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Rosa mistica: La religione della Dea nel Nuovo Testamento
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E-book280 pagine7 ore

Rosa mistica: La religione della Dea nel Nuovo Testamento

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Info su questo ebook

Il libro tratta il recupero del potente e vitale archetipo della Madre eterna nella cultura cristiana delle origini. Partendo dai Vangeli apocrifi, l’autrice dimostra come ai tempi di Gesù fosse ancora vivo il culto della Dea e il suo potere autonomo. Nell’esplorazione di questo contesto emerge, in modo sorprendente, la venerazione della Madre (Sofia per gli Gnostici, Spirito Santo per i Cristiani e Ruah per gli Ebrei) come base segreta degli insegnamenti di Gesù. Non solo, quindi, un attento studio dei Vangeli, ma anche delle concezioni religiose monastiche medievali, della Divina Commedia, dei simboli e dei miti che, come il rapporto tra la Maddalena e Gesù, sottintendevano una realtà religiosa articolata, in cui la Dea e i suoi misteri costituivano linfa per la vita spirituale dell’individuo.
LinguaItaliano
EditoreVenexia
Data di uscita22 set 2020
ISBN9788899863517
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    Anteprima del libro

    Rosa mistica - Elisa Ghiggini

    ELISA GHIGGINI

    Rosa Mistica

    La tradizione della Dea nel Nuovo Testamento

    Venexia

    Immagine di copertina:

    Venus Verticordia (1864) di Dante Gabriel Rossetti

    Collana Le Civette - I Saggi a cura di:

    Luciana Percovich

    ©2007 Copyright by Venexia

    Via Erodoto,36

    00124 Roma

    www.venexia.it

    RINGRAZIAMENTI

    Desidero ringraziare alcune persone che mi hanno dato consigli preziosi e suggerimenti sulla struttura del libro: Letizia Venieri, Alba Rambelli, Laura Fogazzi, Stefano Fusi e, in particolare, Luciana Percovich che mi ha generosamente prestato libri, ha seguito la stesura del testo e mi ha offerto il contributo della sua esperienza.

    INTRODUZIONE

    Sono nata in un piccolo paese lombardo da madre casalinga e padre impiegato. 

    Mio padre viveva per il lavoro di cui era orgoglioso, dato che gli permetteva di mantenere dignitosamente la famiglia. Mia madre, cattolica devota, era inquieta e nervosa, con violenti e improvvisi scatti d’ira che sfogava soprattutto su di me perché, secondo lei, ero una bambina molto cattiva, data la mia vivacità ribelle.

    Questo libro è forse il tentativo di dare una spiegazione alla sua rabbia apparentemente senza senso, lo sforzo di lenire una sofferenza che non ha mai avuto voce per essere compresa.

    Sono stata educata in un sistema in cui l’uomo ha da millenni un’autorità che gli deriva per investitura divina, secondo una mitologia religiosa cattolica dove vige il predominio di Dio sull’uomo e quello dell’uomo sulla donna per comandamento divino. 

    Nell’organizzazione sociale della mia infanzia e della mia adolescenza (gli anni Sessanta) tutte le specializzazioni di un certo potere e prestigio e i più importanti ruoli sociali erano sistematicamente ricoperti dagli uomini, che gestivano la loro autorità gerarchicamente, secondo un modo di rapportarsi agli altri che veniva interiorizzato dalle singole persone, influenzate profondamente in tutti gli aspetti della vita e del pensiero dall’ordine patriarcale.

    Anche oggi è in atto una crisi della maternità, materiale e simbolica: si mettono al mondo meno figli e si ha meno tempo di educarli e di trasmettere loro determinati valori, si assiste a un isolamento sempre più doloroso delle donne (i recenti fatti di cronaca in cui giovani madri uccidono i loro piccoli è un segnale inquietante) e a una mancanza di trasmissione di sapienza in linea materna, per cui ci si trova in una cultura orfana di madre. Quali danni ha prodotto e continua a produrre una simbologia fortemente patriarcale nella vita e nella ricerca di senso delle donne?

    Ho sentito la necessità di impegnarmi apertamente in una ricerca spirituale e in un’indagine sulla sacralità del femminile, inteso come caratteristica perenne e fondamentale della natura inconscia. L’intento è quello di recuperare l’archetipo potente e vitale della Madre eterna nella cultura cristiana delle origini, una strada tra le tante nel faticoso percorso della ricerca di identità. Sono partita dall’analisi dei vangeli apocrifi (1), con l’intento di dimostrare come ai tempi di Gesù fosse ancora vivo il culto della Dea che conservava un suo potere autonomo, nonostante le invasioni delle tribù ebree (1300-1200 a.C.) avessero portato a Canaan un Dio della guerra geloso e vendicativo.

    La Grande Dea, Spirito Santo, il cui culto nei tempi antichi  era l’asse portante di un sistema sociale basato sull’affiliazione, era venerata dai primi cristiani attraverso riti segreti che permettevano all’iniziato di sperimentare il suo aspetto inconscio e spirituale.

    Nel matrimonio sacro, nella fusione con lo Spirito, l’uomo e la donna non si limitavano a esprimere la loro sessualità, ma rappresentavano l’incarnazione vivente di due princìpi originari, uno conscio e l’altro inconscio, uno maschile e l’altro femminile, facenti parte di una struttura vivente.

    L’intento del libro è quello di operare una chiarificazione e un salvataggio dell’archetipo Spirito-Donna che, attraverso il metodo della identificazione con un potente archetipo femminile, potrebbe liberare gli esseri umani dalle definizioni di ruolo che ingabbiano la comunicazione in concetti di inferiorità e sfiducia, e fornire alle donne una nuova immagine di sé accettabile e giusta.

    Ho cercato l’immagine della Dea Madre nei testi apocrifi in cui il suo potere supremo, venerato come fonte di saggezza e conoscenza, non era del tutto scomparso. Ho interpretato i vangeli antichi collegando fatti e persone in modo nuovo, dando rilievo a fondali appositamente oscurati. Ne è risultata una religione impensata, decisamente discordante rispetto a quella che viene normalmente insegnata nelle chiese, capace di far riemergere, dopo millenni di cancellazione, l’antico e potente sguardo della Dea, Signora dei cieli e della terra, dispensatrice di regalità, luogo d’origine dell’universo visibile e invisibile, mediatrice tra l’umano e il divino, madre misericordiosa.

    Ho cercato di ricomporre un insieme di conoscenze che, seppur in gran parte date all’oblio, hanno continuato a esistere in modo nascosto; ne è derivato un puzzle sorprendente, completamente rimosso dalla stragrande maggioranza degli studiosi e interpreti di sesso maschile, ben lontani dal dubitare che la loro conoscenza possa essere incompleta e le loro interpretazioni nate da pregiudizi culturali.

    Ho dato grande rilievo al gruppo dei vangeli gnostici, generalmente ignorati, che segnano un nesso tra il sacro e la potenza creatrice femminile. Sono partita dal sospetto che il culto della Madre – chiamata dagli gnostici Sofia, dai cristiani Spirito Santo, dagli Ebrei Ruah – abbia costituito la base esoterica, segreta degli insegnamenti di Gesù. La persona dello Spirito Santo si nasconde tra le righe dei vangeli canonici, tanto da dare l’impressione che il suo ruolo sia stato volontariamente occultato.

    Nonostante esso venga invocato raramente nelle preghiere e sia festeggiato una sola volta all’anno, a Pentecoste, il Vangelo di Giovanni (3,5) ribadisce che se uno non nasce dallo Spirito non può entrare nel regno di Dio e lo definisce come il vento che soffia dove vuole ma non sai di dove viene e dove va (3,8). Nel vangelo gnostico di Filippo, lo Spirito Santo viene equiparato a Sofia, l’immagine femminile di Dio, e ricevere lo Spirito significa sperimentare un mistero: lo Spirito è in sintonia con le donne, essendo rappresentato nel Vangelo di Filippo da una di loro, Maria Maddalena, in grado di recepirlo e di trasmetterlo. Quale è quindi la vera funzione dello Spirito Santo Sofia e quali i suoi attributi? Che cosa significò per le donne di allora rappresentare l’incarnazione di un aspetto divino? Quali risorse e capacità diede loro la certezza di possedere una sacralità specifica ed essenziale?

    È possibile sviluppare una nuova riflessione sull’evoluzione culturale religiosa che tenga conto della totalità della società umana, recuperando la metà della storia incredibilmente trascurata. La cancellazione delle origini ha lasciato tracce che diventano chiare e visibili proprio attraverso i detti dei vangeli gnostici segreti, in cui le donne avevano riconoscimento e importanza, scrivevano su ciò che ha a che fare col divino e usavano la lente di un diverso punto di vista. La ricerca di un’antica spiritualità perduta può partire se si sgombra la mente da preconcetti sedimentati, se non si dubita che nella vita di Gesù siano esistite donne importanti che l’hanno introdotto nelle antiche conoscenze e che, essendo state basilari nella storia passata, potrebbero esserlo anche in quella futura.

    Gesù non si considerava l’unica figura decisiva nella relazione tra il divino e l’umano, dato che era sempre accompagnato dalle tre Marie la cui presenza, costante a ogni uscita pubblica del salvatore, aveva un significato religioso essenziale che le connetteva all’aspetto trinitario della Dea Luna (lo Spirito Santo). Una delle scoperte più interessanti e sorprendenti è che gli stessi Re Magi, che rappresentano la connessione di Gesù con le pratiche religiose precedenti il cristianesimo, provenivano molto probabilmente dall’ambiente gnostico-esseno ed erano cultori della Grande Madre, il cui aspetto trinitario è rispecchiato nei loro doni. I Re Magi, nominati da Matteo, si situano nel punto di congiunzione con la precedente religione della Dea Madre Luna (Iside). La scena della natività sembra la rappresentazione in sintesi dei misteri della Dea che simboleggiava, attraverso la periodicità delle sue fasi lunari (Luna nuova, Luna piena, Luna nera), il bisogno di rinnovamento degli esseri umani e le loro speranze d’immortalità.

    In quest’ottica le vicende di Gesù, fino alla sua morte sull’albero-croce, possono essere viste come una rielaborazione degli antichi misteri della Dea egizia lunare, nei quali lo sposo doveva simbolicamente morire per poi rinascere al terzo giorno, come la Luna nuova, rafforzato da nuove capacità. In questa chiave di lettura, prende consistenza la congettura che Gesù sia diventato figlio di Dio in quanto iniziato ai misteri di Iside e che le figure femminili che lo accompagnavano nel suo peregrinare non siano state sue semplici seguaci, ma la base stessa della dottrina cristiana, in quanto rappresentanti dello Spirito-Dea. Ne consegue che la sacralità delle parole di Gesù, la garanzia della loro verità e la peculiarità della sua natura potrebbero essergli derivate dalla sua partecipazione ai misteri della Dea, ossia dalla capacità di attingere alla propria interiorità: questa, in passato, era considerata la fonte di ogni conoscenza possibile.

    Gli scritti apocrifi furono osteggiati dalla Chiesa di Roma che cercò di eliminarli già a partire dal II secolo. Ma questi, pur incriminati, riuscirono in parte a salvarsi, confluendo nella tradizione della Cabala, che fu custodita e studiata da alcuni ordini religiosi medievali: Cistercensi, Templari, Celestini e l’organizzazione laica dei Fedeli d’Amore, di cui faceva parte Dante Alighieri.  Nel Medioevo alcune comunità monastiche e i Fedeli d’Amore pensarono che fosse giunto il momento di un cambiamento radicale e si allinearono alle credenze gnostiche del passato, esaltando il culto di Maria come quello di una Dea Regina. A Lei vennero assegnati, nelle chiese, gli attributi tipici delle Dee Madri pagane: la scala, la torre, il trono, il vaso, il cuore-calice capace di recepire gli influssi celesti. Nell’iconografia religiosa medievale, infatti, la Madonna (talvolta anche Maria Maddalena) ha in mano la mela della conoscenza che permette l’ingresso nel regno dell’aldilà, trasmette ai suoi figli l’eredità di una dinastia regale, è a capo di monasteri femminili e maschili insieme, viene ritenuta addirittura l’iniziatrice di un ordine sacerdotale femminile destinato alla Chiesa dello Spirito Santo.

    Le vedove medievali, come Guglielma Boema, la badessa di Fontevraud e la vedova Ermengarda, sembrano così essere le continuatrici di quella linea apostolica al femminile che celebrava i misteri della Grande Madre Iside. Questi erano custoditi e difesi da Giovanni  Battista, da Giovanni evangelista, da Giuseppe d’Arimatea (i veri re-sacerdoti della Dea Spirito) e la Dea era impersonata dalla sacerdotessa vedova Anna, che predicava e profetizzava nel tempio di Gerusalemme in cui fu presentato Gesù bambino.

    Anche il viaggio di Dante nei tre regni dell’Inferno, Purgatorio e Paradiso appare come quello di un iniziato-sposo che si unisce ai tre aspetti della Dea, la quale è in forma di Luna nuova per il colore bianco (la fanciulla Matelda – Proserpina), di Luna piena per il colore rosso (Beatrice) e di Luna nera (la Madonna, regina dell’oltretomba).

    Nella Divina Commedia la donna finisce così col rappresentare il sommo Bene, la Sapienza d’Amore che occorre abbracciare in un matrimonio sacro per accedere a dimensioni trascendenti, la ruota unitaria che muove nel suo cammino astronomico la discesa e l’ascesa della luce nei due solstizi e la discesa e l’ascesa del cammino umano verso stati di coscienza amplificati. L’impresa di Dante sembra compiuta per realizzare non soltanto una coscienza individuale completa, essendo il viaggiatore capace di andare al di là degli interessi esclusivamente personali e di agire a vantaggio di tutti, ma soprattutto una coscienza cosmica: l’iniziato sa percepire e assimilare gli influssi della Luna e delle stelle, non ignora la dimensione onirica e magica dell’esistenza e vede la realtà come un amalgama di forze inconsce e misteriose che, se vengono ascoltate, non sono nemiche ma alleate.

    Nel libro analizzo gli scritti, le pratiche religiose, la simbologia iconografica, la partecipazione di alcuni ordini religiosi medievali e di Dante Alighieri a una via esoterica e iniziatica, per dimostrare che tanti parallelismi tra le teorie gnostiche e il passato medievale non possono essere spiegate se non con l’ammissione di un’influenza diretta e indiretta del movimento gnostico sugli ordini medievali dei Cistercensi, dei Templari, dei Celestini e dell’organizzazione laica dei Fedeli d’Amore. Questi infatti conoscevano bene i misteri della Dea Madre a cui Gesù fu iniziato e promossero un culto straordinario per la Madonna che, data la misoginia dei tempi, sembrerebbe altrimenti inspiegabile.

    Quali valori aveva l’aspetto femminile della Divinità, chiamato Sofia, Spirito Santo, Graal o Sapienza?

    Questa è stata anche la ricerca di uno scrittore di successo, Dan Brown, che nel suo Il Codice da Vinci racconta di come nel corso dei secoli sia esistita una fratellanza segreta a cui parteciparono i Templari e Leonardo da Vinci, chiamata la Tradizione del Priorato di Sion, che conosceva le verità espresse dai rotoli del mar Morto e dai vangeli gnostici ritrovati a Nag Hammadi. Il suo thriller avvincente ha sorpreso ed entusiasmato i lettori di tutto il mondo, ma le tesi sostenute dall’autore sono state facilmente smontate dagli avversari cattolici, che hanno definito il libro pura finzione letteraria, incapace di narrare qualcosa di storicamente valido.

    La mia ricerca, iniziata per le ragioni e nei modi che ho appena descritto, va ben oltre le ipotesi sostenute dall’autore americano. Dan Brown attribuisce a un’istituzione religiosa cattolica, l’Opus Dei, il tentativo di sopprimere gli appartenenti al Priorato di Sion, riproponendo, in chiave moderna, l’antico dissidio tra cattolici e gnostici. Di sicuro dietro alla trama del moderno giallo di Dan Brown, così come dietro alle vicende narrate nei vangeli e dietro alla storia di alcuni ordini religiosi medievali, appare un’incredibile trama segreta, sotterranea. Il mio compito è quello di trovare le tracce di questa trama nascosta nei fatti, nei miti, nei simboli, per mostrare che la tradizione esoterica della Dea, spesso squalificata, ha protetto la concezione di un mondo magico e mitico. Mi auguro quindi che il mio lavoro sia in grado di suscitare qualche dubbio sulla veridicità della religione ufficiale di Roma, la quale sembra aver dimenticato le sue origini pagane, ma i cui simboli e miti rimandano a una realtà articolata, in cui il culto della Madre e i suoi misteri davano la vita sul piano spirituale, come Gesù stesso dichiara nel Vangelo di Tommaso (50): …la mia vera madre mi diede la vita.

    NOTE:

    (1) Per vangeli apocrifi s’intendono tutti quei vangeli, come il Protovangelo di Giacomo, il Vangelo dello Pseudo–Matteo, il Vangelo dell’Infanzia arabo siriaco, il Vangelo dell’Infanzia armeno ecc., che nel corso dei primi secoli venivano letti e commentati dalle comunità cristiane, piccole o grandi, in Palestina, in Siria, in Egitto, nell’Asia Minore, in Grecia, a Roma. Ogni comunità poteva utilizzare quei particolari vangeli che vantavano un’appassionata testimonianza sull’eredità del Cristo. L’aspetto multiforme del messaggio cristiano attesta che la sua realtà non fu concepita come statica, stabilita definitivamente in un sistema fisso, ma come dinamica e tale da progredire e svilupparsi man mano che veniva approfondito l’insegnamento di Gesù. In origine i cristiani professarono molte credenze e pratiche religiose e si organizzarono in modi diversi, rivendicando un loro specifico modo di sentirsi autenticamente vicini al lieto annuncio. Il termine apocrifo vuol dire segreto, nascosto e indica i libri segreti, rivelatori di verità occulte. Ma i Padri della Chiesa, nel loro sforzo di uniformare le fonti cristiane, attribuirono al termine apocrifo il significato di spurio, falso e l’aggettivo venne esteso a tutti i testi sospettati di eresia, non conformi al canone. Questo costituiva la norma dottrinale ufficialmente costituita dalla Chiesa di Roma, che fece della propria autorità il criterio infallibile di giudizio dell’ortodossia (del pensiero retto) già a partire dal II secolo, epoca in cui vennero accolti solo alcuni punti di vista e vennero respinti tutti gli altri. Tra i vangeli apocrifi un particolare rilievo meritano i 52 testi gnostici, scoperti nel cimitero di Nag Hammadi nel 1945 da due contadini che, scavando, rinvennero una giara contenente tredici codici con i 52 testi gnostici in traduzione copta (come il Vangelo di Verità, il Vangelo di Maria, il Vangelo di Tommaso, il Vangelo di Filippo); essi non ebbero fortuna nella maggioranza delle comunità cristiane, composte prevalentemente da masse popolari, dato che si servivano di un linguaggio ermetico, ricco di simbolismi e adatto a un gruppo ristretto di iniziati; tuttavia, prima di essere messi al bando, esercitarono una profonda influenza sul pensiero dell’evangelista Giovanni.

    CAPITOLO 1

    GLI GNOSTICI

    L’EREDITÀ EGIZIA DEGLI GNOSTICI

    Leggendo i vari testi sullo gnosticismo emerge un fatto sconcertante: pur appartenendo gli scrittori gnostici più importanti, come Basilide e Valentino, al II secolo d.C., le loro idee si rifacevano, secondo la stragrande maggioranza degli storici, a una dottrina segreta molto antica, precedente la nascita del cristianesimo. 

    Per loro l’insegnamento di Gesù acquistava importanza non semplicemente perché frutto di una sua riflessione personale, ma perché portavoce di una conoscenza antichissima che si esprimeva secondo teorie e concetti che avevano uno spessore storico condivisibile dalle persone alle quali si rivolgeva. Si può dunque ipotizzare che Gesù avesse attinto i suoi insegnamenti da una cultura antica, molto probabilmente originaria dell’Egitto, paese attiguo alla Palestina.

    Valentino, lo scrittore gnostico più celebre, fu un egizio istruito ad Alessandria d’Egitto. Passò la maggior parte della sua vita in Egitto, ma dimorò anche a Roma, nel 140 circa. Anche Basilide, che forse era greco, forse egizio o forse siriano, insegnò ad Alessandria d’Egitto intorno al 120-130, fu istruito nella sapienza degli antichi Egizi e fu anche esperto di scritture ebraiche. Sappiamo inoltre che la natura dell’anima umana era esposta nell’Evangelo secondo gli Egizi, un’opera sfortunatamente andata perduta, ma molto apprezzata dagli gnostici (2).

    Infiltrazioni di cultura egizia erano vive e operanti già nel I secolo a.C., perché Filone d’Alessandria (I secolo a.C.) aveva scritto di una comunità di Terapeuti che viveva nei pressi del lago Meris, a sud di Alessandria. Gli storici hanno identificato tale comunità con quella degli Esseni. Se ne deduce che le comunità ebraiche essene (alle quali apparteneva anche Gesù, secondo vari storici) non erano diffuse solo nel territorio della Palestina ma anche in terra d’Egitto, e che dall’ambiente esseno nacque il movimento gnostico. Lo studioso Robert Grant nel suo libro Gnosticismo e cristianesimo primitivo arriva ad affermare: Secondo la nostra teoria quasi tutti gli elementi rintracciabili poi nello gnosticismo erano già presenti nella vita e nella letteratura degli Esseni.

    A detta di Plutarco, alla dottrina di Zoroastro non meno che a quella degli Egizi, gli Esseni avevano sempre guardato con solidale interesse. È assai probabile il tentativo da parte di un gruppo di Esseni, particolarmente affascinati dalla cultura egizia e dalla cultura indoiranica di Zoroastro, di porre tali dottrine al servizio della comprensione delle Sacre Scritture ebraiche.

    Secondo gli storici Picknett e Prince, i vangeli gnostici presentano il cristianesimo primitivo non con le caratteristiche di una setta ebraica ma piuttosto di una setta misterica egizia. Il simbolo di Iside, la croce ansata, era infatti importante per i cristiani delle origini che l’avevano incisa sulla copertina di cuoio della collezione di vangeli gnostici trovata a Nag Hammadi. Picknett e Prince, assieme allo storico Jean Doresse, riconoscono soprattutto l’influenza della teologia egizia sugli scritti gnostici, sia per quanto riguarda le teorie cosmologiche che corrispondono a quelle del Libro dei Morti egizio, sia per l’uso di una certa terminologia (3). Sicuramente di derivazione egizia, cultura che nel mondo antico era considerata come la maggiormente impratichita nella scienza dei numeri e della geometria sacra, era poi l’usanza gnostica di tracciare diagrammi magici per rappresentare in forma geometrica i miti. Nonostante le immagini prevalenti del linguaggio utilizzato nei 52 testi gnostici rivelino che si trattava di documenti scritti in un’epoca in cui le concezioni maschili della divinità erano già dominanti, con i loro nuovi simboli di potere connessi alle armi, si nota il ritorno a una dottrina religiosa più arcaica, con espliciti riferimenti ai poteri creativi e alla sapienza della Madre.

    LA SAPIENZA DELLA MADRE

    Sembra proprio che il mistero connesso a Iside sia penetrato nel mondo ebraico attraverso l’insegnamento degli gnostici. Lo gnostico Valentino compilò un trattato intitolato Sofia o Sapienza, in cui Sofia era messa a confronto con la Sapienza, sposa di Salomone, e la Divinità poteva essere immaginata come una diade, costituita da due principi: lo Sposo e la Sposa.

    Secondo vari studiosi di gnosticismo, nel matrimonio di Salomone con la sua sposa gli ebrei esseni (le cui comunità comprendevano gruppi situati in territorio egiziano) celebravano lo stesso rito segreto che univa Iside a Osiride, la coppia divina che rappresentava il modello perfetto del destino umano, nella polarità drammatica di vita e morte e di tutti gli opposti: conscio-inconscio, visibile-invisibile, maschile-femminile. Le nozze di Iside e Osiride rimandavano a significati d’altro genere, trattandosi senza dubbio di un matrimonio iniziatico.

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