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ORIGINI - Alla scoperta delle antiche razze canine: Parte Prima - Dalla Preistoria alla Grecia antica
ORIGINI - Alla scoperta delle antiche razze canine: Parte Prima - Dalla Preistoria alla Grecia antica
ORIGINI - Alla scoperta delle antiche razze canine: Parte Prima - Dalla Preistoria alla Grecia antica
E-book779 pagine5 ore

ORIGINI - Alla scoperta delle antiche razze canine: Parte Prima - Dalla Preistoria alla Grecia antica

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Info su questo ebook

Sul finire dell'ultimo periodo glaciale, intorno a 15.000 anni fa, nei territori che oggi sono occupati dalla città di Bonn, un gruppo di esseri umani inizia a selezionare da una famiglia di cani dei cuccioli con caratteristiche particolari; probabilmente questi cuccioli hanno doti caratteriali che li avvicinano al genere umano o forse sono molto attratti dalla cooperazione di gruppo. 
Le motivazioni per cui questo avvenne oggi sono sconosciute, ma da quel tempo lontano ai giorni nostri l'uomo ha inciso pesantemente nella genetica del cane.
La prima parte di ORIGINI è un viaggio nel periodo più antico in cui nacquero le razze canine più antiche.
LinguaItaliano
Data di uscita5 mar 2021
ISBN9791220277372
ORIGINI - Alla scoperta delle antiche razze canine: Parte Prima - Dalla Preistoria alla Grecia antica

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    Anteprima del libro

    ORIGINI - Alla scoperta delle antiche razze canine - Giovanni Padrone

    DELL’AUTORE

    DOVE ERAVAMO RIMASTI?

    Ci siamo lasciati ormai 6 anni e mezzo fa, quando pubblicai l’ultimo libro prima di questo, ARMONIA A QUATTRO ZAMPE. Nel frattempo, ho pensato a vari progetti che parlassero dei cani, ma nessuno mi dava lo stimolo, né la soddisfazione per iniziare a scrivere qualcosa. Poi, l’estate 2019, MARCELLO MESSINA, noto educatore e cinofilo, nonché mio amico, mi propose di partecipare da docente ad uno stage per un corso educatori cinofili in cui occuparmi di origini del cane, comportamento canino (e fin qui erano cose che già avevo trattato sia nei miei libri che nei pochi seminari in cui sono stato relatore) e ORIGINE DELLE RAZZE CANINE.

    A questo punto incominciai a sudare freddo, perché sapevo benissimo che se mi dovevo occupare anche di origine delle razze canine, conscio che mi erano serviti due anni per scrivere ognuno dei due libri precedenti a questo (ovvero E IL CANE DECISE DI INCONTRARE L’UOMO e il già citato ARMONIA A QUATTRO ZAMPE), chissà quanto avrei dovuto studiare e cercare attraverso la storia dell’uomo per scoprire fatti ed antefatti che hanno portato da una limitata primigenie a diverse centinaia di razze canine fra riconosciute dalle organizzazioni nazionali ed internazionali e non riconosciute.

    In effetti, dovendo fare tutto in tre mesi e mezzo per lo stage, ma poi proseguire per la stesura del presente libro, la fatica per trovare le giuste informazioni è stata davvero tanta, soprattutto perché in certe aree del pianeta la scrittura (che si tratti di scrittura latina, cirillica, ideogrammi o altro) è arrivata molto tardi, quando non è addirittura mai arrivata (penso a certe aree del Borneo e della Nuova Guinea). Voi vi chiederete: che c’entra la scrittura? C’entra, perché ad un certo punto della evoluzione del cane e dell’uomo si esce dalla Preistoria e si entra nella Storia, dove tutto viene documentato attraverso la scrittura (cuneiforme, geroglifi, pittoglifi, alfabeto, ecc.). Ma, sebbene tutto questo sia avvenuto in molte parti del nostro martoriato mondo, esistono luoghi in cui anche in epoca storica non esisteva una forma di scrittura, anche se esistevano tradizioni orali (con tutti i difetti di distorsione delle informazioni dovute al passare del tempo) e, soprattutto, i petroglifi, ovvero quelle rappresentazioni artistiche del mondo in cui viveva chi le dipingeva.

    Ma, nonostante questo, spesso i petroglifi non rappresentavano l’animale per quello che era (basti guardare certe rappresentazioni del dingo dipinte dagli aborigeni australiani o cani rappresentati dai popoli civilizzati dell’America come i Maya) e questo rende il lavoro di ricerca molto pesante e difficoltoso.

    A parte tutto questo, alla fine un risultato è stato ottenuto. In questo primo volume parlerò della nascita e dell’evoluzione delle razze canine dalla fine del Paleolitico alla Grecia antica. In un secondo volume, invece, mi occuperò dello sviluppo delle razze canine dal periodo proto-romano fino alla caduta di Roma imperiale. Infine, un terzo e ultimo volume sarà dedicato ai cani dell’Asia siberiana, orientale, del sud e delle Americhe.

    Il libro è dedicato agli amici siciliani che hanno partecipato al mio stage, in particolare a Marcello Messina che l’ha organizzato, ma anche alla mia amica Dony Vultaggio, grande appassionata di levrieri quanto me, ed all’amico Salvatore Fabio Fernandez. Una dedica speciale va alla mia piccola Taniusha che non è più qui a farmi sorridere con tutte le sue iniziative buffe ed ai suoi compagni che mi sostengono quando mi vedono un po’ giù: Gosha, Opalino, Rubelia e Soldino. E a mia moglie Tania che sopporta i miei sbalzi umorali, quando non riesco a concentrarmi. La calma è la virtù dei forti…

    INTRODUZIONE

    L’origine delle razze canine è un argomento tuttora alquanto dibattuto, spesso frutto delle opinioni del cinofilo o del tecnico e mal suffragate da prove concrete. Per prove concrete si intendono tutte quelle fonti che vengono utilizzate anche in ambito umano per ricostruire la storia della nostra specie o, in genere, delle altre specie viventi. Per quanto riguarda le razze canine, la cosa risulta essere particolarmente complicata, perché le origini del cane vanno a confluire con l’origine del genere umano e, perciò, spesso questa materia va a confliggere con la presunzione di onnipotenza che molti ancora hanno nella propria cultura, nella convinzione di essere, la nostra, una specie ‘prediletta’ da una qualche divinità. Ma, se tutti riuscissero a rimanere con i piedi per terra, forse si renderebbero conto che probabilmente le divinità sono state soltanto una invenzione di sacerdoti che grazie alla superstizione riuscivano a tenere soggiogati i nostri antenati soprattutto quando non erano in grado di dare spiegazioni razionali ai fenomeni naturali e, perciò, cercavano nel sovrannaturale un motivo suggestivo per quell’epoca.

    Per ricostruire, quindi, almeno parzialmente, le origini delle razze canine, dobbiamo effettuare una indagine multidisciplinare, avvalendoci di:

    Fonti storiche (documenti), quando disponibili

    Fonti archeologiche, zooarcheologiche e paleontologiche

    Genetica.

    Oggi il termine ‘razza’ (per quanto riguarda i cani) è usato e abusato, ma è abbastanza recente nella storia umana. Si pensa derivi dal francese antico haraz o haras (allevamento di cavalli); per falsa divisione del termine unito all'articolo, l'haraz divenne così la race (la razza). Il termine veniva già usato nel 16mo secolo, ma per quanto riguarda le caratteristiche canine il maggior contributo fu dato a metà del 18mo secolo dal conte George Louis Leclerc de Buffon che parlò ampiamente di "races des chiens (razze di cani) nella sua opera primaria Histoire naturelle. In precedenza altri scienziati o appassionati si erano occupati di cani, come il fisico John Caius un paio di secoli prima nel suo De Canibus britannicis" (in cui si occupava dei cani presenti sul suolo britannico), ma la divisione che veniva fatta delle varie ‘razze’ era relativa soprattutto al genere di lavoro che i cani svolgevano (ad esempio, J. Caius scriveva dei Canis terrarius riferito a cani che scavavano nel terreno o entravano nelle tane per catturare le prede, ritenuti gli antenati dei moderni terrier). Tuttavia, una definizione che corrisponde a quella attuale fu stabilita nel 19mo secolo dagli allevatori britannici e questo non solo per i cani, ma anche per altre specie domestiche (cavalli, bovini, gatti, piccioni, galline, ecc.).

    Il termine ‘razza’, perciò, è di uso zootecnico e non zoologico, in quanto non identifica un’unità o categoria tassonomica, ma un gruppo animale creato artificialmente e appartenente agli animali domestici. Il gruppo è considerato afferente a una medesima specie. Viene selezionato con metodologie diverse per le caratteristiche ereditarie comuni che lo identificano come un sottoinsieme differenziato, spesso anche in modo piuttosto marcato, da eventuali altri gruppi conspecifici. Possiamo trovare qualche analogia fra le ‘razze’ domestiche e le sub-specie presenti negli animali selvatici, nel senso che si tratta dello stesso animale ma con caratteristiche diverse, solo che nelle specie domestiche è intervenuto l’uomo a modificarne la genetica (con una differenziazione molto rapida nel tempo), mentre in quelle selvatiche i fattori che hanno causato le modifiche genetiche delle varie sub-specie sono tutti naturali e hanno richiesto un tempo più lungo (ambienti diversi creano adattamenti diversi, ma questi richiedono centinaia o a volte migliaia di anni): come esempio, riferendoci all’antenato del nostro amico a 4 zampe, il lupo grigio, Canis lupus, abbiamo il Canis lupus italicus, la sub-specie che vive in Italia, il Canis lupus arabs che vive nella penisola arabica, il Canis lupus lycaon che vive nell’Ontario e in altre zone del Canada.

    Per tornare alle origini delle razze canine, è certo che i nostri antenati del tardo Paleolitico, intorno a 14.200 anni fa (Bonn/Oberkassel, Kesslerlock), iniziarono a selezionare fra i cani presenti già da decine di migliaia di anni (voglio ricordare che i resti di cane più antichi finora ritrovati appartengono ad una mascella ritrovata presso il sito di Hohle Fels in Germania,  datata a circa 40.000 anni fa, mentre il cane di Goyet (Belgio) ha una età di 36.000 anni, quello di Razboinichia (Altai) è di circa 33.000 anni fa), alcuni con determinate caratteristiche fisiche e comportamentali. Se escludiamo gli spitz¹, probabilmente i primi in assoluto furono i levrieri, poiché le rappresentazioni più antiche di questi cani risalgono a 9.000 / 12.000 anni fa e li ritraggono in compagnia di umani in scene di caccia (Acacus, Libia – Tassilli n’Ajier, Algeria). Come prova a suffragio del fatto che i primi cani ‘domestici’ furono spitz, oltre ai resti ossei, abbiamo la rappresentazione più antica di cane al guinzaglio ritrovata presso Bhimbetka, in India che ritrae un uomo con un cane molto simile a cani di tipo spitz a pelo corto, forse un Indian Native Dog (INDog), e risale a circa 13000 anni fa.

    Lo scopo di questo libro è, perciò, capire come con molta gradualità i nostri antenati diretti, i Sapiens di 15.000 anni fa, decisero di sperimentare degli incroci fra cani e per quali scopi. E come, da questi primi esperimenti si è arrivati al pool genetico odierno, con oltre 400 razze ‘ufficiali’ e svariate altre non riconosciute. Non dimenticando che i ‘cani domestici’, cioè quelli che vivono in famiglia o comunque a stretto contatto con gli umani, sono solo un quarto di tutta la popolazione mondiale canina. La maggior parte di essi, infatti, appartiene al grande mondo dei cani liberi, siano essi randagi, semi-ferali, ferali, selvatici, pariah o dei villaggi africani. Cani che convivono con gli umani alla distanza e cani che gli umani non li vogliono avere vicino, tant’è che li aggrediscono (che vi sia una cucciolata nelle vicinanze o per altre ragioni).

    In questo libro percorreremo la lunga storia che ha portato a forti cambiamenti sociali dalle popolazioni semi-nomadi (che vivevano in rifugi di emergenza o parzialmente stabili) che con l’avvento dell’agricoltura divennero stanziali prima e poi fondarono grandi civiltà. Vedremo come il cane sia stato, nonostante tutto, un grande protagonista dei fenomeni sociali e culturali che hanno portato dalla fine del Paleolitico alla caduta di Roma imperiale. Con una promessa: se questo libro piacerà (i tre volumi), probabilmente vi sarà un seguito in cui tratterò dei cani dal medioevo (che iniziò per convenzione storica con la caduta di Roma) all’epoca attuale.

    ANALISI DELLE FONTI

    A – FONTI STORICHE. La documentazione storica più antica coincide con l’avvento della scrittura circa 5.500 anni fa, quando i sumeri attraverso i caratteri cuneiformi iniziarono a riportare su tavolette di argilla dati relativi ai loro commerci. La stessa scrittura fu successivamente utilizzata anche con altri scopi, come la narrazione di eventi epici (ad esempio, l’epopea di Gilgamesh), poemi, eventi storici. Con l’evolversi del genere umano, i nostri antenati utilizzarono altre forme di scrittura, come i geroglifici egizi o quelli del popolo Maya in Sud America, gli ideogrammi cinesi, il sanscrito indiano ed una scrittura fonetica che è alle origini della maggior parte delle lingue scritte in Europa e in altre parti del mondo, di cui abbiamo le prime testimonianze intorno al XV secolo A.C.: il fenicio.

    Le fonti storiche, soprattutto le prime, risultano spesso fumose e senza un riferimento preciso delle caratteristiche degli animali: si parla di cani in generale ed è difficile determinare di cosa stava scrivendo chi scriveva quel determinato documento. Le cose iniziano a cambiare solo con la Grecia antica, soprattutto intorno al 4. Secolo A.C. con l’avvento di filosofi quali Aristotele e Senofonte che possiamo sicuramente considerare contemporanei (Senofonte morì quando Aristotele aveva 30 anni circa) ed in seguito con i filosofi dell’antica Roma (da L.G. Columella agli autori successivi²).

    Gli scritti sono testimonianza di come nel corso dei millenni e dei secoli l’uomo sia intervenuto nella genetica del cane domestico partendo dalle razze primigenie (sempre escludendo gli spitz), fino ad arrivare a tutte le razze attuali (oltre 400 riconosciute dall’FCI, più altre diverse centinaia sparse per il mondo non riconosciute).

    B – FONTI ARCHEOLOGICHE. Per fonti archeologiche si intendono tutte quelle produzioni artistiche (dipinti, petroglifi, statue, oggetti) fabbricate dai nostri antenati che riproducevano in modo abbastanza evidente un cane o una razza canina. Le prime rappresentazioni artistiche relative ai cani, sono presenti fin dal tardo Paleolitico.

    C – FONTI ARCHEOZOOLOGICHE. Per fonti archeozoologiche si intendono i resti di cani ritrovati in strati geologici antichi di epoche anteriori alla presente. La loro presenza è, perciò, determinata dalle spoglie dei cani che si sono conservate in modo ottimale durante un lungo periodo, nel quale le parti molli dei corpi possono essersi deteriorate, mentre gli scheletri si sono mineralizzati provocando in questo modo la produzione di reperti fossili. I resti di cane più antico finora ritrovati risalgono a circa 40.000 anni fa e sono stati scoperti nei pressi di Hohle Fells (Germania); il secondo più antico è il cane di Goyet (un paesino del comune di Gesves in Belgio) ed ha una età di circa 36.000 anni³. Seguono il cane di Razboinichia⁴ (nella regione dell’Altai siberiano, Russia), repertato a circa 33.000 anni fa ed i tre grossi cani di Predmosti⁵, in Repubblica Ceca, di qualche centinaio di anni più recenti del precedente. Tutti questi cani, inclusi i cani datati fino a 15.000 anni fa, hanno caratteristiche arcaiche: tutti quanti sembrano degli spitz ‘naturali’ (come il dingo o il NGSD), ma molto robusti e con ancora qualche tratto lupino (soprattutto nel caso di Goyet che fu per lungo tempo confuso con uno ‘strano’ lupo).

    Poiché, le fonti archeologiche, ma soprattutto quelle archeozoologiche, sono di molto precedenti alla scrittura (e quindi alle fonti storiche), abbiamo un quadro più completo, insieme alla genetica (al successivo punto D), di quanto molto probabilmente avvenne dall’avvicinamento simbiotico fra i nostri antenati (prima Homo heidelbergensis, poi Homo neanderthaliensis, infine i nostri diretti antenati Homo sapiens) e gli antenati del cane domestico, fino al cane domestico stesso.

    D – GENETICA. La genetica è la scienza che studia i meccanismi dell'eredità attraverso i quali avviene la trasmissione delle caratteristiche biologiche (caratteri) da una generazione a quella successiva nelle varie specie viventi. In particolare, la genetica studia il genoma, cioè il corredo di informazioni genetiche dei vari organismi, i cui componenti sono i cromosomi e i geni, le unità funzionali ereditarie contenute in questi ultimi. I geni sono segmenti di DNA dai quali dipende la sintesi di una determinata proteina e quindi la comparsa di un dato carattere ereditario e vengono trasmessi da una generazione a quella successiva attraverso la riproduzione.

    La genetica classica nasce nella seconda metà dell'800 con gli studi compiuti dal biologo boemo Gregor Mendel su piante di pisello e si sviluppa nei primi decenni del '900 grazie a esperimenti condotti sul moscerino dell'aceto. Negli anni '50, in seguito al riconoscimento che il DNA costituisce la base fisica dell'eredità, prende avvio la genetica molecolare. A partire dagli anni '70, con l'impiego delle tecniche della biologia molecolare, si è aperta la strada alla manipolazione del materiale genetico e quindi allo sviluppo dell'ingegneria genetica . La rilevanza della genetica nei diversi settori della biologia è testimoniata dallo sviluppo di discipline specialistiche, quali la citogenetica (la genetica a livello cellulare), la genetica dei microrganismi e delle piante, la genetica dello sviluppo e la genetica umana.

    Per quanto riguarda il presente ambito, la genetica gioca spesso un ruolo fondamentale nel determinare la veridicità e l’attendibilità delle teorie sulle origini delle razze canine. Ad esempio, ancora oggi molti credono che i molossoidi siano discesi dal Mastino tibetano, ma uno studio di E. A. Ostrander ed altri del 2017⁶ dimostra che non esiste alcuna relazione genetica fra la razza asiatica e le altre razze che da essa deriverebbero. Questo vuol dire che nemmeno gli antichi cani guardiani delle greggi, dai quali discendono i molossi moderni, hanno una relazione genetica con il Mastino tibetano (fig. 1).

    Gli studi di genetica spesso tolgono, come suol dirsi, ‘le castagne dal fuoco’ a chi è alla ricerca di soluzioni altrimenti impossibili da trovare. In quest’ottica, le ricerche scientifiche vengono utilizzate in questo libro se e quando si presentino problemi che altrimenti non possono essere risolti (esistono razze canine la cui antichità è già ampiamente dimostrata dai reperti archeologici e zooarcheologici e la genetica è di integrazione; in altri casi, quando scarseggiano altre fonti, la genetica risulta essere indispensabile).

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    Fig. 1 – Come dallo studio genetico di cui alla nota 9, il Mastino del Tibet non ha alcuna relazione genetica con gli altri molossoidi.

    BREVE STORIA EVOLUTIVA DEL CANE E DELL’UOMO

    Avendo ampiamente parlato nei miei due libri precedenti di come si sia evoluto il cane dal lupo e di come i nostri antenati siano entrati in simbiosi col lupo stesso, faccio un riassunto di quanto accaduto nel lontano passato.

    Fin da quando i nostri più antichi antenati (Sahelanthropus tchadensis) circa 7 milioni di anni fa iniziarono il percorso evolutivo che portò al genere umano, ebbero a convivere con le specie animali appartenenti ai Canidae. Infatti, sono stati ritrovati resti di una antica volpe (V. riffautae) nelle vicinanze di un S.t. datato circa 6,5 m.a.f. Le due specie non erano in competizione, in quanto il nostro antenato era vegetariano, mentre la volpe era carnivora.

    Questi ‘incontri’ sono avvenuti varie volte nel corso dell’evoluzione umana⁷. Però, ad un certo punto, qualcosa deve essere accaduto per ‘convincere’ gli antenati di cane e lupo a coabitare con i nostri antenati. Parliamo della storia evolutiva di due specie animali che ad un certo punto della propria esistenza hanno trovato un feeling ed hanno imparato a convivere e cooperare. La specie Homo imparò intorno a 500.000 anni fa a vivere con la specie Canis, anche se non parliamo di Homo sapiens sapiens (questo è il nome scientifico dato agli umani), ma di Homo heidelbergensis, ed anche se non parliamo di Canis familiaris ma di Canis etruscus mostbachensis (l’antenato del lupo). In realtà il cane domestico e noi siamo solo la parte finale di questa lunga storia in cui i nostri antenati e gli antenati del cane hanno convissuto nei medesimi territori per milioni di anni.

    La svolta che portò dal lupo al cane avvenne circa 130.000 anni fa fra i Neanderthaliani del sud francese ed un gruppo di lupi di una sub-specie estinta, che improvvisamente iniziarono a mutare il proprio aspetto e probabilmente anche il comportamento, in conseguenza del fatto che ormai da centinaia di migliaia di anni si erano adattati ad una vita non più prettamente selvatica fatta di fughe, inseguimenti, catture e rari banchetti di famiglia. Umani e lupi avevano scoperto da tempo che cooperare rendeva entrambe le specie più efficienti dei soli lupi o dei soli umani⁸; gli uni compensavano gli altri: laddove non arrivavano le zampe dei lupi, potevano arrivare le lance o le frecce dei nostri antenati e se una preda ne usciva ferita e non uccisa il resto del ‘lavoro’ veniva svolto dai lupi. Però, in quella grotta del sud francese vicino ad una località che oggi si chiama Lazaret, probabilmente era già iniziato un ulteriore processo evolutivo che avrebbe portato nel corso di decine di migliaia di ulteriori anni all’evoluzione in cani. Certo, cani ancora primitivi, qualcuno oggi li chiama ancestrali o incipienti. Ma, nonostante tutto, erano comunque cani ed è innegabile, poiché le analisi del DNA hanno confermato importanti collegamenti di discendenza fra quegli antichi cani e le razze viventi ai nostri giorni. Certamente quei cani primitivi non erano degli eleganti levrieri o dei possenti molossi, ma erano adatti a vivere in ambienti ricoperti dalla neve e dai ghiacci per la maggior parte dell’anno e che col cambio di stagione all’uomo moderno sarebbero potuti sembrare dei grossi cani ‘nordici’ spelacchiati. Ma erano pur sempre cani. Come ho già scritto ampiamente nei miei due precedenti libri. Tutto questo avvenne secondo i principi della selezione naturale: i Neanderthal non sentirono mai il bisogno di cambiare nulla nei loro cani. Del resto, sapevano fare di tutto per le loro necessità: guardare gli accampamenti e tenere lontano gli intrusi, cacciare, fare da termocoperte viventi (ed anche da morti) quando era freddo, sgombrare i dintorni degli insediamenti dai rifiuti organici lasciati abbondanti dalla tribù con cui convivevano. Fu solo molto tempo dopo, quando i Neanderthal si estinsero e rimasero i Sapiens al loro posto, che l’uomo decise di intervenire sulla genetica dei propri cani. Ma questo non stava a significare ‘domesticazione’, per come deve essere intesa, poiché anche i cani ancestrali erano diventati domestici, anche se attraverso i meccanismi evolutivi della convivenza, seguendo le leggi della selezione naturale.

    Sull’addomesticamento, o per meglio dire sulla selezione artificiale utilizzata dall’uomo per gestire le specie selvatiche, l’archeozoologo A. Gautier in un suo studio⁹, i cui principi io condivido completamente, sostiene che le prove disponibili suggeriscono che "…i tratti domestici compaiono dopo un numero limitato di generazioni o al massimo alcuni secoli. La distinzione tra un animale domestico in fase di formazione senza tratti domestici e un animale domestico reale, vale a dire un animale domestico con tratti domestici non è, secondo me, applicabile nella preistoria, perché le cronologie non sono abbastanza raffinate. La menzionata negligenza della dimensione biologica dei processi di domesticazione e l'idea che, in poche parole, i tratti domestici si materializzerebbero ma molto lentamente, hanno portato i ricercatori a postulare un'intera serie di addomesticati dimenticati ed episodici: animali di cui è stato interrotto l'addomesticamento o che sono stati addomesticati, dimenticati e poi addomesticati di nuovo; un buon esempio di quest'ultimo caso è il cavallo paleolitico (Gautier, 1996). Per tutti questi animali virtualmente addomesticati mancano prove o le stesse sono estremamente equivoche. Sfortunatamente, molti di questi domestici fantasma perseguitano ancora la letteratura e le menti di alcuni archeologi. Un esempio è la capra berbera, Ammotragus lervia, che vive nell’Africa nord occidentale (Algeria, Tunisia, Libia) e che ha causato, sotto questo aspetto, davvero molti problemi…"

    Per quanto riguarda l’addomesticamento del cane, l’esempio più eclatante è il cane di Goyet, scambiato per oltre un secolo per uno ‘strano’ lupo e poi, dopo svariate ricerche ad opera di Mietje Germonpré (curatrice del Royal Belgian Institute of Natural Sciences, paleontologa ed archeozoologa) si stabilì che in realtà era un cane molto primitivo vissuto circa 36.000 anni fa. Ed oggi siamo arrivati a stabilire che esistevano cani ancora più antichi (Hohle Fells, Germania, circa 40.000 / 45.000 anni). Qualche ricercatore è ancora abbarbicato, magari involontariamente, nell’antico concetto che gli animali domestici, qualsiasi essi siano, sono stati ‘creati’ dall’uomo. Già il fatto di pensare che l’uomo possa ‘creare’ qualcosa dà il senso dell’onnipotenza di qualcuno ed in secondo luogo se è vero per molte specie domestiche che l’uomo è intervenuto nella selezione per creare animali mansueti e, nella peggiore delle ipotesi, indifferenti all’uomo, così non è per il cane, in quanto la sua prima fase evolutiva è avvenuta per selezione naturale; è per questo che troviamo cani nel Paleolitico.

    CANI PRIMITIVI

    Molte razze canine moderne sono il risultato di centinaia di anni di selezione per caratteristiche particolari, ma alcune, comunemente considerate come cani primitivi, sono rimaste vicine al progetto originale dei loro antenati canini apparsi oltre 40.000 anni fa, risultati da un processo evolutivo naturale iniziato fin da quando Homo Heidelbergensis prima ed Homo Neanderthalensis poi decisero di convivere con i lupi. Come gruppo, i cani primitivi non sono chiaramente definiti e non tutti concordano sul fatto che tale categoria debba essere riconosciuta.

    Come variamente elencato, i cani primitivi sono un gruppo diversificato, ma molti di loro condividono alcune caratteristiche tipiche dei loro antenati, i lupi. Queste caratteristiche includono le orecchie erette, una testa a cuneo con un muso appuntito e una tendenza a ululare piuttosto che ad abbaiare. Il loro pelo è generalmente corto ma varia di colore e densità a seconda della regione da cui proviene il cane. La maggior parte dei cani primitivi entrano in estro solo una volta all'anno, a differenza degli altri cani domestici che hanno due cicli di estro all'anno. Gli specialisti canini si stanno interessando ai cani che hanno avuto poco a che fare con gli umani e nulla a che fare con i programmi di sviluppo della razza. Questi cani primitivi, che provengono da varie parti del mondo, includono il Carolina Dog del Nord America e il New Guinea Singing Dog, che è geneticamente molto vicino al dingo dell'Australia. Tali cani si sono evoluti naturalmente piuttosto che attraverso l'allevamento per il temperamento o l'aspetto e non possono essere considerati completamente domestici. Il New Guinea Singing Dog, che è sull'orlo dell'estinzione, è più probabile che sia visto nei parchi a tema, anziché nelle case. Diversi cani sono inclusi nel gruppo primitivo perché si ritiene che i loro geni non siano stati influenzati da altre tipologie di cani da migliaia di anni. Ma questo, in realtà, è avvenuto raramente.

    Tra questi rari casi c'è il Basenji dell'Africa, da tempo utilizzato per la caccia nel suo paese d’origine prima di diventare un animale domestico popolare; un'altra razza è il Saluki. E qui mi fermo. Altri cani ritenuti antichi, come gli ‘hairless’ dogs del Messico e del Sud America, che hanno subito mutazioni genetiche per cui hanno perduto il pelo, assomigliano a cani rappresentati nell'arte e nei manufatti di antiche civiltà come i Maya. Il 90% dei cani ‘primitivi’ in realtà non lo sono. Ad esempio, recenti indagini genetiche suggeriscono che il Pharaoh Hound non ha più di 100 anni e l'Ibizan Hound (Podenco Ibicenco) molto probabilmente è un discendente del segugio di Creta, quindi più recente; al contrario di quanto qualcuno suppone, queste razze (ed in genere tutti i segugi mediterranei) non discendono dagli antichi cani egiziani dalle grandi orecchie Tesem raffigurati in disegni risalenti a 4000 ed oltre anni fa. Oltre a questo, ci sono prove genetiche che dimostrano la linea di discendenza non è rimasta la stessa nel corso dei secoli, ma ha subito incroci anche in periodi recenti. È probabile che il cane dei faraoni, ad esempio, sia in realtà moderne riproduzioni di razze antiche. In effetti, per quanto riguarda questa razza, esistono prove storiche che sull’isola di Malta non esisteva ancora nel 17mo secolo e studi genetici hanno dimostrato una diversificazione dal suo probabile e reale antenato, il Cirneco dell’Etna, intorno a 70/90 anni fa. Senza dimenticare che gli antichi cani che gli Egizi chiamavano Tesem, nel momento in cui arrivarono i Tolomei (IV sec. A.C., dinastia di Faraoni ellenici) e prima di loro i Fenici, erano estinti già da tempo, parliamo di molti secoli prima. È senz’altro più probabile che la genesi dei segugi mediterranei sia da ricercare altrove, magari a Creta (leggere il capitolo dedicato all’isola).

    Non è un aspetto ‘primitivo’ che fa di un cane un animale ‘primitivo’ (perché allora anche il Cane Lupo Cecoslovacco dovrebbe essere considerato tale), né le ‘supposizioni’ genetiche senza prove a suffragarle. Ciò che lo rende primitivo è la sua genetica. Come ha detto qualcuno ‘Le parole sono importanti’. Cerchiamo di usarle per il significato che hanno, non per ciò che conviene. Nella realtà dei fatti, le uniche due razze realmente primitive sono il Basenji ed il Saluki, nel primo caso perché ha goduto per millenni di un isolamento ambientale che ha favorito la preservazione della sua genetica, nel secondo caso perché gli allevatori mediorientali si sono ben guardati dall’affidare i loro cani ad allevatori occidentali senza scrupoli. Cani antichi, come del resto sono il Dingo e il NGSD.

    Tutte le altre razze canine hanno subito nel corso della loro storia diversi incroci che hanno provveduto a cancellare il loro DNA antico. Esempio lampante sono i cani autoctoni giapponesi che fra la fine del 19mo e l’inizio del 20mo secolo erano quasi estinti e per preservarli gli allevatori hanno dovuto incrociarli con altre razze.

    Perciò, chiunque sia convinto di avere in casa il ‘lupo cattivo’, beh… mi dispiace dirvelo… a parte che questa è una credenza popolare senza fondamento (i lupi, in realtà assomigliano molto più alle nostre famiglie di quanto si pensi), comunque sia vi state illudendo. Certo, se vediamo certi Chihuahua aggressivi, probabilmente può venire in mente che si sia risvegliata la loro parte ‘selvatica’; a me, invece, sembra che si tratti di piccoli cagnetti con problemi relazionali che andrebbero risolti.

    Cani primitivi. Mi piacerebbe tanto convivere con una famiglia di New Guinea Singing Dogs, ma purtroppo resterà un sogno irrealizzabile. Per ora mi accontento di esporre, attraverso questo mio scritto, i miei punti di vista, suffragati, però, da studi scientifici. Buona lettura a tutti.

    Risultato immagini per new guinea singing dogs

    PERIODO PREISTORICO E PROTOSTORICO

    LA PRIMA RAZZA: IL CANE DI BONN/OBERKASSEL

    Nel tardo Paleolitico e nel successivo Neolitico, da 15.000 anni fa fino all’avvento delle civiltà più antiche, per quanto riguarda gli antenati dei nostri compagni a quattro zampe, abbiamo il susseguirsi di diversi eventi. Nei territori della Germania intorno all’odierna città di Bonn, in particolare dove ora si trova il quartiere di Oberkassel (distretto di Beuel), abbiamo le prove di un inizio di selezione del cane da parte dei nostri diretti antenati, i Sapiens. Ma non solo. La sensazione e le

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