più in mano la mia vita. Desidero avere una vita sociale e sentimentale, ma non riesco a creare legami in mezzo alla marea umana della capitale francese. E così mi sono lanciata alla conquista del Canada.

    Il taxi si ferma davanti ad una casa che costeggia il parco di Blue Jay Creek, risvegliandomi dai miei pensieri. Sono meravigliata dallo scenario che si offre ai miei occhi. È una residenza immensa, tutta in legno. Al primo piano ha un balcone che gira tutto intorno alla casa e delle grandi vetrate, per godere di quella vista mozzafiato. Il tipo di casa in cui sogno di vivere, ma per la quale non ho mai avuto i mezzi economici. Sospettavo che la famiglia che mi aveva assunto, avesse molti soldi. D’altronde, non tutti possono permettersi di avere una persona a domicilio 24 ore su 24, ma non mi aspettavo tutto questo.

    Scendo dall’auto dopo aver pagato e ringrazio il tassista, molto gentile, contrariamente ai tassisti parigini sempre taciturni. Recupero la mia valigia, contenente tutto ciò che avevo, e mi preparo ad avere il più importante incontro della mia vita. Incrocio le dita. Fino ad allora, avevo interagito con la famiglia Pontiac soltanto per email, tramite l’agenzia d’impiego canadese che mette in contatto i datori di lavoro con le ragazze alla pari. L’agenzia aveva indicato loro quale fosse la mia esperienza, il mio modo di concepire il lavoro e perché desiderassi così tanto cambiare paese e tutto ciò mi ha permesso di essere assunta. Mi è sempre risultato facile esprimermi attraverso la scrittura, cosa che compensa le mie debolezze nell’interazione orale. Attraverso le parole scritte, riesco a far uscire quel lato gioioso, determinato e disinvolto di me, che non riesco a mostrare di persona.

    Il signore e la signora Pontiac vengono verso di me e mi prendo un attimo per osservarli. Hanno entrambi i capelli lunghi e neri, ma la loro somiglianza di ferma a questo. L’uomo che mi si presenta davanti è alto, ha la pelle olivastra e gli occhi blu, e rimango impressionata dalla sua prestanza fisica. La donna, invece, ha gli occhi nocciola e una forma slanciata, messa in risalto dal pallore della sua carnagione. Mi guardano con un sorriso affettuoso disegnato sul volto. Meno male, questo mi aiuta.

    — Buongiorno, lei deve essere Isabelle?

    — Buongiorno, signori Pontiac, lieta di conoscervi.

    — Benvenuta a Manitoulin. Ha fatto buon viaggio?

    Non ho neanche avuto il tempo

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