Il profumo del glicine
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Anteprima del libro
Il profumo del glicine - Monica Raccagni
Monica Raccagni
Il profumo del glicine
C:\Users\Charlyna\Desktop\lOGHI cAVINATO PER COPERTINE\logo_vettoriale.jpgCAVINATO EDITORE INTERNATIONAL
Monica Raccagni
Il profumo del glicine
Prima edizione: Cavinato Editore International – 2022
Impaginazione e grafica: Silvia Mezzanotte
Isbn: 978-88-6982-941-3
C:\Users\Charlyna\Desktop\lOGHI cAVINATO PER COPERTINE\logo_vettoriale.jpg©Tutti i diritti letterari e artistici sono riservati
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Tirane, Njesia Bashkiake nr° 2, Rruga Themistokli Germenji, Pallati Pegaso, Kati 7, Zyra nr.30
Albania (AL)
Grazie mamma
perché la tua forza e il tuo amore ci hanno salvato.
Il profumo del glicine
Chiudo gli occhi per un istante e ricordo la mia infanzia, la riconosco dal profumo del glicine.
Tutto parte da quel profumo. Quanto vorrei chiudere ancora gli occhi e ritrovarmi catapultata in quell'infanzia meravigliosa.
Ricordo il sole che mi riscaldava su quel dondolo, sotto a tutti quei grappoli dal profumo di vita, quella sensazione era impagabile, magica. Apro gli occhi e mi ritrovo all'improvviso troppo grande e il tempo sembra aver bruciato quegli anni meravigliosi.
Mi rendo conto che la serenità si chiama infanzia, dove tutto è leggerezza, colore, suoni e profumi e avrei voluto non aver mai aperto gli occhi. Avrei voluto continuare a sentire quel meraviglioso profumo e quei caldi raggi di sole.
Quando sedevo sul dondolo guardavo il salice piangente davanti a me, un albero così grande con tutti questi rami che cadevano e toccavano l'erba sottostante, guardavo i due colori toccarsi. Il verde del prato era il colore della fanciullezza, delle serate di primavera fresche e delicate, mentre il verde del salice piangente gli anni che passavano, il verde che ti fa diventare grande troppo presto.
Ricordo quella casetta di legno in giardino come in un libro di favole, con le tendine sulle finestre e le piccole antine di colore verde. Lì sono nati i miei sogni ad occhi aperti, lì immaginavo, pensavo e gioivo. In fondo basta così poco quando sei bambina per essere felice, e credo che se imparassimo a tenere dentro di noi, anche quando siamo cresciuti, la bambina o il bambino che siamo stati, la nostra vita sarebbe più fluida, più vera, non esisterebbe la paura di osare e di andare oltre il limite.
Crescendo sporchiamo tutto e la razionalità e la paura prendono il sopravvento.
Tieni gli occhi ancora chiusi
mi dico sentilo ancora, fatti inebriare da quel profumo di glicine. Ne voglio portare un rametto con me, voglio portarlo nel futuro: in quel futuro che ho tanto sognato, in quella vita che tanto avrei voluto che in realtà non aspirava alla luna. Chi decide chi sei? Chi decide quale forma dovrai prendere?
Sono nata in una famiglia benestante, sono la terza di sette figli, fratelli e sorelle, e la mia infanzia è stata meravigliosa.
Vivevo in una bellissima casa con un bel giardino me lo ricordo così verde, come se lì il tempo si fermasse in una primavera senza fine. La cucina si apriva su questa tettoia di glicine profumato e sotto di essa un grande dondolo, lo scorcio su un quadro dipinto col cuore. Ricordo le sere prima di cena: nella via si sentivano le nostre urla, giocavamo in strada e ritrovavamo tutti, sentendo le nostre mamme con le finestre aperte mentre preparavano la tavola. Vedevo mamma felice, così bella. Sapeva sempre come stuzzicare in noi la fantasia, creava per noi giochi diversi e lasciava che da ognuno di noi uscisse la propria predisposizione naturale: casa nostra era piena di vita.
In quella casa con mamma e papà, eravamo quattro figli: Carlos, Lilith, io (col nome di Monique) e Lisa. Gli altri, coi nomi di Joker, Thomas e David, ancora non erano nati.
Era un posto gioioso, pieno di amore, si sentiva che tutto lì era perfetto.
Ricordo papà che arrivava a casa dopo il lavoro, parcheggiava la sua auto nel garage e poi lo vedevo entrare dalla porta d’ingresso e tutto prendeva forma, tutto era perfetto. Eravamo tutti incastrati nel posto giusto, come un bel puzzle.
La vita procedeva in questo piccolo rione di case dove tutti si conoscevano. Le mamme si occupavano della casa e dei figli, i papà lavoravano, e nel momento di rincasare, riabbracciavano le loro famiglie e ci si ritrovava attorno ad un tavolo con tanta gioia nel cuore.
Quelle sere d'estate scendevamo in strada: una strada deserta del rione che si liberava per fare spazio ai nostri giochi; un’estate dove sentivi il profumo vero della vita, del mondo che respirava.
E il pensiero di questi ricordi mi fa rinascere vecchi sentimenti che suscitano una nota di malinconia nel mio animo.
Quando avevo circa due anni fui ricoverata per una meningite. Mi ritrovo sprovvista di ricordi che ritrovai solo nei racconti di mamma e di fotografie ormai quasi sbiadite. Imparai a camminare un po’ più tardi rispetto agli altri ma in compenso, successivamente diventai una bimba paffutella.
Di quel momento il mio corpo porta memoria con una lesione all'occhio e una sordità completa all'orecchio sinistro. Si può dire che la parte sinistra del mio corpo è leggermente più debole, ma sono qui a gioire e soffrire come tutti e ringraziare di esistere.
Quando nacque Joker, la casa era diventata piccola per sette persone e papà decise che prima o poi avremmo dovuto lasciare quella casa. Fece costruire un grande stabile dall'altra parte del paese. Nella parte superiore c'era il nostro appartamento molto grande; sotto