Calore sulla pelle
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Info su questo ebook
Sabrina Silvestri è nata a Roma il 7 ottobre 1967, attualmente gestisce un’importante residenza per studenti universitari nella capitale. Manifesta la passione per la scrittura già da giovanissima, per poi immergervisi in età più adulta. È madre di due ragazzi: Eleonora e Jacopo. Ama viaggiare, conoscere il mondo e apprendere nuove culture.
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Anteprima del libro
Calore sulla pelle - Sabrina Silvestri
Sabrina Silvestri
Calore sulla pelle
© 2023 Europa Edizioni s.r.l. | Roma
www.europaedizioni.it - info@europaedizioni.it
ISBN 979-12-201-3590-0
I edizione marzo 2023
Finito di stampare nel mese di marzo 2023
presso Rotomail Italia S.p.A. - Vignate (MI)
Distributore per le librerie Messaggerie Libri S.p.A.
Calore sulla pelle
Sei bella.
E non per quel filo di trucco.
Sei bella per quanta vita ti è passata addosso,
per i sogni che hai dentro
e che non conosco.
Bella per tutte le volte che toccava a te,
ma avanti il prossimo.
Per le parole spese invano
e per quelle cercate lontano.
Per ogni lacrima scesa
e per quelle nascoste di notte
al chiaro di luna complice.
Per il sorriso che provi,
le attenzioni che non trovi,
per le emozioni che senti
e la speranza che inventi.
Sei bella semplicemente,
come un fiore raccolto in fretta,
come un dono inaspettato,
come uno sguardo rubato
o un abbraccio sentito.
Sei bella
e non importa che il mondo sappia,
sei bella davvero,
ma solo per chi ti sa guardare.
Alda Merini
Introduzione
Un sorriso e niente di più, in fondo la vita si nasconde tra le righe di una pagina e fin quando non arrivi alla fine non sai cosa ti aspetta. Anche nel giorno più scontato può succedere qualcosa di inatteso. Ridiamo, scherziamo e non prendiamoci troppo sul serio, di momenti tristi ce ne sono molti, sono quelli allegri che non riusciamo quasi mai a trovare. C’è sempre poco spazio.
Dopo questo sproloquio posso anche presentarmi, mi chiamo Sabrina Silvestri e voglio raccontarvi il corso della mia esistenza, allegra, scanzonata ma fino a ’na certa (come si dice a Roma), lasciando la situazione indefinita.
C’è un giorno o un orario preciso? No, è là che dovete scoprire cosa accade e fino a che punto siete disposti a spingervi.
Vi mostrerò come la mia vita si è evoluta nel bene e nel male. Cosa è successo finora, quello che mi aspetto dal futuro, le persone importanti che ho incontrato lungo il cammino. Quelle perse e quelle ritrovate. Tante gioie, tanti dolori, qualcuno abbastanza profondo, di cui le ferite porto ancora adesso. Qualcuna più fresca la sento tuttora mentre sto scrivendo, ma non importa, il tempo che resta voglio dedicarlo a chi conta davvero.
Voglio rivolgermi a chi si trova nella mia condizione, se ce l’ho fatta io, potrete farcela anche voi. Spero di farvi scattare qualcosa dal profondo del vostro animo che vi spinga a reagire. È quest’ultimo il verbo di cui abbiamo più bisogno in certi momenti.
Chi mi vede la prima volta ha l’impressione di trovarsi davanti una persona estremamente seria, quasi una signora Rottermeier, ma in realtà mi sento più Heidi. Quell’animo leggero che mi permette di agire istintivamente e farmi guidare dal cuore, a differenza del cervello che razionalmente m’inviterebbe a fuggire o comunque a lasciar perdere. Ecco, sono un perfetto mix tra Rottermeier e Heidi, con punte di una nei giorni dispari e punte dell’altra in quelli pari.
Vi racconterò pure di come le scelte sbagliate possono condizionarci e intrappolarci in una situazione da cui è difficile uscirne. Di come si entra in un vortice pericoloso e non ce ne rendiamo conto. La situazione negativa conduce a insostenibilità e dipendenza. Ma se fa male, perché non te ne stacchi subito?
È la domanda che mi hanno rivolto più spesso in questi anni, e ancora non riesco a dare del tutto una risposta, ma forse stavolta ho trovato la soluzione.
Sfumature non da poco…
Sullo sfondo compariranno i miei figli, Eleonora e Jacopo, il mio mondo quotidiano, coloro che sono riusciti a essere delle belle persone, nonostante la sofferenza e l’ingiustizia che hanno subìto. Ci sarà spazio anche per i miei successi scolastici e professionali, vi parlerò di come ho affrontato l’università da adulta. Non è stato facile, ma ci sono riuscita. L’impegno unito alla grinta e all’affetto della famiglia mi ha permesso di conseguire il titolo. Non vado oltre, volete sape’ troppo. Siete un po’ impiccioni, uff… vabbè vi perdono, stavolta!
Voglio che questo volume sia come una giornata difficile, alternata da momenti tristi e poi felici, e che culmini come una nottata trascorsa in discoteca fino all’alba e poi con un bel cornetto seduti davanti al bar. Stanchi e soddisfatti, ma con una consapevolezza in più.
A chi non c’è più e continua a segnarmi nel profondo.
Buona lettura
Capitolo 1
Il dono delle origini
Anche se la finestra è la stessa,
non tutti quelli che vi si affacciano
vedono le stesse cose:
la veduta dipende dallo sguardo.
Alda Merini
Vengo alla luce a Roma nel 1967, a seguito di una gravidanza complicata, in quell’occasione mia madre deve avere sofferto moltissimo, poiché ero già grande, infatti pesavo 4Kg e 500 gr. Non deve essere stato proprio un piacere, probabilmente già si prefigurava qualcosa nel mio destino. Allora non potevamo dirlo, ma ora ne abbiamo la certezza.
Nei primi anni di vita abito con la mia famiglia in zona Portuense, di quel periodo ho ricordi confusi o nulli. Di quel poco di cui ho memoria, ho mia sorella a fianco, poco più grande di me. Ha solo due anni più di me, e inevitabilmente finisce per diventare la mia compagna di giochi, più tardi una vera e propria amica. Dopo un breve periodo ci trasferiamo in una bellissima casa a Monteverde.
Da dove tutto comincia…
La famiglia era composta da quattro persone, la mamma, il papà, io e mia sorella Patrizia. Immaginate un povero uomo in mezzo a tre donne in casa!
L’infanzia la trascorro divisa tra le mura domestiche, la scuola e qualche uscita con mamma durante la settimana. La domenica mattina, di prassi, uscivamo con papà a vedere il Teatrino di Pulcinella al Gianicolo, e terminava con l’immancabile giro sul pony, situato all’ingresso del parco. Alle 12 in punto il cannone scoppiava e io mettevo sempre le mani sulle orecchie, un po’ per paura e un po’ per fastidio. Ricordo ancora i preparativi da parte dei soldati, la loro accuratezza e le loro pose austere durante il rito. Era il momento più bello della settimana, perché era uno dei pochi giorni in cui il babbo si dedicava esclusivamente a noi.
Tornavamo a pranzo a casa con mamma che aveva cucinato delle buone pietanze, sistemato casa e aveva dedicato qualche ora a se stessa, poi nel pomeriggio andavamo a trovare la nonna materna, che abitava non molto distante. A lei devo molto, mi ha tramandato tanti racconti della sua vita, della Seconda guerra mondiale e di tante disavventure. La povertà e la miseria patite in Abruzzo negli anni Trenta-Quaranta, la brutta esperienza in guerra del nonno, morto troppo presto. Lei era davvero un libro vivente, una donna molto dura, forse indurita dalla vita. Aveva un carattere molto forte, purtroppo è morta poco tempo fa, quasi a cento anni ma fino all’ultimo ha tenuto il polso della situazione. Provo una sconfinata ammirazione nei suoi confronti,