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Namasté! Viaggio in moto attraverso l'India dei Maharaja: I Navigatori (narrativa contemporanea), #1
Namasté! Viaggio in moto attraverso l'India dei Maharaja: I Navigatori (narrativa contemporanea), #1
Namasté! Viaggio in moto attraverso l'India dei Maharaja: I Navigatori (narrativa contemporanea), #1
E-book339 pagine3 ore

Namasté! Viaggio in moto attraverso l'India dei Maharaja: I Navigatori (narrativa contemporanea), #1

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Info su questo ebook

NAMASTÈ è un racconto di viaggio, una full immersion in un paese esotico dalle mille sfaccettature e dai contrasti estremi, vissuto in sella a una moto poco convenzionale per gli standard europei.

 

Il lettore, insieme all'autore, vivrà momenti entusiasmanti, che andranno dagli incontri con le persone ai paesaggi mozzafiato, imparerà a conoscere le differenze abissali tra l'India e l'Europa, differenze che apriranno i suoi orizzonti e proietteranno la sua mente in una realtà molto diversa, che desterà stupore e ammirazione, ma anche ripudio verso alcuni costumi che si presenteranno lungo il tragitto.

 

In India la moto è il mezzo di trasporto della gente comune, che non può permettersi una macchina, e che quindi crea, quasi automaticamente, una specie di sintonia che aiuta ad abbattere le barriere culturali e linguistiche.

 

La moto rende il viaggio molto più intenso, e senz'altro più rischioso, come testimoniano le numerose situazioni vissute dall'autore, a volte con il cuore in gola, in mezzo a camion impazziti e a una quasi totale assenza di regole.

 

Dai palazzi che sembrano usciti da una favola de Le Mille e una Notte del Rajasthan alle cime himalayane del Ladakh, passando per la perla verde del Kashmir, ogni parte del viaggio è ricca di esperienze forti, a volte estreme, che trasmettono l'adrenalina quasi fisicamente e catapultano il lettore in un Paese con un impatto fortissimo sui cinque sensi, che attraverso la moto viene amplificato ancora di più.

 

"Dall'autore de "Le due ruote della libertà", una nuova ed emozionante avventura in moto attraverso paesaggi di una bellezza stupefacente e nel cuore pulsante dell'India più autentica! Un diario di viaggio che incanterà tutti gli esploratori del giorno d'oggi e che, di sicuro, darà anche diversi spunti per i loro viaggi del domani."

 

(Il Giardino della Cultura)

 

CON 54 FOTO A COLORI!

 

L'AUTORE

 

Guido Schmidt è nato a Stoccarda (Germania) il 7 ottobre 1970. Fin da piccolo gira per il mondo con i suoi genitori e, in particolare, i primi viaggi in Africa con una permanenza prolungata di due anni nello Zimbabwe (ex-Rhodesia) hanno lasciato il segno e hanno piantato il seme di una forte voglia di conoscere il mondo.

 

Durante il periodo scolastico e universitario inizia a intraprendere numerosi viaggi in autonomia, utilizzando la moto non solo come mezzo di trasporto, ma facendone anche uno stile di vita. Attualmente lavora nel campo della finanza. Vive in Lombardia con la moglie e le due figlie.

 

"Namasté!", un racconto di viaggio interamente dedicato all'India e vissuto in moto, è il suo secondo romanzo dopo "Le due ruote della libertà", con il quale ha esordito nel 2018.

LinguaItaliano
Data di uscita19 lug 2021
ISBN9798201184148
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    Anteprima del libro

    Namasté! Viaggio in moto attraverso l'India dei Maharaja - Guido Schmidt

    I Navigatori

    INDICE

    Prefazione: l'India!............................................................................ 6

    PARTE UNO: Rajasthan .................................................................. 9

    Ma dov'è il Rajasthan?.....................................................................10

    Con questa moto? ........................................................................13

    Pronti, partenza, via!.....................................................................15

    Impatto frontale-Delhi..................................................................18

    Non ce la farete mai!....................................................................22

    Non per tutti i gusti.......................................................................26

    Meraviglie nel deserto .................................................................33

    La città blu.................................................................................39

    Attention! Monkeys crossing!...........................................................45

    Una sorpresa piacevole...................................................................50

    Tentato suicidio...........................................................................58

    A zonzo in campagna....................................................................69

    Dall'Islam all'Induismo....................................................................73

    Nel caos totale............................................................................84

    L'occhio della tigre.......................................................................94

    Una delle sette meraviglie del mondo...............................................100

    Sopravvivere nell'inferno..............................................................109

    PARTE DUE: Ladakh-Kashmir.......................................................115

    Siamo in due...anzi tre...................................................................116

    Cosa vuol dire caldo............................................ .......................119

    Ritorno in sella all’Enfield.................................... ......................127

    La porta del Ladakh............................................ .......................139

    Bisogna meritarsi il paradiso.........................................................156

    La Valle dell'Indo........................................................................162

    Ci mancava poco!.......................................................................173

    Nello Shangri La.........................................................................181

    Sua Maestà Khardung La.............................................................193

    A trenta centimetri dall'abisso.........................................................210

    Nel paese delle meraviglie............................................................217

    Frane, pioggia e indipendenza .......................................................228

    La capitale dei Sikh....................................................................239

    A denti stretti...........................................................................252

    Epilogo................................................... .................................259

    Itinerari................................................... .................................264

    Galleria fotografica.....................................................................267

    L'autore.....................................................................................................322

    L’India!

    L’India! È solo una parola, ma dietro si nasconde un mondo, anzi, un mondo non basta. Non basta neanche un libro per rendere giustizia a questo Paese,  che più che un Paese, è un continente intero.

    Per rendersi conto delle dimensioni, e della diversità, che possono essere racchiuse in un unico Paese, bastano alcuni numeri.

    La superficie dello stato indiano, il settimo Paese più grande del mondo, copre 3.3 milioni di chilometri quadrati. Già a vedere il numero sembra un’enormità, ma rende molto di più un confronto con il territorio italiano di soli 300'000 chilometri quadrati.

    L'India, quindi, è undici volte più grande dell'Italia.

    Questo paragone è già impressionante, ma ancora di più è il numero dei suoi abitanti: 1.34 miliardi di persone, secondo solo a quello della Cina e quasi tre volte i 500 milioni di abitanti dell’Unione Europea allargata.

    Ovviamente ad attrarmi non erano questi numeri, ma la diversità di culture, religioni e paesaggi, che forse nessun altro luogo al mondo riesce a offrire al visitatore.

    In India si parlano quasi 180 lingue e più di 1500 dialetti.

    Tutte le principali religioni del mondo sono rappresentate in India: l’Induismo, l’Islam, il Cristianesimo, la religione dei Sikh, il Buddhismo e, anche se in maniera residuale, l’Ebraismo. 

    Nonostante i numeri assoluti confermino la predominanza dell’Induismo, con quasi l’80% della popolazione che lo pratica, non escludono che, in alcune regioni, una delle altre religioni sia nettamente dominante, come l’Islam in Kashmir o i Sikh in Punjab.

    Questo crea differenze abissali tra alcuni dei diversi stati del Paese, che purtroppo a volte sfociano in violenze tra la popolazione e sono alla radice delle continue discordanze tra l’India e il Pakistan.

    La varietà di lingue, religioni e culture, viaggia a braccetto con una bellezza naturale senza pari, che va dalla giungla tropicale fino al tetto del mondo della catena himalayana.

    Tutti questi numeri danno solo un’infarinatura di quello che si nasconde dietro l’India.

    Per un viaggiatore appassionato come me non poteva essere altro che un irresistibile richiamo.

    Esiste un detto che dice Non hai visto il mondo se non sei stato in India, e quindi la mia curiosità verso questo Paese era sotto la superficie, anche se in secondo piano rispetto alle tante altre mete che stavo studiando durante gli ultimi anni.

    Come molte delle destinazioni dei miei viaggi, anche l’India nasce dai racconti dei miei genitori, che l'hanno visitata nel 1964 durante un lungo viaggio attraverso il sudest asiatico.

    In particolare, mi era rimasto impresso il racconto della povertà alla quale avevano dovuto assistere a Calcutta, dove tantissime persone dormivano per strada e ogni mattina passava un carretto per portare via quelle che erano morte durante la notte.

    Il fatto che qualcosa del genere sia una realtà è già di per sé scioccante,  ma in questo caso questa realtà è così lontana dai nostri standard da sembrare quasi surreale, e pertanto fatichiamo a elaborarla.

    Oggi l’India è la dodicesima economia al mondo, ma questo è solo un dato che non significa granché.

    Dietro si nascondono enormi differenze di standard di vita, che spaziano da ricchezze esagerate a un numero altissimo di persone che devono lottare tutti i giorni per la propria sopravvivenza, e non sempre ce la fanno, anche se fortunatamente i fatti drammatici degli anni Sessanta sembrano superati.

    L’altro fattore descritto con racconti vivaci dell’India dai miei genitori era l’impatto dei suoi abitanti. In pochi minuti si possono osservare  affascinanti signore vestite con sari coloratissimi, esotici sadhu  oppure mendicanti, che spesso in India chiedono l’elemosina per un loro difetto fisico.

    Detto così sembra un Paese molto particolare, da cui forse sarebbe meglio starsene alla larga.

    Invece l’India offre una tale bellezza di posti, monumenti e genti che tantissime persone ne rimangono stregate per tutta la vita.

    L’impatto dell’India è talmente forte che molti dicono O la ami o la odi.

    Tutto questo era come un magnete, che esercitava su di me una forte attrazione, che finora non avevo mai seguito per mancanza di tempo, soldi e per la preferenza per il mio amore più grande: l’Africa.

    PARTE UNO: RAJASTHAN

    Ma dov'è il Rajasthan?

    Siamo nell’autunno del 2013 e sono in piena fase di pianificazione del viaggio che ci dovrebbe portare in Dancalia e nel Nord dell’Etiopia.

    Tutto sembra indirizzato nella giusta direzione. Insieme all’amico Mauro, che ha già percorso il nostro itinerario nel 2009, e a Domenico, l’anima gemella con cui avevo iniziato a viaggiare qualche anno fa, avevamo organizzato un gruppo di sei persone e sei moto, che avrebbe dovuto costituire il numero minimo indispensabile per poter organizzare il viaggio a un costo ragionevole.

    Ci rivolgiamo all’agenzia con la quale avevamo già viaggiato diverse volte in passato, ma tutte le nostre email rimangono inizialmente senza risposta.

    Mauro deve insistere parecchio e, alla fine, ci rispondono che non vogliono organizzare il viaggio per motivi di sicurezza.

    Rimaniamo sbalorditi, e soprattutto, molto delusi.

    Eravamo consapevoli che la Dancalia, e in particolare la zona al confine con l’Eritrea, aveva visto qualche episodio violento, soprattutto nel 2012, quando una banda di guerriglieri aveva attaccato un campo di turisti e provocato la morte di cinque visitatori.

    Ormai però la situazione si era calmata parecchio, e anche se la Farnesina sconsigliava i viaggi nella zona, i siti dei Ministeri degli Esteri della Germania e della Gran Bretagna ritenevano la zona accessibile con le dovute precauzioni.

    Di conseguenza, considerando che era un'agenzia specializzata in viaggi in zone molto remote nel mondo, il loro rifiuto ci aveva spiazzati.

    Provammo con diverse altre agenzie, ma i prezzi richiesti erano decisamente troppo alti e fuori dalla nostra portata.

    Nella seconda metà di ottobre il nostro progetto si infranse in modo definitivo e con rammarico informammo gli amici che il viaggio non sarebbe partito.

    Inizialmente la delusione prevalse su tutto, ma come spesso succede, Domenico e io iniziammo a valutare alternative.

    La richiesta all’agenzia di spostare il nostro gruppo verso il Laos e la Cambogia, per la seconda volta, non ottiene risposta e a quel punto mi rompo le scatole.

    Decidiamo di organizzarci un viaggio last minute, possibilmente a basso costo.

    Tra i vari Paesi che avevo vagamente sulla lista, molti non erano adatti alla stagione invernale e per caso, sfogliando qualche rivista a casa, l’occhio cadde su una guida del Rajasthan, che avevo preso in prestito da mio padre qualche mese fa.

    Mi si accese una luce e ricordai che l’amico Mauro aveva fatto un viaggio in Rajasthan qualche anno fa con una moto a noleggio, una Royal Enfield. Ormai sono eccitato dall’idea e qualche verifica sui dati climatici conferma che la stagione invernale è perfetta: niente pioggia e temperature piacevoli.

    Quando propongo la meta a Domenico, la prima reazione è:

    -Dove cacchio è il Rajasthan?!-

    Per tutta risposta, lo invito a guardare qualche foto delle città che avevo visto sulla guida, e in tutti e due nasce la voglia irrefrenabile di andarci.

    Una volta presa la decisione, rimane da chiarire se riusciamo a trovare due moto a noleggio, perché il costo elevato di un viaggio in due ci impedisce di trasportare le nostre moto in India.

    Mauro mi aveva lasciato un’opinione piuttosto negativa sulla moto più diffusa in India: la Royal Enfield Bullet, con frequenti guasti, soprattutto all’impianto elettrico, e una limitata manovrabilità, che avevano creato non pochi problemi al suo gruppo durante il viaggio.

    Di conseguenza approfondiamo freneticamente cosa vuol dire guidare veramente una Royal Enfield.

    Si tratta di una moto prodotta in India sulla base dei vecchi modelli inglesi della Triumph.

    L’aspetto è rimasto piuttosto invariato negli ultimi decenni e, come diciamo tra noi motociclisti, sembra un vero cancello: pesante e con un manubrio largo, che invoca molto lo spirito easy rider dei vecchi film.

    A parte i dettagli estetici, quello che ci interessava veramente era l’affidabilità di questa motocicletta, che in India sembra un mezzo di trasporto molto diffuso a causa del suo prezzo di vendita di 1500 euro, abbastanza accessibile per un gran numero di indiani.

    Frugando su Internet, e consultando il sito di Lonely Planet, apprendiamo che esistono numerose agenzie di noleggio a Delhi, e quella più consigliata sui vari blog di viaggiatori si chiama Lalli Motorbike Adventures.

    Non troviamo una recensione negativa e la nostra decisione finale viene presa velocemente durante una cena.

    Un’Enfield sia e la data di partenza sarà la notte del 25 dicembre.

    Siamo di nuovo in pista!

    Con questa moto?

    Questa è la domanda che vari miei amici mi rivolgono quando racconto loro del nostro progetto e faccio vedere loro le foto del nostro futuro cavallo di ferro.

    Cavallo di ferro nel vero senso della parola, perché di alluminio non c’è neanche l’ombra.

    Tutto è di acciaio massiccio e la conseguenza è il peso notevole di quasi 200 chili! Tanta roba per una moto di soli 500 ccm, e quasi come la mia Honda Transalp.

    Le prime versioni dell’Enfield avevano ancora un cambio all’inglese, che significa la leva a destra, la prima marcia verso l’alto e le altre giù, quindi proprio il contrario del cambio a cui siamo abituati da decenni.

    Per fortuna i modelli sul sito di Lalli sono di una generazione più recente, dove il cambio corrisponde al nostro, quindi a sinistra.

    Vedendo per caso per la prima volta un'Enfield originale nel traffico di Milano, rimango comunque abbastanza perplesso.

    Sembra una motoretta, bassa ma con una posizione di guida comoda, facilitata dal manubrio largo e dalle braccia distese.

    Ormai abbiamo imboccato questa strada, e anche se gli amici ci prendono un po’ per i fondelli, noi contiamo sul fatto che anche una moto in apparenza poco affascinante, può essere un mezzo di trasporto divertente.

    Il noleggio è sorprendentemente facile.

    Scambiamo varie email con Lalli e ci garantisce l’affidabilità delle sue moto, che prepara da più di vent’anni per i suoi clienti.

    Ci consiglia anche di montare due valigie laterali, che riempirà con vari pezzi di ricambio.

    Ci conforta il fatto che l’Enfield è talmente diffusa in India, che non sembra difficile trovare un meccanico in caso di necessità.

    Lalli sembra una persona vecchio stile, che conta ancora su un accordo tra le persone. Non ci chiede neanche un acconto, ma solo una copia del nostro biglietto aereo e la patente internazionale oltre a quella nazionale.

    Un piccolo assaggio della cultura indiana lo apprendiamo già dalle sue email,  che iniziano tutte con saluti da Delhi e il buon augurio per la nostra salute e quella della nostra famiglia.

    Per me è un simpatico dettaglio e voglio credere che questi valori siano veramente ancora al primo posto in India, e non come da noi, dove vige la legge del business e dove ci si limita a concordare dettagli contrattuali ed eventuali clausole di manleva di responsabilità.

    Pronti, partenza, via!

    Tutto sembra pronto. Abbiamo i biglietti del volo, le moto prenotate e un itinerario abbastanza dettagliato, che dovrebbe includere poco più di 3000 chilometri in quindici giorni.

    Mentre completiamo gli ultimi preparativi, purtroppo salta fuori un problema più serio.

    Domenico era convinto che le sue ferie da fine dicembre a gennaio fossero approvate con la solita procedura dal suo datore di lavoro.

    Invece solo le vacanze di dicembre sono confermate, mentre i dieci giorni di gennaio non sembrano possibili.

    Lui è incazzatissimo, e quando leggo la sua mail, mi viene un mezzo colpo.

    Ma qualcosa va come previsto per queste ferie?

    Prima ci salta la Dancalia, poi sembra che non si possa trovare una moto decente in India, e quando tutto sembrava organizzato, non vogliono concedergli le ferie!

    Dopo un primo momento di rabbia, mi calmo e conto sulle abilità diplomatiche di Dome.

    Passa una settimana, durante la quale scrivo anche a un gruppo di viaggio, che fortunatamente parte lo stesso giorno e al quale potrei aggregarmi per sfruttare almeno il biglietto aereo già pagato.

    Non mi alletta molto l’idea di farmi 3000 chilometri in pullman, che per uno come me, abituato a viaggiare in totale libertà in moto, è un po’ come una specie di prigione.

    Per non mettere ulteriore pressione a Dome, non chiedo novità, ma aspetto aggiornamenti, che tardano ad arrivare.

    Finalmente, e come è nel suo stile, arriva un' email:

    Me le danno! Si parte! Ti risparmio i dettagli....

    Quando vedo il pop-up dell'email, che mostra le prime due righe, quasi esulto ad alta voce in mezzo all’open space del mio ufficio.

    Come (quasi) sempre, anche stavolta Dome ce l’aveva fatta a sistemare i problemi all’ultimo minuto!

    Viaggiare con lui mi riempie di un quasi inesauribile ottimismo, tanto da farmi pensare che insieme riusciamo sempre a trovare una soluzione.

    Di esempi ne abbiamo vissuti parecchi durante gli anni e alla fine siamo sempre tornati in pista.

    Abbiamo trovato un meccanico in un paese sperduto della Grecia durante la Domenica di Pasqua, o raddrizzato il pedale del freno, che dopo una caduta in Kenya sembrava irrecuperabile.

    Funzionava sempre nello stesso modo: prima c'era un attimo di disperazione, poi iniziavamo a ragionare insieme, uno stimolava la fantasia dell’altro e, alla fine, saltava fuori un qualche rimedio improvvisato che ci consentiva di continuare il viaggio. 

    Anche stavolta c'eravamo, si partiva dopo aver organizzato a tempo di record questo tuffo in una cultura quasi diametralmente opposta alla nostra.

    Rimaneva, come sempre, il momento più duro della partenza.

    Lasciare la famiglia nella tarda serata del 25 dicembre non era proprio il massimo e gli sguardi delle mie due figlie facevano ancora più male del solito, perché mi sentivo in colpa di partire proprio il giorno di Natale.

    Durante il tragitto verso l'aeroporto di Milano Malpensa rimasi in silenzio e con i pensieri ancora attaccati a casa.

    ***

    Il volo Aeroflot mi svegliò molto bruscamente, perché durante le tre ore e mezza di volo verso Mosca non avevo chiuso occhio e l’aereo aveva ballato ed era sembrato un giocattolo in balia delle tempeste di vento che regnano sopra il Nord Europa.

    Appena arrivati, ci sdraiammo sulle sedie e dormimmo per quasi quattro ore.

    Il tempo passa e, dopo una colazione al modesto prezzo di 20 euro, ci imbarcammo alle 15.00 su un aereo sorprendentemente nuovo per Delhi. Essendo abituato agli aerei della Yemenita, dell'Ethiopian Airlines, eccetera, eccetera, con i quali alcune agenzie ti mandavano solitamente in giro per il mondo, mi godo i lussi inaspettati di poter scegliere tra musica, film e giochi della console integrata nel sedile davanti a me.

    Il volo è tranquillissimo e arriviamo con quindici minuti d'anticipo alle 23.00, ora locale a Delhi.

    Passiamo velocemente i controlli dei passaporti, ritiriamo le nostre valigie, ogni volta un piccolo momento di suspense, e con il driver del nostro albergo attraversiamo i quartieri di Delhi quasi senza traffico.

    L'albergo, individuato grazie alla conoscenza di Domenico, che aveva pernottato qui durante l'ultimo viaggio in Zanskar, è di tutto rispetto.

    Ci facciamo portare una birra e un po' di pane come cena sostitutiva prima di chiudere questa giornata lunghissima all'1.15.

    Impatto frontale – Delhi

    Il giorno seguente prendiamo un tuktuk, una specie di triciclo motorizzato simile alle nostre api, che ci fa da taxi per raggiungere il negozio di noleggio di Lalli Singh.

    È il primo impatto con il traffico famigerato dell'India, che conferma tutti i pregiudizi.

    È molto caotico e le indicazioni lasciano talmente a desiderare,  che anche il tassista deve chiedere parecchie volte prima di trovare il posto giusto, una via piena di negozi e di officine con moto in ogni condizione immaginabile e tantissima gente in strada.

    Il vicolo dov'è ubicata l'officina di Lalli è sporco e pieno di cadaveri di vecchi motorini, e non induce molta fiducia.

    Siamo arrivati in anticipo rispetto all'orario prestabilito, nella speranza di non impegnare tutta la giornata da Lalli e di poter anticipare, eventualmente, la partenza al pomeriggio.

    L'officina stessa, che si trova in uno scantinato, è raggiungibile solo attraverso una rampa stretta e ripida.

    Sembra un buco e, guardandoci, pensiamo la stessa cosa: le moto di questo buco qua reggeranno?

    I ragazzi presenti sono gentili e sembrano abbastanza organizzati.

    Iniziamo a guardare in giro e vediamo due Royal, che appaiono ben preparate e con le valigie laterali già montate.

    In effetti saranno i nostri destrieri e, dopo un po' di attesa, un signore pittoresco, appartenente alla religione dei Sikh e con tanto di barba e turbante, ci porta a fare un giro di prova, circa 20 chilometri in mezzo al traffico delirante della città.

    Senza clacson non si fa niente, ma l'andatura è comunque gestibile e, nonostante la frizione un po' dura e qualche goccia di pioggia, ci troviamo abbastanza bene.

    La moto ha un freno anteriore non molto efficace, è pesante e non conviene piegarla più di tanto.

    Una volta in marcia diventa più maneggevole e, anche se è un po' leggera sull'anteriore, è piacevole da guidare e trasmette molto il feeling da easy rider con le gambe molto avanzate, il manubrio largo e il rombo piacevolmente basso e copioso, anche se la cilindrata è di soli 500 ccm.

    Tornati all'officina, il nostro Sikh ci spiega in novanta minuti i lavoretti di base della manutenzione.

    Quest'ora e mezza praticamente raddoppia le mie conoscenze in materia di moto.

    Nel frattempo è arrivato anche Lalli, che ci consiglia un posto per pranzo e anche l'albergo di suo cugino per il rientro dal viaggio.

    Anche in India è tutto un grande magna magna...

    Spendiamo 6 euro in due per un piatto abbastanza piccante in mezzo agli indiani e, dopo un'occhiata all'albergo, che sembra accettabile anche se situato in un vicolo sporco, torniamo all'officina.

    Lalli prepara tutta la documentazione e, quando gli diciamo che domani vorremmo arrivare a Bikaner, sostiene che sia impossibile, che sia un viaggio di due giorni e che sarebbe meglio partire già alle 7.00.

    Ci dà anche una bella e utile lezione dettagliata sul comportamento nel traffico indiano, compresi vari disegni fatti con la matita sulla superficie della sua scrivania.

    Prima di lasciarci andare, provvede anche a una preghiera per un viaggio fortunato ed evoca la benedizione di Ganesh, il dio con la testa di elefante che protegge i viaggiatori.

    A tutti i presenti, compresi i vicini, viene offerto un dolce e al manubrio della moto, insieme a coriandoli di fiori, viene attaccato un altro pezzo per avere la protezione della divinità di cui avremo bisogno – più che un meccanico, Lalli sembra un guru che ha radunato i suoi seguaci.

    Le moto sono munite di due box laterali di alluminio, ciascuno dei quali comprende tutti i pezzi di ricambio e gli attrezzi necessari, che i ragazzi ci hanno illustrato minuziosamente.

    Alla fine tutta questa procedura ci ha impegnato quasi l’intera giornata e ci sentiamo un po' come due esploratori, come quelli che nei secoli scorsi partivano senza sapere se mai fossero tornati.

    In tutta sincerità, e riflettendo un po’ su tutti questi avvertimenti, devo ammettere che qualche preoccupazione si era creata.

    Saltiamo finalmente in sella e ci immergiamo nel flusso incessante del traffico.

    Ogni rotonda è una piccola avventura, dove non esistono regole, ma dove ti inserisci lentamente e con prepotenza nel giro.

    Per fortuna la velocità è bassa e lascia margine

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