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Cabalà per Massoni 2: Le lettere e le Vie
Cabalà per Massoni 2: Le lettere e le Vie
Cabalà per Massoni 2: Le lettere e le Vie
E-book218 pagine3 ore

Cabalà per Massoni 2: Le lettere e le Vie

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Un esperto cabalista ebraico aiuterà il lettore a districarsi fra tutte queste Cabale, affinché possa godersi appieno queste ricchissime Lezioni di Cabalà ad uso Massonico suddivise in 2 volumi. Tratteremo di una sapienzia primaria e vastissima, rivelatasi all’Occidente a partire dalla fine del XV secolo. Parliamo della Kabbalah. Nella curatissima introduzione in due parti, un esperto studioso ebraico guiderà i lettori alla comprensione delle distinzioni fondamentali fra tutte le tradizioni che chiamano se stesse “Cabalà”, siano esse Cristiane, Ermetiche, Gnostiche, Rosacrociane, Alchemiche o Magico-Occultistiche. Sarà illustrato il punto di vista ebraico sulla “appropriazione culturale” che la Mistica del Giudaismo ha subito da parte Europea e si farà chiarezza in tanto caos, mostrando le soluzioni della Kabbalah originaria a fianco di quelle elaborate dell’Occidente. Il testo comprende una serie completa di tavole massoniche, organizzate in forma di corso esoterico. In questo secondo volume, riccamente illustrato, alla potenza delle Lettere dell’Alfabeto Ebraico e alle 32 vie della Sapienza che uniscono la Terra e il Cielo.
LinguaItaliano
Data di uscita5 lug 2021
ISBN9791280418166
Cabalà per Massoni 2: Le lettere e le Vie

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    Cabalà per Massoni 2 - Frater Efes

    cabbala_cover_2a.jpg

    Frater Efes

    CABALÀ PER MASSONI

    Volume 2 - Le Lettere e le Vie

    massoneria_Aamassoneria_Ba

    Lezioni di Cabalà per la Massoneria:

    Una introduzione e non solo. Parte 2.

    di Tzuriel Trevi

    massoneria_1

    Una rilettura di Fludd ad usum christiamum dell’Etz Chayim della Kabbalah Ebraica in totale fraintendimento del significato stesso della struttura metafisica dell’Albero.

    massoneria_2

    Parola e Materia nella Kabbalah Ebraica.

    Un’ermeneutica simbolica del segno e della parola elementale, ma non alchemica

    La sostanziale assenza dell’alchimia come preciso sistema di conoscenze e di pratiche nella Kabbalah Ebraica è uno degli effetti più rimarchevoli che discendono direttamente dalla struttura, dalla natura, e dalle proprietà della lingua ebraica. Intendiamo con questo dire che la stessa morfologia, la grammatica e la sintassi di questa lingua appaiono concepite come forma ideale per contenere e veicolare le energie presenti ed attive in questo Universo. Queste proprietà di contenimento e di indirizzo delle forze sono già tutte comprese al livello dei segni che esprimono e fanno parlare il Lashon Tov, la Buona Lingua, cioè l’ebraico: le 22 (27) lettere dell’Alef Bet. Se possiamo correttamente affermare che nelle lingue del mondo in generale, e soprattutto in quelle indoeuropee che ci sono, per struttura psicolinguistica, così vicine e comprensibili, la PAROLA è un SIMBOLO che "sta per la cosa" nel contesto di quella attività umana detta "comunicazione, che si effettua a mezzo del linguaggio", invece in ebraico questa concettualizzazione della lingua è insufficiente.

    Nella mentalità ebraica, che è quella che ispira interamente tutta la Kabbalah, compresi i prestiti culturali da altre tradizioni che possono essere evidenziati in essa, la visione del linguaggio è quella di un potere concesso all’uomo di CREAZIONE DELLE COSE SECONDO VOLONTÀ mediante l’emissione e vibrazione modulata del suono risultante di una stringa di lettere, che forma una sequenza capace di generare, ogni volta, ciò che viene evocato dal parlante. È proprio così, per quanto nell’occidente laico e tecnologico la cosa possa apparirci ormai quasi incomprensibile.

    La nostra vita stessa è concepita come un quotidiano miracolo, perché, per il kabbalista, essere vivo al mattino significa che il Creatore continua ancora a ripetere, senza interruzioni, ciclicamente nella Sua Essenza, la sequenza o stringa di lettere > di suoni che corrisponde al suo nome personale, e che dopo la notte trascorsa, il Creatore abbia fatto ritornare in lui – ricongiungendole alla nefesh rimasta a presidiare e gestire il corpo - due delle tre (cinque sotto altri punti di vista) anime che lo costituiscono: neshamà e ruàch. Non c’è traccia alcuna nelle forme di Cabalà derivate dall’Occidente, né Cristiane, né Ermetiche, né Magico-Operative, di una simile visione che connette radicalmente essere (e vita) e linguaggio.

    In Occidente, affinché l’Operatore possa immettere la sua Volontà nei cicli naturali della materia governata dalle leggi Divine, egli deve accedere alle conoscenze dell’Alchimia ed essere tecnicamente capace di praticarne i processi operativi. Nella Kabbalah tradizionale, lo Tzadik opera questo attraverso la parola fatta vibrare nell’aria. ABRACADABRA, infatti, altro non è che trasposizione traslitterata dell’originale frase in ebraico-aramaico אבר כא דבר aber-ke-daber, che potremmo tradurre come io creo così come parlo, o secondo come ho detto o ancora io creo mentre parlo. È la formula che esprime kabbalisticamente il potere naturale del linguaggio, quando ad usarlo sia un Adàm, il cooperante al dispiegamento della Creazione, cioè l’Uomo.

    Come fosse infatti una piccola divinità, così come avviene nel caso di D-o, parlando e comunicando l’Uomo crea. Anche quando è da solo e parla, l’Uomo comunica direttamente con l’Universo, che è in perenne ascolto. La cosa nominata viene sempre in essere in una forma CHE È REALE. Infatti, molti sono gli strati o i livelli della realtà. I fisici adesso ne parlano piuttosto in termini di stringhe, quando ragionano nell’ambito di quello che essi chiamano modello M a 10 (11 secondo altri) dimensioni. In una o più di queste dimensioni la cosa che pronunciamo, nominiamo ed evochiamo, esiste realmente e come effetto della nostra azione, che ha veicolato la nostra rappresentazione e volontà, anche magari solo come noumeno, cioè oggetto che esiste come puramente pensabile. Nel mondo ebraico bisogna stare estremamente attenti a quello che si dice. Sempre! Sono migliaia le norme delle leggi religiose (Halachà) che stabiliscono, infatti, che cosa si possa e non si possa dire, perché con la parola tu puoi accrescere (triangolo abracadabra con il vertice in alto) o far decrescere sino a scomparire (triangolo abracadabra con la base in alto), suscitare un male oppure combatterlo e farlo sparire, far sorgere un bene ed accrescerlo in modo che molti ne possano beneficiare.

    massoneria_3

    Forme tipiche del glifo di sviluppo in accrescimento o diminuzione dell’Abracadabra.

    massoneria_4

    Esempi classici di amuleti kabbalistici in forma grafica che usano il potere del Linguaggio sacro.

    In sintesi, se la parola è uguale alla cosa, anzi È LA COSA STESSA e questo è un modo dell’essere reciproco che si riscontra operare sui piani (oggi diremmo stringhe) della realtà/multiverso, perché mai allora, si sono detti i kabbalisti, si dovrebbe lavorare per giorni al fuoco della fornace, attendere all’atanor, nei fumi letali e nella fatica, e nel pericolo mortale che può sorgere improvviso da errori nella combinazione degli elementi o nei processi per la loro estrazione e raffinazione quando, con le regole della Ghematria, del Notariqon e della Temurah, e più in generale dello Tzeruf o Permutazione Letterale, è possibile combinare e ricombinare lettere e parole, fino a ottenere e far vibrare quella parola, di solito un Nome Sacro, ma non solamente, che agisce nella realtà modificandola come solo l’ Occultus Lapis potrebbe fare? Il libro kabbalistico del Sefer Yertzirah e la sua esegesi ci narrano proprio di questo. Invece l’Aesch Metzareph no, non solo perché è un falso prodotto in ambito non-ebraico nel XVI-XVII secolo, ma soprattutto perché quest’ultimo libro ci parla, piuttosto, di come l’occidente nei suoi enormi limiti mentali e linguistici è riuscito, a modo suo, a concepire e rapportarsi, secondo i suoi schemi, all’impostazione ontologica, gnoseologica ed operativa propria della Kabbalah originale ebraica che abbiamo appena finito di illustrare. Il titolo stesso Aesch Metzaref in quanto tradotto come Fuoco Purificatore è un errore linguistico. Dalla medesima radice [צרפ] l’autore europeo ha creduto di ravvisare la parola "Tzoref che è il crogiolo ed ha tradotto semanticamente il senso con l’aggettivo purificatore. Invece qui tzaref (?) è piuttosto un termine correlato alla sua forma corretta che è tzeruf, che non significa affatto purificazione ma "PERMUTAZIONE. L’esito corretto sarebbe quindi Fuoco Permutante che è un concetto che troverebbe comunque una sua conferma nella visione kabbalistica dei rotoli della Torah, le cui lettere stese sulla pergamena, viste come forme positive e spazi negativi, sono definite fuoco nero su fuoco bianco".

    La vera Kabbalah, dal punto di vista ebraico, ci spiega come i rabbini o gli tzadikim siano anche Baal Shem (Signori del Nome) a sapere come creare cose reali con la parola, attraverso le conoscenze e le procedure dell’Abracadabra, e non gli alchimisti.

    massoneria_5

    L’Alef bet ebraico su 3 colonne: corrispondenza elementale, segno moderno, segno paleosemitico.

    massoneria_6

    L’Alef bet ebraico disposto su 3 cerchi concentrici: dal più esterno > 12 lettere semplici, 7 lettere doppie, 3 lettere madri.

    massoneria_7

    Localizzazione delle lettere ebraiche sulle articolazioni delle mani per scopi teurgici.

    massoneria_8

    Alcuni stili tradizionali di scrittura dell’ebraico.

    Come ben sappiamo, la Massoneria dei Moderni inizia ad operare dopo due buoni secoli arroventati dalle istanze del Protestantesimo ed in contrapposizione ad esso nella Controriforma, che condussero infine alla Guerra dei Trent’anni, che creò i nuovi assetti in Europa, a partire

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