La maschera di Innsmouth
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Info su questo ebook
H. P. Lovecraft
Renowned as one of the great horror-writers of all time, H.P. Lovecraft was born in 1890 and lived most of his life in Providence, Rhode Island. Among his many classic horror stories, many of which were published in book form only after his death in 1937, are ‘At the Mountains of Madness and Other Novels of Terror’ (1964), ‘Dagon and Other Macabre Tales’ (1965), and ‘The Horror in the Museum and Other Revisions’ (1970).
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Anteprima del libro
La maschera di Innsmouth - H. P. Lovecraft
La maschera di Innsmouth
Original title: The Shadow over Innsmouth
Original language: English
Immagine di copertina: Shutterstock
Copyright © 1936, 2021 H. P. Lovecraft and SAGA Egmont
All rights reserved
ISBN: 9788726584240
1st ebook edition
Format: EPUB 3.0
No part of this publication may be reproduced, stored in a retrievial system, or transmitted, in any form or by any means without the prior written permission of the publisher, nor, be otherwise circulated in any form of binding or cover other than in which it is published and without a similar condition being imposed on the subsequent purchaser.
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I
Durante l’inverno 1927-28, funzionari del governo federale condussero un’inchiesta segreta a causa di fatti poco chiari avvenuti ad Innsmouth, antico porto di pesca del Massachusetts. Il pubblico ne venne a conoscenza in febbraio, quando fu effettuata una vasta serie di retate e di arresti, seguita dalla deliberata distruzione col fuoco e la dinamite, di un gran numero di edifici cadenti, fatiscenti e ritenuti vuoti nel quartiere abbandonato del porto. Naturalmente, erano state prese le opportune precauzioni. I meno curiosi considerarono l’episodio alla stregua di uno dei tanti scontri violenti nella lotta senza quartiere ai contrabbandieri di alcolici.
I lettori più attenti dei giornali, tuttavia, si stupirono dell’eccezionale numero di arresti, dell’imponente spiegamento di uomini impegnati nell’operazione, e della segretezza mantenuta sulla sorte dei prigionieri. Non si ebbe notizia di processi, né di specifiche imputazioni; e in seguito, nessuno degli arrestati fu mai visto in un qualsiasi istituto di pena del Paese. Furono rilasciate vaghe dichiarazioni concernenti misteriose malattie epidemiche e l’internamento dei prigionieri in campi di concentramento (e, più tardi, in varie prigioni dell’Esercito e della Marina) ma non trapelò mai nulla di preciso. Innsmouth stessa rimase pressoché spopolata, e soltanto oggi comincia a mostrare i segni di una lenta e stentata rinascita.
In seguito alle proteste di diverse organizzazioni democratiche, ebbero luogo colloqui riservati con gli esponenti del governo e i loro dirigenti furono invitati a visitare certi campi e certe prigioni. Come risultato, le suddette organizzazioni diedero prova di una reticenza e una passività sorprendenti. Anche i giornalisti, che in un primo tempo s’erano dimostrati molto battaglieri, alla fine collaborarono senza riserve con il governo. Soltanto un giornale illustrato – che peraltro non godeva di molto credito a causa della scarsa attendibilità delle sue notizie – parlò di sottomarini scesi a scaricare siluri e altri ordigni nell’abisso nei pressi dello Scoglio del Diavolo. Tale notizia, raccolta per caso in una bettola, parve molto inverosimile, perché la bassa e nera scogliera si trova a oltre tre chilometri dal porto di Innsmouth.
Gli abitanti della campagna e delle cittadine vicine fecero un gran chiacchierare di questi avvenimenti, ma con i forestieri rimasero ermeticamente abbottonati. Era quasi un secolo, ormai, che circolavano strane voci sulla fatiscente e semiabbandonata Innsmouth, e nessuna nuova diceria poteva essere più fantastica o tremenda di ciò che essi andavano sussurrando da anni. Molte erano le ragioni che avevano insegnato a quella gente ad essere prudente, ed era perfettamente inutile cercar di insistere per farle parlare. Inoltre ne sapevano davvero poco, poiché desolati acquitrini salati e selvagge paludi deserte isolavano Innsmouth dall’entroterra.
Tuttavia oggi sto per abbattere il muro di silenzio che ha sempre circondato quella storia. Lo faccio con cognizione di causa: i provvedimenti presi all’epoca si sono dimostrati così efficaci che soltanto un moto di disgusto potrà derivare da un accenno a ciò che fu scoperto ad Innsmouth dai funzionari e poliziotti inorriditi. Inoltre, quel che trovarono si può forse spiegare in molti modi. Non so se quello che mi è stato raccontato sia tutta la verità, e ho le mie buone ragioni per non volerne sapere di più: mi sono trovato invischiato in quella faccenda molto più di qualunque uomo di legge prima di me, e le impressioni che ne ho ricevuto possono ancora indurmi a drastiche decisioni.
Sono stato io a fuggire freneticamente da Innsmouth nelle prime ore del mattino, il 16 luglio 1927, e sono stati i miei disperati appelli a indurre il governo ad aprire l’inchiesta e a prendere i provvedimenti che seguirono. Ho voluto mantenere il silenzio fin tanto che la sgradevole operazione era in corso e il suo esito ancora incerto; ma adesso che tutto è finito e la curiosità dei pubblico e il suo interesse sono scomparsi, provo il bizzarro e insopprimibile desiderio di parlare delle poche, terribili ore trascorse in quel porto di morte e di mostruose anormalità, quel luogo famigerato e sinistramente isolato. Parlarne mi fa bene, perché mi aiuta a ritrovare fiducia nelle mie stesse facoltà mentali e mi rassicura sul fatto che non sono stato il primo a soccombere a un’orrenda allucinazione. Inoltre, mi aiuta a preparare il mio spirito a un certo, spaventoso passo che sto per compiere.
Non avevo mai sentito parlare di Innsmouth fino alla vigilia del giorno in cui vidi questa cittadina per la prima e ultima volta. Avevo deciso di festeggiare la maggiore età con un viaggio turistico, antiquario e genealogico nel New England, e avevo pensato di andare direttamente dall’antica Newburyport ad Arkham, da cui veniva la famiglia di mia madre. Non possedendo un’automobile, viaggiavo in treno, in torpedone e in corriera, e fu soltanto alla biglietteria della stazione, mentre esitavo ad acquistare il biglietto per via del suo costo, che appresi dell’esistenza di Innsmouth. L’impiegato massiccio e dal volto astuto, che l’accento tradiva per un forestiero, parve prendersi a cuore i miei problemi finanziari e mi diede un suggerimento che nessun altro m’aveva offerto prima.
«Potrebbe prendere la vecchia corriera, immagino» disse esitando leggermente «ma da queste parti non la usano molto. Passa per Innsmouth – forse ne avrà sentito parlare – e così la gente non la usa. L’autista, Joe Sargent, è un tale di Innsmouth e non trova clienti qui e neanche ad Arkham, suppongo. Mi chiedo come faccia a mandare avanti la baracca. E sì che le tariffe non devono essere alte, ma non ho mai visto più di due o tre passeggeri… sempre gente di Innsmouth. Se non hanno cambiato orario, la corriera parte due volte al giorno: alle 10 del mattino e alle 7 di sera, la troverà in piazza, davanti all’emporio di Hammond.»
Fu così che sentii parlare per la prima volta della tenebrosa Innsmouth. Il minimo accenno a un posto non segnato sulle carte e nemmeno nelle guide più recenti, sarebbe bastato ad accendere il mio interesse, e le strane allusioni dell’impiegato suscitarono in me una viva curiosità. Una cittadina capace di ispirare tanta ripugnanza nel circondario, pensai, deve essere quanto meno singolare e degna dell’attenzione del turista. Se veniva prima di Arkham avrei potuto farci tappa e così chiesi all’impiegato di parlarmene. Lo fece con circospezione e avvertii nella sua voce una nota di vaga condiscendenza su ciò che diceva.
"Innsmouth? Ecco, è una strana cittadina alla foce del Manuxet. Stava per diventare una vera città, un porto importante, diciamo, prima della guerra del 1812, ma negli ultimi cento anni è andata letteralmente in pezzi. Non c’è neanche la ferrovia, la B.& M. non s’è mai spinta fin laggiù, e la diramazione da Rawley non è più in funzione da anni.
"Ci sono più case disabitate che abitanti, e di attività commerciali neanche parlarne, tranne la pesca e qualche allevamento di aragoste; fanno magri affari soltanto con Arkham e Ipswich. Una volta c’era qualche stabilimento, ma oggi non è rimasto quasi più niente, salvo un impianto per la raffinazione dell’oro che lavora poco o nulla.
"E sì che è stata una grossa raffineria, una volta, e il proprietario, il vecchio Marsh, dev’essere più ricco di Creso. Ma è un tipo strano, se ne sta quasi sempre tappato in casa. In giro dicono che si è beccato una malattia della pelle o che gli sia venuta qualche deformità, quando era già abbastanza in là con gli anni, e da allora non ha più voluto farsi vedere in pubblico. È nipote del capitano Obed Marsh, che ha messo su la baracca. Pare che sua madre fosse una straniera – si dice un’indigena