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Ragazzo sott'acqua
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E-book194 pagine2 ore

Ragazzo sott'acqua

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Info su questo ebook

Per scoprire la verità a volte devi andare a fondo

Cymbeline Igloo (già, proprio così!) non è mai stato a nuotare. MAI, nemmeno una volta. Ma imparare non può essere poi così difficile, no? Ha cercato su Google “stile libero” e scovato in un ripostiglio un vecchio costume del papà. È pronto! L’unica cosa per cui NON è pronto è l’imbarazzante incidente in piscina che tanto ha turbato la mamma. Dev’essere successo qualcosa che ha a che vedere con l’acqua, non c’è altra spiegazione. Ma cosa?
Così, con l’aiuto di amici vecchi e nuovi, Cymbeline decide di scoprire perché sua madre non lo ha mai portato a nuotare. E questo metterà la sua vita sottosopra...
LinguaItaliano
Data di uscita4 apr 2019
ISBN9788830500570
Ragazzo sott'acqua
Autore

Adam Baron

Adam Baron Attore e autore per la TV e per la radio, è stato anche giornalista e ha lavorato nell’ufficio stampa di Channel 4. Vive a Greenwich, nel sud di Londra, con la famiglia e insegna scrittura creativa alla prestigiosa Kingston University. Ragazzo sott’acqua è il suo primo libro per ragazzi, e lo ha scritto per esaudire le richieste dei suoi tre figli.

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    Anteprima del libro

    Ragazzo sott'acqua - Adam Baron

    però.

    CAPITOLO UNO

    Non mi crederete, lo so. Io, Cymbeline Igloo, non ho mai nuotato.

    Intendevo la seconda cosa, però, non la prima, perché Cymbeline Igloo è proprio il mio nome: dovete crederci per forza, perché è scritto sul mio zaino di scuola, su tutti i maglioni e su molti altri oggetti come il passaporto.

    Quello a cui non crederete, invece, è che non ho mai nuotato, perché quando dico mai intendo davvero mai. Zero. Neppure una volta nella vita. E ho nove anni!

    A calcio mi sono classificato terzo (a pari merito) tra tutti i miei compagni di quarta, e sui pattini secondo in assoluto dopo Elizabeth Fisher, anche se lei ogni domenica si allena al Club.

    Sono perfettamente sano e in forma, normale sotto ogni aspetto (eccetto il mio nome, d’accordo), ma non ho mai messo piede nel mare, e neppure in un fiume o in un lago, per non parlare di una banalissima, comunissima, semplicissima piscina.

    Mai nella vita.

    Fino a lunedì.

    È colpa di mia madre. Tutta sua. È stata lei che non mi ha portato a nuotare quando ero un neonato, né quando stavo imparando a camminare, né quando frequentavo l’asilo e nemmeno all’inizio delle elementari.

    Un giorno le ho chiesto perché, e lei ha tirato fuori una serie infinita di scuse senza senso, una peggio dell’altra. Non andiamo in spiaggia perché lei è allergica alla sabbia. Nei fiumi, dice, vivono i coccodrilli (e tenete conto che abitiamo nella zona sud-est di Londra). I laghi, racconta, sono tutti come in Scozia, e dentro ci abitano creature misteriose tipo il mostro di Loch Ness, così pericoloso (sì, sì, certo) che nessuno lo ha MAI VISTO (chiedo scusa alla Scozia, ma la storia del mostro davvero non sta in piedi).

    Quanto alle piscine, il cloro (mai capito di cosa si tratta) può irritare la pelle, e ci galleggiano tantissimi grumi di capelli che a volte non provengono nemmeno dalla testa delle persone ma da altre parti del corpo.

    Quest’ultimo dettaglio è il più convincente per tenersi alla larga dal nuoto, ma ciò non toglie che la mamma AVREBBE DOVUTO PORTARMI ALMENO UNA VOLTA! Questo l’ho capito lunedì scorso, quando è successo quello che definirei

    «Mettersi in fila, tutti quanti. Muoversi, di corsa, su» ha detto la maestra Phillips. Lunedì scorso. Prima di arrivare a lei, però, credo sia meglio rispondere a una domanda che di sicuro vi è saltata in mente come un tramezzino che esce dal tostapane. Se la mamma non voleva portarmi a nuotare, perché non l’ho chiesto a mio padre? So che lo avete pensato. A volte mi dimentico che la maggior parte delle persone ha due genitori: l’ho capito andando alle riunioni serali dei genitori o alle recite scolastiche. In quelle occasioni ci sono sempre una mamma e, accanto a lei, un papà. Che sembra annoiato o controlla il cellulare. Il mio migliore amico Lance, che è il terzo miglior giocatore di calcio del quarto anno insieme a me, ne ha persino QUATTRO, di genitori, perché la sua mamma e il suo papà hanno divorziato e poi si sono risposati con altre persone, che adesso sono rispettivamente il suo patrigno e la sua matrigna. Questo non è affatto giusto, proprio per niente, perché vuol dire che ha tre genitori più di me: è un dato di fatto, perché il mio papà è morto quando avevo un anno e di lui non ho nemmeno un ricordo. Per me è solo una fotografia sulla mensola del caminetto, o la ragione per cui a volte la mamma piange. A Natale. E soprattutto il giorno del mio compleanno. Piange, piange, sniff, sniff. Mi dispiace per lei, certo, ma non è di grande aiuto quando uno cerca di divertirsi con la sua nuova scatola di Lego. E così niente papà che mi accompagni a nuotare al posto della mamma, perché lei semplicemente non l’ha mai fatto.

    «Avete portato la vostra tenuta da nuoto?»

    «Tenuta?» ha domandato Lance.

    «Occhialini, asciugamano, costume. Il necessario per la piscina.»

    «Costume?»

    «Nel tuo caso pantaloncini da bagno, Lance. Non credo che il bikini ti donerebbe. Allora? Cymbeline, hai tutto? Mi sembri un po’ pallido.»

    «Certo, maestra» ho detto con una voce un po’ strana.

    «Bene, allora. Sono solo due passi. Statemi vicini, tutti quanti.»

    E così ci siamo avviati. Direzione: piscina.

    Questo è successo lunedì scorso ma, prima di raccontarvi com’è andata, è meglio se faccio un passo indietro. Devo proprio, mi dispiace: raccontare una storia dall’inizio alla fine è una faccenda piuttosto COMPLICATA, inizio a rendermene conto.

    Il venerdì precedente al lunedì, è sempre la maestra Phillips a dire: «Ragazzi, ho una brutta notizia: il lunedì mattina non faremo più l’ora di religione».

    Esaurita l’esplosione di felicità, Lance ha chiesto il motivo.

    «Perché, Lance – via quel dito dal naso, per favore – cominceremo le lezioni di nuoto.»

    «Cominceremo?» ha domandato Danny Jones. Sembrava quasi spaventato.

    «Intendevo dire comincerete. Io vi guarderò da bordo vasca.»

    La notizia che non avremmo visto la maestra Phillips in costume da bagno è stata un sollievo. Abbiamo cominciato a parlottare, tutti elettrizzati, e Lance si è voltato verso di me con un sorriso.

    «Chissà se saremo terzi pari merito anche a nuoto.»

    «Io...»

    «Che c’è, Cym? Sembri... Va tutto bene?»

    «Certo, sì. Però non credo che questa volta saremo pari merito, Lance. Non in piscina.»

    «Eh? Ma figurati. Scommetto che sei bravissimo Cym!»

    «Ecco. Be’...» ho risposto. Poi, e non so proprio PERCHÉ, ho aggiunto: «In effetti a nuotare sono davvero un fenomeno».

    «Scommetto che non sei bravo quanto me, Igloo» ha detto Billy Lee e, dopo aver controllato che la maestra non ci stesse guardando, mi ha dato una gomitata nello stomaco. Un classico di Billy Lee. Lo fa sempre. È davvero un mega-incubo, una sorta di Minion viola che nessuno riesce a far tornare giallo. «So nuotare a farfalla» prosegue. «Tu sei capace?»

    «Certo» ho risposto. «Come no.»

    «E cos’altro?»

    «Ehm...» Mi sono concentrato.

    «Allora?»

    «Falena?»

    «Che cosa?»

    «So nuotare a falena. E anche a farfalla, naturalmente» ho concluso.

    Lance si è sbellicato dalle risate e mi ha dato una pacca sulla schiena, anche se non ho capito perché. Farfalla? Pensavo che saremmo andati a nuotare, non a cercare farfalle al parco. Ho cercato di nascondere la mia totale ignoranza sull’argomento e ho notato l’espressione beffarda sul viso schiacciato di Billy Lee mentre diceva: «Questo lo vedremo. Lunedì mattina, io e te, Igloo».

    «Cosa?»

    «Una gara di nuoto. A stile.»

    «Io faccio tutto con stile!»

    «Stile libero, testa di cavolo!»

    «Certo» ho detto. E alla fine della pausa pranzo ormai lo sapeva tutta la classe. Io, Cymbeline Igloo (compagno di scuola simpatico, amichevole e sempre disponibile a dare una mano a tutti), avrei sfidato Billy Lee (sfacciato, che prende in giro tutti e un vero bullo quando sa che può passarla liscia) in una GARA DI NUOTO nella piscina di Lewisham. «Chi perde è una testa di cavolo» ha detto Billy Lee, ma a quel punto mi sentivo già una testa di cavolo. Gara di nuoto? Proprio io che non avevo mai nuotato nemmeno una volta, e contro un bambino alto trenta centimetri più di me, iscritto dai genitori a qualsiasi possibile corso sportivo? Ma a che cosa stavo pensando? Da sbattere – SBAM – la testa – SBAM – sul banco – SBAM – mille volte. Ho continuato a chiedermelo tutto il giorno, scervellandomi per trovare una via d’uscita, disperato, finché non è successa una cosa davvero incredibile. Era ora di andare a casa. Mi trovavo in cortile. Ero lì fermo, quando...

    Veronique non si avvicina mai a nessuno. Nemmeno alla maestra Phillips, anche se spesso le corregge gli errori di grammatica e ortografia. Quando lo fa, la maestra Phillips la ringrazia, ma non penso che sia sincera. Veronique è un genio, unico e inavvicinabile. Sa scrivere senza errori parole come accellerare o incoscente. Sua madre è francese, quindi Veronique sa anche il francese; e suo padre è cinese, quindi sa anche il... satsuma (si dice così?). O forse è il mandarino? Non importa. È CINQUE livelli più avanti di me in pianoforte (è al quinto anno). E... non mi sente nessuno, vero? Posso dirlo?

    È MOLTO CARINA. Ha lunghi capelli neri, così lucidi che dentro ti ci puoi quasi specchiare, e profuma come se qualcuno, da qualche parte, stesse mangiando zucchero filato.

    Ero così elettrizzato dalla sua apparizione che per un istante ho scordato il terribile pasticcio in cui mi ero appena cacciato. Solo finché non ha parlato, però: a quel punto il mio stomaco si è disfatto come un pancake venuto male.

    «Cymbeline, spero proprio che vincerai.»

    «Scusa?»

    «Lunedì. Contro Billy. Abita vicino a casa nostra ed è un idiota totale. Distruggilo, ci conto!»

    Dato che non sono riuscito a rispondere nulla, Veronique si è allontanata guardandomi perplessa, e in quel momento è apparsa tra la folla mia madre, che ha cominciato a spettinarmi i capelli.

    «È andata bene la tua giornata, campione?»

    «Sì, mamma, perfetta. L’ho trascorsa pensando che sei senza ombra di dubbio la madre migliore del mondo.»

    «Ah...»

    «NON FARLO!»

    «Cymbeline? Cym? C’è qualcosa che non va?» mi ha domandato.

    «Nulla che TU possa sistemare» ho risposto, e sono partito come un razzo verso il cancello, dove ho incrociato Billy Lee che, ridacchiando, ha detto: «Ci vediamo lunedì».

    CAPITOLO DUE

    Cerca su Google: stile libero . Risultato: La posizione a stile libero prevede che la mamma si metta semisdraiata, affinché il neonato possa appoggiarsi comodamente sopra di lei.

    Che cosa?! Può farlo un neonato con la mamma e io non sono in grado? Forse non si tratta di nuoto, però. Nella fotografia c’è una donna che allatta suo figlio.

    Cerca su Google: nuoto stile libero.

    Ecco, ci siamo. Direi che va bene.

    Nuotoperfetto.org dice che bisogna sdraiarsi in acqua a faccia in giù e muovere le braccia come se fossero le pale di un mulino a vento. Il tutto ruotando il capo da una parte all’altra per respirare. Ottimo. Non sembra difficile.

    Basta computer.

    «Mamma!» ho chiamato dal soggiorno.

    «Sì, Cym?»

    «Devo fare il bagno!»

    Ho sentito una tazza da tè che si frantumava sul pavimento della cucina, e lei che arrivava di corsa.

    «Cym, stai bene? Tutto a posto?»

    «Sì, perché?»

    «È solo che, be’... mi hai chiesto di fare il bagno.»

    «Lo so, io, ecco... Essere puliti è molto importante.»

    «Certo. Ottimo, sono felice che tu sia d’accordo con me, finalmente. Ma non va bene la doccia?»

    «In questo caso, no.»

    Sono salito al piano di sopra, ho riempito la vasca ed eccomi pronto. Testa sotto l’acqua e sedere fuori. Forse non dovevo aggiungere il bagnoschiuma... perché ho cominciato a lacrimare e a sputare bolle. La vasca non era abbastanza profonda né lunga, ecco il problema. E nemmeno abbastanza larga. Ogni volta che cercavo di mulinare le braccia colpivo il bordo, e continuavo a sbattere la testa. Nuotoperfetto.org parlava anche di virate, o qualcosa del genere, per cambiare direzione una volta terminata la vasca. Ma quando ci ho provato, ho sollevato il tappo con l’alluce e schizzato il bagnoschiuma fuori dalla finestra.

    «Sei impazzito?!» ha gridato la mamma, correndo in bagno. C’era più acqua fuori che dentro la vasca.

    «Però sono pulito» ho detto.

    La mamma ha scosso la testa e ha preso il flacone di shampoo. «Chiudi gli occhi» ha detto.

    Ho lasciato che mi lavasse i capelli senza lamentarmi (troppo) e alla fine le ho chiesto che programmi avevamo per il fine settimana.

    «Tu cosa vorresti fare?»

    «Possiamo...?»

    «Sì, Cym?»

    «Andare in piscina?»

    La mamma si è zittita. Poi ha risposto: «Vediamo. Forse. Anche se pensavo di portarti a vedere il Charlton domani pomeriggio. Un regalo di compleanno in anticipo».

    «Davvero?»

    Il Charlton è la nostra squadra locale e da grande giocherò con loro. Sarò il capitano, come Johnnie Jackson, anche se dovrò spartirmi il ruolo con Lance, visto che siamo pari merito. Danny Jones (il secondo) e Billy Lee (il migliore, grrrr) giocheranno per il Chelsea nella Premier League, quindi non devo preoccuparmi di loro.

    Quella dello stadio era un’idea davvero magnifica, anche perché, essendo un regalo in anticipo, mi aspettava di sicuro ANCHE un’altra sorpresa (ne riparleremo). Mancava ancora una lunghissima settimana al mio compleanno, e il solo pensiero mi sembrava una tortura. È strano, no? Più si avvicina la data più sembra che non debba arrivare mai.

    «Grazie, mamma! Hai già preso i biglietti?»

    «Non ancora. Mi è appena venuto in mente. Ma tra poco mi collego al sito. Tanto non rischiamo il tutto esaurito.»

    «Super! Che ne dici di domenica pomeriggio?»

    «Cosa?»

    «La piscina.»

    «È aperta la domenica? Non credo.»

    «Oh. Be’, magari allora potremmo rimandare il Charlton alla prossima settimana.»

    Ma lei non stava più ascoltando. Mi ha fatto uscire dalla

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