Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

L' Uomo contro l'uomo: Mentalità e strategie per l’autodifesa
L' Uomo contro l'uomo: Mentalità e strategie per l’autodifesa
L' Uomo contro l'uomo: Mentalità e strategie per l’autodifesa
E-book284 pagine3 ore

L' Uomo contro l'uomo: Mentalità e strategie per l’autodifesa

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Questo libro illustra la psicologia, la mentalità e le strategie che permettono di rimanere vivi in uno scontro, e suggerisce metodi per prepararsi meglio alle circostanze reali. Un testo raccomandato a chiunque possa o debba affrontare la violenza reale, particolarmente agli artisti marziali che spesso hanno bisogno di rendersi conto della realtà delle situazioni. Insegna ad adeguare alla realtà i metodi di addestramento e a rendere efficace l’autodifesa. Da alcuni esperti americani è stato giudicato il miglior libro sull’autodifesa (finalista del Best Books Award negli Stati Uniti). Indispensabile per le forze dell’ordine.
LinguaItaliano
Data di uscita19 dic 2013
ISBN9788827224601
L' Uomo contro l'uomo: Mentalità e strategie per l’autodifesa
Autore

Rory Miller

Veterano del sistema correzionale. È stato per dieci anni sergente nell’ufficio dello sceriffo a Portland, in Oregon. Dal 1981 pratica numerose arti marziali. Esperto agente di custodia, conduce e organizza corsi su: uso della forza e processo decisionale, tattiche difensive della polizia, simulazioni di situazioni di scontro. Inoltre, dirige e addestra la sua squadra tattica carceraria. Vive nei pressi di Portland.

Autori correlati

Correlato a L' Uomo contro l'uomo

Ebook correlati

Arti marziali per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Recensioni su L' Uomo contro l'uomo

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    L' Uomo contro l'uomo - Rory Miller

    COPERTINA

    uomo_contro_uomo.png

    L’UOMO CONTRO L’UOMO

    image.png

    Mentalità e strategie per l’autodifesa

    Rory Miller

    Traduzione dall’inglese di Andrea Tranquilli

    logo.png

    Copyright

    L’UOMO CONTRO L’UOMO -

    di Rory Miller

    Traduzione dall’inglese di Andrea Tranquilli

    Titolo originale dell’opera: MEDITATIONS ON VIOLENCE © Copyright 2008 by Rory Miller - All rights Reserved - Authorized translation from the English language edition published by YMAA Publication Center, Inc. USA

    ISBN 978-88-272-2460-1

    Prima edizione digitale 2013

    Per l’edizione italiana: © Copyright 2013 by Edizioni Mediterranee

    Via Flaminia, 109 - 00196 Roma

    www.edizionimediterranee.net

    Versione digitale realizzata da Volume Edizioni srl - Roma

    droppedImage.png

    Ringraziamenti

    Questo libro riguarda numerosi argomenti, e sono stato aiutato da molte persone appartenenti ad ambiti diversi. Poliziotti e criminali, amici, istruttori, autori e allievi hanno tutti contribuito alla presente opera: alcuni direttamente al manoscritto, e moltissimi altri aprendomi gli occhi su differenti realtà.

    Per il mondo delle arti marziali: sensei Mike Moore e sensei Wolfgand Dill mi hanno impartito i primi rudimenti. Sensei Dave Sumner mi ha introdotto alla Sosuishi-ryu, divenuta la mia base. Qualunque sia il mio valore come combattente, è merito di Dave. E Paul McRedmond (Mac) ha preso la fiaccola da questo punto, rivelandomi nuove profondità e spronandomi verso un intento più puro. Non potrò mai ringraziarti abbastanza.

    Per il mondo dei criminali e dei poliziotti, vi sono troppi nomi. Dai tipi con le manette ai polsi ho appreso quanto da quelli che gliele avevano messe. Ai cattivi dico: grazie per la lezione, ora andate avanti e comportatevi bene. Per nominare alcuni degli altri: il sergente Bill Gatzke mi ha insegnato cosa significa essere un sergente, e Phil Anderchuk come pianificare. C.D. Bishop ha avuto fiducia nel mio giudizio. Il tenente Inman mi ha convinto a fare le parti più sgradevoli del lavoro. Il vicesceriffo J. Jones mi ha insegnato un nuovo livello di precisione. Grazie di cuore. E soprattutto, ai membri del CERT passati e presenti: avete sempre avuto il mio sostegno e chiesto il meglio di me. Quello che importa è vincere!

    La vita è un conto, metterla per iscritto tutt’altra cosa. Mary Rosenblum mi ha insegnato che scrivere bene è un’abilità. Con l’aiuto di Mike Moscoe Shepherd, è riuscita a trasformare una guardia carceraria semianalfabeta in una specie di scrittore. Li ringrazio entrambi, ma forse i più riconoscenti dovrebbero essere i lettori.

    Ogni nuovo libro viene letto molte volte da varie persone prima di essere dato alle stampe. Per il loro incoraggiamento, per aver individuato le lacune e avermi aiutato a tradurre il mio linguaggio personale in parole umane, ringrazio Dana Sheets, Riku Ylonen, Jeff Burger, Jim Raistrick, Mark Jones e Lawrence Kane. Un ringraziamento speciale a Kris Wilder: senza la tua irruenza, mancanza di tempismo e completo disprezzo per il mio benessere, questo libro avrebbe potuto non trovare mai un editore. Grazie amico.

    Altri, come Roz, Sonia Orin Lyris e Drew, mi hanno aiutato lungo la strada, imparando, insegnando e anche rivedendo le bozze.

    Grazie a David Ripianzi e Tim Comrie per aver reso così agevole l’intero processo da manoscritto a libro. Agevole per me, comunque. Farlo sembrare tale richiede un vero professionista.

    L’ultima parte è personale. In ogni cosa, Kami ha l’enorme responsabilità di far sì che io conservi il mio equilibrio e mantenga la promessa di essere sempre uno dei buoni. Grazie. A prescindere da come vadano le cose, posso sempre contare su di te e so che tutto sommato il mondo è un buon posto.

    Infine, una parola a Norma Joyce Miller. I primi passi sono i più importanti. Come ti promisi quand’eri bambina, il primo libro è per te.

    Presentazione

    di Steven Barnes

    Esiste un gap tra realtà e fantasia, ed è su questo che gioca il romanziere, si tratti della realtà della routine matrimoniale contrapposta al mondo fantastico dell’innamorarsi, del lavoro quotidiano contrapposto al sogno di fare grandi cose, o del combattimento mortale contrapposto alle fantasie di gloria sul campo di battaglia.

    Le differenze tra queste situazioni costituiscono la sostanza della mia professione. Dal momento che ben pochi di noi rischiano realmente la vita, conoscono la realtà del combattimento o dell’autodifesa, affrontano un individuo aggressivo o scoprono il proprio potenziale di violenza, siamo costantemente affascinati dalle immagini degli uomini e delle donne in grado di fare simili cose. Ne facciamo degli eroi, li studiamo nei libri, li guardiamo ipnotizzati sugli schermi cinematografici e paghiamo somme enormi a chi riesce a rappresentarli in maniera convincente.

    E dietro la nostra attrazione, vi sono alcune domande: come mi comporterei in quel contesto? Sarei all’altezza? E cosa diventerei se lo fossi? Che succederebbe se non lo fossi?

    Uno di coloro che rappresentarono sulla scena questo stereotipo di superefficace macchina da combattimento fu, ovviamente, Bruce Lee, e dopo I tre dell’Operazione Drago in tutto il mondo moltitudini di giovani presero d’assalto le scuole di arti marziali per diventare forti, coraggiosi e abili, in altre parole per superare la paura di non essere capaci. O per alimentare il desiderio di capire cosa fosse quella misteriosa creatura annidata in fondo al loro subconscio.

    Ricordo che nei primi anni Ottanta, quando mi addestravo alla Filipino Kali Academy, una scuola condotta da Danny Inosanto e Richard Bustillo (due ex allievi di Lee), ogni volta che iniziava un nuovo corso eravamo sommersi dagli LBK (Little Blond Kids, ragazzini biondi). Arrivavano con gli occhi pieni di sogni di gloria marziale. E noi sapevamo che appena messi a confronto con la realtà, non appena ci avessero visto indossare i guantoni e cominciare a suonarcele, il 90% di loro sarebbe fuggito.

    Inoltre, amici, l’allenamento in palestra ha poco a che vedere con ciò che avviene nelle strade. Quelli di noi che volevano apprendere come applicare quanto ci veniva insegnato in un contesto accademico a reali situazioni di vita o di morte studiavano i testi di antichi samurai, monaci guerrieri e combattenti di ogni cultura, individui che avevano effettivamente messo in pratica le loro arti. Ci sforzavamo di comprendere la differenza tra fantasia e realtà, tra teoria e applicazione, perché ignorarla avrebbe potuto costarci la vita.

    Era possibile? E cosa sarebbe successo se non ci fossimo riusciti?

    Conobbi Rory Miller circa quindici anni fa, e rimasi immediatamente colpito da una insolita fluidità di movimento che suggeriva una lunga e intensa pratica in qualche efficace disciplina fisica. Sospettai che si trattasse di un’arte marziale. Con il tempo, conobbi il suo background e appresi che il lavoro di agente di custodia lo metteva nella particolare condizione di sostenere – come lui stesso mi disse all’epoca – un combattimento al giorno.

    Ogni giorno? Contro alcuni dei membri più pericolosi e disperati della nostra società? Non si trattava certo di un teorico. Ma più che le sue ovvie capacità, a impressionarmi fu la natura del rapporto che aveva con la sua compagna, Kami. Il loro amore evidente mi fece capire che egli era riuscito a trovare il modo di affrontare la violenza a un livello che la maggior parte degli artisti marziali non può nemmeno sognare senza perdere la propria anima.

    Poiché è sia addestrato in maniera classica sia reduce da innumerevoli scontri a oltranza, Rory ha tutto il diritto e la responsabilità di condividere le sue idee sulla differenza tra teoria e applicazione. Ciò che funziona e ciò che può farvi perdere la vita. Quali attitudini e illusioni vengono nutrite da quelli di noi che non devono affrontare gli animali che GODONO a ferire, uccidere, stuprare, mutilare. Qual è quella differenza? In che misura dovete conoscere voi stessi per sopravvivere?

    Credo che il suo addestramento, l’ambiente e l’inclinazione abbiano creato una tempesta perfetta di preparazione marziale in cui egli ha raggiunto quella sorta di chiarezza che contraddistingue coloro che sono sulla via dell’illuminazione. Pochissimi esseri umani sarebbero disposti a pagare il prezzo che lui ha pagato o capaci di pagarlo anche se volessero.

    La sua decisione di divulgare ciò che ha appreso è un atto d’amore e di responsabilità sociale. Ho il massimo rispetto per Rory e per quello che ha da dire sul gap tra le arti marziali come vengono insegnate e concettualizzate, e la sopravvivenza nella dura prova del combattimento reale. In altre parole, per come è riuscito ad attraversare il fuoco senza farsi incenerire dalle fiamme.

    L’uomo contro l’uomo non è uno scherzo, una fantasia o uno sproloquio scritto per appagare l’ego di qualche individuo ambizioso. Conosco gli uomini che collaborano con Rory: sono persone dure, resistenti, e lo adorano. Sanno che devono alla sua esperienza e a ciò che egli è se sono sempre tornati sani e salvi alle loro vite e alle loro famiglie.

    Avete tra le mani un documento che ha richiesto un lungo periodo di incubazione, le riflessioni di un guerriero moderno su un argomento essenziale per la sopravvivenza dell’umanità fin dagli albori.

    Posso? E se posso, come? E chi diventerò? Cosa DEVO essere per proteggere la mia vita, i miei valori, la mia famiglia?

    Esistono poche domande più importanti di queste.

    Qui, in queste pagine, ci sono i risultati ottenuti da un uomo in cerca di risposte.

    È questo che conta.

    Steven Barnes

    Southern California

    Primo agosto 2007

    Steve Barnes è un autore di bestseller citato dal N.Y. Times ed ex titolare della rubrica di Kung-fu per la rivista Black Belt.

    Introduzione: Metafore

    Gli uomini sono strani. Possiedono una capacità quasi illimitata di apprendere e comunicare. Allo stesso tempo, questa dote straordinaria viene usata a scopi fantastici e di intrattenimento come lo è per l’informazione e la sopravvivenza. Prendete, ad esempio, il rinoceronte e l’unicorno.

    Il rinoceronte è una bestia reale originaria dell’Asia e dell’Africa. È grande, temibile e noto alla maggior parte di noi grazie a fotografie, film e visite allo zoo. Che cosa sappiamo realmente di questi animali? Sono erbivori? Vivono in branchi numerosi, gruppi familiari, oppure vagano soli per la savana? Nel film Ma che siamo tutti matti? abbiamo imparato che non amano il fuoco e distruggono quelli degli accampamenti. È vero? Non ne ho idea. Guardate quanto poco sappiamo, e quanto poco sappiamo con certezza, su questa bestia che esiste realmente ed è davvero pericolosa.

    L’unicorno è derivato dal rinoceronte. Nel corso del tempo e attraverso la tradizione orale, la realtà del secondo si è trasformata lentamente nel mito del primo. Tale processo è stato talmente efficace che tutti conoscono moltissimi fatti sull’unicorno. Ha la barba di una capra, zoccoli fessi e un solo corno. Uccide gli elefanti impalandoli ed è abbastanza forte da lanciarli sopra la testa, eppure può essere domato e catturato da una vergine. Conosciamo tanti fatti sull’unicorno, ma ce n’è soltanto uno vero: l’unicorno è una creatura immaginaria.

    Anche se si tratta di animali mitici, sappiamo molte cose su di essi. I rinoceronti sono reali ma, con l’eccezione di qualche esperto, ne sappiamo ben poco.

    C’è un parallelo tra l’unicorno e la violenza. Come i racconti dei viaggiatori trasmessi da persona a persona, da luogo a luogo e da un secolo all’altro sono riusciti a trasformare la realtà del rinoceronte nella leggenda dell’unicorno, così la limitata tradizione e la storia di ogni dojo hanno trasformato l’originaria comprensione della violenza nel moderno rituale delle arti marziali. Come la pelle grigia e rugosa del rinoceronte è divenuta il manto bianco e lucente dell’unicorno, così gli odori, i suoni e l’angosciosa paura dello scontro ravvicinato hanno in qualche modo generato l’affascinante cinema di azione e avventura, e la brillante precisione delle arti marziali.

    Chi sono oggi i veri esperti di violenza?

    I sacerdoti di Marte. Appena indossate una cintura nera, appena vi presentate davanti a un gruppo di allievi, venite considerati esperti in materia. Non importa se insieme alla vostra arte marziale avete assimilato un intero sistema filosofico. Non importa se l’arte vi fornisce, per la prima volta, la sicurezza per considerare il mondo come pacifisti. Non importa se avete studiato affacciandovi su un’altra epoca e un’altra cultura. Non importa se avete trovato l’illuminazione nel kata o appreso come fondervi armoniosamente con la forza del vostro attaccante. Non importa, perché vi accingete a insegnare un’arte marziale, che è dedicata a Marte, il dio della guerra. Un’arte MARziale. Anche se nel corso degli anni avete dimenticato questa idea, i vostri allievi ne sono consapevoli. Indossate una cintura nera. Siete esperti di violenza. Siete grintosi. Siete sacerdoti di Marte.

    La semplice verità è che molti di questi esperti, questi sacerdoti di Marte, non hanno alcuna esperienza di violenza. Pochissimi hanno capito abbastanza da considerare con occhio critico ciò che è stato loro insegnato e ciò che insegnano, separando il mito dalla realtà.

    La superstar. Avete mai notato che i sollevatori di pesi non somigliano ai pugili? Inoltre, negli incontri di scherma si vedono tipi alti e magri, mentre in quelli di judo a prevalere sono di solito judoka piccoli e tarchiati: sostanzialmente, nessuno di essi ha il fisico di un culturista. Ma spesso i divi del cinema ce l’hanno. A meno che non intendano rivolgersi al mercato techno/dark, nel qual caso sono realmente ossuti e bianchi di carnagione, e indossano un bel po’ di nero.

    L’obiettivo è lo stesso: vendere. Nel mondo dei media, tutto ruota intorno all’attrattiva. I combattenti sono individui affascinanti, ben diversi da quelli rozzi, pieni di cicatrici e a volte sdentati che conosco io.

    Anche i combattimenti sono avvincenti: potete seguire perfettamente l’azione e perfino distinguere le specifiche tecniche.

    Ciò che conta è l’elemento drammatico. Al cinema, un combattimento non termina quando l’eroe o il cattivo finisce in una pozza di vomito sanguinolento, afferrandosi l’addome e gorgogliando. Termina nel momento in cui il regista ritiene che il pubblico sia abbastanza eccitato e non occorra annoiarlo oltre.

    Anche se un film cerca di essere realistico, è unicamente a fini di spettacolo. Il solo fatto che la cinepresa possa vedere ciò che avviene è irrealistico. Nel fumo, nella polvere, sotto la pioggia, nella mischia di corpi o tra le vampate delle armi automatiche, chiunque si trovi al centro di tutto questo difficilmente è in grado di dire cosa stia succedendo.

    E il film soddisfa l’idea di giustizia del pubblico. Si tratta quasi sempre di un combattimento corpo a corpo vinto di stretta misura… Vi dico fin d’ora che se, come impiegato statale responsabile di una squadra tattica, ho mai rischiato la vita dei miei uomini o degli ostaggi in nome di qualche stravagante idea di rispetto delle regole, potete anche licenziarmi. La correttezza non esiste nella vita reale, non se i cattivi o i buoni di professione hanno qualcosa da dire al riguardo. Mi sarebbe sempre piaciuto vedere un film con Conan che dice qualcosa di sbagliato in un bar e si ritrova con un coltello nello stomaco senza avere la minima idea di come ci sia arrivato.

    La storia. Forse questa è una metafora, forse un modello: le cose sono quello che sono. La violenza è ciò che è. Voi siete voi, né più né meno; ma gli esseri umani non possono lasciare in pace le cose semplici.

    Uno dei modi con cui le complichiamo è raccontando storie, specialmente su noi stessi. Questa storia che raccontiamo a noi stessi è la nostra identità. La sostanza di ogni buona storia è fatta di conflitto. Quindi la nostra identità, il personaggio principale della storia che raccontiamo a noi stessi, si basa ampiamente su come affrontiamo il conflitto.

    Se nella vita ce n’è stato poco, il personaggio, la nostra identità, è per lo più frutto di fantasia.

    Si tratta di un avvertimento da parte mia. Voi siete ciò che siete, non ciò che pensate di essere. La violenza è ciò che è, non necessariamente ciò che vi hanno detto.

    Questo libro riguarda la violenza, soprattutto la differenza tra quella allo stato brado e quella insegnata nei corsi di arti marziali e assimilata attraverso la nostra cultura.

    Ma prima un paio di cose…

    Prefazione: Chi sono

    Vengo pagato (e pagato bene) per entrare in una situazione, in genere da solo contro sessanta o più criminali, e mantenere l’ordine. Impedisco loro di aggredirsi l’un l’altro o di attaccare agenti. Questo è il mio compito. Ora, poiché non combatto tutti i giorni e nemmeno tutte le settimane (non più: adesso sono sergente, un passo dietro la linea del fronte), la maggior parte dei minuti e delle ore di lavoro è piuttosto facile, anche troppo per quello che mi danno. Ma ogni tanto, quando capita una notte veramente brutta, mi guadagno più che abbastanza la mia paga.

    Oggi combatto meno spesso, in parte per essere salito di grado, ma soprattutto perché praticamente ogni criminale della zona mi conosce, e io sono diventato più bravo a parlare. Al corso di addestramento CNT (Crisis Negotiation Team, Squadra Negoziatori in Situazioni di Crisi a volte chiamata Hostage Negotiators, Negoziatori di Ostaggi) Cecil, uno degli istruttori, raccomandava di leggere libri sull’arte del vendere. Nell’introduzione a uno di essi, l’autore afferma che ogni singola persona al mondo è impegnata a vendere qualcosa, non importa se state costruendo un’auto in fabbrica, esercitando medicina o cambiando l’olio.

    Balle, pensavo. Io sono una guardia carceraria, non un commesso di negozio.

    Poco dopo, vi fu un vecchio estremamente stupido e folle deciso a lottare contro cinque poliziotti. Ci vollero circa venti minuti per convincerlo a calmarsi. Fu allora che mi resi conto che stavo vendendo qualcosa, un prodotto denominato non metterti nei guai che è molto difficile rifilare a certe persone.

    Ecco il mio curriculum vitae e le mie credenziali. Siete liberi di saltarli.

    Mi piace insegnare a persone già esperte di arti marziali ad applicare le loro capacità al combattimento reale. Mi piace insegnare ai poliziotti – che potrebbero averne bisogno – le semplici e pratiche abilità necessarie per rimanere vivi o quelle altrettanto semplici e pratiche che occorrono per impedire una minaccia senza essere citati in giudizio… e mi piace insegnare la differenza.

    Ho una laurea breve in psicologia sperimentale con un corso in biologia conseguita presso l’Università dell’Oregon. Avrei voluto conseguire una doppia specializzazione, ma la biochimica si rivelò un ostacolo troppo grosso per me. Mentre frequentavo l’Università, feci parte delle squadre di judo e di scherma, e mi dilettai di karate, tae kwon do e armi occidentali.

    Pratico arti marziali fin dal 1981 e sono agente di custodia dal 1991. Al momento di questo scritto, esercito tale lavoro da quattordici anni, dodici dei quali in carceri di massima sicurezza. Nel 1998 successero parecchie cose: ottenni il certificato di istruttore di jujutsu della Sosuishitsu-ryu, pubblicai due articoli in riviste nazionali, fui chiamato a far parte del CERT (Corrections Emergency Response Team, Gruppo di pronto intervento carcerario) e divenni istruttore di combattimento corpo a corpo della squadra. Fui anche promosso sergente. Alla fine dell’anno, avevo ormai cominciato a organizzare e condurre corsi per agenti di polizia carceraria e non. Sono a capo del CERT dal 2002.

    Il CERT ha rappresentato un’enorme forza nella mia vita e carriera. Nel 1998, avevo già una considerevole esperienza nella gestione di situazioni ad alto rischio operativo con oltre duecento casi di uso della forza, alcuni piuttosto spiacevoli (implicanti drogati, condizioni d’inferiorità numerica, agguati, aggressioni armate), ma dovevo solo badare a me stesso. Improvvisamente, mi ritrovai a insegnare a poliziotti novellini a fare quello che facevo. Dovevo riflettere bene su ciò che faceva funzionare le cose.

    Il CERT mi ha anche permesso di addestrarmi in numerosi campi: attualmente, sono abilitato all’impiego di ordigni diversivi (granate stordenti)

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1