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Daniel Spoon: La porta stretta
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Daniel Spoon: La porta stretta
E-book296 pagine4 ore

Daniel Spoon: La porta stretta

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Info su questo ebook

Non c'è nulla di più importante per Daniel dell'amore che prova per Elisabeth. Eppure la vita insieme a un demone non è facile e le rispettive differenze non tarderanno a manifestarsi. Quando un nuovo pericolo minaccerà tutto quello che Daniel ha di più caro al mondo, una terribile rivelazione lo costringerà a fare i conti con se stesso, cambiandolo per sempre. Il seguito di Daniel Spoon - La via di mezzo vi farà ridere, piangere ed emozionare, in un crescendo epico e struggente.
LinguaItaliano
Data di uscita24 mar 2023
ISBN9791222086613
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    Anteprima del libro

    Daniel Spoon - Delfino Gabriele

    PREMESSA

    La musica è una parte importante di questo romanzo.

    Per questo motivo ogni capitolo si apre con il testo di una canzone che è anche la colonna sonora di immaginari titoli di coda.

    Il mio consiglio è quello di ascoltare, una volta finito un capitolo, il brano corrispondente, così da poter godere della giusta atmosfera.

    (Il capitolo 9 fa eccezione, ma lo scoprirete leggendo.)

    Ho creato su Spotify la playlist della colonna sonora del romanzo: la potrete trovare sotto il mio profilo Gabriele Delfino.

    Naturalmente se avrete in modo di ascoltare i brani in cuffia, l’esperienza sarà migliore: non ve ne pentirete ☺

    Non mi resta che augurarvi una buona lettura e un buon ascolto!

    PS. Tutte le note presenti nel libro, sono tratte da Wikipedia. I diritti dei brani musicali appartengono ai legittimi proprietari.

    Dedicato a tutti coloro che almeno una volta nella vita mi hanno voluto bene. L’amore è l’energia che ci tiene vivi e come tale, non si crea né si distrugge. Quello che proviamo, è destinato a rimanere in eterno. 

    CAPITOLO 1: PROVA A COLPIRMI

    Hunted by desire

    Wanna live, so alive

    Endless sky to admire

    What's together never dies

    Falling into place while we levitate

    It’s true

    Blood Love – Young Summer

    Ogni famiglia ha dei segreti, penso che sia normale.

    Quando avevo 12 anni ad esempio, zio Chaz, il fratello di mia madre, ci ha confessato di essere gay.

    Durante la cena di Natale.

    Non che fosse un problema naturalmente, non siamo dei bifolchi conservatori (o per dirla con le parole di mia nonna dei Tory bastardi) e poi non si può certo dire che fosse una VERA sorpresa.

    La sua passione per i musical, Barbara Streisand e Cher, qualcosa ci aveva fatto intuire. Intendiamoci, non vorrei sembrare una persona che ragiona per stereotipi ma, insomma…dovreste conoscere zio Chaz.

    Non era certo un segreto.

    No, la doccia fredda è stata un’altra.

    Con la stessa naturalezza di chi racconta di aver comprato un nuovo paio di scarpe, mio zio ci comunica di avere un compagno da circa 10 anni.

    Si chiama Josh, sono coetanei ed è Americano, di San Francisco.

    Marie-Anne lo guarda, si porta il tovagliolo alla bocca e inizia a singhiozzare, sputando pezzi di tacchino e salsa ai mirtilli.

    La salsa le schizza dagli angoli della bocca e le colora il mento di un inteso rosa scuro mentre le lacrime le sciolgono il trucco in sottili rivoli neri. Nel giro di pochi minuti sto cenando seduto al fianco di un sosia di Alice Cooper¹.

    (Si, a 12 anni conoscevo Alice Cooper. La mia non è stata un’adolescenza semplice.)

    Il fatto è che nulla aveva lasciato presagire a mia mamma che suo fratello gli potesse nascondere una cosa tanto importante quanto una relazione di quella durata.

    Ero troppo piccolo naturalmente per capire che cosa stesse realmente accadendo ma, anni dopo, ho scoperto che non fu tanto il segreto in sé ad averla sconvolta, quanto la mancanza di fiducia che suo fratello gli aveva riservato, un altro colpo basso da un uomo.

    Perché gli uomini devono rivelarsi sempre così stronzi? mi ha chiesto una volta, rivangando l’episodio.

    Non ho mai capito se volesse un punto di vista maschile oppure se me lo avesse chiesto perché non mi considerava un uomo ma unicamente un figlio.

    In ogni caso, quella sera, la situazione peggiorò quando mia nonna, tentando di sdrammatizzare, rese quel Natale indimenticabile.

    Col senno di poi, a fine serata, non avrei dovuto chiedere a mia mamma che cosa intendesse nonna Myrtie con le parole anche io ho avuto relazioni lesbiche in gioventù.

    Mamma! Ma ti sembra il caso? Davanti a Daniel! strilla Marie- Anne, mettendomi le mani sulle orecchie.

    Dico solo che uno non dovrebbe essere costretto a…MANGIARE… lo stesso…ORTAGGIO…per tutta la vita.

    Sul serio mamma? Pensi davvero che così non capisca? Cosa credi che abbia: 3 anni oppure un ritardo mentale?

    Oh, insomma…cosa vuoi che sia…un ditino o due, non ha mai fatto male a nessuno! Anzi, farebbe bene anche a te, sai? Non saresti sempre così tesa.

    La mamma ha ragione, Marie-Anne rincara la dose mio zio guarda che ne stai facendo una tragedia per nulla, siamo nel ventunesimo secolo.

    Mia nonna alza il calice come per sottolineare il concetto e mia madre dà in escandescenze, urlando contro a entrambi, irritata dal fatto che non capiscano quale sia il punto della questione.

    E comunque grazie Chaz. Proprio oggi che è l’anniversario di…beh, dovreste saperlo di cosa!

    Non capisco a cosa faccia riferimento ed è forse l’unica cosa oscura di tutta la faccenda ma presto cambiano discorso.

    A nulla valgono le rimostranze di mia mamma, perché Nonna Myrtie inizia a descrivere, con dovizia di particolari, le giornate negli istituti religiosi in cui è cresciuta e che più o meno si possono riassumere così:

    Sveglia all’alba con secchiata d’acqua gelata in faccia;

    Penitenza e preghiera del mattino;

    Torture fisiche varie da parte di religiosi a caso;

    Torture psicologiche varie da parte di religiosi a caso;

    Pranzo frugale in un salone carcerario;

    Studio pomeridiano con rapporti saffici clandestini nei bagni;

    Frustate della sera;

    Rapporti saffici di gruppo nei dormitori;

    Riposo.

    Non so, probabilmente l’istruzione e la fede religiosa dovrebbero correre su binari separati e paralleli. E quando dico paralleli, intendendo proprio dire che non dovrebbero incontrarsi mai.

    Tuttavia il punto era un altro.

    Forse in una famiglia i segreti sono inevitabili e magari, in qualche misura, potrebbero anche essere sani.

    In fondo, non bisogna per forza dirsi proprio tutto, giusto?

    Eppure, vedendo la reazione di Elisabeth alle parole di Semeyeza, ho il sospetto che certi segreti non dovrebbero esserci, perché rischiano di minare alle fondamenta la fiducia che gli individui ripongono gli uni negli altri.

    Nella famiglia di Elisabeth, il segreto sono io.

    O meglio, lo sono stato fino a oggi.

    Dopo esserci trattenuti ancora un po’ in camera di Elisabeth (non mi dilungo nei dettagli, ma sappiate che questa volta non sono svenuto né prima né dopo e né, soprattutto, durante. Anche se sospetto che sia grazie alla mia nuova natura demoniaca), scendiamo nell’ampio salone principale.

    Non sono abituato al lusso e gli unici luoghi in cui l’ho visto sono il buio di una sala cinematografica e lo schermo a bassa definizione della televisione in salotto. Non posso nemmeno dire di averlo visto sulla carta patinata delle riviste, perché quelle cose non giravano in casa nostra.

    È abbastanza ovvio quindi che non sia pronto allo sfarzo della casa di Elisabeth e il mio essere facilmente impressionabile contribuisca alla sensazione di stupore e soggezione.

    Un’ampia scala di marmo ci conduce dal piano superiore, riservato alle camere e ai bagni (8 e 8, per la precisione), verso un enorme ingresso con il soffitto alto 5 metri. Quasi tutte le pareti sono state sostituite da gigantesche vetrate, creando uno strepitoso effetto scenico: l’intero spazio sembra disegnato dalla luce.

    Scendendo la scala, è difficile capire dove finisca l’interno della casa e dove inizi il panorama circostante e nel complesso ho l’impressione che sia stato concepito per consentire, a un nutrito numero di angeli, di volarci attraverso senza incontrare ostacoli di sorta.

    Intendiamoci, in nessuna stanza ho potuto riscontrare sfarzo o ostentazione, ma la bellezza di quest’architettura non può che esprimere una spudorata e sfacciata ricchezza.

    È inutile girarci attorno: sono a disagio e in soggezione.

    Ho paura di contaminarne la bellezza con la mia sola presenza.

    E come se non bastasse, Elisabeth mi accompagna di sotto tenendomi per mano con fierezza e facendomi sentire il chihuahua nella borsa di Paris Hilton.

    Capirei se fossi un angelo dalle nobili origini, con un’epica e struggente storia di ribellione alle spalle.

    O magari un vampiro alla Robert Pattinson, di quelli che brillano al sole e sono perfetti.

    Ma parliamoci chiaro: io sono solo un ragazzino senza un braccio che ha scoperto di essere un angelo reincarnato. In pratica, un fenomeno da baraccone adatto ai programmi televisivi del sabato pomeriggio.

    Ci dica, signor Spoon, come si è sentito quando la sua ragazza è quasi morta per colpa sua e lei non ha mosso un dito per salvarla?

    Veramente io…

    Avete sentito? Non è chiaramente inadeguato? Che ne dite gentile pubblico: Elisabeth non dovrebbe lasciarlo?

    L A S C I A L O !  L A S C I A L O ! L A S C I A L O !

    Il pubblico risponde festante battendo mani e piedi a ritmo ed Elisabeth si alza e bacia un fusto biondo seduto al suo fianco.

    Non sarebbe più credibile?

    Va bene, forse sto esagerando un po’.

    E lo so che ho detto che per la prima volta, nella mia vita, io non mi vergogno di essere ciò che sono.

    Ma era prima di percepire la reale distanza che separa il mondo di Elisabeth dal mio.

    Non mi sembra un ostacolo la sua natura demoniaca, mentre la sua ricchezza mi spaventa a morte. Forse non ho tutti i venerdì a casa.

    A un certo punto, nell’ingresso principale, ho la tentazione di puntare i piedi, costringerla a fermarsi e dirle con tono risoluto:

    Guarda, mi dispiace, ma ti sei sbagliata. Forse è meglio se la finiamo qui.

    Grazie al cielo, sono ancora abbastanza lucido da evitare di farlo.

    "Sei agitato?" mi chiede mentre attraversiamo un salone così ampio che mi aspetto di essere superato da un golf car da un momento all’altro.

    Sono un po’ in soggezione riesco ad ammettere, non potendo fare a meno di continuare a guardarmi intorno.

    "Beh, la mia famiglia già la conosci, non c’è nulla di cui ti debba preoccupare."

    No, non è questo…è solo che…

    Si ferma e mi guarda leggermente in allarme.

    Immagino che, dati i recenti avvenimenti, sia ancora un po’ guardinga.

    …insomma, non prenderla male…ma… voi siete davvero ricchi!

    Scioglie i muscoli del viso con evidente sollievo e io penso che sia assurdo che lei non dia mai peso alle mie preoccupazioni.

    Non è un problema ovviamente… mi affretto a specificare, nel tentativo di recuperare dignità …però, insomma…mi sento un po’ fuori luogo.

    Perché continui a dare importanza a queste cose?

    E perché tu invece non ne dai?

    Forse perché non ce l’hanno?

    Eh, è facile da dire per chi fa la parte del ricco. Solo quando hai i soldi, puoi permetterti il lusso di dire che non sono importanti. Quando non sai come pagare le bollette a fine mese e a Natale ricevi in regalo un paio di calzini con le renne al posto della Playstation, allora qualche importanza cominciano ad averla.

    La mia faccia deve essere eloquente, perché alza gli occhi al cielo ma invece di sbuffare, sorride.

    Senti, non sto dicendo che i soldi in questo mondo non siano importanti, ok? Sto solo dicendo che non lo sono nel nostro rapporto. Mi hai mai visto dare rilevanza a questo genere di cose?

    No, ma è proprio questo il punto!

    Riesco sempre a suscitare perplessità nelle persone.

    Ora non ti seguo

    Penso che forse dovresti dargliela! Perché tu ti meriti queste cose! Ti meriti di fare una vita agiata, circondata da tutta questa bellezza…e io…beh, io non posso darti tutto questo…

    Non so cosa la trattenga da tirarmi una sberla e andarsene scocciata, dicendo non hai capito niente di me.

    Invece taglia la testa al toro e in maniera molto pragmatica mi risponde:

    L’unica bellezza di cui ho bisogno e che vorrei meritare, è il nostro amore. Al momento non credo di esserne ancora all’altezza ma non ti lascerò scappare tanto facilmente. Quindi, per favore, armati di pazienza e sopporta questo posto ancora per un po’. Appena possibile ce ne torneremo a Londra e saremo solo noi due, te lo prometto.

    Io vorrei saltarle addosso e baciarla, ma Robert Pattinson ci supera con una golf car e ci precede nella sala pranzo, lasciandomi a bocca aperta.

    Non posso dire di non essere profetico.

    Certo che questa potevi anche risparmiartela ringhia Elisabeth entrando nella stanza.

    Oh, per favore, è troppo divertente! È un pulcino così spaesato e influenzabile che potrei farlo saltare come una rana per tutto il corridoio!

    E potresti anche farti crescere un cervello?

    Oh oh, siamo suscettibili a quanto pare…ti fa male stare troppo tra gli esseri umani, cara la mia Elisabeth

    Lei gli infila una mano nel petto, gli strappa letteralmente il cuore e lo getta alle sue spalle con disprezzo.

    Il ragazzo biondo non fa una piega, incrocia con indifferenza le mani dietro la testa e chiude gli occhi, mentre il buco nel suo torace si rinchiude come se niente fosse.

    Una scena macabra e surreale.

    Però vedo che conservi ancora il tuo brutto carattere…immagino che sia un buon segno…

    Quello che mi appare come un grosso felino – una lince forse? – afferra il cuore al volo e scappa via stringendolo tra i denti.

    Faccio in tempo a vederlo sparire da una finestra aperta che nella sala entra Semeyeza.

    Normalmente mi sentirei umiliato dal farmi difendere da Elisabeth, perché è come se rimarcasse che io non sia in grado di farlo da solo (il che naturalmente è vero).

    In questo caso però ho l’impressione di assistere alla classica scaramuccia tra fratelli. Strano che Elisabeth non mi abbia mai parlato di lui.

    Ma chi è? le sussurro appena possibile.

    È Sorath, uno dei demoni più antichi e potenti. Pensa che in alcune culture è considerato un dio.

    È una venatura di ammirazione quella che sento nella voce o sono paranoico io?

    Si dice che sia più potente anche di Lucifero in persona e se solo lo volesse, molto probabilmente potrebbe sterminarci tutti.

    Rimango immobile e basito. Non mi sembra una buona cosa.

    Ma allora perché non…

    Fondamentalmente è pigro e strafottente. Non gli frega nulla della lotta tra bene e male e di cose del genere. Non sappiamo bene perché si sia unito alla nostra famiglia, ormai millenni fa. Personalmente credo che lo abbia fatto perché ci ritenga un passatempo divertente.

    Ah.

    Solo io penso che sia pericoloso avere un essere del genere in casa? Certo, immagino che sia meglio averlo come amico piuttosto che come nemico.

    …e detesta gli esseri umani.

    Ecco, appunto.

    Anche lui? Ma è un vizio cacchio! C’è qui dentro qualcuno che non li voglia uccidere?

    Lo guardo e lui mi ricambia con un’espressione di derisione.

    Non credo di stargli molto simpatico…

    In generale non gli piace nessuno, ma nel tuo caso credo che sia perché sei un essere umano. E perché per un breve periodo siamo stati insieme.

    Gli occhi mi schizzano fuori dalle orbite con un pop e per un attimo ho paura che la lince di prima se li possa mangiare.

    Parlo in senso metaforico ovviamente, ma ciò non toglie che la sensazione sia quella.

    Sento il viso diventarmi rovente e non volendo stringo i pugni, indispettito.

    Elisabeth impiega qualche minuto ad accorgersene perché è impegnata a guardarsi intorno e a scrutare tutti i presenti nella stanza.

    Daniel, va tutto be…oh. Ho capito, scusa.

    Non mi sentivo già abbastanza a disagio. Ci mancavano anche i suoi ex. Non gente qualunque, no. Demoni potenti e immortali. Sono sceso da 10 minuti e già vorrei scappare da questo posto.

    A volte non ci penso che alcune cose possano farti rimanere male. È stato molto tempo fa. Centinaia di anni fa, per la precisione. E di certo non ero molto in me in quel periodo. Lo potessi cancellare dalla memoria, lo farei subito.

    Va beh, che cosa dovrei dire?

    Lo so che non è colpa sua. Non dico che non dovrebbe avere un passato, ce l’ha chiunque, figurarsi un demone millenario. Fino a qui ci arrivo, non sono mica così immaturo. Solo che non vedo il motivo per cui io debba sorbirmi i suoi fidanzati e farmi dileggiare da loro. Non mi sembra di chiedere troppo, giusto?

    Lo guardo e il mio unico pensiero è che vorrei andarmene da qui.

    Il prima possibile.

    Mi sento come se mi fossi pisciato addosso e tutti potessero vederlo.

    Sorath deve divertirsi un casino alle mie spalle in questo momento.

    Sono assorto in questi pensieri, quando Semeyeza inizia a parlare.

    Vi ringrazio per essere venuti tutti e aver gentilmente risposto alla mia richiesta di un incontro. esordisce con pacatezza.

    Siete tutti a conoscenza dei recenti avvenimenti che hanno visto coinvolti Gremory e Michael…

    Ho l’impressione che tutti annuiscano.

    …ma c’è una cosa che non sapete ed è la ragione per cui vi ho convocato qui oggi.

    Mi guardo intorno e oltre a me ed Elisabeth, ci sono Amabel, Alice, Sorath e due persone che non ho mai visto prima.

    La prima è una ragazza, avrà più o meno quindici anni.

    Mi scruta con sottili occhi gialli dalla pupilla leggermente ovale ed è seduta al tavolo, avvolta in un mantello nero con cappuccio. Se dovessi basarmi sulle sue occhiaie, giurerei che non dorme da parecchio tempo.

    Ma la caratteristica che più attira la mia attenzione, sono i suoi capelli. Le punte delle ciocche che escono dal capuccio sono di un color smeraldo intenso e brillano come cristalli.

    Non smette di studiarmi con guardingo sospetto.

    L’altro è un uomo alto e magro, dall’espressione stanca e indolente.

    È seduto al suo fianco e fuma una sigaretta, pigro, guardando un punto imprecisato nel vuoto. Ha l’aria di non farsi la barba da almeno un paio di giorni, ma la cosa che più mi colpisce sono i suoi tatuaggi. Le maniche della camicia bianca, tirate su fino al gomito, rivelano due disegni complicati che gli coprono entrambi gli avambracci. Stonano in maniera stridente con il suo abbigliamento formale: un elegante completo blu scuro, ricercato e alla moda.

    Eppure, se ho imparato una cosa nelle mie disavventure, è proprio quella di non farmi influenzare dalle apparenze.

    Chissà chi sono e perché sono qui.

    Oltre a loro, nella stanza ci sono altre 16 presenze.

    Non saprei descriverle altrimenti: sono sagome luminose ed evanescenti, lampi di luce impressi casualmente sulla pellicola che increspano l’aria in leggere vibrazioni. Dietro ognuna di loro, è come ce ne fossero altre centinaia, sovrapposte l’una sull’altra.

    Forse avrei dovuto domandare a Elisabeth chi avremmo incontrato, almeno adesso non mi sentirei così spaesato.

    Semeyeza è in piedi e si appoggia con le braccia sullo schienale della sedia a capotavola, incorniciato dalla bocca spalancata di un camino alle sue spalle.

    Vi chiedo però la cortesia di attendere ancora qualche minuto. Nel frattempo, sapete che questa è casa vostra.

    Raddrizza la schiena, fa un cenno a me e a Elisabeth e poi sparisce in una porta laterale, di fianco al camino.

    "Vieni, andiamo", mi dice Elisabeth, mettendomi una mano sulla schiena e lo seguiamo nella stanza.

    Non credo di aver mai visto tante pergamene, rotoli e tavolette di argilla. Sono accatastati alla rinfusa su pesanti scaffali di legno scuro che coprono fino al soffitto tre pareti su quattro, riempiendo l’aria dell’odore caldo umido di una tomba antica.

    Vedo che è incuriosito dai libri, Signor Spoon. Alcuni provengono dalla biblioteca di Alessandria, perlomeno quelli che siamo riusciti a salvare dall’incendio del 48 A.C., altri invece risalgono a ere più remote, alla quarta era dell’uomo per la precisione, quando vi insegnammo la scrittura.

    Ormai dovrei essermi abituato ad affermazioni di questo tipo e invece mi lasciano ancora senza fiato. Guardo questi reperti della storia umana come se non fossero veri. È difficile credere fino in fondo che sia esistito un tempo tanto lontano e antico e mi gira la testa solo a pensarci.

    Le dobbiamo molte spiegazioni Signor Spoon. Mi rendo conto che le nostre parole potrebbero disorientarla, ma la prego di fidarsi e di sedersi. Poi risponderemo a tutte le sue domande.

    Non posso che acconsentire naturalmente e mi accomodo su di una sedia barocca, in contrasto con lo stile dell’intera casa.

    Elisabeth rimane in piedi, in disparte, alle mie spalle.

    Vigile e guardinga come sempre, ogni tanto lancia occhiate furtive alla finestra che abbiamo di fronte, affacciata su di uno spazio verde e circondato da abeti sottili.

    Mi dà l’impressione di essere curiosa e agitata quasi quanto me e non ne capisco il motivo. Che cosa si aspetta di sentire?

    Forse avrei dovuto chiederglielo prima, quando eravamo nella sua stanza.

    Semeyeza si siede di fronte a noi, dietro a una scrivania di mogano e con entrambi i gomiti appoggiati sul suo ripiano, incomincia la sua spiegazione.

    Attendo con il fiato sospeso.

    Innanzitutto mi consenta di darle il benvenuto ad ALMA MATER. La nostra casa. Esordisce.

    Elisabeth sorride con accondiscendenza.

    ALMA MATER è un rifugio per chi, come lei, si trova nel mezzo. Non importa a quale fazione appartenga, le nostre porte saranno sempre aperte per accogliere chi lo richieda.

    Non mi è molto chiaro.

    Ma…che cosa fate qui di preciso?

    Ci aiutiamo. Ci sosteniamo a vicenda. E aspettiamo. Risponde sibillino.

    Mi permetta di farle una domanda signor Spoon: se un angelo venisse meno al suo compito e si ribellasse a Dio, che ne sarebbe di lui?

    Sta parlando di Alice?

    Se un demone volesse convertirsi e operare secondo giustizia, sarebbe perdonato?

    …e di Elisabeth?

    Cosa accadrà loro quando moriranno? Potranno essere perdonati e accolti in paradiso?

    Io…non lo so…non ne ho idea…

    Semeyeza accenna un’espressione compiaciuta e poi si alza in piedi, voltandosi a guardare fuori dalla finestra, con le mani incrociate dietro alla schiena.

    Non è una risposta semplice, me ne rendo conto.

    Fa una pausa osservando il panorama e posso vedere il suo viso assorto riflesso nel vetro.

    "Vede signor Spoon, io ho il dono della profezia. Sono in grado di vedere le cose che accadranno. O che potrebbero accadere. Non è qualcosa che abbia voluto e spesso le mie visioni sono troppo

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