Una relazione proibita
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Info su questo ebook
Lui è diventato la sua tentazione proibita dalla prima volta che l’ha baciata.
Melody è una ragazza di ventitré anni, si è appena laureata con il massimo dei voti e sogna di diventare una professoressa di liceo.
Tuttavia è osteggiata dai suoi stessi genitori che la vedono troppo fragile, minuta e con un viso così angelico da somigliare più a una bambolina che a un mastino capace di ottenere rispetto da studenti che hanno pochi anni in meno di lei.
Dopo continue liti con il padre, alla fine Melody ottiene un incarico come insegnante in un liceo ben diverso da quelle scuole prestigiose e rispettabili a cui è abituata.
La situazione che le si parerà davanti sarà difficile da affrontare e l’unico appoggio che sembrava aver trovato in un collega, Shane Mallory, alla fine si rivelerà un grande errore perché quel giovane non è altri che uno dei peggiori studenti della scuola.
Imbarazzata da quell’equivoco, si ritroverà travolta dall’interesse del ragazzo, che nutre da subito per lei una vera e propria ossessione, tanto da spingerlo a comportamenti compromettenti per Melody e a mandare all’aria tutte le buone intenzioni della giovane.
Tra baci rubati, inconfessabili dichiarazioni d’amore e incontri segreti notturni, riuscirà Melody a mettere una barriera tra loro? Oppure riuscirà Shane a far diventare sua Melody?
Contenuto extra: il primo capitolo del romanzo “Il bacio dell'angelo perduto” di Melissa Castello.
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Anteprima del libro
Una relazione proibita - Melissa Castello
baciata.
1
«Melody, non ti rendi conto di ciò che dici!» esplose mio padre come d'abitudine ogni volta che si parlava dei miei progetti professionali futuri.
«Papà, ti prego. Cerca di capirmi! Io voglio fare l'insegnante. Ho desiderato insegnare dal mio primo giorno di scuola. Amo l'insegnamento! Desidero solo poter fare ciò che sento nel cuore e avere il tuo appoggio.» lo supplicai tentando di tenere a freno la rabbia che mi annebbiava la mente ogni volta che mi trovavo di fronte il suo muro di disapprovazione.
«Sì, ma non un'insegnante di liceo! Melody, sei troppo giovane e inesperta per il mondo adolescenziale dei liceali.»
«Sarò anche giovane, ma di certo non sono inesperta dato che sono sempre stata la prima della classe. Mi sono laureata alla Cornell University grazie alla borsa di studio, in soli quattro anni e uscendo con la Summa Cum Laude.»
«Tesoro, tuo padre non vuole mettere in discussione la tua preparazione scolastica. Tu ci hai sempre dato grandissime soddisfazioni ed essendo tuo padre il preside del liceo più prestigioso di New York, proprio quello che hai frequentato, ovviamente siamo estremamente orgogliosi di te. Tuttavia...» intervenne mia madre con il suo solito atteggiamento da paciere. «Melody, tu rimani una dolcissima ragazza in gamba e piena di talento ma poco adatta a ricoprire un ruolo del genere.»
«Perché?» sfuriai offesa.
«E ce lo chiedi pure?» s'intromise nuovamente mio padre furibondo. «Melody, guardati! Sei il ritratto della fanciulla indifesa. Non certo di un mastino pronto a farsi rispettare da ragazzi con gli ormoni impazziti e capaci di sovrastarti fisicamente senza la minima difficoltà.»
«Sono capace di difendermi!»
«Non lo mettiamo in dubbio, tesoro, ma devi riconoscere che il tuo viso angelico sarebbe più adatto in un asilo. Anche la tua scarsa altezza non ti è d'aiuto. Senza contare che hai solo ventitré anni... pochi di più di un liceale all'ultimo anno.» si accodò mia madre cauta e cercando di accennare un sorriso bonario per calmarmi.
Mi morsi il labbro inferiore dal nervoso. Mia madre aveva ragione, purtroppo. I miei centocinquantacinque centimetri di altezza mi avevano fatta passare diverse volte per una ragazzina della scuola media dove avevo fatto un tirocinio l’anno precedente. Per questo cercavo di indossare sempre scarpe con il tacco quando lavoravo, anche se così facendo avevo sollevato qualche polemica e accusa di esibizionismo e narcisismo nei miei confronti.
Purtroppo nel mio caso non bastava un tacco dodici per sembrare più grande dato che avevo un aspetto un po’ troppo giovanile con i miei capelli castani, ondulati, lunghi e sempre scompigliati, i miei occhi grandi e verdi, e infine la spolverata di lentiggini sul mio naso all’insù che mi faceva assomigliare a una bambola di porcellana.
Inoltre il mio aspetto esile e minuto non incuteva di certo paura o timore. Oltre al mio nome… Melody! Non potevano chiamarmi Olga, Hadmunt o con qualche nome tedesco dall’assonanza dura?
Non era stato facile ottenere rispetto dai ragazzi a cui avevo insegnato e alla fine sentivo che per loro ero sempre stata più un’amica piuttosto che una professoressa. Tuttavia ero riuscita a ottenere il giusto rispetto dai miei allievi ed ero convinta che in un liceo non ci sarebbero state differenze.
«Sei solo una povera illusa, Melody! I liceali hanno dai quindici ai vent’anni. Tu ne hai pochi di più. Come pensi di ottenere rispetto dai tuoi quasi coetanei. Alcuni di loro sembrano pure più grandi di te fisicamente.» continuò mio padre che sapeva perfettamente a cosa stavo andando incontro, essendo preside dell’illustre NY High School da quasi vent’anni.
«Con un po’ di trucco e un abbigliamento più serio e professionale, nessuno mi potrà mai confondere per uno studente.» ribattei guadagnandomi solo la sua risata sardonica. Quanto lo odiavo quando faceva così!
Perché non poteva appoggiarmi e basta?
«E va bene!» sospirò dopo un lungo momento di silenzio.
«Va bene cosa?» domandai sospettosa.
«Ti troverò un posto come tirocinante o stagista in un liceo, se è questo quello che vuoi.»
«Sul serio?» esclamai basita.
«Hai la mia parola, ma ti avviso: questa sarà la tua prima e ultima possibilità di dimostrarmi che sei fatta per questo lavoro. Se fallirai, mi dovrai giurare che la smetterai d’insistere con questa tua follia.»
«Ok. Mi prenderai a lavorare nel tuo liceo?»
«Assolutamente no. Non intendo agevolarti in nessun modo. La mia presenza ha reso la tua esperienza scolastica facilitata e protetta. Ora, invece, mi rendo conto che devo buttarti nell’arena senza supporto se voglio farti capire la tua scelta.»
Deglutii a fatica. Sapevo che il fatto che mio padre fosse il preside della scuola era stato un deterrente per ogni dispetto o cattiveria nei miei confronti. Inoltre il mio liceo era una scuola privata di altissimo livello, dove potevano accedervi solo studenti altamente raccomandati e in grado di superare il test di ammissione che mio padre aveva progettato per selezionare le migliori menti.
Insomma, avevo vissuto in una gabbia dorata e sapevo che non tutte le realtà scolastiche erano così. L’idea di essere messa in una tana piena di leoni non mi faceva stare tranquilla anche se mi sentivo preparata ad affrontare qualsiasi realtà.
«D’accordo.» sospirai.
Una settimana più tardi, mio padre m’informò che mi stavano aspettando a Cookeville, nel Tennessee, alla Denton High School, l’unico liceo di una vallata piuttosto ampia, tanto da raccogliere studenti che abitavano lontano e per i quali era stato costruito un piccolo dormitorio attiguo alla mensa.
2
Non ci potevo credere!
Proprio il giorno che avrebbe dato il via alla mia carriera professionale, stavo accumulando ritardi su ritardi.
Prima la sveglia che non aveva suonato, spingendomi a correre per raggiungere l'aeroporto in tempo con un extra non indifferente al taxista che aveva superato il limite di velocità per non farmi perdere l'aereo. Poi l'avviso che il volo New York-Nashville avrebbe avuto un ritardo di circa tre quarti d'ora. E infine, dopo un viaggio terribile a causa delle turbolenze e del nubifragio che devastavano tutta la Pennysilvania e metà Virginia, ecco che ero rimasta bloccata nel traffico del Tennessee, da Nashville alla sperduta e piccola Cookeville.
Ritardo accumulato: tre ore. Proprio il tempo che avevo stabilito d’impiegare per sistemarmi, cambiarmi i vestiti, prepararmi psicologicamente al colloquio più importante della mia vita e... fare la colazione che avevo saltato a causa della corsa disperata fatta quella mattina.
Guardai l'ora. Erano quasi le tre del pomeriggio e io indossavo ancora la tuta che mi ero messa per stare comoda durante il viaggio, i miei capelli erano sfuggiti al mio controllo durante il sonnellino che mi ero fatta in macchina, e il mio viso era acqua e sapone, senza un filo di trucco che mettevo sempre per avere un aspetto più maturo e professionale.
Inoltre la pancia mi brontolava rumorosamente dato che mi ero rifiutata di fare una pausa a un caffè o in un ristorante, visto l'enorme ritardo già accumulato.
Esausta da quella giornata che si prospettava pessima (il contrario di quello che mi ero prefissata), presi la mia unica valigia maxi e facendola scivolare per terra grazie alle rotelle, mi avviai nervosamente verso l'ingresso della Denton High School, il collegio dove avrei avuto la mia prima esperienza come insegnante, o almeno era quello che speravo.
Quando entrai nell’atrio, trovai i corridoi vuoti. Solo un dipendente ausiliare pronto a lasciarmi passare.
Con rammarico, mi resi conto che anche lui mi aveva scambiata per una studentessa.
Maledicendomi per non essermi cambiata e sistemata, trascinai il mio trolley verso la segreteria fino all’ufficio del preside.
Cercando di fare bella figura, tirai fuori il mio curriculum vitae e l’intero fascicolo su tutte le esperienze già fatte.
Distrattamente mi misi a ricontrollare tutta la documentazione, finché non andai a sbattere contro qualcosa di duro e in movimento verso di me.
In un lampo, il trolley mi sfuggì di mano e tutto il mio fascicolo si sparpagliò per terra.
Per poco non persi anch’io l’equilibrio, ma una mano mi afferrò per un braccio,