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Ricco solo risparmiando: Come accumulare oltre 250.000 euro con un normale stipendio, risparmiando il giusto e investendo in modo sicuro
Ricco solo risparmiando: Come accumulare oltre 250.000 euro con un normale stipendio, risparmiando il giusto e investendo in modo sicuro
Ricco solo risparmiando: Come accumulare oltre 250.000 euro con un normale stipendio, risparmiando il giusto e investendo in modo sicuro
E-book249 pagine3 ore

Ricco solo risparmiando: Come accumulare oltre 250.000 euro con un normale stipendio, risparmiando il giusto e investendo in modo sicuro

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Info su questo ebook

Se la ricchezza apparente è fatta di sfarzo, cose e servizi perlopiù inutili che comportano solo un dispendio incontrollato di denaro, quella vera agisce fuori dalle logiche del consumo di massa, non usa il denaro per fare colpo sugli altri, ma solo per ottenere altro denaro, possedimenti, investimenti e rendite automatiche.

La differenza la fa lo stile di vita. Essere davvero benestanti significa vivere in modo più consapevole, sapere come accumulare denaro e farlo fruttare al meglio, comprendere che la ricchezza dipende principalmente dalle scelte che si compiono ogni giorno.

Sei convinto che per diventare ricco l’unico modo sia di ricevere una grossa eredità o di trovare il biglietto fortunato al Gratta e Vinci? Ricco solo risparmiando dimostra che possedere grosse cifre in denaro non equivale a essere ricchi. La ricchezza non dipende da quanti soldi hai in banca, ma dalla capacità di generare sempre nuove entrate.

Ricco solo risparmiando ti mostra come, con un normale stipendio, puoi risparmiare così tanto da accumulare cifre che poi, se messe a rendita nel modo giusto, creano guadagni continui. Un percorso guidato ti permetterà di scegliere due diverse strategie di risparmio grazie alle quali, nell’arco di alcuni anni, una famiglia può tranquillamente arrivare a possedere più di 250.000 euro, da investire e trasformare in altro denaro.
LinguaItaliano
Data di uscita31 mar 2020
ISBN9788868206314
Ricco solo risparmiando: Come accumulare oltre 250.000 euro con un normale stipendio, risparmiando il giusto e investendo in modo sicuro

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    Anteprima del libro

    Ricco solo risparmiando - Francesco Narmenni

    contrario.

    Parte 1

    PERCHÉ NON SONO RICCO?

    Perché non sono ricco?

    Se improvvisamente avessi a disposizione 100.000 euro, cosa faresti?. Questa è la domanda che feci a un caro amico in un tiepido sabato mattina di aprile, mentre, correndo nei boschi dietro casa, discutevamo di denaro e risparmio. La chiacchierata verteva sul concetto di ricchezza; io sostenevo che il risparmio e la capacità di far fruttare i soldi fossero la chiave per garantirsi un futuro tranquillo, mentre lui continuava a ripetere sempre lo stesso concetto: I soldi fanno soldi, Franz, se non ne hai non ne fai.

    Al tempo ero quasi arrivato al termine della prima tappa del mio progetto di cambiamento. Avevo risparmiato per anni e conclusi i lavori di costruzione della casa in cui vivo. Lavoravo, guadagnavo nella media e stavo iniziando il secondo ciclo di risparmio e investimento che, da lì a qualche anno, mi avrebbe assicurato un futuro tranquillo, anche senza lavorare. In seguito avrò cura di spiegare nel dettaglio cosa sono questi cicli.

    È molto difficile correre in salita lungo stretti sentieri nel bel mezzo della foresta e allo stesso tempo cercare di spiegare quei concetti finanziari che stanno alla base di una corretta gestione del denaro. Senza fiato e un po’ alterato dalla cocciutaggine del mio compagno, posi la fatidica domanda: Cosa faresti se ti ritrovassi con un’eredità di 100.000 euro?.

    Seguì un lungo silenzio, durante il quale restai in attesa di una risposta, poi aggiunsi: Se i soldi fanno soldi, spiegami come faresti a generare denaro da questa ipotetica eredità. Esitò ancora un istante poi disse, ostentando sicurezza: Andrei in banca a investirli; con centomila euro posso avere una buona rendita.

    Era evidente che non avesse la più pallida idea di quali fossero, in quel momento, le possibilità di investimento esistenti e di come si potesse far fruttare una cifra importante, ma non enorme, di denaro. Se possiedi 100.000 euro, oggi la cosa meno conveniente che puoi fare è investirli attraverso un istituto finanziario. Fino a qualche anno fa si potevano avere rendimenti interessanti, tanto che ne ho parlato profusamente nel mio primo libro Smettere di lavorare, ma oggi il mercato è profondamente cambiato.

    In generale le persone non pensano ai soldi in termini di investimento, non vedono nel denaro uno strumento per generare altro denaro, perché sono abituate a percepire uno stipendio e, con questo, acquistare tutto ciò che desiderano. Se avanza qualcosa lo lasciano in banca per cambiare l’automobile o andare in vacanza due volte l’anno. In questo modo il tempo passa, lavorano sodo, ma il capitale non cresce. Quanti di noi lavorano da anni, ma hanno pochissimi risparmi? Probabilmente la maggioranza e il motivo non è che la vita costa o che non guadagniamo abbastanza, ma che quasi nessuno tiene sotto controllo entrare e uscite, studia un piano di investimento per il futuro, si dà un obiettivo di accumulo, risparmia nel modo giusto e conosce nel profondo i metodi per generare ulteriori entrate.

    Le persone credono che ricchi si diventi solo vincendo al Gratta e Vinci, ricevendo enormi somme in eredità o inventando qualcosa di geniale, mentre ignorano che la ricchezza non dipende da quanti soldi hai in banca, ma solo dalla capacità di generare sempre nuove entrate. Possedere grosse cifre in denaro non equivale a essere ricchi. Vedremo in seguito che anche avere un milione di euro in contanti non renderebbe una persona ricca, se questa non sa ciò che va fatto con quella cifra.

    L’altro grande errore che quasi tutti compiono è dimenticare che tutte le torte sono fatte di briciole. Anche le più piccole somme di denaro risparmiate o guadagnate, con il passare del tempo finiscono per generare cifre molto interessanti. Se dieci anni fa avessimo adottato l’abitudine di mettere da parte 5 euro ogni giorno, magari rinunciando a qualche spesa superflua come le sigarette o quattro/cinque caffè al bar, oggi avremmo in tasca più di 15.000 euro. Tanti piccoli risparmi con il passare del tempo possono generare cifre interessanti, così come tanti piccoli guadagni e tanti piccoli investimenti.

    Esiste una larga fascia di persone che, se agisse nel modo corretto, potrebbe arricchirsi nell’arco di (relativamente) poco tempo. È sufficiente adottare il giusto stile di vita e imparare a gestire correttamente il flusso di denaro quotidiano.

    Purtroppo la finanza personale non è una materia che viene insegnata né nelle scuole né nelle facoltà universitarie, e questa è una delle cause scatenanti della nostra ignoranza finanziaria. Ai nostri figli insegnano l’economia del Paese, ma non quella domestica, concreta, che riguarda le scelte quotidiane, tantomeno il profondo significato del denaro e come cambia il suo reale valore nel tempo. Ignorare questi concetti porta a non curarsi dei propri guadagni, il che è lecito, ma ha delle conseguenze non sempre piacevoli sulla nostra vita.

    Cos’è veramente la ricchezza

    Come promesso, iniziamo a discutere alcuni concetti che abbiamo sempre dato per veri, ma che in realtà non lo sono, partendo dal più semplice: la definizione di ricchezza.

    Il PIL (Prodotto Interno Lordo) è il principale indicatore della ricchezza di un Paese. Se il PIL è in crescita significa che l’economia funziona nel modo corretto, che le persone stanno lavorando, la produzione è fiorente, le industrie vanno a pieno regime e quindi la popolazione spende il proprio denaro per acquistare i beni di consumo. Il PIL si riferisce a tutti gli oggetti e i servizi che vengono prodotti o erogati all’interno del nostro Paese, anche da società esterne che operano sul territorio. L’incremento del PIL ha effetti positivi sulle borse, perché dà fiducia agli investitori ed è per questo che spesso, dal nostro Governo, viene messa in pratica una falsa propaganda sulle percentuali di crescita: se fai credere, per esempio durante una crisi, che l’economia sia in ripresa, gli investitori saranno più propensi a impegnare i loro capitali e quindi i mercati andranno meglio. Dunque il PIL è universalmente riconosciuto come indicatore della ricchezza ed è corretto, ma dobbiamo chiederci: della ricchezza di chi?.

    Prendiamo come esempio un comune lavoratore appartenente alla classe media, con uno stipendio normale e una vita simile a quella di tutti. Questa persona lavora e acquista ciò che desidera. Questo è il meccanismo che fa girare l’economia, chi produce vende perché c’è sempre qualcuno che ha sufficiente potere d’acquisto per comperare. In parole povere, più spendiamo e più l’economia risulta fiorente, tanto che, per incentivare la spesa il Governo Renzi aveva addirittura regalato 80 euro in busta paga a ogni italiano, affinché la gente si sentisse più ricca e quindi contribuisse a rimettere in moto l’economia. Anche il tanto discusso Reddito di Cittadinanza ha il medesimo fine, perché se le persone non hanno soldi da spendere, l’economia va male.

    In questo meccanismo però c’è un chiaro paradosso: com’è possibile che più spendiamo più diventiamo ricchi? Se ogni mese spendessi tutto quello che guadagno sarei forse più ricco? Non dovrebbe essere il contrario? Più sono bravo a risparmiare, più denaro possiedo e quindi più benestante sono, giusto? In effetti però non crediamo sia così, perché la maggior parte delle persone è convinta che più cose si può permettere più è ricca. Se ti puoi comprare l’automobile di lusso, i vestiti costosi, le scarpe o le borsette da 400 euro, se puoi uscire spesso a cena e andare in vacanza in luoghi meravigliosi, allora sei ricco.

    Questa forma di ricchezza è quella che definisco ricchezza percepita, che corrisponde però solo al sentirsi ricco, perché potersi permettere tutto fa sentire benestanti, ma non significa necessariamente esserlo. Non è una ricchezza reale: ciò che possiedi o ciò che ti puoi permettere non determina quanto tu sia ricco, perché questi oggetti non sono un patrimonio, sono zavorra che perde di valore giorno dopo giorno. Puoi sentirti ricco appena acquistata una nuova automobile da 50.000 euro, ma in verità hai solo perso denaro, perché questo oggetto non produce ricchezza reale e perde costantemente di valore.

    Il concetto di PIL poi non può rappresentare la vera ricchezza per un altro semplice motivo: più le persone spendono e più il prezzo degli oggetti e dei servizi cresce. Se le persone sono disposte a pagare qualsiasi cifra per avere ciò che desiderano, chi vende alzerà il prezzo con l’intento di guadagnare di più. Se, al contrario, le persone spendessero meno, chi vende sarebbe costretto ad abbassare i prezzi per rendere più appetibile il suo prodotto, pertanto i nostri soldi varrebbero di più.

    Ora possiamo tornare alla domanda rimasta in sospeso e cioè: Chi si arricchisce veramente in un’economia basta sul PIL?. La risposta è molto semplice: si arricchisce chi è già molto ricco, cioè quei pochi potenti che traggono profitto dalla massa che lavora e consuma. I grandi gruppi petroliferi, per esempio, aumentano il prezzo del carburante in base alla ricchezza del Paese o delle regioni in cui questo è suddiviso. Come mai nel Nord Italia il carburante è più caro che al Sud? Semplicemente perché il potere d’acquisto della popolazione del Sud è inferiore a quello del Nord, visto che generalmente c’è meno lavoro e gli stipendi sono più bassi. Se al Sud si applicassero le stesse tariffe che al Nord, si venderebbe molto meno carburante e le persone inizierebbero a scegliere i mezzi pubblici, con il pericolo che il business del petrolio s’impoverisca. Se puoi spendere di più il prezzo cresce e questo mostra come il PIL sia un concetto economico appositamente forgiato per far arricchire i potenti. Anche se il povero guadagna di più, infatti, spendendo di più fa aumentare i prezzi; quindi il suo potere d’acquisto rimane invariato, ma nel frattempo i ricchi avranno incassato più soldi. Spendere non è benessere, è un’illusione di ricchezza che ci mantiene poveri e fa arricchire i potenti.

    La ricchezza reale, cioè l’essere veramente ricco, è tutt’altro, dipende solo dal denaro che sei in grado di generare attraverso ciò che già possiedi. Perché gli istituti di credito o le assicurazioni sono ricche? Non lo sono certamente perché sprecano tutto il denaro per abbellire sempre di più la propria sede o regalare ai dipendenti viaggi premio; lo sono perché sanno utilizzare i soldi per generare altri soldi. Uno studio della First Cisl, la Federazione Italiana Reti dei Servizi del Terziario, ha stabilito che il rapporto tra lo stipendio di un comune lavoratore e l’amministratore delegato di un istituto bancario è di 1 a 100. Un dipendente, infatti, dovrebbe lavorare tre vite per guadagnare quello che un top manager percepisce in un solo anno. La ricchezza delle banche è così vasta che hanno ottenuto il potere di utilizzare il nostro denaro per salvarsi dai fallimenti attraverso il meccanismo del prelievo forzato. Capirete che questo tipo di ricchezza è molto diversa da quella sancita dal PIL; anzi, i veri ricchi sono fondamentalmente spilorci, perché hanno capito che l’utilizzo corretto del denaro non è quello di spenderlo, ma di risparmiarlo e usarlo per generare altro denaro.

    Dovrebbe ora essere chiaro perché la strada per diventare ricchi passa inevitabilmente attraverso la rinuncia all’avidità e la corretta adozione di un oculato risparmio e si dovrebbe anche incominciare a intuire quale sarà il percorso che seguiremo.

    La giusta strategia

    Questo manuale è suddiviso in tre parti. La prima, estremamente importante, è dedicata al totale stravolgimento del concetto di risparmio. Perché questo libro sia efficace, infatti, è vitale mettere in discussione lo stile di vita che la nostra società ci impone. Chiarito poi il concetto di vera ricchezza ci dedicheremo alla comprensione del nostro sistema e a come ciò che riteniamo normale non lo sia affatto. Dobbiamo imparare a ragionare in modo diverso, a stravolgere i non-valori che ci hanno sempre inculcato, ossia quella forma mentis che ci impedisce di diventare padroni delle nostre finanze. Solo attraverso un profondo cambiamento personale possiamo salire il primo gradino della scala che ci porterà alla ricchezza. Adottare nuovi valori ci servirà ad accettare la pratica del risparmio totale sia come forma di ribellione nei confronti del sistema, sia come unica strada per cambiarlo.

    La seconda parte contiene tutte le strategie che metto quotidianamente in pratica per risparmiare più denaro possibile, frutto di anni trascorsi a studiare, conteggiare e affinare il metodo che mi ha portato ad avere sufficiente denaro per vivere senza lavorare. La maggior parte dei suggerimenti è applicabile nell’immediato, mentre solo alcuni richiedono un’attenta preparazione. Per tale motivo questa parte dovrà essere consultata a più riprese, per affinare e migliorare il nostro metodo di economizzazione. Ho individuato due profili di risparmio che permettono di accumulare cifre più o meno importanti; per ognuno ho fatto conteggi precisi che aiutano a comprendere quanti soldi si riescono a risparmiare.

    La terza e ultima parte sarà invece incentrata su come utilizzare il denaro accumulato per evitare di perderlo e generarne altro. È di fondamentale importanza infatti comprendere alcuni semplici concetti economici per gestire al meglio i soldi che possediamo. Scopriremo perché lasciare fermo il capitale significa perderne un pezzettino ogni giorno e quali sono i metodi applicati dai veri ricchi per fare soldi con i soldi. Al che in questo frangente saremo molto pratici e faremo conteggi precisi per valutare che cifre possiamo raggiungere e in quanto tempo.

    Chiarito il percorso attraverso il quale verremo accompagnati, passiamo subito alla profonda comprensione del sistema in cui viviamo e alla presa di consapevolezza di tutti quegli errori che ci hanno sempre impedito di arricchirci.

    Schiavi del consumo

    Sto guidando in tangenziale, piano, così piano che tutti mi odiano. Andare ai cinquanta all’ora su una superstrada è un esercizio psicologico non da poco, provare per credere. Mi sorpassano e mi vedono assorto, con lo sguardo quasi perso, non possono immaginare a cosa io stia pensando, probabilmente sono arrabbiati con me e forse, il fatto che io non li degni di attenzione li fa ancora più imbestialire.

    Eppure sto pensando a loro: dove stanno andando? Al lavoro, a casa, in vacanza, a prendere i figli a scuola, a vedere un concerto, al McDonald’s, a fare una rapina? Come trascorrono le giornate, quali esperienze fantastiche o terribili hanno vissuto e cosa gli capiterà tra un anno, un mese, un minuto? Impossibile saperlo; se penso alla mia esistenza dovrei scrivere un libro per trasmetterne le esperienze e finirei per raccontare solo i fatti, ma le emozioni, gli stati d’animo, le sensazioni? Impossibile narrarne l’essenza a qualcuno che non sia io. Penso a tutti quelli che conosco, poi a tutti gli abitanti della mia città, regione, stato... del mondo. Quante vite, quante esperienze, tutte diverse, tutte speciali.

    Le immagino come dei binari riposti in uno spazio piatto che si intrecciano l’uno con l’altro nella complessità delle relazioni, ma tutti diretti verso la medesima stazione. Non saprò mai cosa significa nascere in Giappone, Germania, Russia, essere uno scienziato, un minatore, un prete, vincere una gara motociclistica, scalare l’Everest, pilotare un aereo. Sono talmente tante, le vite che avrei potuto incarnare, che ho quasi difficoltà a elencarle.

    Eppure sembriamo non renderci conto dell’importanza di queste splendide diversità, tanto che sprechiamo tempo, energie e denaro per rassomigliarci tutti, imitandoci nell’apparire e nel comportarci. La chiamiamo normalità, ma di fatto si tratta di omologazione.

    Siamo un esercito che si sveglia ogni mattina e compie atti ripetuti, sempre uguali, giorno dopo giorno. Lavorare, guadagnare, consumare: questo è ciò che facciamo, sempre, fino alla fine dei nostri giorni, una routine ossessiva che rispettiamo diligentemente e a testa bassa. È il copione,

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