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Senza veli in Arabia: Diario politico di un'idealista in crisi
Senza veli in Arabia: Diario politico di un'idealista in crisi
Senza veli in Arabia: Diario politico di un'idealista in crisi
E-book133 pagine2 ore

Senza veli in Arabia: Diario politico di un'idealista in crisi

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Info su questo ebook

Una europeista convinta, libera ed emancipata, lascia il lavoro per seguire il marito in un progetto di science diplomacy in Arabia Saudita. Non è l'inizio di un romanzo ma la vera storia di Eleonora Pezzarossa, funzionaria della Commissione Europea, che per quattro anni ha vissuto in un campus internazionale vicino Ryadh con tutta la famiglia. In questo diario personale e politico racconta come questa esperienza ha cambiato la sua prospettiva sul mondo arabo e sul suo mondo di origine.
LinguaItaliano
Data di uscita20 apr 2018
ISBN9788828311461
Senza veli in Arabia: Diario politico di un'idealista in crisi

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    Anteprima del libro

    Senza veli in Arabia - eleonora pezzarossa

    Sommario

    1 maggio 2014, prossima fermata: Arabia Saudita

    2 maggio 2014, le prime impressioni

    È tutta una questione di abitudine

    Prayer time (il tempo della preghiera)

    Il petrolio sta finendo

    L’import-export dei cervelli

    La vita in una bolla

    Ladies branch

    Il sole come metafora

    Disoccupazione locale in crescita e aumento dei lavoratori stranieri

    Un’europea in Arabia Saudita

    Sotto controllo

    La valigia

    Taxi, che paura

    Donne e uomini

    Dal ginecologo

    Lusso esotico tra resort e spiagge

    Ristoranti, single e famiglie

    La kafala

    23 gennaio 2015: muore Re Abdullah, sovrano dell’Arabia Saudita e Custode dei lughi sacri di Medina e Mecca

    Matrimoni combinati

    L’importanza di uno sviluppo lento

    La guerra alle porte

    Traffic jam, il diritto di guidare

    Festa del papà. Terza domenica di giugno, 2015

    Non basta una maglietta con il logo

    30 Giugno 2015

    La scala dei diritti

    Saudi Arabia, 13 novembre 2015

    Voto alle donne, 11 dicembre 2015

    Progetto fotografico Voto alle donne

    Marzo 2016. Attentati a Bruxelles

    Belqees

    12 luglio 2016, attentati a Qatif e jeddah e Medina

    Il ruolo dell’Arabia Saudita

    9 novembre 2016

    22 marzo 2017

    L’arabia Saudita vista da quassù

    27 Settembre 2017

    Epilogo

    Note

    Disclaimer

    Bibliografia

    Libri

    Articoli e Report

    Approfondimenti e link interessanti su Internet

    Approfondimenti sulla situazione del paese

    Radio France sul voto alle donne

    Sulla situazione in Medio Oriente

    #WhySyria: La crisis de Siria contada en 10 minutos y 15 mapas

    L’islam en conflit. Le dessous des cartes | 31.01.2015 (Arte)

    Sui rifugiati

    Sulla scienza della felicità

    SENZA VELI IN ARABIA

    I edizione cartacea, dicembre 2017

    II edizione cartacea, marzo 2018 (ISBN 979-1220027458)

    I edizione ebook, marzo 2018

    © testo di Eleonora Pezzarossa

    © fotografie di Anastasia Khrenova

    Specialist, Scientific Images and Design

    Research Publication Services (RPS) KAUST

    editing: Anna Lo Piano, pianopiano book bakery

    grafica e impaginazione: Rachele Lo Piano, pianopiano book bakery

    www.pianopianobooks.com

    Courage is not the absense of fear but the judgment that something else is more important than fear.

    Ambrose Redmoon

    A mio marito,

    che mi spinge sempre oltre i limiti di me stessa. 

    1 maggio 2014, prossima fermata: Arabia Saudita

    Come dice il proverbio? Quando si parte, si sa quello che si lascia ma non si sa quello che si trova. E noi, partendo, siamo consapevoli che stiamo per lasciare la nostra amata Bruxelles, dove vivono i nostri amici e sono nati i nostri tre bellissimi figli. In questa città, che fa ormai parte del nostro cuore, ho potuto sperimentare direttamente l’importanza dei programmi di welfare dell’Unione Europea a sostegno della maternità. Sono rimasta incinta e ho potuto prendere un congedo di maternità e poi continuare a lavorare, senza dover rinunciare al mio posto. Privilegi? No, diritti! Di tutte le donne e in ogni parte del mondo. Almeno cosi dovrebbe essere.

    Andremo a vivere in Arabia Saudita, un paese che ci sembra distante anni luce da ciò che conosciamo. Tutto è cominciato quando a mio marito Luca hanno offerto di prendere parte a un progetto di ricerca finanziato dal Re Abdullah bin Abdulaziz Al Saud su acqua, energia solare, agricoltura nel deserto, tecnologie di combustione pulita, biotecnologie: settori chiave per il futuro del Medio Oriente e non solo. Sia io che Luca lavoriamo nell’ambito delle relazioni internazionali e dei programmi di sostegno alla ricerca, e ci interessiamo di science diplomacy, ovvero la collaborazione in progetti scientifici per il benessere degli esseri umani come strumento di relazione e cooperazione internazionale. E questo progetto di ricerca in Arabia Saudita è un bellissimo esempio di science diplomacy.¹ Certo abbiamo sentimenti contrastanti a riguardo. La curiosità e il desiderio di cambiare che ci hanno sempre contraddistinti, portandoci a viaggiare ovunque, si mescolano a un po’ di timore. Davvero stiamo per farci adottare da Re Abdullah? Proprio noi che ci siamo formati nello studio dello stato di diritto e che crediamo con tutte le nostre forze nella democrazia? È un salto nel buio, ma anche un’opportunità unica, che non vogliamo rischiare di perdere. Per farmi coraggio, decido come prima cosa di contattare i nostri colleghi che già vivono nella Delegazione dell’Unione Europea² di Ryadh per chiedere loro qualche impressione sulla vita nel Golfo. Con una certa sorpresa, ricevo quasi soltanto commenti positivi. Non solo il progetto merita, e questo potevo immaginarlo, ma la vita in Arabia Saudita è tranquilla, ben lontana dalla frenesia a tutti i costi del mondo occidentale e cadenzata da un ritmo proprio, unico e immutabile. Forse è questo richiamo ad uno stile di vita diverso a determinare la mia decisione definitiva.

    Nel frattempo non smetto di farmi domande, di cercare dati e informazioni sullo stato economico e politico del paese³. Spulcio ogni possibile notizia legata agli ultimi attentati del 2004⁴ e alla situazione terrorismo⁵ e mi dedico alla lettura sistematica di tutti i blog⁶ possibili e immaginabili che raccontano come si vive in Arabia Saudita, finché non trovo questa frase:

    If you are so lucky to get a contract here and so foolish to accept it, that will change your entire life.

    Se sei così fortunato da riuscire ad avere un contratto qui e così pazzo da accettarlo, stai sicuro che ti cambierà completamente la vita.

    Come si fa a rimanere indifferenti di fronte a una simile affermazione? Continuando a leggere, capisco che nel campus potrò guidare e non sarò costretta a indossare l’abaya, la lunga sopravveste scura che le donne saudite indossano sui vestiti (e questa è decisamente una fortuna perché il nero non mi dona!) Inoltre troveremo una comunità multiculturale e un’ottima scuola internazionale. Insomma, alla fine ci è bastato per decidere, e adesso stiamo partendo per una nuova avventura, un nuovo paese, una nuova cultura. E poi il mio istinto mi dice che in fondo non è poi una pazzia, come tutti pensano.

    In fondo non mi sembrava cosi strano trasferirmi da Bruxelles, città dove mia madre ha lavorato da giovane, verso un paese che ha ospitato mio padre durante gli anni ‘70 per la costruzione delle prime strade nel deserto del Nefud. La storia si ripete da una generazione all’altra, una nuova avventura mi aspetta.

    Bye bye, vecchia Europa! Welcome Gulf Countries!

    2 maggio 2014, le prime impressioni

    Appena sbarcati nell’aereoporto di Jeddah, ci ritroviamo in mezzo a una folla di uomini avvolti in teli bianchi. Indossano l’ihram, l’abito del pellegrino, composto di stoffe non cucite fra di loro. Il bianco indica che hanno compiuto le abluzioni rituali e che quindi sono puri, pronti a partire per i luoghi sacri di Mecca e Medina, nel cuore dell’Islam. Le donne indossano abiti che nascondono le forme, o le abaya nere e lunghe. Molte hanno anche il viso coperto. Si vedono solo gli occhi, mobilissimi, capaci di dire tante cose con un solo sguardo. I miei figli, incuriositi, mi chiedono spiegazioni, e io cerco di improvvisare: Pregano molto, dico, come le suore. Malgrado tutto, la sensazione più forte è che qui le persone siano diverse da noi. Non meglio, non peggio, solo diverse.

    3 maggio 2014, l’impatto con il campus

    Stay focused! breath in, breath out, keep calm and embrace the challenge.

    Concentrati! Inspira, espira, mantieni la calma e accogli il cambiamento. Mentre mi preparo ad affrontare il campus dove andremo a vivere, non faccio che ripetermi questo mantra. So che posso farcela. L’importante è avere una mentalità aperta, essere curiosi e ascoltare prima di parlare!

    Nel campus ci sono persone di almeno 110 nazionalità diverse, non saprei neanche elencarle tutte. Insieme a noi ci sono tantissime famiglie europee, americane, australiane, asiatiche e sudamericane, che vivono qui da anni, apparentemente in modo sereno. Cominciamo a fare le prime timide conoscenze. Mi rendo subito conto che, in questo ambiente così internazionale, le relazioni all’inizio sono per forza circospette e diplomatiche, come se fossimo tutti sulla difensiva. La verità è che un po’ alla volta esploriamo le reciproche reazioni, i modi di fare e di sentire. Il rischio è dare troppe

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