Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Ti metto da parte
Ti metto da parte
Ti metto da parte
E-book209 pagine2 ore

Ti metto da parte

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Le parole a volte sono taglienti come lame, ci feriscono e ci penetrano l'anima. Sentimenti, dolore e sofferenza si legano indissolubilmente in queste pagine dove lo studio e la ricerca nell'ambito del maltrattamento, degli atti persecutori, del bullismo, del mobbing, dei reati a sfondo sessuale sono affiancati da ricostruzioni ispirate a vicende reali o realistiche, ma rimescolate così da renderle irriconoscibili e narrate insieme ad una breve analisi psicologico-culturale. Questo libro, leggiamo nell'introduzione, "raccoglie alcune storie difficili e talvolta disperate, ma cerca di coglierne le radici, di andare alla base di quanto è accaduto ma poteva non accadere se da parte delle vittime, dei testimoni o degli operatori alcuni segnali fossero stati colti. L'analisi di questi segnali può far emergere gli aspetti relazionali e socio-ambientali su cui intervenire...". Parole che mettono a nudo il dolore lasciando il lettore a volte impreparato e impotente di fronte alla realtà di violenze e che cercano di ispirare e di fornire qualche spunto di riflessione per sollecitare un senso di ribellione e di giustizia, per responsabilizzare ciascuno, unica modalità percorribile per porre fine alle storie di soprusi che ogni giorno la cronaca e la vita ci raccontano.
LinguaItaliano
Data di uscita30 set 2021
ISBN9788830650497
Ti metto da parte

Correlato a Ti metto da parte

Ebook correlati

Narrativa generale per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Recensioni su Ti metto da parte

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Ti metto da parte - Raffaella Peressi

    Prefazione di Barbara Alberti

    Il prof. Robin Ian Dunbar, antropologo inglese, si è scomodato a fare una ricerca su quanti amici possa davvero contare un essere umano. Il numero è risultato molto molto limitato. Ma il professore ha dimenticato i libri, limitati solo dalla durata della vita umana.

    È lui l’unico amante, il libro. L’unico confidente che non tradisce, né abbandona. Mi disse un amico, lettore instancabile: Avrò tutte le vite che riuscirò a leggere. Sarò tutti i personaggi che vorrò essere.

    Il libro offre due beni contrastanti, che in esso si fondono: ci trovi te stesso e insieme una tregua dall’identità. Meglio di tutti l’ha detto Emily Dickinson nei suoi versi più famosi:

    Non esiste un vascello come un libro

    per portarci in terre lontane

    né corsieri come una pagina

    di poesia che s’impenna.

    Questa traversata la può fare anche un povero,

    tanto è frugale il carro dell’anima.

    (Trad. Ginevra Bompiani)

    A volte, in preda a sentimenti non condivisi ti chiedi se sei pazzo, trovi futili e colpevoli le tue visioni che non assurgono alla dignità di fatto, e non osi confessarle a nessuno, tanto ti sembrano assurde.

    Ma un giorno puoi ritrovarle in un romanzo. Qualcun altro si è confessato per te, magari in un tempo lontano. Solo, a tu per tu con la pagina, hai il diritto di essere totale. Il libro è il più soave grimaldello per entrare nella realtà. È la traduzione di un sogno.

    Ai miei tempi, da adolescenti eravamo costretti a leggere di nascosto, per la maggior parte i libri di casa erano severamente vietati ai ragazzi. Shakespeare per primo, perfino Fogazzaro era sospetto, Ovidio poi da punizione corporale. Erano permessi solo Collodi, Lo Struwwelpeter, il London canino e le vite dei santi.

    Una vigilia di Natale mio cugino fu beccato in soffitta, rintanato a leggere in segreto il più proibito fra i proibiti, L’amante di lady Chatterley. Con ignominia fu escluso dai regali e dal cenone. Lo incontrai in corridoio per nulla mortificato, anzi tutto spavaldo, e un po’ più grosso del solito. Aprì la giacca, dentro aveva nascosto i 4 volumi di Guerra e pace, e mi disse: Che me ne frega, a me del cenone. Io, quest’anno, faccio il Natale dai Rostov.

    Sono amici pazienti, i libri, ci aspettano in piedi, di schiena negli scaffali tutta la vita, sono capaci di aspettare all’infinito che tu li prenda in mano. Ognuno di noi ama i suoi scrittori come parenti, ma anche alcuni traduttori, o autori di prefazioni che ci iniziano al mistero di un’altra lingua, di un altro mondo.

    Certe voci ci definiscono quanto quelle con cui parliamo ogni giorno, se non di più. E non ci bastano mai. Quando se ne aggiungono altre è un dono inatteso da non lasciarsi sfuggire.

    Questo è l’animo col quale Albatros ci offre la sua collana Nuove voci, una selezione di nuovi autori italiani, punto di riferimento per il lettore navigante, un braccio legato all’albero maestro per via delle sirene, l’altro sopra gli occhi a godersi la vastità dell’orizzonte. L’editore, che è l’artefice del viaggio, vi propone la collana di scrittori emergenti più premiata dell’editoria italiana. E se non credete ai premi potete credere ai lettori, grazie ai quali la collana è fra le più vendute. Nel mare delle parole scritte per esser lette, ci incontreremo di nuovo con altri ricordi, altre rotte. Altre voci, altre stanze.

    INTRODUZIONE

    La violenza psicologica dal maltrattamento

    al mobbing, dal bullismo agli atti persecutori

    La violenza psicologica appare sempre la Cenerentola degli atti prevaricanti. Come nel racconto della cronaca nera solo gli episodi cruenti smuovono gli animi così nelle valutazioni anche degli atti processuali essa rimane nel limbo alla mercé del più abile tra gli avvocati o del più agguerrito tra i consulenti.

    Dopo anni di lotte e discussioni, definizione di nuovi reati e pene più stringenti, scarpette sui marciapiedi e palloncini bianchi nulla ha potuto fermare, se non limitare, l’ascesa della violenza e delle prevaricazioni nel nostro Paese ma così come nel resto del mondo.

    Analisi dei dettagli, migliorie nell’utilizzo delle tecniche scientifiche per la ricerca, accompagnate spesso dalla spettacolarizzazione della caccia al o ai colpevoli non hanno fermato gli omicidi in ambito familiare e relazionale di donne e bambini, talvolta di uomini anch’essi vittime.

    Da dove nasce questa violenza, connaturata all’essere umano? Necessario, obbligatorio passaggio in alcune fasi adolescenziali almeno per i maschi? Mi è capitato di sentir paragonare un adolescente che si era reso colpevole di un’aggressione dal suo difensore ad un camoscio. Scientificamente, a suo dire, il tasso di mortalità dei camosci maschi ha un picco in fase neonatale e poi in adolescenza per questioni ormonali. Mi è corso il pensiero ad alcune delle ragazze prevaricanti che stavo seguendo in quel periodo in una scuola, potevo suggerire una cura ormonale invece di farle faticare così tanto per modificare il proprio comportamento?…

    Questo libro nasce dall’esperienza ma anche dallo studio e dalla ricerca nell’ambito del maltrattamento, degli atti persecutori, dei reati a sfondo sessuale, del bullismo, del mobbing e di tutte le forme prevaricanti. Raccoglie alcune storie difficili e talvolta disperate ma cerca di coglierne le radici, andare alla base di quanto è accaduto ma poteva non accadere se da parte delle vittime, dei testimoni o degli operatori alcuni segnali fossero stati colti. L’analisi di questi segnali può far emergere gli aspetti relazionali e socio-ambientali su cui intervenire ed intervenire efficacemente riducendo non solo i costi in termini di sofferenza delle vittime ma anche più volgarmente i costi giudiziari, carcerari e sanitari di questi fenomeni.

    Il testo cerca di gettare luce, inoltre, su aspetti rimossi di queste storie, rimossi da coloro che, a cose fatte, avrebbero dovuto intervenire, almeno per dare alle vittime la loro dignità di essere tali e quindi risollevarsi subito ed invece, purtroppo, le hanno, spesso, vittimizzate ancora. Lo dedichiamo a loro ed a chi cerca comunque di cambiare le cose perché se è vero, come è vero, che la nostra società tende a premiare la furbizia e la farabuttaggine (Vasco Rossi, 2016) si possa anche scegliere di dire di no.

    Inutile per alcuni (per molti in realtà) cercare di riconoscersi in queste vicende, le carte sono state rimescolate così tanto che sono rinvenibili solo particelle dei fatti e non i loro personaggi. Le particelle però, ri-assemblate in altre forme, danno luogo ad eventi che accadono molto più di frequente di quello che si possa immaginare.

    Capitolo 1

    La maestra e la profezia che si autoavvera,

    Simona e la grandiosità del suo IO

    Il fenomeno del mobbing, sia che si verifichi in ambito relazionale-amicale piuttosto che lavorativo, assorbe tutte quante le energie delle vittime ma, spesso, anche gran parte di quelle degli autori.

    Tutte le forze che dovrebbero essere utilmente indirizzate verso il raggiungimento dei propri obiettivi: il diploma nel caso di soggetti adolescenti, piuttosto che la crescita dei figli in ambito familiare, oppure gli obiettivi di benessere e sviluppo dal punto di vista lavorativo finiscono nel tritatutto delle risorse cognitive ed emotive. Il mobizzatore utilizza tutta la propria energia nello scovare qualcosa, qualsiasi cosa che non vada nel comportamento della sua vittima. Ovviamente il qualcosa che non vada lo decide lui o lei, oppure loro quando si tratta di un fenomeno gruppale. Qualsiasi mossa della vittima è scorretta, dinanzi a qualsivoglia bivio la strada imboccata è quella sbagliata perché DEVE essere sbagliata.

    L’incontro con il mobizzatore può avvenire però anche in situazioni in cui non si è ancora instaurata alcun tipo di relazione tra lui e la o le potenziali vittime. Ad esempio lo si può incontrare anche durante una conferenza su un argomento per molte ragioni dibattuto in un determinato periodo storico, la sua presenza qui è esclusivamente finalizzata all’attaccare le argomentazioni qualsivoglia esse siano. Spesso è molto facile per chi ha un po’ di pratica individuare: dalla posizione scelta, dalla postura, dalla mimica e, ultimamente, dai tentativi più o meno espliciti di registrazione degli interventi, oppure ancora, quando si è più fortunati, da tutti questi elementi insieme i critici preventivi. E tutto questo, naturalmente, prima che aprano bocca ed insinuino la loro domanda trabocchetto. Qualora questa od una serie di queste esternazioni malcelatamente mascherate da domande non abbiano a funzionare sferrano un attacco a tutto campo, anche se magari osteggiati dal pubblico, fanno riferimento ad argomenti per nulla trattati nella conferenza ma preventivamente associati dal mobizzatore con i temi che credeva venissero trattati.

    Il mobizzatore può nascondersi però anche nei luoghi scolastici e qui talvolta la sua posizione o il suo ruolo possono mietere vittime più fragili e talvolta deviare, quando non infrangere, il percorso scolastico e di vita di alcuni bambini o ragazzi. Il fenomeno noto come effetto Pigmalione concretizza, nell’ambito degli apprendimenti, l’assunto generale che in psicologia viene definito la profezia che si autoavvera. Il discente che agli occhi del proprio insegnante apparirà come più o meno dotato verrà trattato di conseguenza, così si instaurerà un circolo vizioso oppure al contrario un circolo virtuoso. In tal modo chi apprende tenderà sempre più ad aderire all’immagine di se stesso o di se stessa proiettata dal docente. Alcune decine di anni addietro non era insolito che qualche insegnante per sottolineare i risultati poco brillanti di qualcuno dei suoi studenti usasse quantomeno violenza psicologica se non giungesse anche all’uso delle mani o di qualche bacchetta non proprio magica…Una di queste insegnanti aveva preso di mira cinque dei suoi scolari di una classe della scuola elementare dove insegnava e dove era, all’epoca, insegnante unica. Le violenze avvenivano in particolar modo nelle ore dedicate alla matematica, particolarmente incriminate erano le frazioni rappresentate alla lavagna dall’insegnante con delle frittate. Nel momento stesso in cui la maestra disegnava la prima frittata alla lavagna i cinque scolari iniziavano a cambiare completamente espressione e ad irrigidirsi sulle sedioline, nonché si facevano sempre più piccoli dietro i banchi perché sapevano, per certo, che sarebbero stati presi di mira. Non era infrequente che dinanzi ad una risposta sbagliata (quasi certa visto che la forte paura per le conseguenze li portava ad un blocco del ragionamento anche minimo) l’insegnante si scatenasse in urla ed improperi per finire talvolta con qualcuno di loro che giungeva a casa con le tracce delle cinque dita della maestra stampate per qualche giorno sul volto. All’epoca quasi tutti i genitori tacevano ritenendo, magari, quella la giusta punizione per il figlio o la figlia che non si impegnava quanto avrebbe dovuto. Comunque sia non può essere stato proprio un caso il fatto che nessuno dei cinque bambini avesse poi completato la scuola superiore, bambini comunque dalle indubbie capacità che di seguito hanno avviato attività o raggiunto risultati anche ragguardevoli nel loro ambito lavorativo ma di certo non grazie all’esperienza scolastica… In questi casi era stata applicata anche una forma di violenza fisica ma questa era soltanto la punta dell’iceberg di un meccanismo che coinvolgeva tutta la sua classe. I bambini infatti si suddividevano in quattro categorie abbastanza ben distinte. Circa metà dei bambini provenivano da un’altra classe che era stata divisa, di questa quelli che non andavano molto bene subivano le angherie maggiori, agli altri andava meglio ovvero venivano quasi sempre ignorati. Il lato positivo di questa insegnante era la peculiarità dell’insegnamento, la maggior parte delle attività erano indirizzate non all’aspetto scolastico in senso stretto ma ad attività creative molto interessanti e realizzate davvero bene. Chi veniva ignorato non veniva di fatto lasciato fuori da queste attività ma doveva, in qualche modo, fare da sé accompagnato solo da qualche piccola indicazione. L’altra metà della classe, i suoi scolari da sempre, venivano invece coinvolti nelle attività dirette fin nei dettagli da lei in prima persona. Anche qui però c’era una suddivisione e la maggiore considerazione, nonché i ruoli migliori nelle attività creative, venivano assegnati a coloro i quali provenivano da famiglie che in qualche modo venivano percepite dall’insegnante come di status superiore alle altre. Tutto questo a volte aveva delle ricadute che, visti dall’esterno, potevano apparire anche davvero umoristici. Ad esempio una volta una scolara non del suo gruppo prediletto ma che aveva ottimi risultati per cui non poteva essere presa di mira in altro modo era stata mandata fuori dalla porta (l’unica volta in vita sua) perché i suoi vicini di banco stavano parlando durante la lezione. Alla domanda della bambina sul motivo di tale provvedimento (anche perché avrebbe dovuto spiegarlo al Preside che era solito girare per i corridoi durante le lezioni ed interpellare chi si trovava fuori dalle classi) l’insegnante le rispondeva "perché sei sempre tu la pietra dello scandalo". Di quale scandalo la maestra parlasse la bambina non lo sapeva, comunque aveva trascorso tutto il tempo fuori dalla porta ripetendosi la motivazione anche se fortunatamente (per lei e per la maestra soprattutto) il Preside non si era visto…

    Se dobbiamo dare una lettura psicologica anche delle possibili conseguenze sulla restante classe di alunni, possiamo pensare che i suoi abbiano imparato a vivere un po’ di rendita trovandosi poi in difficoltà nel momento in cui la vita gli avrebbe messo dinanzi qualche inaspettata difficoltà, mentre quelli che venivano ignorati potevano aver imparato una migliore autonomia ma con, di sottofondo, una pressante necessità nel dover sempre dimostrare qualcosa in più per poter essere accettati o almeno non maltrattati.

    Questo esempio che oggi pare estremo dovrebbe portare a riflettere su come il pregiudizio, per qualsivoglia motivo si sia andato costruendo, ed i suoi conseguenti strascichi psicologici possano innescare effetti a cascata in particolare sui soggetti in età evolutiva verso i quali si ha in un modo o nell’altro un ruolo educativo.

    Il mobizzatore può nascondersi però anche in casa e fungere

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1