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Cursed: Edizione italiana
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E-book245 pagine3 ore

Cursed: Edizione italiana

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Info su questo ebook

Ciò che ci rende più potenti può anche ucciderci.”

Katrina Summer ha sempre saputo di essere diversa. Il suo carattere impetuoso sembra metterla nei guai in continuazione e per questo viene emarginata dai suoi compagni. Costretta ad andare a vivere nella piccola cittadina costiera di Apollo Beach dai soli parenti che le restano dopo una terribile tragedia, Katrina inizia a contare i giorni che la separano dal suo diciottesimo compleanno.
Solo allora sarà finalmente libera.
Le leggende sui suoi antenati dell’antica Grecia portano alla luce i segreti della famiglia, segreti che sua madre le aveva volutamente celato. Katrina trova il suo unico conforto in Alec Stone, il bel ragazzo della porta accanto che con il suo sorriso tremendamente affascinante, il corteggiamento costante e un amore nato dalle fiamme dell’amicizia, sembra poterle offrire la via di fuga di cui lei tanto ha bisogno.
Se solo non fosse maledetta.
Potenti forze minacciano i cittadini di Apollo Beach e Katrina non può sfuggire all’evocativo mondo dell’incanto mitologico e alle oscure profezie in agguato dietro l’angolo.
LinguaItaliano
Data di uscita15 set 2022
ISBN9791220704038
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    Anteprima del libro

    Cursed - K.K. Allen

    1

    Le mie sporche scarpe da ginnastica dondolano sotto la sedia come un pendolo, perfettamente a tempo con il battito del mio cuore. Tic, tac. Tic, tac. E se questo non fosse una colonna sonora già abbastanza inquietante per i miei pensieri, il ticchettio dell’orologio sopra la mia testa diventa più intenso, portando ancora più caos nella mia mente disordinata.

    Oggi l’attesa è più lunga del solito, ma è normale considerando la dura occhiata che mi ha lanciato mia madre prima di entrare nell’ufficio della preside. Tento di scacciare l’immagine di lei così arrabbiata e il senso di colpa che mi provoca, cercando di pensare a qualcos’altro, a qualsiasi altra cosa, ma è praticamente impossibile. Tutto ciò che riesco a vedere è quell’atleta presuntuoso, Steve Salmon, mentre mi mormora quelle parole crudeli prima di volare giù dalla finestra dell’aula di scienze al primo piano.

    «Sono mortificata, Erica. Pensavo che la psicoterapia la stesse aiutando a gestire la rabbia.»

    Le pareti attutiscono la voce di mia madre, ma riesco comunque a distinguere ogni singola parola.

    «Oh, Grace,» risponde con tono compassionevole la preside Waverly. Sembra che abbiano deciso di darsi del tu. «So che stai facendo del tuo meglio, ma forse studiare da casa potrebbe essere la scelta migliore per lei, così potrà continuare a ricevere tutto l’aiuto di cui ha bisogno e allo stesso tempo si terrà in pari con le lezioni. È un’ottima studentessa. Se non fosse per questi piccoli scatti d’ira non avrebbe problemi a entrare in un college di prestigio dopo il diploma. Io, però, non posso permettere che i miei studenti siano in pericolo.»

    «Che conseguenze ci saranno per Katrina? La scuola finisce tra un mese, come farà con il diploma?»

    «Temo che verrà sospesa dalla Silver Lake High, nell’attesa di una sentenza di espulsione, ma se decidi di farla studiare a casa di tua volontà, possiamo evitare un processo formale. E in questo modo riuscirà ancora a diplomarsi in tempo, anche se non potrà presenziare alla cerimonia con i suoi compagni. Mi dispiace tanto.»

    Chino la testa, pervasa da un sentimento di vergogna e sconforto. La preside Waverly è sempre stata gentile e comprensiva con me, ma nemmeno lei può salvarmi questa volta. Qui nessuno mi vuole.

    «Non so come sia potuto succedere,» dice mia madre, scoppiando a piangere.

    Il fruscio di un fazzoletto preso dalla scatola rettangolare che c’è sulla scrivania della preside dà forma a un triste pensiero nella mia mente. Nell’ultimo periodo, sembra che io riesca solo a far piangere mia madre.

    «Kat deve capire cos’è che la turba in questo modo, così da poter controllare meglio le sue azioni. Forse ha a che fare con suo padre. Siete rimasti in contatto?»

    «No,» risponde di getto mia madre, «non ci sentiamo dalla nascita di Katrina, ma lei non c’entra niente. Non chiede nemmeno di lui.»

    Segue un silenzio tanto pesante da schiacciarmi il cuore.

    «Beh, dovrà avere qualche domanda, almeno su…»

    «Non ne ha.»

    Sento una sedia strisciare sul pavimento e capisco che la loro conversazione è finita, il che non mi sorprende affatto. Ci sono molti motivi per cui non chiedo di mio padre, uno tra tutti la freddezza di mia madre riguardo all’argomento. Mentre si scambiano gli ultimi convenevoli, smetto di ascoltare e mi concentro sul modo in cui affronterò mia madre dopo questo incidente, come lo chiamano tutti.

    Dopo pochi minuti, la porta dell’ufficio della preside Waverly si apre ed esce mia madre, con gli occhi ancora rossi e lucidi per il pianto.

    Incrocia il suo sguardo triste con il mio e mi tende la mano «Andiamo a casa a fare due chiacchiere.»

    Sposto lo sguardo sulla preside e accigliata dico: «Non ho spinto Steve, l’ho a malapena toccato.»

    La preside Waverly abbozza un sorriso e mi appoggia una mano sulla spalla.

    «Credo che non volessi fare male a Steve, ma ci sono troppi testimoni che hanno visto le cose andare diversamente. È importante che tu ti assuma la responsabilità delle tue azioni.»

    Non c’è freddezza nelle sue parole, ma fanno comunque male come uno schiaffo in pieno viso. Nessuno vuole ascoltare quello che ho da dire. Nessuno prende nemmeno in considerazione la possibilità che ci sia un’altra versione della storia. Fa male. Mi si stringe il petto e alla fine, sconfitta, stringo la mano di mia madre.

    Ci incamminiamo verso il mio armadietto, ma lei non mi rivolge la parola, si limita solo a dirmi di svuotarlo. Non c’è molto da prendere: i libri, una giacca verde chiaro che non metto dall’inizio della primavera e uno specchietto appeso alla parete. Più che per guardare il mio riflesso, lo usavo per spiare i miei compagni e assicurarmi che non fossero in agguato, pronti a darmi fastidio.

    Mentre tolgo le ultime cose, suona la campanella: le lezioni sono finite. Mi pietrifico e negli occhi di mia madre vedo la mia stessa paura per ciò che sta per accadere.

    Lei si avvicina sussurrandomi: «Mantieni la testa dritta e non reagire, capito?»

    Annuisco e strizzo le palpebre, cercando di farmi coraggio. Ci avviamo all’uscita e, non appena escono nel corridoio, tutti iniziano a fare commenti su di me.

    «Guarda, eccola là. Hai visto che cos’ha fatto a Steve?»

    «No, ma me l’hanno detto. Katrina Summer è fuori di testa.»

    «Sai, io c’ero. È stato terribile! Spero che i suoi genitori le facciano causa.»

    «Dubito che lo faranno, non ha un graffio. Com’è possibile?»

    «E chi lo sa? Comunque Kat è una psicopatica. Sono felice che se ne vada.»

    «Sta portando via tutto, vedi? Forse stavolta se ne va davvero.»

    «È così patetica, guarda quel vestito. Secondo me ce l’ha uguale in cinquanta colori diversi.»

    Ho un nodo alla gola, così deglutisco, mentre mia madre apre la porta facendomi uscire per prima. Ci dirigiamo verso le biciclette parcheggiate sulla rastrelliera. Lei non guida mai quindi, di solito, andiamo a piedi oppure prendiamo la bicicletta per spostarci.

    Immaginavo che saremmo andate dritte a casa, invece facciamo una deviazione verso il mio chiosco di gelati preferito, con il suo piccolo tetto a forma di spirale di gelato rosa, ricoperto da brillantini arcobaleno. Di solito non è una tappa che facciamo quando mi metto nei guai a scuola.

    «Mamma…» inizio a dire, ma lei scuote la testa per farmi tacere.

    «Non siamo qui per te. Siamo qui per me.»

    Chiudo la bocca e rimango dietro di lei, mentre ordina due frappè alla fragola.

    Ci sediamo a un tavolino con un ombrellone di un bel blu sgargiante. Cerco di godermi la cremosa dolcezza che mi scivola lungo la gola, ma è impossibile: sento incombere il peso della conversazione che ci aspetta.

    «Non l’ho spinto,» affermo, non riuscendo più a trattenere le lacrime. «L’ho a malapena sfiorato. Gli ho solo appoggiato le mani addosso perché mi ha toccata per primo.»

    «Quel ragazzo ti ha toccata?» mi chiede lei con gli occhi iniettati di rabbia.

    «Sì, dopo aver detto a tutta la scuola che ero andata a letto con lui, ma io non l’ho mai visto fuori da lì e non ho…»

    «Katrina,» risponde lei sospirando, «io ti credo. E se quello che dici è vero, allora, magari, Steve si è meritato di volare fuori dalla finestra, ma adesso non sono preoccupata per lui. Sono preoccupata per te. Devi imparare a controllare la tua rabbia.»

    Mi prende una mano e la stringe tra le sue.

    «Temo che a volte tu non ti renda conto di quanto sei forte, ma questa di certo non può essere una scusa, soprattutto a scuola. Ecco perché ti ho ritirata dalla Silver Lake High e ti farò seguire le lezioni online. La scuola finisce tra un mese, poi andrai al college, ma la tua unica possibilità per poterci entrare è tenere un profilo basso. Nel frattempo, cercheremo di aiutarti.»

    Il college, l’argomento che temo di più. Fin da quando ero piccola mia madre ha sempre insistito affinché io proseguissi gli studi, anche se non ne capisco il motivo. Considerando inoltre quanto siamo al verde, non riesco nemmeno a immaginare di poterci andare, ma non provo neanche a parlargliene, perché so quanto significhi per lei. Diciamo che cerco solo di evitare l’argomento.

    «E se non potessi essere aiutata? È come se fossi maledetta, come se la mia sola presenza causasse incidenti spiacevoli.»

    Lei distoglie lo sguardo, scuotendo la testa.

    «Non sei maledetta e no, non è la tua presenza a causare incidenti spiacevoli. È che…» Chiude la bocca senza finire la frase, poi si volta verso di me e inclina la testa di lato. «Ti aiuterò a vivere una vita normale.»

    Rabbrividisco a quelle parole: Una vita normale? Che cosa significa?

    «Voglio darti una cosa,» prosegue, iniziando ad armeggiare con il braccialetto d’oro che porta al polso. Ha un ciondolo a forma di cuore. Lo indossa da che ho memoria e ha un modo particolare di toccarlo, ma, adesso, fa una cosa del tutto nuova e inaspettata: lo sgancia. Inspira a fondo, chiude gli occhi e se lo toglie. Una piccola pausa e poi lo mette attorno al mio polso, con le mani che tremano.

    «Ti ricordi di come ho conosciuto tuo padre?»

    In preda al panico, deglutisco e cerco i suoi occhi. Deve dirmi qualcosa di molto importante se ha nominato mio padre.

    «L’hai incontrato ad Apollo Beach, dopo esserti svegliata sulla spiaggia. Ti ha portata a casa dei suoi genitori e poi vi siete innamorati.»

    Mia madre annuisce lentamente, mentre sfiora il ciondolo che pende dal mio polso.

    «Questa è la sola cosa che avevo con me. Proprio come la mia vita prima di Apollo Beach, non so come l’ho avuto né da dove arrivi eppure, per quanto strano possa sembrare, mi ha sempre protetta in tutti questi anni. E adesso proteggerà te.»

    Mentre fisso quella bellissima catenina sono assalita da un brutto presentimento. Ho sempre avuto la sensazione che ci fosse altro nel passato di mia madre, qualcosa di cui lei non ha mai voluto parlarmi.

    «Da che cosa dobbiamo essere protette?» le chiedo.

    «Da noi stesse. Promettimi che non lo toglierai mai, qualsiasi cosa accada,» risponde lei sorridendomi.

    Sbatto le palpebre e la guardo domandandomi se stia dicendo sul serio.

    «Promettimelo, Katrina.»

    Sentendo il tono deciso della sua voce, annuisco.

    «Te lo prometto.»

    «Bene.» Si sposta al mio fianco, mi posa un braccio sulle spalle e mi bacia sulla tempia. «Questo ciondolo ti aiuterà a ricordare tutto il buono che c’è in te. E fammi un favore,» continua ridendo, «aggiungine qualcun altro, già che ci sei.»

    Le prometto che lo farò e terminiamo la conversazione. Mi sorride, mentre finiamo il frappè e iniziamo a parlare di quale film guardare stasera. Lei propone sempre quelli che fanno riflettere come Memento e Gone Girl, invece io sono più per le commedie romantiche tipo 10 cose che odio di te e Ragazze a Beverly Hills.

    Nel frattempo che parcheggiamo le biciclette e saliamo le due rampe di scale che portano al nostro alloggio al secondo piano, abbiamo ristretto la scelta a due opzioni.

    «Sentiamo che cos’hai da dire,» incalza lei con tono di sfida, infilando la chiave nella serratura. «Perché dovremmo guardare The Butterfly Effect

    «Prima tu,» rispondo incrociando le braccia. «Perché dovremmo guardare Se mi lasci ti cancello

    Vedere mia madre sorridere, mentre apre la porta, mi fa quasi dimenticare la terribile giornata che ho trascorso. Sta per rispondermi quando la sua tasca inizia a vibrare: ha ricevuto un nuovo messaggio.

    «Dannazione,» dice con gli occhi fissi sul telefono. «Devo tornare al lavoro.»

    Pensavo che per oggi il peggio fosse passato.

    «Stai scherzando, vero? Questa è la tua serata libera.»

    Lei sospira mentre prende la borsa.

    «Lo so, ma sono dovuta scappare in fretta e furia per andare a scuola. A un paziente serve la lettera di dimissione. Adesso vado, compilo tutto e vedrai che tornerò in tempo per il film. Starò via due ore al massimo.»

    «D’accordo, magari mi farò un bagno,» brontolo, mentre alzo gli occhi al cielo.

    A quelle parole, il suo sguardo si illumina.

    «Ottima idea, tesoro. Fai un bel bagno, leggi un libro. Torno presto,» dice, prima di chinarsi e darmi un bacio in fronte. «Ti voglio bene, Katrina.»

    «Anch’io, mamma.»

    Oscurità, vuoto, smarrimento. Sto nuotando nelle profondità infuocate dei pensieri – passati, presenti e futuri – quando il mio sonno viene interrotto da due forti colpi alla porta. La mia mente è avvolta dalla nebbia, ma riesco a percepire l’indolenzimento del corpo per essermi addormentata sul nostro rigido e sbrindellato divano verde. Sbadiglio e guardo l’orologio digitale sopra il televisore: sono le 3:00 del mattino. La TV è accesa, vedo il menù iniziale del film. La ciotola di popcorn che avevo preparato ore prima è ancora sul tavolino, mezza vuota. Devo essermi appisolata.

    Toc-toc.

    «Mamma?» Mi alzo e ispeziono l’appartamento.

    Controllo la sua camera. Il letto è intatto. Guardo in bagno: nessuna traccia di lei. Mi incammino verso la porta e noto che sul tavolo vicino all’ingresso non ci sono né la sua borsa, né le sue chiavi. Di solito le appoggia là. Sarebbe dovuta rincasare ore fa.

    È in situazioni come questa che vorrei che non fosse così contraria a semplici mezzi di comunicazione come il cellulare o le e-mail. Mi ha sempre tenuta lontana dalla tecnologia che crea dipendenza dicendo che, se non fossi stata attenta, mi avrebbe rovinato la vita. Sono sicura che se non dovesse lavorare così tanto mi avrebbe fatta studiare a casa già da molto tempo.

    L’ennesimo colpo alla porta mi fa trasalire. Muovo un altro passo, mi avvicino e guardo attraverso lo spioncino. Quando vedo l’uniforme della polizia mi pietrifico. Sento il sangue defluire dal mio viso e iniziare a pompare nelle vene. Tutto va veloce… il mio cuore, la mia testa. Non riesco a scrollarmi di dosso gli oscuri e terribili pensieri che sto facendo ultimamente. È come se tutto ciò che è successo negli ultimi due anni fosse culminato in questo momento cruciale, ma non so spiegarmi il motivo. Non so che cosa significhi, ma, qualunque cosa sia, non posso più evitarlo.

    Apro la porta e fisso i due uomini in uniforme, che mi osservano con un’inequivocabile tristezza negli occhi.

    «Salve, signorina. Stiamo cercando Katrina Summer, la figlia di Grace Summer. È lei?»

    Annuisco lentamente, come se quel semplice gesto potesse ritardare l’inevitabile. Il mio sguardo va al polso su cui adesso poggia il braccialetto di mia madre e, in qualche modo, so già cosa stanno per dirmi.

    2

    Non dimenticherò mai quei colpi sordi e cadenzati alla porta, né le espressioni sui visi dei poliziotti, mentre mi comunicavano la notizia.

    «Siamo spiacenti di informarla che sua madre è stata coinvolta in un tragico incidente.»

    Continuavo a dirgli che c’era stato un errore, che erano nell’appartamento sbagliato. Mia madre era ancora al lavoro. Ma nel descrivermi la sua vecchia bicicletta blu, con la logora sella marrone e il grande cestino intrecciato, non ho più avuto dubbi e il mondo mi è crollato addosso.

    È come se negli ultimi giorni io abbia vissuto in uno stato di trance, come se il mio spirito fosse sospeso al di fuori del corpo e guardasse le conseguenze della morte di mia madre sopraffarmi come un enorme e terribile incubo. Quanto vorrei che fosse solo un incubo, a quelli sono abituata. Sono certa che non riuscirò mai a togliermi di dosso questa oscura realtà, nemmeno se trovassero il colpevole che ha meso fine alla sua vita. La giustizia non può restituirmi ciò che ho perso.

    Innanzitutto, se non mi fossi messa nei guai a scuola, lei non sarebbe dovuta tornare a lavorare e, forse, non si sarebbe tolta il braccialetto che, come diceva, l’aveva sempre protetta. Se non fosse stato per me sarebbe ancora qui. Non posso cambiare il passato e dovrò convivere per sempre con questo senso di colpa.

    «Ancora pochi minuti e ci siamo, Katrina.»

    Quando eravamo alla stazione di polizia, Charlotte, la donna bionda alla guida, mi ha detto di essere la badante di mia nonna. Sembra abbastanza simpatica, ma il fatto che tutti si aspettassero che andassi via con lei come se fossimo vecchie amiche mi ha dato davvero sui nervi. Dopo essersi assicurata che la polizia avesse tutte le informazioni necessarie, mi ha aiutata a preparare le valigie e ha contattato una ditta di traslochi per portare il resto dei miei effetti personali e i mobili in un deposito. Adesso, stiamo andando a casa di mia nonna, in Florida.

    Sollevo la catenina che ho attorno al polso per dare sollievo alla pelle che ormai è escoriata. Più che un regalo di mia madre, quel maledetto braccialetto sembra un paio di manette. Il gancio non ne vuole sapere di aprirsi e, per quanto io provi a tirarlo, non riesco a toglierlo. Scoraggiata, sospiro lasciando perdere il braccialetto e chiudo gli occhi.

    Ci vogliono circa nove ore da Silver Lake ad Apollo Beach, ma è come se stessimo viaggiando sulle sabbie mobili: il terreno mi inghiottisce completamente, mentre il mondo che conoscevo scompare pian piano dalla mia vista. Guardando quel paesaggio sconosciuto, sono scossa da un brivido. La città costiera a sud di Tampa sembra essere una località davvero esclusiva.

    Svoltiamo sul viale principale e, nel passare davanti alla zona residenziale, rallentiamo. Strizzo gli occhi per cercare di mettere a fuoco le ciminiere che vedo in lontananza, con le loro nubi

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