Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

La diagonale stretta: Un ragazzo e la vita in gioco
La diagonale stretta: Un ragazzo e la vita in gioco
La diagonale stretta: Un ragazzo e la vita in gioco
E-book206 pagine2 ore

La diagonale stretta: Un ragazzo e la vita in gioco

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Pierre, primi anni delle superiori, ha un sogno: diventare un giocatore di pallavolo. I suoi, però, hanno altre idee sulla vita... Così gli tocca partire per l'estero, a studiare.
Sceglie Losanna, in Svizzera, e qui comincia la vera storia: un mondo da scoprire, una lingua da imparare, un nuovo ambiente, i primi tuffi del cuore. E poi l’incontro di amicizie vere, le bravate notturne, l’ingresso non facile in una nuova squadra di pallavolo e... la finale del campionato.
La diagonale stretta affronta il vivere dei giovani: le incomprensioni con i genitori, i silenzi, i momenti di sconforto, ma anche il coraggio di mettersi in gioco e accettare le sfide per realizzare i propri sogni.

LinguaItaliano
Data di uscita13 set 2022
ISBN9788869299322
La diagonale stretta: Un ragazzo e la vita in gioco
Autore

Pier Luigi Coda

Pier Luigi Coda, scrittore e saggista. Laureato in Economia e Commercio, gestisce il sito di arti e lettere www.dictamundi.net. Ha pubblicato libri per ragazzi: Brisca ai grandi magazzini Internet (Nuove Edizioni Romane, 2001); Pesci rossi, pesci azzurri (Effatà, 2003); Sotto l'albero dei limoni (Edizioni Gorée, 2009); Martina e l'efferata Banda del Salamino (Effatà, 2010); La diagonale stretta (Effatà, 2012); William Shakespeare al Castello della Pietra (Effatà 2016); Sherlock Holmes sulle tracce di Dante Alighieri - Il mistero dei Robumani (Effatà 2019); Sherlock Holmes e la conquista della Gallia - La diabolica truffa del Wargame (Effatà 2022). Per le edizioni Solfanelli di Chieti ha curato la versione letteraria e critica dei seguenti scrittori russi inediti in Italia; Ninel' Podgornaja: Mafalda di Savoia-Assia (2010); Ninel’ Podgornaja: Puškin e i Paesi Baltici (2011); Ninel’ Podgornaja: L’attimo irripetibile (2012); Aleksandr Aleksandrovič Bestùžev-Marlinskij: Tre racconti di Livonia (2013); Kondratij Fëdorovič Ryleev: Voinàroskij, un eroe della libertà ucraina (2015); Sotto l’albero dei limoni (2020), nuova edizione aggiornata e rinnovata con disegni originali; Dante Alighieri, uno di noi - Memorie di una vita tra storia e leggenda (2021); Il signor William Shakespeare presenta la tragedia di Giulio Cesare alla classe III A (2022).

Correlato a La diagonale stretta

Ebook correlati

Sport e attività ricreative per bambini per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Recensioni su La diagonale stretta

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    La diagonale stretta - Pier Luigi Coda

    Copertina del libro La diagonale strettaCopertina del libro La diagonale stretta

    Inizia la lettura

    Indice

    Informazioni sull’autore

    Condividi

    Colophon

    Pier Luigi Coda

    La diagonale stretta

    Un ragazzo e la vita in gioco

    Effatà Editrice logo

    Alle cose che restano

    ai riflessi della luce sul mare

    ai cigni che costeggiano il lago

    all’autore del Salmo 90

    a mia figlia Francesca che tenevo per mano

    Oxford o Lausanne?

    Tra Oxford e Lausanne ho scelto Lausanne. Oxford è una città di transito, scivola via come le acque dell’Isis.


    La partita l’abbiamo persa al terzo set, sull’uno a uno. Nel momento cruciale la squadra ha smesso di girare. Non so come mai, cosa sia successo. Forse è stata anche colpa mia. Certo, io ho le mie colpe. Non riuscivo più a smistare la palla come volevo. Mi sentivo legato, incerto. Cercavo lo schiacciatore e non lo trovavo, allora provavo con l’opposto, ma anche l’opposto mi sfuggiva. E poi troppi errori in ricezione, in battuta. Il Coach era nero, imbestialito. Ce l’aveva con il mondo intero. Loro, invece, erano tranquilli, lineari. Giocavano facile, sul tempo e sulle mani del muro. Sembravano giganti, noi le loro ombre stordite. Dovessimo rigiocare mille volte questa partita, la vinceremmo sempre. Troppa la differenza di classe, di schemi, di gioco; però hanno vinto loro. Al momento giusto si sono fatti trovare pronti, noi non possiamo far altro che recriminare l’occasione persa. Nessuno avrebbe pronosticato la nostra sconfitta, eppure abbiamo perso.

    Noi stessi ci sentivamo persi sul campo.


    Un anno non è la fine del mondo. Passa presto. Dicono. Ma intanto sono io che devo andare. Losanna, il lago Lemano. Una lingua che non conosco. Non so cosa troverò a Losanna, ma forse non so neppure bene cosa lascio qui. I genitori, ok. Mia sorella Gloria, ok. La scuola, ok. La squadra, ok. Gli amici, ok. Federica, ok.

    No, lasciare Federica non è ok, ma non è ok neppure lasciare i genitori, mia sorella, la scuola, gli amici e la squadra.

    Nulla di tutto ciò è ok.


    Il Coach mi ha detto: «Fa’ vedere a quegli svizzeri cosa sappiamo fare qui».

    Ci proverò, gli ho promesso che ci proverò, dovessi anche spaccarmi le dita.


    Una sera mio padre mi chiamò nel suo studio e mi disse:

    – Pierre, la nostra azienda sta andando molto bene e si sta sviluppando sempre di più all’estero. Prima o poi tu mi sostituirai su questa sedia e voglio che la tua preparazione scolastica sia adeguata ai compiti che ti aspettano. Sei già al liceo. Sei diventato grande, è ora che incominci ad assumerti le tue responsabilità. Voglio che tu t’iscriva a una scuola all’estero. Imparerai a gestirti da solo e a parlare correttamente una lingua straniera...

    – Ma... ma, papà... — balbettai.

    – Nessun ma, ho deciso. Andrai a Oxford, negli affari l’inglese è indispensabile.

    Quando tornai in camera mia, avevo le lacrime agli occhi. La vista mi si era annebbiata. Il grande poster della nazionale con Bernardi e Cantagalli sfumava contro il bianco della parete. Un po’ più a lato la foto di Andrea Lucky Lucchetta con il suo autografo. Pensai a Federica e aprii la finestra. Era quasi notte e i lampioni del parco gelavano con la loro luce l’ombra scura dei pini. Era l’inizio dell’estate e le cicale frinivano in un modo a dir poco assordante.


    La mamma mi accompagnò a Oxford per farmi conoscere la città e trovare la scuola dove iscrivermi. Viaggiammo con un aereo della Ryanair e atterrammo all’aeroporto di Stansted. Da qui proseguimmo con un autobus della National Express. Pioveva adagio e una leggera bruma velava i colori del paesaggio. Mi meravigliò scoprire che in Inghilterra le città tra loro sono intervallate da molte miglia di campagna, di boschi e di prati ondulati fino all’orizzonte. Qui da noi, talvolta, le città non hanno neppure confine, si ammassano una dietro un’al tra e le campagne, quando ci sono, sono sempre costellate da capannoni industriali spesso in disuso.

    Illustrazione della mappa di Oxford

    A Oxford arrivammo dopo circa tre ore di viaggio. Avevamo prenotato un hotel al centro, se ricordo bene, in Merton Street. Mia madre Oxford la conosce bene perché ci aveva studiato anche lei e mi aveva detto che non avrei potuto fare a meno d’innamorarmene. Quanto meno di restarne completamente affascinato.

    Appena scesi dal pullman, la mamma s’infervorò. Da molti anni non era più tornata e adesso si sentiva pervasa da una strana forma di euforia:

    – Vedi, — fibrillava indicando con il dito, — di là c’è il Magdalen College, dove ha studiato Oscar Wilde, e di qui il Christ Church dove ha insegnato Lewis Carroll, il papà di Alice nel paese delle meraviglie. E di qui il Mercato Coperto, alla nostra destra l’Orto Botanico e, proprio di fronte a noi, il Westgate Shopping Centre con i magazzini del Sainsbury’s, dove venivo a fare la spesa: «Sainsbury’s aim to offer you quality products at outstanding value with unbeatable service», vedi, lo ricordo ancora.

    Io mi guardavo attorno inseguendo le direzioni del suo indice e le chiesi dove avrei potuto andare a giocare a pallavolo.

    – Qui, — rispose fredda, — si gioca a rugby o a cricket, al più si fa del canottaggio.


    Non so se da grande avrò voglia di fare il manager come mio padre. In fondo il lavoro che fa non mi dice molto, anzi, a pensarci bene, non m’incista affatto. Litiga con tutti e la sera, quando arriva a casa, è sempre ingrugnito. A volte non rivolge neppure una parola alla mamma, a volte piglia a calci la nostra cagnolina solo perché gli si avvicina ai pantaloni scodinzolando. A me non ha mai chiesto come è andata una partita. Per lui potrei anche perderle tutte. Ma neppure s’interessa molto della mia scuola o di quella di mia sorella. Dice che a queste cose ci pensa già la mamma. Come se fossero sciocchezze e gli unici impegni importanti gli affari della sua azienda. Chi sa se non ha anche l’amante? Una sera ho sentito la mamma che piangeva in camera sua e papà che diceva a voce alta: «Ma cosa ti sei messa in testa, sono soltanto fandonie. Pettegolezzi assurdi... come se non avessi altro da fare... figurati se ho tempo per queste cose...».

    Già, quali cose?


    Allora ho chiesto a mia sorella Gloria se, secondo lei, papà avesse un’amante.

    – Beh, — mi ha risposto alzando le spalle, — se anche fosse... ce l’hanno tutti un’amante. L’importante è che sia giovane e bella...

    Avevo sempre supposto che mia sorella fosse un’emerita stronza.


    Un altro giorno dico a Gloria:

    – Non so se da grande vorrò fare il manager come papà.

    – E che cosa vorresti fare? — ribatte lei con il suo solito tono aggressivo.

    – Il pallavolista...

    Gloria mi sbircia di sotto in su, un po’ di traverso come fa lei quando c’è qualcosa che la sorprende. Poi, dopo un attimo di pausa, risponde:

    – Lo so che sei proprio un coglione!


    Ecco, più o meno, i miei rapporti con Gloria sono sempre di questo tenore. Lei è più grande di me, frequenta il primo anno di università, con me fa la spavalda, sotto sotto è tremendamente gelosa. Me ne accorgo da un’infinità di cose, mi vede come un rivale piuttosto che come un fratello. Patisce il mio ruolo maschile, pensa che papà e la mamma concentrino su di me le prospettive di un futuro per la nostra azienda. Io vedo che ci soffre.

    Mi dispiace, ma non so che farci e così i nostri rapporti sono sempre sul chi va là, a volte incerti, a volte rinserrati da una reciproca diffidenza. A farla breve, lei mi considera un coglione, io un’emerita stronza.


    Per il resto conviviamo in un mondo di perfetta indifferenza, lei pensa ai ragazzi e all’ultimo phone appena uscito, io alla pallavolo. Però devo ammettere che è veramente brava a suonare la chitarra.


    Al contrario di quanto mi sarei aspettato, appena arrivati a Oxford, la mamma non mi portò a visitare uno di quei College che hanno reso celebre la città; che so, Christ Church, Magdalen College, Corpus Christi College.

    Avevamo appena posato i bagagli in albergo, che mi disse:

    – Preparati, dai che andiamo al Mercato Coperto.

    Mi aspettavo chi sa cosa, invece trovai un mercato come un altro: bar, panetterie, macellerie, negozi di bigiotterie, banchi col pesce fresco. Gettai un’occhiata. Sogliole, branzini, merluzzi e poi degli strani pesci color rosso acceso, non avevo mai visto pesci di quella dimensione di un rosso così infuocato. Li chiamano red snapper e provengono dalle coste dell’Atlantico.

    Ci sedemmo al tavolino di un bar o di una pasticceria, non saprei dire con precisione. La mamma ricordò:

    – Qui ci venivo tutte le mattine a fare colazione. Adesso ti faccio assaggiare una specialità inglese. Sentirai che delizia...

    La delizia erano dei panetti semidolci che chiamano scone, imburrati e spalmati con una specie di marmellata scura che si chiama Marmite dal gusto di estratto vegetale. Una specie di dado Liebig da mangiare sorseggiando il cappuccino. Ti puoi figurare!

    – Allora, ti piace? — trillò a bocca piena la mamma.

    Per non deluderla non risposi, feci un’espressione indifferente; in vita mia non avevo mai assaggiato una schifezza più disgustosa.

    – Lo sapevo, — incalzò lei entusiasta, — ero certa che l’avresti apprezzata. Noi qui ne andavamo matti. Aspetta che ne ordiniamo ancora...


    Finalmente i famosi College. Non ne potevo più. Mia madre me ne ha sempre fatto certe palle... li visitammo; era frenetica, camminava a passo lesto, sembrava che avesse fretta di ritrovare parte della sua giovinezza da studentessa.

    Che dire? Oxford pullula di College, a ogni cantone ne spunta uno: Trinity College, Merton College, Balliol College... in effetti sono molto belli, soprattutto il Christ Church e il Magdalen College che sono circondati da parchi immensi con piante secolari, aree attrezzate, campi da rugby e da cricket... li attraversano fiumi e rigagnoli con molte specie di animali: cervi, scoiattoli, uccelli...

    Il Christ Church si appoggia sulla sponda del Tamigi; è bello passeggiare lungo la sua riva guardando i canottieri che spuntano da ogni dove. Ciascun College ha la sua squadra di canottaggio e spesso i ragazzi si allenano la mattina presto prima di andare a lezione. Si sentono le voci della voga... poi il grido delle anatre selvatiche... poi il nitrito dei cavalli che pascolano nei campi del maneggio... le acque del Tamigi sono quasi ferme... l’Inghilterra non ha grandi montagne e l’acqua scorre lentissima... a volte, nella penombra del crepuscolo, non si capisce da quale parte scorra...


    Qui, a Oxford, il Tamigi lo chiamano Isis... non so perché, anzi, sì, lo so, c’è sopra una storia... lo chiamano così nel tratto che attraversa Oxford e Isis deriva dal nome latino, o forse celtico, Tamesis. Ecco, tutto qui, ma io non capisco lo stesso perché un pezzo di fiume a un certo punto non debba più chiamarsi con il suo nome.


    Tornammo a visitare il Christ Church: il cortile del Tom Quad, la Tom Tower che alle nove e cinque della sera batte centouno colpi, come centouno erano gli studenti originari che venivano invitati a rientrare nel College dal suono delle campane, prima della chiusura dei cancelli. E poi il Chiostro, la Cattedrale con le sue spettacolari vetrate.

    Passeggiammo in mezzo agli studenti e ai custodi in bombetta e livrea da pinguino. Lo trovai molto curioso, ma forse anche questa è la storia.

    Nella Dining Room, la sala da pranzo dove si riuniscono i membri del College per mangiare, mi venne da ridere. Le pareti sono costellate di ritratti di personaggi illustri che hanno frequentato il Christ Church. Ci sono statisti, filosofi, economisti, principi... e chi più ne ha più ne metta... eppure il più grande, il più celebre di tutti è un tranquillo signore balbuziente; si chiamava Charles Dodgson e insegnava matematica. Nel tempo libero giocava con la figlia del Decano, una bambinetta di nome Alice, talvolta passeggiavano lungo il Tamigi, talvolta la fotografava in costumi cinesi.

    Un giorno, questo signore mise da parte le radici quadrate e le equazioni matematiche, cambiò nome, si fece chiamare Lewis Carroll e scrisse una favola per ragazzi: Alice nel paese delle meraviglie.

    Io non l’ho letto, ma prima o poi lo farò... appena mia madre smetterà di rompermi pontificando che è uno dei libri più belli e difficili che siano mai stati scritti... se è così difficile perché lo dovrei leggere? E poi una storia di conigli, di carte da gioco... di cappellai... di gatti che appaiono e scompaiono, di uccelli estinti... suvvia, siamo seri!


    Inviai un sms a Federica: «Da due giorni sono a Oxford x l’iscrizione alla scuola. Mi sto scassando i coglioni. Mi manca già tutto: la squadra, gli amici, Gianni, Daniele... mi manca anke il colore dei tuoi okki...». Non mi rispose, chi sa, forse non lo ricevette neppure. Forse non mi volle rispondere. C’era un silenzio tale che sentivo gli scafi delle barche scivolare sull’acqua del Tamigi.

    La mamma era in fibrillazione, dal momento in cui eravamo arrivati non faceva altro che telefonare alle sue amiche e ai suoi amici rimasti ancora a Oxford. Li voleva rivedere tutti, magari solo per un saluto, un tè, un aperitivo. Dimmi tu che pacchia... sperai che mi lasciasse in albergo a guardare la televisione.


    Per fortuna non trovò nessuno, i suoi decantati amici, le sue carissime amiche sembravano essersi volatilizzati. Spariti, eclissati chi sa dove, in chi sa quale parte del globo... checculo!


    Sì, mia madre era completamente fusa. Per lei ritornare a Oxford era stato come prendere una botta in testa. Per l’ennesima volta, gironzolando per il Christ Church, a un tratto sbottò:

    – Guarda Pierre, guarda quell’ippocastano!

    – Embè? — feci io.

    – Su quell’ippocastano spesso si arrampicava Dinah, il gatto di Alice. Carroll lo guardava dalla finestra della biblioteca in cui lavorava e trasse ispirazione per il Cheshire‐Cat, il gatto pazzo dalle unghie lunghe e i denti grandi che sogghigna e indica ad Alice la strada dove abita la Lepre Marzolina.

    – E allora? — domandai.

    – Ma come? Non lo trovi esaltante? Non ti emoziona ritrovarti proprio nel posto dove è nato uno dei libri più belli che siano mai stati scritti?

    – Mamma, per favore... — conclusi, lasciando cadere il discorso.


    Mi piaceva passeggiare lungo la riva del Tamigi, oltre Godstow; costeggiare il fiume attraverso la campagna. Intorno a noi c’erano solo prati, boschi, piccole spiaggette dove alcuni ragazzi prendevano il sole. E poi il Tamigi è sempre affollato di battelli, barche di ogni genere che vanno e s’incrociano. Ci si saluta con la mano, con un cenno del capo, con un sorriso. Sui prati, lungo le sponde, pascolano greggi, mandrie di mucche e di buoi, i cavalli corrono allo stato brado.

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1