Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Charles de Foucauld: 1858-1916. Biografia
Charles de Foucauld: 1858-1916. Biografia
Charles de Foucauld: 1858-1916. Biografia
E-book1.063 pagine15 ore

Charles de Foucauld: 1858-1916. Biografia

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Un ufficiale di cavalleria sempre pronto all'azione, un esploratore brillante, nonché scienziato, una vocazione ostinatamente ricercata, un'anima assetata di solitudine e di assoluto aperta all’universale, un eminente esperto del mondo tuareg, un prete dal sacerdozio atipico, desideroso di fraternità, ardente di fuoco missionario... Tanti aspetti si sovrappongono, si mescolano, si completano in Charles de Foucauld.
Questa biografia esaustiva, costruita a partire dai suoi scritti e dalle ricerche più recenti della causa di canonizzazione, restituisce gli avvenimenti di un’esistenza fuori dal comune. Ricca di dettagli inediti, fedele alle fonti, traccia un ritratto magnifico di questa personalità stupenda.
L’autore, per la sua conoscenza intima e ineguagliata dei documenti originali, ci consegna un’opera imprescindibile per scoprire il vero Charles de Foucauld.

LinguaItaliano
Data di uscita13 mag 2022
ISBN9788869298615
Charles de Foucauld: 1858-1916. Biografia
Autore

Pierre Sourisseau

Licenziato in teologia, è referente esperto per la Famiglia spirituale di Charles de Foucauld. Da più di trent'anni archivista della causa di canonizzazione, scrive articoli e tiene conferenze sui molteplici aspetti della figura del beato Charles de Foucauld.

Correlato a Charles de Foucauld

Ebook correlati

Biografie religiose per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su Charles de Foucauld

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Charles de Foucauld - Pierre Sourisseau

    Copertina del libro Charles de Foucauld

    Inizia la lettura

    Indice

    Informazioni sull’autore

    Condividi

    Colophon

    Pierre Sourisseau

    Charles de Foucauld

    1858-1916

    Biografia

    Traduzione a cura delle Discepole del Vangelo e di padre Andrea Mandonico, sma

    Effatà Editrice logo

    Alla memoria del generale

    Michel de Suremain

    Non ci sono professori nell’ambito della spiritualità:

    soltanto scopritori che rivelano ad altri

    e s’inventano essi stessi man mano.

    Quelli che cercano di tornare ad essere se stessi,

    che vi spronano senza volerlo.

    Jean Sulivan, Matinales

    Prefazione

    Il 1° dicembre 2016 è il giorno che celebra il primo centenario della nascita al cielo — secondo la bella espressione che ben traduce la fede dei discepoli di Cristo nella vita eterna — del beato Charles de Foucauld, prete della diocesi di Viviers, morto a Tamanrasset vittima di un agguato, il 1° dicembre 1916, nel bel mezzo della Prima guerra mondiale.

    Ho accettato volentieri di scrivere qualche riga di prefazione al libro di Pierre Sourisseau, generoso collaboratore di monsignor Maurice Bouvier, mio zelante predecessore responsabile della postulazione della causa di beatificazione di padre de Foucauld.

    A parte l’amicizia di lunga data con monsignor Bouvier, non avevo nessun titolo particolare per assumere la responsabilità della postulazione. Eppure, due volte nel corso della mia vita ero entrato in relazione con persone che mi avevano sensibilizzato alla personalità e alla spiritualità di Charles de Foucauld.

    La prima occasione fu l’ingresso nel seminario minore di Bordeaux, nell’ottobre 1958, qualche giorno prima della morte di Pio XII e dell’elezione di Giovanni XXIII. Già nelle prime settimane sentimmo qualche nostro professore parlare di un certo padre Albert Peyriguère, che ci veniva presentato come una delle glorie del seminario minore e un emulo di padre de Foucauld. Effettivamente, nato nel 1883, aveva studiato nel seminario minore in Cours de la Marne e vi era ritornato come professore dopo l’ordinazione sacerdotale, l’8 dicembre 1906, con una tesi su san Bernardo e il movimento mistico del XII secolo. Gravemente ferito a Verdun, ritornò a Bordeaux, ma si sentì presto chiamato a prestare servizio in Africa. Tunisia, Sud algerino e infine Marocco furono i luoghi dove si impegnò a vivere e testimoniare il Vangelo servendo i Berberi.

    Colui che i Berberi soprannominarono «il marabutto di El Khab» terminò la sua vita terrena il 26 aprile 1959, all’età di settantacinque anni, totalmente stremato da una vita generosamente donata. Seppellito a El Khab, la popolazione ne celebrò le esequie esprimendo viva riconoscenza per colui che aveva saputo essere un «padre» per tutti. Questo pioniere ci veniva presentato come un modello, smanioso di vivere il suo amore per Dio nell’amore dei poveri. I nostri maestri ce lo presentavano come un emulo di padre de Foucauld e, attraverso di lui, ci sensibilizzavano verso colui del quale celebriamo il centenario della morte, che, nel silenzio di Nazareth, annunciava con l’amore per i suoi fratelli la Buona Notizia del Vangelo. L’uno e l’altro, ognuno alla sua maniera, hanno realmente vissuto la fraternità, questa facoltà dell’accoglienza che fa intuire ad ogni ospite, chiunque egli sia, qualunque sia la sua situazione, le sue ricchezze o le sue miserie, di essere sempre accolto da un cuore totalmente aperto. Evidentemente, allora non eravamo coscienti della straordinaria ricchezza e della feconda diversità che caratterizzano la spiritualità di Charles de Foucauld, ma questo primo incontro indiretto segnò molti di noi.

    La seconda occasione mi fu offerta quando entrai nell’abbazia premonstratense di Saint‐Michel de Frigolet in Provenza. Con i miei due compagni di allora, ricevemmo come maestro dei novizi padre Charles‐Régis de Blic, pronipote di Charles de Foucauld, e incontrammo molte volte i suoi due fratelli preti, Pierre e Paul. Ho avuto poi, in quel periodo, l’opportunità di fare molteplici se pur brevi soggiorni nell’abbazia trappista di Notre‐Dame des Neiges e di frequentare la diocesi di Viviers, per predicare dei ritiri a comunità religiose, allora molto numerose in Ardèche. Ho così frequentato persone e soggiornato nei luoghi che mi parlavano della spiritualità di Charles de Foucauld, sicuramente senza alcun ordine e metodo, ma lasciandomi intravedere un tesoro inesauribile che, da allora, numerosi autori, ognuno a suo modo, con le sue qualità e i suoi limiti, ci hanno aiutato a scoprire.

    In effetti, i santi non hanno la vocazione di farci ritornare all’epoca in cui hanno vissuto, ma hanno la missione di illuminare la nostra strada e di accompagnarci prendendoci per mano, manifestando così la tenerezza di Dio per noi.

    Giustamente, questa tenerezza di Dio è una delle realtà più essenziali nel nostro mondo, poiché manchiamo crudelmente d’amore, amore di Dio e del prossimo. Già nel suo messaggio Urbi et orbi del 31 marzo 2013, papa Francesco attirava la nostra attenzione sulla realtà drammatica del «deserto» umano, realtà che evoca subito la figura di Charles de Foucauld. Il papa diceva: «Quanti deserti, anche oggi, l’essere umano deve attraversare! Soprattutto il deserto che c’è dentro di lui, quando manca l’amore di Dio e per il prossimo, quando manca la consapevolezza di essere custode di tutto ciò che il Creatore ci ha donato e ci dona. Ma la misericordia di Dio può far fiorire anche la terra più arida, può ridare vita alle ossa inaridite (cfr. Ez 37,1–14)».

    Charles de Foucauld ci offre un esempio straordinario di testimonianza, non tanto per quello che ha fatto — e Dio sa che ha fatto molto — ma piuttosto con la sua attitudine interiore di fede. La nostra generazione, a differenza di quella di Charles de Foucauld, ha dei mezzi straordinari di azione, specialmente nel campo delle scienze e delle tecniche della comunicazione, che potrebbero indurci in errore facendoci pensare che tutto, compresa anche la vita della Chiesa e l’annuncio del Vangelo, possa riuscire grazie ai mezzi a nostra disposizione. Papa Francesco ce lo ha ricordato durante l’omelia del 19 dicembre 2013 nella chiesetta di casa Santa Marta, in Vaticano. L’uomo non si salva da solo e quelli che hanno l’orgoglio di tentarvi, anche tra i cristiani, hanno fallito. Poiché solo Dio può dare la vita e la salvezza. È questa la meditazione per il tempo d’Avvento che papa Francesco ha proposto ricordandoci che «la vita, la capacità di dare la vita e la salvezza non vengono che dal Signore» e non dall’uomo, che non ha «l’umiltà» di riconoscerlo e di chiedere aiuto. «Molte volte» nella Scrittura si parla «della donna sterile, della sterilità, dell’incapacità di concepire e di dare la vita». Ma altrettanto numerose sono quelle in cui «il miracolo del Signore fa sì che queste donne sterili possano avere un figlio». Papa Francesco osserva che nelle parole dei «profeti» c’è l’immagine del deserto: la terra deserta, incapace di far germogliare un albero, un frutto, di far nascere qualcosa. Eppure, proprio «il deserto sarà come una foresta. I profeti lo dicono: sarà grande, fiorirà!». Dunque «il deserto può fiorire» e «la donna sterile può dare vita». Solamente nella prospettiva della promessa del Signore: «Io posso! Io posso, dalla vostra aridità, far crescere la vita, la salvezza! Io posso, dall’aridità, far nascere dei frutti!». La salvezza «è l’intervento di Dio che ci rende fecondi, che ci dà la capacità di donare la vita», che «ci aiuta nel cammino della santità». Da qui la domanda del Papa: «Da parte nostra cosa dobbiamo fare?». Prima di tutto, ha risposto, «riconoscere la nostra aridità, la nostra incapacità di dare la vita». Poi, «chiedere». Accogliendo questo insegnamento, come non riconoscervi l’impronta della vita e della testimonianza di Charles de Foucauld?

    Non è per noi una guida sicura mentre camminiamo su sentieri impervi e, soprattutto nelle nostre società occidentali, incontriamo grandissime difficoltà ad essere testimoni credibili del Cristo e del suo Vangelo? Forse troppo sicuri di noi stessi, siamo di fronte, se non al fallimento, alla modestia dei risultati ottenuti, rispetto alle nostre aspettative. Il beato Paolo VI ci conduceva all’essenziale nella sua esortazione apostolica Evangelii nuntiandi del 1975: «Le tecniche dell’evangelizzazione sono buone, ma neppure le più perfette tra di esse potrebbero sostituire l’azione discreta dello Spirito. Anche la preparazione più raffinata dell’evangelizzatore, non opera nulla senza di lui. Senza di lui la dialettica più convincente è impotente sullo spirito degli uomini» (n. 75).

    Charles de Foucauld ce lo ricorda: l’apostolo inviato a portare il Vangelo deve sempre iniziare evangelizzando se stesso. «Fratello Universale», vive l’amore di Dio e cerca di creare delle comunità d’amore fraterno, che parlano molto più di tanti discorsi. In effetti, la Chiesa «ha sempre bisogno d’essere evangelizzata, se vuol conservare freschezza, slancio e forza per annunziare il Vangelo» (ibidem, n. 15).

    È dunque nella quotidianità della vita che Dio invia i suoi discepoli, che sia nel deserto del Sahara o in quello delle nostre zone industrializzate, nell’opulenza materiale delle nostre grandi città o nel silenzio delle nostre campagne abbandonate, nei luoghi di divertimento o di sofferenza — penso in modo particolare ai tanti ospedali e alle case di riposo — per dare la testimonianza di una vita evangelica, capace di risvegliare l’interesse dei nostri contemporanei per il Cristo. Questo ha un prezzo: seguire colui che si è fatto povero per condividere con noi le sue ricchezze, e offrire una testimonianza vissuta nella fedeltà, «di povertà e di distacco, di libertà di fronte ai poteri di questo mondo, in una parola, di santità» (ibidem, n. 41).

    Charles de Foucauld ci conferma, un secolo dopo la sua morte tra i Tuareg, l’attualità perenne del Vangelo e della missione che Gesù ha affidato ai suoi discepoli.

    Giustamente Pierre Sourisseau chiude il suo libro con queste parole: «Dopo la morte di Charles de Foucauld, il suo spirito è diventato rapidamente un bene comune della Chiesa e il suo carisma si manifesta sotto molteplici forme negli impegni di uomini e donne».

    Roma, 3 aprile 2016 — Domenica della Misericordia

    Bernard Ardura, o.praem.

    Postulatore

    Introduzione

    Cento anni dopo la sua morte, Charles de Foucauld è diventato un personaggio nella storia della Francia e della Chiesa. A partire dalle attuali conoscenze sul suo singolare itinerario, questa presentazione vuole seguire, nel modo più rigoroso possibile, il suo percorso umano e religioso.

    Già nella Pasqua del 1936 Georges Gorrée, nell’introduzione al suo libro Sur les traces de Charles de Foucauld, scriveva: «È una messa a fuoco, basata su testimonianze precise, su avvenimenti grandi o piccoli che hanno segnato l’esistenza di Charles de Foucauld. Abbiamo cercato di seguire passo dopo passo la storia della sua vocazione, dei suoi progetti, della sua anima [...]. Abbiamo utilizzato molti documenti inediti [...]. Possa il nostro lavoro, del quale abbiamo voluto fare un documento minuzioso e preciso come un diario di viaggio, rendere servizio ai futuri storici del P. de Foucauld!». Rivisto dall’autore nel 1953, il suo libro Sur les traces de Charles de Foucauld continua, secondo il suo desiderio, «a rendere servizio» agli storici.

    Lo studio cronologico di questo destino fuori dal comune, che inizio qui, si basa su elementi nuovi. In effetti, i suoi scritti, profani e spirituali, ora sono conosciuti; la corrispondenza, integrale o parziale, è stata pubblicata; i suoi lavori scientifici e linguistici sono stati esaminati da specialisti del mondo tuareg che ne hanno mostrato l’ampiezza e il valore; numerose consultazioni dei fondi documentari hanno fatto avanzare la conoscenza delle relazioni di questo antico ufficiale con il mondo militare; inchieste su alcuni punti da chiarire sono state fatte dalla Postulazione e dalle «Amitiés Charles de Foucauld»... Così, l’abbondanza delle informazioni, raccolte grazie alle pubblicazioni e alle ricerche, rende ormai possibile una ricostruzione più autentica della figura di colui che, per comodità, chiamerò Charles.

    Bisognava seguirlo in senso cronologico, oppure osservarne l’evoluzione all’interno delle sue tappe successive: il bambino e lo studente, il militare e il civile, poi il trappista Marie‐Albéric e l’eremita fratel Charles domestico di un convento in Palestina, e infine prete diocesano, prete «libero» in una missione dei Padri Bianchi? Ho optato per questo approccio basato sulle tappe, in una narrazione ricca di citazioni, tutte cronologicamente pertinenti. Questo metodo mi sembra favorire una scoperta più sottile della sua personalità e permette di mostrare come il suo atteggiamento originale e positivo andasse continuamente al di là delle norme della situazione in cui si trovava in quel dato momento.

    Troppi dettagli in queste pagine? Ma come fare a seguire tutte le tracce di quest’uomo dalla memoria pressoché infallibile, che annotava quasi tutti i giorni il suo impiego del tempo e che aveva il talento di renderne conto ai suoi amici e conoscenti in un modo così piacevole e convincente? Fino a che livello di precisione biografica era necessario spingersi? Da tutto questo abbondante materiale, ho privilegiato far emergere il senso portante, cercando di decifrare, dietro alla storia e ai suoi fatti grezzi, la Storia nel suo compiersi... L’ermeneutica deve esercitarsi senza sosta nell’analisi delle sue testimonianze. La priorità è data al ritmo, alle ispirazioni, alle chiamate, insomma alla Vita che, dal bambino di Strasburgo al padre de Foucauld del Sahara, senza perdita di tempo né ritorno indietro, si è dispiegata in una spirale ascendente. Orientata costantemente verso un «di più», esso stesso portatore, in modo telescopico, per così dire, di uno slancio nuovo...

    Ma allora, in questa Vita così rivisitata, è stato tutto perfetto? Queste pagine saranno troppo positive? In verità, Charles de Foucauld, nella sua abbondanza, e qualche volta nei suoi eccessi, può diventare stancante e certe sue insistenze non gli rendono un buon servizio: per esempio, quando dà ai suoi dei consigli in materia di educazione o quando, da lontano e per delle cause che ritiene sante, parla di finanze e si fa questuante... Tanto più che, leggendolo d’un fiato, non si colgono i tempi lungo i quali si dipanava la sua corrispondenza. Da qui l’esigenza, prima di giudicarlo, di ricollocare i suoi interventi nel suo tempo, con il giusto distacco e, soprattutto, senza mai dimenticare che egli appartiene alla sua epoca e al suo ambiente.

    Infine, le sue mancanze ci mostrano che questo fratello in umanità resta comunque, come è stato detto, «un fratello incompiuto»... Pur se incompiuto, si è dato a Dio e agli uomini con un cuore unificato dalla Carità, e la Chiesa ha giudicato che faccia parte del corteo di coloro che ascoltano: «Venite, benedetti del Padre mio, poiché tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (cfr. Mt 25,34–40). Per Gesù, il Fratello Universale, e per i Suoi fratelli, il beato Charles de Foucauld, dalla conversione fino alla morte, ha voluto rischiare una vita offerta.

    Pierre Sourisseau

    Piano generale della biografia

    Prima parte

    Charles de Foucauld dal 1858 al 1890

    Bambino e studente, 1858–1876

    Militare e civile, 1876–1890

    Seconda parte

    Charles de Foucauld dal 1890 al 1900

    Monaco trappista, 1890–1897

    Eremita domestico, 1897–1900

    Terza parte

    Charles de Foucauld dal 1901 al 1916

    Prete nel 1901 per l’Africa del Nord

    Fratel Charles di Gesù a Beni Abbès, dal 1901 al 1903

    Fratel Charles di Gesù nel Sud algerino, dal 1904 al 1905

    Fratel Charles di Gesù fra i Tuareg, dal 1905 al 1907

    Padre de Foucauld a Tamanrasset, dal 1907 al 1909

    Padre de Foucauld a Tamanrasset, dal 1909 al 1911

    Padre de Foucauld a Tamanrasset, dal 1911 al 1913

    Padre de Foucauld a Tamanrasset, dal 1914 al 1° dicembre 1916

    Avvertenza

    Le citazioni degli Scritti spirituali rinviano quasi sempre ai volumi dell’edizione integrale francese degli Scritti spirituali di Charles de Foucauld pubblicata dall’editrice Nouvelle Cité; alcuni di essi sono stati tradotti in italiano dall’editrice Città Nuova e il lettore troverà le relative indicazioni nella Bibliografia al fondo del volume. Le citazioni della Corrispondenza edita di Charles de Foucauld rinviano ai volumi delle lettere pubblicate. Le citazioni delle lettere inedite o delle lettere pubblicate in estratto sono della Copia di Ghardaïa conservata nell’Archivio della Postulazione, o secondo i volumi che riportano questi estratti o secondo il «Bulletin trimestriel des Amitiés Charles de Foucauld».

    Tutte le citazioni degli Scritti spirituali e della Corrispondenza di Charles de Foucauld sono in corsivo.

    Nelle note a fondo pagina, gli scritti di Charles de Foucauld sono citati la prima volta con l’indicazione bibliografica completa, le volte seguenti con il solo titolo.

    Le date delle lettere di Charles de Foucauld sono indicate nel testo o nelle note a piè di pagina.

    Per convenzione, i nomi propri delle persone e dei luoghi sono così trascritti: Moussa, Dag Rali, Kaousen, Beni Abbès, In Salah, Hoggar (in arabo)/Ahaggar (in tuareg), Koudia, Asekrem, Adrar degli Iforas, Ajjer, Rât ecc... Ugualmente, scriviamo: makhzen; un hartani, degli Haratin; il tamacheq/il tamahaq (tamacheq: la lingua tuareg, detta anche tamahaq in qualche caso; le due espressioni sono utilizzate in egual modo).

    Nelle citazioni, è stata conservata la grafia di Charles de Foucauld (per esempio St Cyr, N‐D des Neiges, ecc.) così come le indicazioni delle cifre in carattere romano e arabo.

    Le somme di denaro sono espresse in franchi dell’epoca. Il loro valore attuale è molto difficile da stabilire, perché ci sono parametri spesso complessi da comparare. Si stima che le donazioni di 50, 100, 500, 1000 franchi fatte a padre de Foucauld per le sue opere nei suoi passaggi in Francia equivalgano all’incirca a 150, 300, 1500, 3000 euro di oggi.

    Prima parte

    Charles de Foucauld dal 1858 al 1890

    Capitolo I

    Bambino e studente

    1858–1876

    Di Charles de Foucauld bambino si potrebbe dire: «Non c’è un giorno in cui non sia stato profondamente amato». E circa tutta la sua esistenza potremmo aggiungere: «Non un giorno in cui non abbia amato profondamente la sua famiglia!». Questo clima di affettuosa tenerezza familiare sarà l’atmosfera in cui si svilupperanno le qualità di colui che cercherà, per tutta la vita, di mettere l’amore nel suo comportamento esteriore e interiore, Amore di cui farà, con il nome di iesus, il suo motto in latino, caritas.

    I genitori e la famiglia

    Sposati nel 1855 a Strasburgo, in Alsazia, i genitori Édouard de Foucauld e Élisabeth de Morlet formano una coppia molto unita, durante i nove anni della loro vita familiare. La morte di Élisabeth, il 13 marzo 1864, infrangerà questo focolare. Suo marito, malato da tre o quattro anni, morirà il 9 agosto dello stesso anno.

    Le pubblicazioni del matrimonio degli sposi Foucauld‐Morlet sono esposte sia nella chiesa di Saint‐Pierre‐le‐Vieux di Strasburgo, parrocchia del fidanzato, sia nella cattedrale di Strasburgo, poiché la fidanzata abita in rue des Echasse, vicino a quest’ultima. Le due cerimonie, civile e religiosa, si svolgono lo stesso giorno, il 16 maggio 1855, e il matrimonio religioso è celebrato nella cattedrale. Sull’atto di matrimonio compare il nome dello sposo, Joseph‐François-Édouard de Foucauld, di trentacinque anni, «viceispettore delle foreste», domiciliato a Strasburgo. La sposa Marie-Élisabeth Beaudet de Morlet, di ventisei anni, è «domiciliata a Strasburgo e precedentemente a Besançon (Doubs)». Suo padre, il colonnello Charles de Morlet, ufficiale del genio, aveva infatti prestato servizio a Besançon prima di essere assegnato a Strasburgo, nel 1854, come direttore delle fortificazioni. Nel 1856 gli verrà riconosciuto il diritto di andare in pensione.

    Al momento del matrimonio, Édouard ha solo sua madre, Eugénie‐Clotilde de Foucauld, nata Belfoy; il padre, Charles‐Édouard‐Armand, è morto il 19 marzo 1849 nella sua casa di Parigi, in rue de la Madeleine 46. Élisabeth aveva undici anni quando sua madre, nata Rodolphine Laquiante, morì a Wissenbourg il 18 gennaio 1840. Suo padre, il colonnello de Morlet, ha sposato in seconde nozze Amélie de Latouche; non avrà altri figli. I testimoni di Édouard sono Sigisbert Moitessier¹, suo cognato, e Nestor Belfoy, zio materno; quelli di Élisabeth, Arthur Laquiante, zio materno, e Adolphe de Latouche, zio acquisito, fratello di Amélie.

    Il 17 luglio 1857 nasce Charles, il primo figlio, che morirà il 16 agosto successivo. La tomba di questo bambino si trova nel cimitero Sainte‐Hélène a Strasburgo, vicino a quella di sua madre. Il battesimo di Charles‐Marie‐François è indicato nel registro dei battesimi della chiesa di Saint‐Pierre‐le‐Jeune in data 25 luglio 1857.

    Un anno dopo, il 15 settembre 1858, nasce Charles‐Eugène, alle 17, in place de Broglie 3 a Strasburgo. Il bambino, comunemente chiamato Charles, riceve l’unzione in casa il 17 settembre; il padrino è il nonno materno Charles de Morlet e la madrina la nonna paterna Clotilde de Foucauld‐Belfoy. Il registro dei battesimi della chiesa di Saint‐Pierre‐le‐Jeune, chiesa luterana il cui coro era stato assegnato alla parrocchia cattolica, indica che la cerimonia completa del battesimo ha luogo il 4 novembre 1858.

    A Wissembourg

    Nel gennaio 1859, Édouard de Foucauld, che da un anno era ispettore delle acque e delle foreste a Hérival nei Vosgi, quindi piuttosto lontano dalla sua famiglia, viene nominato ispettore a Wissenbourg, nel nord dell’Alsazia, posto importante dove lavorano anche un vice‐ispettore, due guardie generali e numerosi sorveglianti. Si sistema dunque in questa città di frontiera, vicina al Palatinato tedesco, con sua moglie e il loro piccolo bambino. L’immobile di place de Broglie 3, a Strasburgo, che Élisabeth aveva ereditato dalla madre, viene venduto l’anno successivo².

    La coppia Foucauld si inserisce bene nella vita locale di Wissembourg, dove Élisabeth ha vissuto dal 1832 al 1840, quando suo padre, allora capitano, vi era stato assegnato e dove sua madre è sepolta. Da parte sua, Édouard è soddisfatto del suo lavoro in questa regione. Marie, la sorellina Mimi, molto cara a Charles, nasce il 13 agosto 1861. Charles, che trascorrerà più di quattro anni a Wissembourg, si ricorderà dei gesti di pietà che sua madre gli inculcava: le preghiere del mattino e della sera, la visita alle chiese, mazzi di fiori ai piedi dei crocifissi, presepe a Natale, mese mariano... e, nei suoi ricordi, rivede suo padre: «Mi vedo andare in chiesa con mio padre (com’è lontano tutto ciò!)»³ .

    foto in bianco e nero di Charles bambino

    2. A Wissembourg. Charles a quattro anni.

    A partire dal 1862, il comportamento dell’ispettore delle foreste cambia, al punto che, un po’ alla volta, si arriva a sospettare che abbia un problema mentale. «I miei genitori furono i primi a sospettare dei sintomi della malattia del signor Édouard de Foucauld. Veniva tutte le mattine da mia madre e le diceva questa storia, che ho sentito infinite volte: Cugina, guarda il mio mignolo e vedi l’ago di pino che vi è entrato», dirà Hélène de Reinach, di una famiglia molto vicina ai Foucauld. Sembra affetto da demenza e da una paralisi progressiva. All’inizio dell’anno 1863, sua madre, che abitava a Parigi, fa venire Édouard da lei, in rue de la Madeleine, e sottopone il caso a molti specialisti. Con l’accordo della nuora, nel maggio 1863 fa ricoverare il figlio a Ivry‐sur‐Seine nella «Casa di cura» modello, creata per persone con problemi mentali dal dottor Esquirol e diretta dal dottor Marcé, poi dal dottor Luys. Édouard de Foucauld è ben curato, ma la sua condizione continua a peggiorare. In realtà, non è vittima di demenza, ma presenta dei sintomi di una malattia poco conosciuta all’epoca, e che lo porterà alla morte, la malattia di Lyme⁴.

    Orfano

    Mentre la salute del papà peggiora, i bambini lasciano Wissembourg con la madre, che si stabilisce a Strasburgo, in rue des Echasses, presso il colonnello de Morlet. Charles e Marie scoprono l’affetto caloroso della casa dei nonni. Il colonnello assume una governante perché si occupi di loro, Rosine Becker, alla quale saranno molto legati. In effetti, Élisabeth fa fatica a svolgere il compito di madre durante il 1863. È sempre più angosciata per il marito, in cura lontano da lei, e preoccupata per i figli. Soffre di «nevralgia», come verrà indicato dal medico nell’atto di decesso, che le provoca molteplici dolori permanenti, che senza dubbio provengono dal grande smarrimento di fronte alla disgrazia capitata alla sua famiglia. La sua morte, il 13 marzo 1864, non è improvvisa e le dà l’occasione di manifestare una fede profonda. Charles evocherà spesso, in seguito, le ultime parole di sua madre: «Mio Dio, sia fatta la tua volontà e non la mia». Lo choc affettivo dovette pesare molto sulla sensibilità dei bambini.

    Alcuni mesi dopo, il 9 agosto 1864, muore il padre. Assente da mesi, forse era un po’ scomparso dai ricordi della piccola Mimi e probabilmente anche dal ricordo di Charles, che a breve compirà sei anni. La viscontessa de Foucauld si occupa della sepoltura di suo figlio, così come per due anni si è occupata di farlo curare. Édouard viene sepolto il 12 agosto nel cimitero di Montmartre, a Parigi, nella tomba in cui nel 1849 era stato sepolto anche suo padre. La donna si preoccupa di informarsi, presso la casa di cura di Ivry, sul carattere ereditario o meno della malattia del figlio e riceve questa risposta, preziosa per la famiglia, datata 25 agosto 1864 e firmata dal dottor Luys, specialista in neurologia: «Non dovete avere alcun timore per i vostri nipoti. La malattia di cui il padre era affetto non si trasmette per via ereditaria, essendo una malattia puramente accidentale, che si sviluppa sotto l’influsso di cause molto diverse e difficili da accertare [...]. Non può essere associata all’alienazione mentale [...] poiché quest’ultima non lascia tracce visibili sugli organi». Queste espressioni da certificato medico lasciano intendere chiaramente che erano stati colpiti alcuni organi interni, cosa che rafforza l’ipotesi della malattia di Lyme.

    Nelle settimane successive, la signora de Foucauld lascia Parigi per riposarsi a Mirecourt, suo paese d’origine. Passa per Strasburgo e prende con sé i due piccoli orfani. Il loro soggiorno a Mirecourt finirà in dramma: durante una passeggiata in campagna, quando vengono circondati da una mandria di mucche senza sorveglianza, la nonna si spaventa e muore sotto i loro occhi per una crisi cardiaca. È il 6 ottobre 1864, sono passati solo due mesi dalla scomparsa del padre.

    Quale fu l’impatto di queste scomparse ravvicinate sull’affettività di un bambino di appena sei anni che, nel giro di qualche mese, perde la madre, il padre e la nonna? Quali furono le conseguenze di questi choc emotivi sulla sua evoluzione umana? Certamente al momento il bambino provò sofferenza e turbamento, ma è difficile dire di più, dato che lui stesso non lascia trasparire nulla. In una lettera scritta all’amico Duveyrier nel febbraio 1892, narra la storia — «semplice», dice lui — della sua infanzia e della sua giovinezza, in un racconto che tende a mostrare che non gli mancò mai l’amore di un focolare, anche se è ancora «vivo» «il grande dolore» del 1878, quando scomparve il nonno:

    La mia vita passata è semplice, eccola in poche parole. A 5 anni e mezzo, nel 1864, ho perso mio padre e mia madre. Da quel momento, sono stato cresciuto da mio nonno materno e dalla nonna, poiché mia madre era figlia unica. Ho una sorella, che è stata cresciuta con me da questi nonni straordinari. Il signor de Morlet, ex ufficiale del genio, era andato in pensione in Alsazia, dove restammo fino alla guerra. Dopo il 70, siamo venuti ad abitare a Nancy, dove ho completato i miei studi, prima di entrare a Saint‐Cyr. A St Cyr, ho avuto l’immenso dolore di perdere mio nonno, di cui ammiravo la bella intelligenza, la cui infinita tenerezza circondò la mia infanzia e la mia giovinezza di un’atmosfera d’amore di cui sento sempre con emozione il calore. Fu per me un grande dolore e, dopo anni, è ancora vivo. Qualche anno prima, la mia cara nonna era stata così ammalata che aveva dovuto entrare in una casa di cura, dove è morta lentamente. Alla morte del nonno, nel 1878, mia sorella venne accolta da mia zia, la signora Moitessier, sorella di mio padre, che abita a Parigi. Questo focolare fu da allora il nostro focolare e sono infinite le bontà che hanno avuto per noi. Vedete, nel mio passato trovo soltanto bontà per me e motivi di riconoscenza... Dal 1878 al 1886, ho visto a fatica la mia famiglia e il poco che seppero della mia vita, soprattutto nel primo periodo di questo tempo, ha potuto solo farli soffrire. Quando tornai a Parigi, nel 1886, mia sorella non c’era più, poiché si era sposata e abitava in Borgogna. Ma ho trovato dalla zia la stessa accoglienza come se non avessi mai lasciato la casa e non avessi mai dato preoccupazioni a chi mi amava. In questo ambiente, che divenne presto il mio, anche se abitavo altrove, trovai l’esempio di tutte le virtù, unito alla veduta di grandi intelligenze e di convinzioni religiose profonde.

    A sentire lui, a dei genitori scomparsi sono succeduti dei nonni ammirevoli, a un «focolare» sarebbe succeduto un altro «focolare», senza che ci fosse un vuoto. Che cosa è successo davvero nel profondo del bambino? Certamente delle tracce sono rimaste, ma il resto della sua storia mostrerà, in realtà, anche nei momenti difficili, un uomo pieno di slancio, senza mai il minimo indizio di depressione né di altre tendenze negative... Egli si confessa molto nei suoi scritti spirituali e nelle sue lettere, ma è sempre rimasto di un pudore estremo su questa ferita nascosta e questo farebbe dire che ha potuto vivere l’essere rimasto orfano così piccolo come un fatto passeggero e un po’ episodico. Ma non bisogna tuttavia dimenticare, vedendolo vivere e agire, che, nonostante le apparenze, il bambino di sei anni forse è rimasto traumatizzato a vita dalla perdita dei suoi genitori.

    Presso i nonni de Morlet

    Dopo la morte di Élisabeth, tenuto conto della malattia del padre, che lo rendeva giuridicamente incapace di essere il tutore dei suoi figli, un consiglio di famiglia aveva designato come tutore il nonno materno e come tutore supplente lo zio Sigisbert Moitessier. Questa decisione spiega la storia delle relazioni di Charles e della sorella con le due famiglie: fino alla morte del nonno nel 1878, troveranno a casa sua un focolare familiare e saranno particolarmente vicini ai membri della famiglia del colonnello de Morlet; poi, a poco a poco, la famiglia Moitessier diventerà la loro famiglia, con uno zio, una zia e due cugine già sposate: Catherine, con Emmanuel de Flavigny nel 1862, e Marie, con Olivier de Bondy nel 1874.

    Élisabeth de Morlet, figlia unica, non ha dato nessun cugino ai suoi figli. Ma Charles e Marie hanno numerosi cugini discendenti delle due sorelle del nonno Morlet. Charles rimarrà in relazione con la maggior parte di loro. Con alcuni ci fu una profonda amicizia, come con Adolphe Hallez, futuro ammiraglio, con il quale iniziò molto presto una corrispondenza piena di spontaneità, nonostante avesse dieci anni meno di lui, o come con Thérèse de Morlaincourt, figlia di Henri, diventata la signora de Saint Laurent, della quale parla così nel 1908 al canonico Caron: «Sì, Jacques de Saint Laurent è mio parente prossimo: io e sua madre, che amo molto, siamo cugini; sono contento di sapere che è sotto le vostre ali. Se ne avete l’occasione, porgetegli i miei saluti e ditegli di pregare per me, che prego per lui e per i suoi genitori»⁵.

    Anche le relazioni di Charles e di sua sorella con la famiglia de Latouche sono molto forti. Amélie de Latouche, divenuta la seconda moglie del colonnello de Morlet nel 1842, non ha avuto figli. Considererà Élisabeth, che aveva tredici anni al momento del secondo matrimonio di suo padre, come sua figlia e i nipoti di suo marito come i suoi. Nonna acquisita col matrimonio, li cresce con molto affetto quando divengono orfani. Per Charles e Marie, Amélie è veramente la loro «nonnina» e le poche lettere che abbiamo testimoniano quanto l’affetto fosse reciproco. Il fratello di Amélie, il barone Adolphe de Latouche, sindaco di Saverne, in Alsazia, e proprietario del castello di Birkenwald, a una decina di chilometri da Saverne nel massiccio dei Vosgi, aveva tre figli: Marie, Georges e Élisabeth. Quest’ultima sposa nel 1872 Édouard de Morlaincourt, cugino di Henri de Morlaincourt, il quale, vent’anni prima, aveva sposato Marie de Lagabbe. Quando si scopre che Charles de Lagabbe, fratello maggiore di Marie, aveva sposato nel 1853 Louise de Morlaincourt, sorella di Édouard, si capisce la costanza delle relazioni di Charles, dall’inizio alla fine della sua vita, con queste famiglie più o meno vicine, ma tutte legate al nonno Charles de Morlet.

    La scuola a Strasburgo

    Al rientro dalle vacanze del 1864, il colonnello de Morlet iscrive suo nipote alla scuola tenuta dalle Suore dell’Istruzione cristiana di Nancy, a Strasburgo, in rue Brûlée. Vi trascorrerà un po’ di tempo nella classe elementare. All’inizio del 1866, frequenta da esterno il collegio privato di Saint‐Arbogast⁶, scuola creata nel 1851 per accogliere i figli maschi delle famiglie agiate della città, ma in realtà non così rigida nel ricevere le iscrizioni. Di recente insediato in rue des Echasses, questo istituto scolastico era vicino alla casa dei Morlet. Il direttore era allora l’abbé Straub, un archeologo amico del colonnello, anche lui archeologo. Al rientro scolastico del 1866, ci sono più di centodieci alunni, dalla nona alla quarta classe. Charles è nell’ottava classe, di ventiquattro alunni, il cui maestro è l’abbé Seyfried. All’esame del 28 ottobre, che segue il rientro scolastico, prende 4 su 5 in aritmetica e 3 su 5 nelle altre materie. Un attestato particolare di soddisfazione «per la sua applicazione» gli è dato il 3 febbraio 1867, a fine anno; anche se è soltanto nono su ventitré alunni, viene annotata questa osservazione: «È l’alunno che forse ha fatto i maggiori progressi». Al rientro del 1867, Charles va nella settima classe, ma la scuola Saint‐Arbogast chiuderà nel marzo 1868 per mancanza di mezzi e Charles completerà l’anno a casa con un precettore.

    Al rientro successivo, viene iscritto al liceo imperiale di Strasburgo nella sesta classe: «Ho avuto Charles de Foucauld come alunno nel 1868–1869 nella mia classe di sesta, dirà uno degli ex professori del liceo. [...] La sua salute delicata non gli permetteva di seguire regolarmente i corsi, per potersi classificare sempre tra i primi; tuttavia noto a suo riguardo che era terzo o quarto nelle versioni latine, in una classe di cinquantacinque alunni»⁷. Charles scrive in una lettera senza data a suo cugino Adolphe Hallez: «Mi è tanto piaciuto andare al liceo, solo che nella nostra classe c’è così tanto chiasso che non si riesce a sentire molte parole. Il nostro professore è molto gentile. Prendo a casa sua delle lezioni private. Il mio ultimo posto è stato 8° in storia». Evoca questo professore oppure quello di quinta nel 1869–1870?

    Durante le vacanze scolastiche i due orfani sono affidati a Saverne e a Birkenwald alle signorine de Latouche, Marie e Élisabeth. Vi soggiorneranno regolarmente fino all’esodo del 1870. A partire dal 1868, Charles e sua sorella passano ugualmente una parte delle vacanze estive in Normandia nel castello dei Moitessier situato a Louÿe, nel dipartimento dell’Eure. Sono accompagnati da Rosine, la governante dei Morlet incaricata di occuparsi dei bambini. Nel 1868, poiché la scuola Saint‐Arbogast aveva chiuso in marzo, arrivano in Normandia già dal mese di maggio e Charles può assistere alle processioni del Corpus Domini della parrocchia. «Domani è il Corpus Domini, il Santissimo Sacramento sarà esposto tutto il giorno, l’unico giorno dell’anno insieme a domenica prossima, come sarò con voi! Vi ricordate i Corpus Domini di Louÿe?». A Louÿe, Charles fa maggiormente conoscenza della sua famiglia paterna e vi passerà delle estati felici. In realtà il suo primo contatto con questa parentela si colloca molto prima, ma non poteva ricordarsene: durante l’estate 1859, i suoi genitori erano venuti a presentarlo ai Moitessier ed Élisabeth viene fotografata con suo figlio sulla panchina bianca in ferro battuto del parco di Louÿe (foto 1). Inès, zia paterna del bambino, ha la gioia di abbracciare questo nipote che porta il nome dei Foucauld e le sue due figlie, Catherine e Marie, che hanno sedici e nove anni, si occupano con delicato affetto di questo cuginetto che considereranno come loro fratello minore. Marie dirà verso la fine della sua vita: «Il Padre era per me come un fratello minore» e: «Il mio caro cugino (era per me un fratello minore)» e ancora: «[...] del mio caro cugino dovrei dire piuttosto del mio fratello minore, poiché è così che lo consideravo»⁸.

    foto in bianco e nero di Charles bambino in braccio alla madre

    1. 1859, con sua madre, a Louÿe, presso i Moitessier. Primo contatto con la zia e i cugini che l’accoglieranno come un fratello minore.

    Dieci anni dopo, nel 1869, durante il lungo soggiorno dei bambini a Louÿe, il colonnello de Morlet vi soggiornerà sei settimane. Durante le vacanze del 1869, il 19 agosto, Marie Moitessier festeggerà i suoi diciannove anni: il ricordo di questa giornata di compleanno sarà sempre presente nella memoria di Charles; ricorderà volentieri a sua cugina la serenata fatta dal suo professore di canto, il signor Delle Sedie, e i travestimenti che aumentavano la comicità della scena.

    Durante i suoi anni scolastici a Strasburgo, Charles continua la formazione religiosa che ha iniziato a ricevere da suo padre e sua madre. I nonni lo portano in chiesa. Alla scuola cattolica segue le lezioni di catechismo. Quando è alla scuola Saint‐Arbogast, va a catechismo e a messa il giovedì e la domenica. Quando ha sette o otto anni, l’età della ragione, viene educato in vista del sacramento della riconciliazione, poiché lui stesso parla di «quelle prime confessioni sorvegliate da un nonno cristiano»⁹. Durante le vacanze, a Louÿe come a Saverne, va «ogni mattina alla messa per imitare», dice, «ciò che vedevo fare»¹⁰. Al liceo di Strasburgo si tengono corsi di religione e c’è un cappellano cattolico che prepara gli alunni alla prima comunione. A proposito della sua prima comunione, Charles dirà che è stata «fatta tardi», il che lascia intendere che circostanze particolari gli abbiano impedito di fare la sua comunione a Strasburgo al momento stabilito: nel 1870 non aveva ancora i dodici anni abitualmente richiesti e nel 1871 è in Svizzera e la sua famiglia parigina non può spostarsi per assistere alla cerimonia; la sua prima comunione sarà dunque rinviata a giorni migliori. Avrà luogo nell’aprile 1872, a Nancy. Nel suo ritiro del 1897, quando annoterà le grazie ricevute, Charles osserverà che questo ritardo ha permesso, grazie a lezioni supplementari di catechismo, di fare «una lunga e buona preparazione».

    La guerra del 1870

    Charles ha quasi dodici anni quando la Francia dichiara guerra alla Germania, il 19 luglio 1870: un nuovo episodio nel suo destino? Le sue reazioni sono prima di tutto quelle di un ragazzo che ama l’epica: attende i Prussiani per venire alle mani e spera che le fortificazioni di Strasburgo, costruite da suo nonno quando era colonnello del genio in attività, saranno efficaci e inespugnabili. Poi Charles vivrà la penosa condizione di rifugiato e sarà a lungo segnato da ciò che vedrà di questa guerra...

    Quando iniziano le ostilità, l’anno scolastico non è ancora finito: «Eccoti contento perché abbiamo la guerra, anch’io... Vedi, al liceo non abbiamo paura, a parte qualcuno», scrive a suo cugino Adolphe Hallez, che è nella Marina. Poco dopo questa lettera, il liceo verrà chiuso e trasformato in ospedale militare. Senza perdere tempo, il colonnello de Morlet mette sul treno per Parigi Charles e la sua sorellina, affidati alle cure di Rosine, e i Moitessier li accoglieranno a casa loro. Poi partono il colonnello de Morlet e sua moglie, i Lagabbe e altri parenti da Strasburgo, sotto assedio a partire dal 13 agosto. Presto tutti si ritroveranno a Louÿe¹¹. Ma Louÿe sarà solo una tappa. L’avanzata delle truppe tedesche allontanerà gli uni dagli altri: mentre il signor Moitessier torna a Parigi per gestire la sua banca, la signora Moitessier parte con sua figlia Marie in Touraine presso i Flavigny, nel castello di Mortier, dove ritrova la figlia maggiore Catherine; da là tutte e tre si dedicheranno come volontarie ai feriti dell’ospedale di Tours. Da parte sua, il colonnello de Morlet porta i suoi e i Lagabbe a Rennes da sua nipote Marie de Lagabbe, moglie di Henri de Morlaincourt. Vi resteranno tutto il mese di settembre. E all’inizio di ottobre, grazie al loro parente, il generale Uhrich¹², le famiglie Morlet e Lagabbe potranno salire su un treno che da Tours li porta a Berna. Durante le settimane dell’assedio e dei bombardamenti di Strasburgo (13 agosto‐27 settembre), la Svizzera aveva in effetti aperto ampiamente le sue frontiere per accogliere i convogli dei rifugiati di Strasburgo. Charles e la sua famiglia abiteranno a Berna, in place de l’Ours 146, durante l’inverno 1870–1871 con lo statuto di rifugiati. Affinché Charles possa continuare gli studi, segue sul posto lezioni private di latino, greco, disegno... Quando sarà di ritorno a Strasburgo continuerà il programma di quarta con l’abbé Delsor, un giovane sacerdote ordinato il 24 luglio 1870 all’inizio della guerra, professore nel seminario minore.

    La famiglia, in effetti, ritorna a Strasburgo dopo la ratifica dei preliminari di pace del 1° marzo 1871, o forse dopo la firma del trattato di pace a Francoforte il 10 maggio. Questo ritorno in un’Alsazia annessa e ormai dai colori tedeschi fu un trauma terribile per tutti gli abitanti di Strasburgo. La scoperta di una città vittima di più di un mese di bombardamenti e che contava duecento morti, tremila feriti, diecimila sfollati e più di cinquecento case distrutte, ebbe come conseguenza per Charles e la sua generazione «il ricordo e la paura di una certa barbarie»¹³. Capiamo perché abbia potuto scrivere il 15 luglio 1915 al suo amico Gabriel Tourdes, anche lui testimone della Strasburgo ferita del 1870: «Speriamo di poter entrare nella nostra Alsazia ridivenuta francese e vedere stabilita una pace solida che metta per molto tempo il mondo al riparo dall’invasione e dalle barbarie tedesche... Se Dio ci concede vita, andremo insieme a rivedere Strasburgo, vero Gabriel?»¹⁴. La stessa fiamma patriottica si trova in una lettera a Laperrine del 18 novembre 1915: «Quale felicità profonda e quale emozione rivedere, dopo la guerra, le nostre montagne, le nostre foreste dell’Alsazia ridiventata francese e il Tricolore sventolare sulla vecchia Strasburgo!»¹⁵. Il ricordo di Strasburgo e dell’Alsazia prima della guerra e dell’annessione fu risvegliato nell’opinione pubblica dalla pubblicazione nel 1901 del romanzo di René Bazin Les Oberlé; leggendolo, Charles, che non aveva dimenticato nulla del suo ambiente prima del 1870, sentì una viva emozione e una grande ammirazione per questo scrittore al punto da auspicare, nel 1907, che un libro dello stesso genere e dello stesso autore fosse pubblicato sull’Algeria per «risvegliare, illuminare, riscaldare e far agire le anime di buona volontà».

    Il trattato di Francoforte riconosceva agli abitanti dell’Alsazia‐Lorena il diritto di optare per la Francia. Il colonnello de Morlet, come fecero molti genitori per i loro figli, decise che rimanessero francesi. Questa opzione sarà ufficializzata il 2 luglio 1872. Ma a questa data hanno lasciato Strasburgo per Nancy già da un anno. Questa città non aveva sofferto come Strasburgo, ma Nancy era occupata e il controllo tedesco era pesante e umiliante; questo fino al 1° agosto 1873, quando la Germania avrà ricevuto quasi cinque miliardi di indennizzo di guerra, reclamati dai preliminari del trattato di pace. Al suo arrivo a Nancy, nell’agosto 1871, il signor de Morlet prende in affitto da Charles de Rozières, con un contratto di dieci anni, un appartamento in rue du Manège 13. Del resto non è certo l’unico ad aver scelto Nancy: vi si ritrovano parenti, amici, come la famiglia di suo nipote Edmond de Lagabbe, che era giudice a Strasburgo, e la famiglia del dottor Tourdes, che si stabilisce a Nancy nel 1872 e il cui figlio Gabriel diventerà l’amico intimo di Charles.

    Ritratto del giovane Charles

    Alcuni dettagli rivelati nella sua corrispondenza sono interessanti allo scopo di fare un ritratto di Charles bambino e raffigurarlo dal vivo alle soglie dell’adolescenza. A Strasburgo, per esempio, il nonno, che ha constatato le capacità del nipote, gli fa seguire dei corsi di disegno, come fa anche con la sorella; i due bambini seguono così le orme della madre, che aveva un chiaro talento come disegnatrice. Al termine del soggiorno a Saverne, prima del rientro del 1869, Charles riceve con piacere dal cugino Georges de Latouche «un cagnolino», forse quel «magnifico cane» che suo cugino Charles de Lagabbe si ricordava di aver visto in passato a Nancy. Durante le vacanze dell’anno scolastico 1869–1870, Charles fa equitazione e gli piace molto; ne parla nel dicembre 1869 a suo cugino Adolphe Hallez: «Mi diverto molto; prendo lezioni di equitazione, vado già al galoppo su un cavallo grande, salto gli ostacoli su un cavallo piccolo». Alcuni anni più tardi, durante le vacanze del 1875, Charles racconterà all’amico Gabriel Tourdes di aver fatto quattordici volte il bagno a Boulogne‐sur‐mer, poi, arrivato a Louÿe, di essere andato a caccia. In uno scritto a Jacques Becker, il fratello di Rosine, alloggiato dal colonnello de Morlet, li si vede andare insieme a Nancy allo stabilimento balneare sulla Meurthe.

    Occorre sottolineare soprattutto un’altra passione che gli è nata molto presto: ama i bei libri e diventa presto un bibliofilo dal gusto raffinato. Possiamo qui citare due esempi: nel 1872, durante la terza, si procurerà un volume numerato 021 del 1777 delle Opere scelte di Luciano di Samosata (125–192 d.C. circa). Questo scrittore greco, epicureo e beffardo, gli piace perché ritrova in lui i suoi gusti personali; e nel 1875, passando per Parigi, comprerà un Boileau, che descrive così a Tourdes: «elzeviro con rilegatura dell’epoca, due pagine di risguardo, frontespizio, margini splendidi, ecc... eccellente acquisto». Non tutti capiscono il suo debole per i libri e una persona della famiglia ha confidato: «Ho l’impressione che quei libri lusingassero più il collezionista di quanto non soddisfacessero il suo spirito».

    Per arricchire il ritratto di Charles, ecco varie testimonianze raccolte sui suoi anni d’infanzia e di scuola.

    Sui mesi successivi al decesso dei suoi genitori, abbiamo la testimonianza di Alexandre Faës, il futuro generale che doveva entrare a Saint‐Cyr in contemporanea a Charles qualche anno più tardi:

    Mi ricordo di Charles de Foucauld, un anno più giovane di me, che abitava con sua sorella Marie presso suo nonno in una casa imponente di rue des Echasses, detta hotel di Wangen, dal nome di un’antichissima famiglia dell’Alsazia. I miei genitori abitavano molto vicino e con una o l’altra delle mie sorelle andavamo a volte a giocare dai nostri piccoli amici comuni, i pomeriggi della domenica e del giovedì. I bambini de Foucauld erano all’epoca vestiti di nero, portavano il lutto per i loro genitori (foto 3)... Charles, che ho conosciuto verso il 1865, era allora un bel bambino robusto, paffuto e sorridente. Sua sorella, più giovane, era una bella bambina dai lineamenti fini e dall’aspetto delicato. Il loro nonno, che coccolava i due orfani e di cui mi ricordo molto bene, era di media statura e aveva i baffi e il pizzetto, grigi come i capelli. Stretto nella sua finanziera nera, portava ogni giorno a passeggio i due bambini¹⁶.

    foto in bianco e nero di Charles bambino e sua sorella

    3. Charles e la sorella a Strasburgo, dopo la morte dei loro genitori.

    Anche il suo professore di sesta a Strasburgo, nel 1868–1869, già citato, darà le sue impressioni: «Era un bambino intelligente e studioso, ma ben lontano dal lasciar intuire la natura ardente ed estrosa che avrebbe manifestato più tardi»¹⁷. L’abbé Delsor, suo precettore nel 1871 tra il ritorno dalla Svizzera e la partenza per Nancy, dirà di lui: «Charles era un bambino intelligente, molto interessato ai suoi studi, con un carattere molto dolce, più femmina che maschio»¹⁸. François Geny, nato nel 1861, vicino dei bambini Foucauld a Nancy, risponderà brevemente nel 1926 all’inchiesta sulla vita del Servo di Dio Charles de Foucauld: «Non avevo l’età del Padre de Foucauld, che all’epoca passava per uno un po’ strano e poco socievole»¹⁹, aggiungendo che non aveva niente di più da segnalare.

    Suo cugino Pierre Lagabbe, testimone di una visita di Charles a Neufchâteau nel 1873 presso i suoi genitori, e delle visite successive, rilascerà alcune osservazioni nel 1930, nella stessa inchiesta:

    Nel 1873 mi era sembrato un ragazzo al di sopra della sua età: avevo solo un anno meno di lui e, invece di interessarsi ai miei giochi, preferiva scorrere con mio padre i vecchi volumi della biblioteca; nelle nostre escursioni, si fermava volentieri davanti ai monumenti antichi per farne degli schizzi... Benché di un temperamento vigoroso, era piuttosto portato alla pigrizia per gli esercizi fisici e preferiva tutto quello che poteva dare soddisfazione alla sua curiosità intellettuale²⁰.

    Quanto ai suoi compagni di classe di terza, seconda e retorica, membri dell’Accademia di letteratura che avevano fondato con lui, custodiranno di lui dei buonissimi ricordi: «Foucauld era tra i più ferventi e i più attivi», dirà Lagrésille, «con originalità di spirito. Amico affettuoso, viso pieno, aperto, sorridente, carattere ardente, entusiasta, allo stesso tempo pieno di brio, questa è l’immagine che mi è rimasta del mio condiscepolo». E Lafosse aggiunge: «Conservo il ricordo di un amico leale, pieno di franchezza, di allegria e di cordialità. Noi lo chiamavamo il grosso Foucauld»²¹. Infine, Marie de Bondy dà questa impressione generale: «Non ho notato niente di straordinario in lui, né in un senso, né nell’altro. Era un bambino più addormentato che turbolento»²².

    Questi testimoni concordano su molti punti essenziali della personalità di Charles bambino. Sin dalla tenera età, sembra portato all’interiorità, a un livello peraltro piuttosto sorprendente, con un gusto per la solitudine e la curiosità intellettuale. Egli stesso converrà che stava sbocciando. A Natale 1909, a Tamanrasset, potrà confidare al medico militare Hérisson: «Sono rimasto orfano ancora giovanissimo e cresciuto da mio nonno, il colonnello de Morlet. Andavamo spesso a camminare nei boschi di Saverne, in Alsazia. La solitudine di quei luoghi mi piaceva. Mi invitava al raccoglimento con la sua pace e il suo silenzio. Si sentiva solo qualche canto di uccello e versi di insetti. Mi sentivo bene in quell’ambiente». Ciò che lo caratterizza sono anche l’energia e il gusto di vivere. Charles bambino non sembra soggetto alla melanconia; al contrario, non gli manca mai il buon umore. Anche dopo la morte dei genitori, e le sue lettere al cugino Adolphe Hallez lo mostrano, è capace di ripresa e di creatività. Si indovina in lui la presenza nascosta di una forza interiore che non farà che affermarsi nel corso della sua evoluzione e, se nell’adolescenza c’è la pigrizia, essa non definirà la sua natura profonda, ma sarà la conseguenza di un passaggio a vuoto dovuto a una mancanza morale e spirituale. Come ha ben visto René Bazin, che lo ha analizzato per primo: «Il vero nome della sua pigrizia era fantasia, imprudenza e curiosità sensuale»²³.

    La scuola a Nancy

    Così, a partire dall’agosto 1871, Charles diventa cittadino di Nancy. Rimarrà a Nancy fino alla sua iscrizione alla scuola di rue des Postes, che lo porterà a Parigi nel 1874; vi ritornerà per le vacanze e per i permessi militari e lascerà definitivamente questa città nel 1878, in seguito alla morte del nonno.

    Al rientro scolastico del 1871, inizia la terza al liceo di Nancy, in semiconvitto, poi poco dopo come esterno. Alla fine della terza, prende la 5a menzione in matematica e soprattutto la 1a menzione in storia‐geografia. Il suo professore di storia‐geografia in terza e poi in seconda è il signor Zeller, molto stimato; Charles si rivolgerà a lui dieci anni dopo, per sapere come viaggiare in Nord Africa.

    Durante quest’anno scolastico, segue il catechismo in preparazione alla comunione. Farà la prima comunione domenica 28 aprile 1872, dopo alcuni giorni di ritiro, prescritti ai futuri comunicandi. In conformità alle direttive diocesane sugli esterni, la cerimonia si terrà nella sua parrocchia, che è la cattedrale, e non nella cappella del liceo. Il 28 aprile riceve anche la cresima, in quanto il vescovo di Nancy, mons. Foulon, veniva il pomeriggio a cresimare chi aveva fatto la prima comunione al mattino, secondo le usanze della parrocchia della cattedrale. Nel ritiro a Nazareth dell’8 novembre 1897, ripercorrendo la storia dei benefici ricevuti da Dio, Charles menziona il fervore spirituale della giornata del 28 aprile 1872: «La prima comunione fatta tardi, dopo una lunga e buona preparazione, circondato dalle preghiere e dagli incoraggiamenti di tutta una famiglia cristiana, sotto gli occhi delle persone che amavo di più al mondo, affinché tutto fosse riunito in quel giorno per farmene gustare tutte le dolcezze»²⁴. Vi ritorna spesso con sua cugina Marie de Bondy, per esempio in questa lettera scritta trent’anni dopo, il 28 aprile 1902: «Oggi sono 30 anni che ho fatto la prima comunione, che ho ricevuto il buon Dio per la 1a volta, che siete venuta a Nancy ad assistere a questa grazia... già allora la mia cara madre...». E aggiunge: «Di tutti quelli che hanno partecipato a questa 1a comunione 30 anni fa, forse soltanto voi, Mimi, mia cugina de Latouche e io restiamo in questa terra d’esilio», allusione che ci permette di sapere che la famiglia attorno al comunicando era composta almeno dai nonni Morlet, dalla sorella Mimi, dai Moitessier di Parigi, da suo zio, sua zia e la cugina Marie, e anche da Marie o Élisabeth de Latouche. Catherine de Flavigny, l’altra cugina, assente, si sarà fatta presente con una lettera o un regalo. Sappiamo che il regalo di Marie Moitessier fu il libro di Bossuet, Elevazioni a Dio sui misteri della religione cristiana, una delle opere all’epoca regalate spesso per le prime comunioni, pubblicate da Mame nella collana «Bibliothèque pieuse des maisons d’éducation». Alcuni anni dopo, quando sarà in ricerca spirituale, si ricorderà di questo titolo e aprirà questo libro, di cui sentirà «calore» e «bontà», sentimenti accresciuti dal ricordo della mano che glielo aveva regalato: «Domani», scrive a sua cugina da Nazareth il 27 aprile 1897, «sono venticinque anni che siete venuta a Nancy con tanta bontà... Il vostro ricordo di quel giorno è il primo libro cristiano che ho letto prima della mia conversione, quello che mi ha fatto intravedere che forse la religione cristiana era vera». Dopo la prima comunione, Charles seguirà il catechismo di perseveranza nel contesto dell’istruzione religiosa data al liceo dal cappellano, il canonico Blanc (1818–1880), «un sacerdote pio, buono, intelligente, zelante»²⁵, sottolineerà Charles tra le grazie ricevute nella sua infanzia.

    Durante le vacanze successive, nell’estate 1872, non sembra che abbia soggiornato a Louÿe, poiché per due volte fa queste raccomandazioni alla sorella Mimi, in vacanza a Louÿe presso la famiglia Moitessier: «Per favore, di’ a mia cugina che le scriverò da Mirecourt. Ti abbraccio con tutto il cuore, e anche la zia e la cugina Marie» (20 agosto) e «Ti abbraccio con tutto il cuore e anche mia zia, mia cugina Marie» (31 agosto). Invece, il 31 agosto, parte per Parigi con i nonni. Per questo soggiorno parigino sarà all’hotel Au Bon La Fontaine, un indirizzo che Charles si ricorderà quando avrà bisogno di un appoggio a Parigi durante gli anni di Saint‐Cyr e anche, molto più tardi, quando verrà in Francia nel 1913 per far scoprire al giovane tuareg Ouksem l’ambiente delle famiglie francesi.

    I due anni scolastici 1872–1873 e 1873–1874

    Nel 1872–1873 Charles è in seconda; non è menzionato nei suoi ricordi di liceo il suo professore principale, il signor Duchesne, che insegna per l’ultimo anno a Nancy prima della sua partenza per la Facoltà di Lettere di Rennes. Nel 1873–1874, è nella classe di retorica, nome che allora indicava la classe prima. Il suo professore, il signor Hémardinquer, fa parte degli insegnanti ammirati da Charles perché «hanno molto spirito e molta scienza e molto gusto, cosicché hanno sempre qualcosa di nuovo da insegnare o da esprimere un’opinione giusta su una cosa; inoltre, poiché sono spirituali, non si annoiano mai e, poiché hanno gusto, parlano solo quando hanno qualcosa da dire»²⁶, scrive a suo nonno, una domenica (21 marzo 1875). Secondo questa lettera sono quattro i professori venerati: Hérmandinquer, Zelle, Michaut e Dumont. Il primo ha iniziato nella sua classe un’Accademia di letteratura di cui Charles è uno dei principali attori, ma la morte del maestro tanto apprezzato nel maggio 1875 creerà un vuoto tra i suoi punti di riferimento di Nancy. Rivedrà Zeller nei suoi passaggi a Nancy e, nel 1882, gli chiederà il nome di un consigliere per il Nord Africa. Quanto a Michaut e Dumont, non sono dei professori di ruolo del liceo, ma dei giovani diplomati disponibili per dei corsi privati; per Charles, per Gabriel Tourdes e per i liceali in generale sono quasi dei compagni. Narcisse Michaut, che morirà nel 1877, lascerà loro molti rimpianti. Paul Dumont comincerà ad aiutare Charles durante l’anno di retorica e lo preparerà al concorso di ingresso a Saint‐Cyr dopo le vacanze di Pasqua 1876. In questa stessa lettera di una domenica del 1875 a suo nonno, Charles lo tratta da «ragazzo gentilissimo», ma aggiunge poco dopo: «Per fortuna che avevo già le mie idee quando ha iniziato a darmi delle lezioni, perché altrimenti mi avrebbe forse rovinato». Charles scrive questo parlando delle sue preferenze in letteratura ma Dumont, più scientifico che letterato, era incaricato soprattutto di farlo migliorare in matematica e in fisica, materie che non erano il suo forte. Alla fine della retorica, alla distribuzione dei premi del liceo, Charles ottiene molte menzioni: l’8a menzione di eccellenza per il primo semestre, la 3a menzione di discorso francese e l’8a menzione di discorso latino²⁷, la 6a menzione di storia e geografia.

    Il 12 agosto 1874, la commissione della Facoltà di Lettere di Nancy lo ammette alla prima parte dell’esame di baccalaureato con menzione «abbastanza bene». I voti erano calcolati in quinti; Charles ha allo scritto: 4 in versione latina e 3 in discorso latino; all’orale: 3 in quasi tutte le materie, in greco, in latino, in francese, in retorica, in storia e 2 in geografia. In seguito alla sua istituzione con Napoleone nel 1808, il baccalaureato era la prova che segnava a sedici anni la fine degli studi secondari e occorreva il diploma di baccelliere per accedere all’insegnamento superiore. Nel 1874, viene applicato un nuovo regolamento di baccalaureato, che prevede che il diploma sia conferito dopo le prove in due parti: una prima parte sulla formazione letteraria alla fine della prima e una seconda parte sulla formazione scientifica alla fine della classe detta di filosofia, che corrisponde oggi alla maturità. Gli alunni che nel 1874 concorrono alla prima parte e che, in molti casi, non hanno i sedici anni richiesti, ottengono una dispensa d’età. Charles, che avrà sedici anni solo il 15 settembre successivo, rientra in questo caso: la dispensa che gli è data è una decisione amministrativa applicata ampiamente alla classe 1874 e non significa una prova del suo anticipo negli studi, come spesso è presentata.

    Alla metà di agosto del 1874, acquisita la prima parte del baccalaureato, è in vacanza a Louÿe. Vi ritrova lo zio Moitessier, la zia, le cugine. Fa la conoscenza del suo nuovo cugino, Olivier de Bondy, tre mesi dopo il matrimonio con Marie; Charles è subito a suo agio in compagnia di questa coppia di giovani sposi. Si prepara tuttavia a un cambiamento che sente importante: qualche settimana dopo, il 13 ottobre, entrerà nella classe di filosofia, non al liceo di Nancy, ma a Parigi come interno alla Scuola di Sainte‐Geneviève.

    La scolarità a Parigi

    Posta sulla collina Sainte‐Geneviève del Quartiere Latino, in una via chiamata dal 1859 rue Lhomond, ma che manteneva ancora il suo vecchio nome di rue des Postes, questa Scuola preparava i baccellieri ai concorsi della Scuola Politecnica e della Scuola speciale militare di Saint‐Cyr. La decisione di mandare Charles in questa scuola, diretta dai Gesuiti e dalla reputazione prestigiosa nel mondo militare e fra i tecnici, era stata presa già da un certo tempo dal colonnello de Morlet, lui stesso ex alunno del Politecnico, inizio della sua brillante carriera nel Genio militare. Per questa decisione ha l’appoggio della signora Moitessier, che segue da vicino l’educazione di suo nipote, così come segue da più vicino ancora quella della nipote Mimi, che accoglie regolarmente durante le vacanze estive.

    Charles ha potuto dire la sua? Il 10 agosto 1903 rivela a suo nipote Charles de Blic, che entra alla Scuola Navale di Brest, il suo desiderio personale all’età di quindici anni e mezzo, cioè nei primi mesi del 1874, quando viene presa la decisione di mandarlo per la preparazione alla scuola Sainte‐Geneviève della rue des Postes: «Capisco che Navale ti piaccia, ti attiri. Anch’io un tempo avrei voluto prepararmi a ciò... Se avessi avuto come te 2 anni per prepararmi, mi sarei

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1