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Geografia dell'Anima: Un viaggio verso il sé
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Geografia dell'Anima: Un viaggio verso il sé
E-book127 pagine1 ora

Geografia dell'Anima: Un viaggio verso il sé

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Info su questo ebook

Un racconto di come la vita, quando lo spirito inizia davvero una ricerca profonda, offra incontri magici e rivelatori. Una donna che si sente intrappolata nella vita che si é costruita e della tremenda sensazione di infelicitá che ne deriva. Il rendersi conto che i legami con le persone e il lavoro si erano sempre basati sul condividere carenze e debolezze invece che sul rinforzare i propri punti di forza e soliditá. Un’evoluzione che inizia con un cambio interiore e che si manifesta con un cambio nella realtá circostante. Una disperata ricerca di veritá, purezza e autenticitá, in un mondo dominato da paure, consumismo, immagine, accumulazione della ricchezza e sfruttamento. La ricerca di un’essenza e della reale ragione dell’esistenza la condurranno per luoghi remoti ed in realtá totalmete distinte, per poi fare una magnifica scoperta. Un cambio nel quale il mondo della materialitá e della razionalitá lascia il posto al mondo della spiritualitá.
LinguaItaliano
Data di uscita22 set 2016
ISBN9788863653748
Geografia dell'Anima: Un viaggio verso il sé

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    Anteprima del libro

    Geografia dell'Anima - Francesca Abeltino

    veritá.

    PREFAZIONE

    Per tutta la mia vita ho scritto un diario nel quale posso ritrovare pensieri ed emozioni vissute sin da quando ero bambina, e quello di essere una scrittrice non è mai stato un mio sogno nel cassetto. Di fatto non credo di essere neanche particolarmente portata per la scrittura, quindi chiedo scusa in partenza a chi deciderà di avventurarsi nella lettura di questo mio manoscritto, per l’eventuale scarsa capacità letteraria che dimostro.

    A partire dagli eventi che racconto in questo libro, conseguenti al cercare delle risposte sul chi realmente fossi e sul perché fossi così infelice, in me iniziò a compiersi un’evoluzione, e con essa si manifestò l’esigenza netta e chiarissima di condividere la mia esperienza con altre persone, non solo con amici e conoscenti ma con tutti coloro che possibilmente stessero vivendo un disagio profondo simile al mio. Attraverso le esperienze vissute in un lasso di tempo che dura circa quattro anni, una serie di viaggi e situazioni vissute in Sud America, la decisione di modificare completamente la mia carriera e la mia vita, arrivo infine a capire la ragione della mia inquietudine e infelicità.

    Non mi considero una miracolata, e non penso di aver fatto nulla di straordinario. Semplicemente sono riuscita a trovare le forze dentro me stessa per cambiare il mio modo di vedere e interpretare la vita, e come reazione meccanica – il famoso Karma – anche la mia vita è cambiata.

    Come molte persone che conosco, mi sentivo incastrata in un’esistenza che non mi rendeva felice. Legata da fili o catene invisibili a persone, famigliari, stili di vita, modi di essere, sensi di colpa, aspettative da soddisfare e ruoli da interpretare.

    Non riuscivo a vedere me stessa. A capire chi davvero fossi, cosa volessi e per quale ragione fossi venuta al mondo. Men che meno poi riuscivo ad amarmi, né riuscivo a capire cosa volesse dire amarsi e come si facesse. Ero convinta di saper amare un uomo, i miei genitori, ma anche lì appresi che mi stavo sbagliando. I sentimenti principali con cui mi legavo alle persone intorno a me erano dominati maggiormente dall’esigenza di tappare le ferite mai rimarginate di quando ero piccola, o dai sensi di colpa che erroneamente avevo sviluppato e da cui non riuscivo a liberarmi. Non erano legami sani, puri e autentici.

    Vivevo in uno stato di costante frustrazione perché percepivo di avere una missione e una vocazione che non riuscivo a incontrare, così come percepivo che il lavoro, o i lavori, che svolgevo non fossero in nessun modo in linea con la mia essenza.

    Partendo da una visione totalmente razionale e meccanicistica della vita, il viaggio che intrapresi mi portò a specchiarmi con le mie paure, ad avvicinarmi e a scoprire la magia di energie invisibili, la finzione della realtà come immobile e lineare, il concetto dell’Uno e infine la presenza di Dio, o di quella che a me piace definire l’Energia Creatrice. Questa scoperta fu ciò che dettò il vero cambio nella mia prospettiva circa la vita e la ragione per cui esistiamo.

    Ora, non voglio convincere nessuno né tantomeno fare alcun tipo di proselitismo religioso.

    Al contrario, vorrei invitare i lettori a riflettere profondamente su quali elementi e situazioni della propria vita generino infelicità e disarmonia, per capire poi quale parte di quegli elementi sia addebitabile all’esterno, agli altri, e quanto sia invece riconducibile a loro stessi e alla propria attuale forma di essere.

    Pensiamo di essere fatti in un modo rigido, di avere un software che è stato ereditato, impresso in un DNA che non possa essere riprogrammato. Ma non è così. Ogni nostro dolore di quando siamo stati bambini, o anche adulti, produce meccanismi di difesa e di chiusura che, a loro volta, ci produrranno ulteriore dolore. Essi infatti ci faranno agire non come davvero vorremmo, o vorrebbero il nostro cuore e la nostra anima, bensì come la nostra mente ritenga che sia più opportuno reagire, al fine di non passare nuovamente per quel dolore iniziale. È un meccanismo perverso in cui veniamo rinchiusi senza neanche accorgercene. L’unica opzione di liberazione è vedere e fare pace con quei dolori iniziali, con quelle ombre, e lasciare che al loro posto subentri un insegnamento seguito da perdono, amore e luce. So di non aver scoperto l’acqua calda e che già qualcuno chiamato Freud o Jung si è addentrato in questo argomento in modo certamente più meticoloso del mio. Ma a prescindere dalla psicoanalisi e dagli infiniti modi possibili per entrare in armonia con la nostra interiorità, per tutti vale una regola: la volontà di entrare in contatto con ciò che ci causa dolore con l’obiettivo di guarire. La lotta più grande è quella con noi stessi, vale a dire il riuscire a vincere la nostra programmazione mentale che si è costruita giorno dopo giorno. Le nostre paure e le nostre fragilità. È un cammino lungo, tortuoso, difficile e faticoso. Ma ne vale la pena. Esattamente come quello del bruco che con fatica e dolore diventa farfalla. Io l’ho scoperto solo nella parte finale di questo libro, perché per buona parte del tempo mi sono limitata a cercare delle risposte fuori da me, sperando che qualcuno mi potesse sollevare da quel peso esistenziale che percepivo sulle spalle.

    In tutto questo processo e viaggio interiore pensiamo di essere soli e di dover muovere montagne. Ma non è così. Diverse energie di altre dimensioni ci guidano e ci aiutano costantemente e quotidianamente, e l’unica cosa che dobbiamo modificare è la nostra resistenza nell’ascoltarle e percepirle. Il cammino verso la purificazione della nostra parte oscura è quello che Buddha ha definito il cammino per l’illuminazione, per ritrovare la luce dentro di noi, la parte di divinità che è celata nella nostra interiorità. E in effetti quel cammino di ricerca dura una vita, tanto quante sono le esperienze terrene che ci fanno soffrire e da cui dobbiamo apprendere per liberarci da paure e ombre.

    Quando ho avuto la possibilità di comprovare l’esistenza di Dio, o Energia Creatrice, così come quella di diversi Maestri Ascesi, ho provato la più grande esperienza d’Amore e di fiducia della mia vita. E la stessa Energia Creatrice ha voluto mettere sul mio cammino una guida spirituale speciale che mi ha aiutato a fare poderosi passi avanti in quella che è la percezione della vita, di me stessa, della mia personalità e delle mie ombre.

    So che per coloro che non credono, che cioè preferiscono essere agnostici, le mie parole risulteranno sterili e visionarie. Ma non importa. Auguro a tutti – credenti e no – di incontrare il cammino interiore verso la felicità.

    Francesca Abeltino

    CHI ERO

    Ero una ragazza infelice. Persa e incastrata in una vita che non sentivo più mia, in una relazione che ormai non aveva più un senso ma di cui, allo stesso tempo, ero dipendente.

    Mi sentivo anestetizzata. Era il 2011, avevo trentaquattro anni e vivevo in uno stato di crescente insoddisfazione. Mi sembrava di avere tutto ciò che potessi desiderare e di aver adempiuto i diversi obblighi che la società riconosceva come giusti. Un marito con cui stavo insieme da dodici anni e a cui volevo bene, un matrimonio celebrato alle Hawaii, un buon lavoro, un bell’appartamento finemente arredato in una zona residenziale di Milano, un cane bellissimo e dolcissimo, una vita sociale intensa e una situazione economica serena. Non avevamo ancora avuto figli ma eravamo ancora giovani e sapevamo che, se tra noi le cose avessero ripreso ad andare bene, sarebbero arrivati anche loro.

    Eppure dentro di me c’erano un immenso dolore e una profondissima sensazione di vuoto. Sapevo che il punto cruciale non era soltanto recuperare o terminare la relazione che ormai sentivo a un punto morto, bensì capire che senso dare alla mia esistenza. Capire chi realmente fossi, cosa mi rendesse felice, quali fossero i miei sogni e quale la mia missione in questa vita. Sentivo che da qualche parte mi stava sfuggendo un intero universo; sospettavo che ci fosse quel qualcosa che, una volta incontrato, mi avrebbe resa felice e piena. E sapevo che tutto quel mare di inquietudini da cui ero pervasa non le potevo condividere con il mio compagno, mio marito. Ormai viaggiavamo su binari paralleli. E quella triste realtà mi faceva sentire ancora più disperata. Non c’erano colpe o accuse, solo eravamo incapaci di emozionarci per le stesse cose, vibravamo in modo troppo diverso e avevamo ormai sviluppato una reciproca incapacità di dialogare. Non avevamo interessi in comune e vivevamo un amore ormai spento, probabilmente messo anche in ombra dalla presenza di un’altra donna.

    Ma non ci lasciavamo, non ne eravamo capaci.

    Il come fossi arrivata a quel punto di sofferenza e insofferenza verso la vita neanche io lo sapevo. Mi ero convinta di aver sempre fatto le scelte giuste e di aver seguito il mio cuore senza condizionamenti esterni.

    Non era così.

    Quel dolore e quell’inquietudine avevano radici profonde e ben nascoste. E lo avrei capito con chiarezza solo un settembre di quattro anni più tardi.

    Da quel settembre in poi nulla sarebbe più stato uguale nel mio modo di percepire la vita, ma questa è la parte finale della storia!

    Fino a quel momento, anno 2011, avevo vissuto principalmente in tre luoghi: Genova,

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