Cambia il tuo destino con un clic: Accendi la vita dei tuoi sogni Come padroneggiare le emozioni e attrarre a sé la vita dei propri sogni
Di Peggy McColl
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Anteprima del libro
Cambia il tuo destino con un clic - Peggy McColl
sull'autrice
Prefazione
Conosco pochissime persone che vivono la vita che vogliono davvero vivere. Molti lottano, si impegnano e si sforzano per realizzare i loro desideri. Altri si trascinano e tirano semplicemente avanti. Altri ancora se la cavano abbastanza bene, ma non riescono ancora a vivere la vita che vorrebbero realmente. Sono stati abbastanza fortunati, sono riusciti a cavalcare l'onda
, ma non hanno ancora realizzato i loro veri desideri.
È sorprendente che pochi capiscano che la vita non è fatta per essere vissuta così e che non c’è nessuna ragione perché sia così. Molti si accontentano di quello che hanno e hanno rinunciato da tempo ai loro sogni. Ancora più numerosi sono quelli che non credono che la vita sia qualcosa che si può controllare. Invece si può controllare.
Sì.
Anzi, la vita non è qualcosa che si può controllare, ma qualcosa che controllate ogni giorno. Se la prima parte di questa affermazione vi ha stupito, la seconda sarà stata una bomba. Ma sono entrambe vere e queste dure brevi frasi possono cambiare la vostra vita.
Considerate il fatto di avere in mano questo libro. Come ci è arrivato? Per quale insieme di circostanze in questo momento è davanti ai vostri occhi? Pensate di non c'entrare niente? E invece c'entrate. Siete voi che l'avete preso in mano, siete voi che avete iniziato a leggerlo. Ma a livello ancora più profondo: che cosa vi ha spinto a prenderlo in mano? che cosa vi ha indotto a iniziare a leggerlo? Ci sono milioni di libri nel mondo, milioni. Come mai siete stati attirati da questo libro o come mai questo libro ha attirato voi, e proprio in questo momento?
Ve lo dirò. Da qualche parte della vostra mente (forse molto in fondo, ma sempre nella vostra mente) avevate un pensiero, un pensiero supportato da un'emozione. Il pensiero è questo: Voglio cambiare la mia vita. E l'emozione che lo accompagna è un sincero desiderio, un'aspirazione molto profonda, molto reale e molto vera.
L'emozione è per i pensieri quello che l'oro è per il denaro. Un tempo, senza il corrispettivo quantitativo d'oro le banconote non valevano niente. Un pensiero senza emozione è soltanto un dato, ma se supportate un pensiero con un'emozione diventa un potere creativo.
Molti credono che le emozioni siano negative. Quante volte avete sentito dire: È una persona troppo emotiva
? A volte, anche le emozioni positive possono venire scoraggiate: Ehi, calmati, non eccitarti
.
È stata l'emozione a farvi scegliere questo libro, è stato un vostro desiderio. Credetemi.
Questo libro vi fornirà tutti gli strumenti necessari per cambiare il vostro destino. A questo punto rimane un'unica domanda: li metterete in pratica? Userete questo libro invece di leggerlo soltanto? Se avete deciso di sì, siete già sulla strada per realizzare la vita che avete sempre sognato.
Non vi dirò che d'ora in avanti sarà tutto facile. Gli strumenti che questo libro vi offre richiedono disciplina, richiedono determinazione. Ma, se avete disciplina e determinazione, riuscirete certamente a raggiungere un livello di felicità, pace e appagamento superiore a qualunque vostro livello precedente.
Per iniziare a leggere questo libro, dovete sapere che la vita non accade a voi: accade grazie a voi. Come? Già, questa è appunto la domanda… e la risposta l'avete già in mano.
Questo lavoro potrà rivelarsi il libro più importante che abbiate mai letto. Sono grato a Peggy McColl per averlo scritto e sono sicuro che lo sarete anche voi. Quindi: avanti, leggetelo e mettete in pratica i suoi principi. Non esagero dicendo che tenendo in mano questo libro tenete in mano il vostro destino.
NEALE DONALD WALSCH
Ashland, Oregon
Introduzione
Quattro rivelazioni
Per tanti anni ho vissuto in prigione e non lo sapevo. Quando penso alla ragazza che ero una volta e alla donna che sono adesso è come se fossero due persone completamente diverse. Ho avuto bisogno di molti anni, di molta sofferenza e di quattro rivelazioni per trasformarmi da un'adolescente confusa e infelice in una donna appagata e sicura di sé che sa di avere il controllo delle proprie emozioni e del proprio destino.
Oggi sono una facilitatrice per la realizzazione degli obiettivi e ispiro persone individuali, sportivi e organizzazioni a collegarsi alle loro passioni, a stabilire gli obiettivi e a sviluppare il loro massimo potenziale. Faccio questo lavoro da 25 anni, e metto le capacità e le comprensioni che ho sviluppato a disposizione di tutti coloro che vogliono vivere la vita che hanno sempre sognato. Ma non sono sempre stata così entusiasta, ottimista e in pace con me stessa. Nell'adolescenza e nei primi anni della maturità vivevo in una prigione di negatività e non sapevo assolutamente che la chiave per uscirne stava nel rafforzare il potere delle mie emozioni e nell'usarlo per creare la vita che desideravo.
Con il tempo scoprii che, per quanto le emozioni sembrino spazzarci via, abbiamo il potere di gestirle, così come abbiamo il potenziale di creare il nostro destino. Ho capito che è come se avessimo un interruttore del destino
, o meglio tutto un quadro di interruttori. Ogni interruttore controlla una coppia di emozioni opposte, per esempio la coppia felicità-infelicità, e abbiamo la possibilità di azionarlo in un senso o nell'altro, creando o incrementando le emozioni positive e abbassando il volume delle emozioni negative o distruttive. Come tante persone credevo che le mie emozioni dipendessero dagli altri e dalle circostanze esterne: dovevo ancora scoprire il mio potere e imparare a usarlo.
Rivelazione numero 1: Non potete fuggire da una prigione se non sapete di esserci dentro
Da adolescente ero insicura, infelice e sola. Ero imprigionata in quelle emozioni oscure e, come tante persone infelici, bevevo perché mi faceva sentire meglio, almeno per un po’. Per qualche ora l'alcol annullava il mio malessere e mi faceva sentire allegra e speranzosa. Ovviamente, il giorno dopo le mie emozioni negative ritornavano con tutta la loro forza e la fiducia se ne andava un'altra volta. Non sapevo come trovare una soluzione definitiva al mio malessere.
Ero anche arrabbiata perché nessuno mi insegnava come mettere a posto la mia vita. Ero troppo immatura per assumermi tutta la responsabilità di me stessa e ovviamente accusavo gli altri. Più speravo che arrivasse qualcuno a salvarmi e più la mia vita diventava ingestibile, la rabbia e la frustrazione crescevano, e stavo sempre peggio con me stessa. Passavo le giornate immersa nella mia tristezza, senza sapere che avevo dentro di me il potere per cambiare il mio modo di sentire e la mia vita.
Toccai il punto più basso a 17 anni. Da tre anni uscivo con Dave, un ragazzo che giocava nella squadra di football della scuola ed era molto popolare. Era stata una sorpresa che mi avesse chiesto lui di uscire, non capivo come facevo a interessarlo (la mia autostima era bassissima). Dave mi dava affetto e attenzioni, e presto mi chiese di diventare la sua ragazza.
Il suo amore mi faceva sperare che il mio stato d'animo negativo finisse, per essere finalmente sostituito dalla felicità e da un senso di benessere, ma un giorno mi disse che voleva fare una pausa
nel nostro rapporto perché aveva conosciuto un'altra ragazza.
Il mio stato d'animo era già orribile (e se ci ripenso credo che sia stato soprattutto questo che lo allontanò da me) e da quel momento fu come se la vita non fosse più degna di essere vissuta. Ero sicura che non avrei mai più potuto essere felice, ridere e nemmeno sorridere. Pensavo, come tanti, che la felicità sia uno stato in cui ci troviamo per magia quando ci accadono delle cose belle. Non sapevo ancora che siamo noi a creare la nostra felicità e che possiamo essere felici anche in mezzo ai problemi della vita.
Gli anni passavano, vissi altre storie d'amore, alcune abbastanza lunghe, ma nessuna mi dava quel senso di sicurezza e di tranquillità che cercavo. Esigevo dai miei partner continue rassicurazioni ed ero ossessionata dalla paura che mi prendessero in giro. Alla fine, per quanto un rapporto sembrasse positivo, lo sabotavo con la mia stessa insicurezza.
Dato che i rapporti non mi davano la felicità, iniziai a cercarla nel lavoro e nel denaro. Adolescente e con un lavoro part-time ero felice se potevo comprarmi un paio di jeans alla moda da 50 dollari. Avere dei soldi da spendere mi faceva sentire bene. Alla fine delle superiori avevo un lavoro a tempo pieno nel settore vendite di una società di informatica. Mi presentavo vestita in modo serissimo, elencavo i pregi dei prodotti che rappresentavo e mi piaceva influire sulle decisioni dei clienti e nello stesso tempo ricevere una buona percentuale.
Ma in realtà quel lavoro non era così liscio, anzi ero frustrata dal modo di fare della società e dei suoi manager. Ero convinta che avessero delle strategie antiquate e odiavo sentirmi dire che cosa dovevo fare. Accusavo loro della mia infelicità. Non ricavavo niente dai corsi di miglioramento delle performance che mi facevano seguire perché ero convinta che le mie difficoltà sul lavoro non dipendessero da me. Passavo da un settore all'altro nella speranza di fare meglio con altri compiti e altri colleghi, ma le mie performance non miglioravano e nemmeno la mia felicità.
Ancora una volta cercavo all'esterno la soluzione ai miei problemi. Ero convinta che se avessi trovato il lavoro perfetto, il partner perfetto e tutto il resto perfetto, la mia vita sarebbe diventata meravigliosa e l'insicurezza, la rabbia, l'invidia e la scontentezza sarebbero svanite di colpo. Non vedevo che in qualunque situazione portavo con me la mia scontentezza e mi costruivo una prigione da sola.
Un giorno, la società contattò un conferenziere motivazionale, Bob Proctor, per l'annuale seminario di ottimizzazione delle performance dei dipendenti. Mi ritrovai seduta in prima fila. (Oggi è un fatto normale ma a quel tempo no, odiavo essere visibile a meno che non avessi delle motivazioni precise per farlo). Mentre lo ascoltavo, mi resi conto che molte delle cose che diceva si adattavano perfettamente a me. Colpita dalla sua profondità e dalla sua intelligenza, ebbi la mia prima rivelazione quando disse:
"Non potete fuggire da una prigione
se non sapete di esserci dentro".
Quelle parole mi fecero correre un brivido in tutto il corpo e provai un fremito di eccitazione. Compresi di colpo che vivevo davvero in una prigione, fredda, buia e piena di paure, e che io stessa me l'ero costruita attorno.
Non che le mie emozioni negative fossero estreme o fuori controllo, ma ero afflitta da un perenne senso di insicurezza che mi faceva sentire piccola e insignificante. Non avevo fiducia in me stessa e avevo una continua paura del fallimento (causa delle accuse di arroganza che rivolgevo ai miei colleghi di lavoro). Quello era il punto: non avevo fiducia in me stessa. Sì, avevo un buon lavoro, ma avevo semplicemente afferrato un'opportunità che mi era stata offerta e non mi ero creata il mio successo da sola. Non osavo nemmeno nutrire dei sogni su quello che volevo nella vita. Avevo paura che, se avessi stabilito un obiettivo e non l'avessi raggiunto, la delusione sarebbe stata intollerabile.
Per quanto riguardava i rapporti, il mio atteggiamento era è andata com’è andata
ed ero convinta che amare volesse dire soffrire. Non c'era da stupirsi che lavorassi come una matta, perché il lavoro mi sembrava l'unico settore della mia vita su cui avevo un certo controllo, anche se segretamente ero terrorizzata dalla possibilità di fare degli sbagli. Non avevo nessun senso di uno scopo o di un destino, ma la sensazione, abbastanza carica d'ansia, che dovevo ricavare il meglio da quello che la vita mi offriva e continuare a sperare che la felicità apparisse magicamente un giorno o l'altro.
Senza una visione e senza nessun senso del mio destino, vivevo davvero chiusa in una prigione. Per questo le parole di Bob Proctor avevano risuonato con tanta forza dentro di me e continuavano a girare e rigirare nella mia mente. Qualche giorno dopo, mentre camminavo tra la folla vicino al mio ufficio, le nuvole si aprirono di colpo e la mia mente venne illuminata da un raggio di sole. Mi inondò la sensazione che avrei fatto qualcosa di importante, qualcosa che avrebbe fatto una grande differenza positiva nella vita di migliaia di persone infelici e confuse come me. Non avevo idea di che cosa sarebbe stato, ma ora che avevo capito di essere in prigione e che mi aspettava qualcosa di meglio, ero determinata a fuggire e a crearmi una vita felice.
Capii anche che avevo io la chiave della prigione: affrontare le emozioni negative che mi schiacciavano e mi bloccavano. Intuivo che, se ci fossi riuscita, avrei trovato la fiducia, l'entusiasmo e l'ottimismo che mi avrebbero spinto in una nuova direzione. Non sapevo ancora come controllare le mie emozioni, ma mi era chiaro che imparare a farlo era il compito che mi attendeva.
Iniziai a capire che la mia felicità non dipendeva né dal mio capo né dal mio partner. Io ero l'unica che potevo creare il mio destino e così… iniziai il mio viaggio.
Rivelazione numero 2: La conoscenza teorica non è sufficiente
Presi l'impegno di assumermi la responsabilità delle mie emozioni, delle mie scelte e della mia vita. Volevo realizzare il mio destino, la chiamata che avevo sentito il giorno in cui le nuvole si erano aperte. Decisi che d'ora in avanti avrei risolto i miei problemi da sola.
La mia vita iniziò a cambiare in modi molto positivi. Ero il direttore del marketing di un'importante società informatica, guadagnavo bene, avevo splendidi amici e una vita agiata, ma non ero ancora soddisfatta. Mi gettai appassionatamente nello studio dell'auto-miglioramento. Appassionatamente
non rende a sufficienza l'idea, perché mi immersi così profondamente nel processo da diventarne quasi drogata. Partecipavo a tutti i seminari motivazionali, fremendo di impazienza per riuscire a sedermi nei primi posti, e compravo tutti i libri e i programmi audio consigliati dal conferenziere di turno. Lessi tutti i libri di auto-aiuto che trovai in biblioteca, ascoltai tutti i programmi audio e mi iscrivevo a tutti i seminari possibili e immaginabili, facendo anche lunghi viaggi per poterli seguire. Spendevo in prodotti di auto-aiuto più di quanto una persona normale spende per l'affitto. Ma, nonostante la mia devozione alla causa, non ero soddisfatta. Dopo 11 anni di studio iniziai a nutrire seri dubbi sulle cosiddette strategie per realizzare la felicità. Ero convinta di dover avere sempre delle performance formidabili e l'aspettativa di essere in uno stato di continua euforia mi impediva di vedere che avevo tirato troppo la corda. Iniziai a perdere la fiducia e a sentirmi di nuovo impaurita e disperata. Poi, un giorno, partecipai a un altro seminario di Bob Proctor, che era diventato il mio insegnante motivazionale preferito. Sperimentai la seconda rivelazione quando disse:
"La conoscenza teorica non è sufficiente. Solo la
comprensione profonda può spingerci a metterci in moto
per arrivare là dove vogliamo arrivare".
Fu una vera illuminazione. Compresi che ascoltare soltanto le scoperte dei vari esperti di auto-aiuto non mi bastava per prendere in mano il mio destino e dare forma alla mia vita, perché non le avevo interiorizzate. Le annotavo, le scrivevo nei miei quaderni, ma non ero realmente collegata a quello che dicevano. Per questo, non solo non le capivo a fondo ma non riuscivo nemmeno ad applicarle alla mia vita. Ero troppo assorbita dal congratularmi con me stessa come cercatrice della verità per fermarmi e metabolizzare quello che ascoltavo. Anche l'idea di avere io la responsabilità del mio destino non era scesa realmente in profondità. Continuavo ad aspettarmi che fossero gli altri a farlo per me.
Come effetto di questa rivelazione sviluppai una passione per la comprensione profonda. Capii che dovevo mettere in pratica quello che avevo imparato e fare l'esperienza diretta delle verità che tutte quelle persone mi avevano offerto. Riesaminai tutto quello che dicevano sulle emozioni e iniziai a indagare dentro di me in che modo sperimentavo le mie emozioni. Perché era così difficile mantenere un atteggiamento positivo pur conoscendone teoricamente l'importanza? Perché sprofondavo con tanta facilità nell'abisso della rabbia e della disistima per me stessa? Perché c'erano così tante cose che spingevano i miei pulsanti della negatività? Invece di lasciare che le emozioni dominassero la mia vita e mi chiudessero nella loro prigione, decisi di cercare di capire più in profondità perché ero alla loro mercé e che cosa potevo fare al proposito.
Rivelazione numero 3: Basta una goccia di veleno per uccidere
In quel periodo ero sposata con un uomo meraviglioso. Per tutta la vita avevo sognato un matrimonio felice e Charles era pieno di attenzioni, amorevole e divertente. Credevo di avere lavorato abbastanza sulle mie insicurezze e di essere pronta per un rapporto sano e pieno d'amore, ma mi sbagliavo. Inconsciamente avevo ancora un senso profondamente radicato di disistima, e così, anche se avevo attirato nella mia vita un uomo magnifico, inconsciamente sabotavo il nostro rapporto. Avevo paura che, se lo avessi affrontato sui normali problemi che ci sono in un matrimonio, si sarebbe arrabbiato e mi avrebbe lasciata. Reprimevo quelle paure e la mia disistima e fingevo che tutto fosse perfetto. Lui non esprimeva i suoi bisogni e io non parlavo dei miei.
Poi, quel seminario con Bob Proctor accese un'altra scintilla. Bob aveva messo sul tavolo due bicchieri di vetro