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Le faremo sapere
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E-book97 pagine1 ora

Le faremo sapere

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Info su questo ebook

Ognuno nella propria vita ha sperimentato successi e fallimenti... Beh, forse qualcuno ha sperimentato più che altro fallimenti. È quello che è successo all’autore che, con il suo stile scanzonato e leggero, ci racconta tutte le sue esperienze, le sue decisioni non sempre felici, le sue debolezze e la sua incredibile tendenza a rendere tragicomica ogni situazione professionale. Perché non può andare sempre tutto male... vero?

Roberto Santagata (Napoli, 08/09/1982), è un Funzionario con incarico di responsabilità presso l’Agenzia delle Entrate. Sposato con Roberta, papà di Tommaso (3 anni) e di Gas (un peloso, di 6). Laureato in Giurisprudenza, è stato Procuratore sportivo, Avvocato, Dottore di ricerca, Responsabile commerciale, cameriere; tutto, in linea di massima, con risultati fallimentari. Ha avuto tutti i vizi possibili, auto-giustificandoli con la nota citazione: “Tutto ciò che ci piace o è immorale, o è illegale o ci fa male”. Frequent biker, amante del cinema, della lettura, dell’attualità, dello sport, dei viaggi, dell’ozio e dei rapporti interpersonali, vive oggi felice e sereno anche se, di tanto in tanto, i fallimenti e i vizi bussano ancora alla sua porta.
LinguaItaliano
Data di uscita30 nov 2020
ISBN9788830630796
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    Anteprima del libro

    Le faremo sapere - Roberto Santagata

    Pisapia

    Nuove Voci

    Prefazione di Barbara Alberti

    Il prof. Robin Ian Dunbar, antropologo inglese, si è scomodato a fare una ricerca su quanti amici possa davvero contare un essere umano. Il numero è risultato molto molto limitato. Ma il professore ha dimenticato i libri, limitati solo dalla durata della vita umana.

    È lui l’unico amante, il libro. L’unico confidente che non tradisce, né abbandona. Mi disse un amico, lettore instancabile: Avrò tutte le vite che riuscirò a leggere. Sarò tutti i personaggi che vorrò essere.

    Il libro offre due beni contrastanti, che in esso si fondono: ci trovi te stesso e insieme una tregua dall’identità. Meglio di tutti l’ha detto Emily Dickinson nei suoi versi più famosi

    Non esiste un vascello come un libro

    per portarci in terre lontane

    né corsieri come una pagina

    di poesia che s’impenna.

    Questa traversata la può fare anche un povero,

    tanto è frugale il carro dell’anima

    (Trad. Ginevra Bompiani).

    A volte, in preda a sentimenti non condivisi ti chiedi se sei pazzo, trovi futili e colpevoli le tue visioni che non assurgono alla dignità di fatto, e non osi confessarle a nessuno, tanto ti sembrano assurde.

    Ma un giorno puoi ritrovarle in un romanzo. Qualcun altro si è confessato per te, magari in un tempo lontano. Solo, a tu per tu con la pagina, hai il diritto di essere totale. Il libro è il più soave grimaldello per entrare nella realtà. È la traduzione di un sogno.

    Ai miei tempi, da adolescenti eravamo costretti a leggere di nascosto, per la maggior parte i libri di casa erano severamente vietati ai ragazzi. Shakespeare per primo, perfino Fogazzaro era sospetto, Ovidio poi da punizione corporale. Erano permessi solo Collodi, Lo Struwwelpeter, il London canino e le vite dei santi.

    Una vigilia di Natale mio cugino fu beccato in soffitta, rintanato a leggere in segreto il più proibito fra i proibiti, L’amante di lady Chatterly. Con ignominia fu escluso dai regali e dal cenone. Lo incontrai in corridoio per nulla mortificato, anzi tutto spavaldo, e un po’ più grosso del solito. Aprì la giacca, dentro aveva nascosto i 4 volumi di Guerra e pace, e mi disse: Che me ne frega, a me del cenone. Io, quest’anno, faccio il Natale dai Rostov.

    Sono amici pazienti, i libri, ci aspettano in piedi, di schiena negli scaffali tutta la vita, sono capaci di aspettare all’infinito che tu li prenda in mano. Ognuno di noi ama i suoi scrittori come parenti, ma anche alcuni traduttori, o autori di prefazioni che ci iniziano al mistero di un’altra lingua, di un altro mondo.

    Certe voci ci definiscono quanto quelle con cui parliamo ogni giorno, se non di più. E non ci bastano mai. Quando se ne aggiungono altre è un dono inatteso da non lasciarsi sfuggire.

    Questo è l’animo col quale Albatros ci offre la sua collana Nuove voci, una selezione di nuovi autori italiani, punto di riferimento per il lettore navigante, un braccio legato all’albero maestro per via delle sirene, l’altro sopra gli occhi a godersi la vastità dell’orizzonte. L’editore, che è l’artefice del viaggio, vi propone la collana di scrittori emergenti più premiata dell’editoria italiana. E se non credete ai premi potete credere ai lettori, grazie ai quali la collana è fra le più vendute. Nel mare delle parole scritte per esser lette, ci incontreremo di nuovo con altri ricordi, altre rotte. Altre voci, altre stanze.

    PREAMBOLO

    «Ce sta semp chillu local e ballerine brasiliane ‘ncopp a Posillipo

    Tradotto: C’è sempre quel locale di ballerine brasiliane in via Posillipo?, mi chiede divertito e per sdrammatizzare il mega Dirigente dell’Agenzia delle Entrate, guardando la mia carta d’identità prima di iniziare il colloquio che avrebbe determinato la mia assunzione o meno nell’importante Amministrazione pubblica statale.

    «Mah, Direttore, non ho mai fatto caso a un simile locale», esclamo con un sorriso sornione ed aggiungendo, paraculo a livelli stellari, «glielo può confermare anche la mia fidanzata, seduta in sala alle mie spalle!»

    Lui, ancora più sornione, mi rimprovera: «Che bella ragazza, quando te la sposi?»

    «Ehm, Direttore, dipende solo da lei. Oggi…»

    Ho vinto io, non c’è dubbio e 75 minuti e 6 litri di sudore dopo avrei ottenuto il mio ambito posto di impiegato statale a tempo indeterminato... la fine dei miei fallimenti? O solo un nuovo inizio di questi?

    A SCUOLA ERO UN DISASTRO

    A scuola ero un disastro, un comparativo di minoranza, un esempio da non seguire; ero quello che organizzava i filoni (come si dice in italiano filone a scuola? Buca? Sega? Assenza fittizia? Vabbè, ci siamo capiti), i tornei di poker, le partite a calcetto, gli scherzi, a studenti e professori; ero quello che organizzava le scorribande sui motorini alla conquista del primo mare primaverile, le prime andate allo stadio in comitiva, le uscite del sabato sera… sempre con il sorriso sulle labbra, con una faccia, sì, da schiaffi ma sempre nel rispetto assoluto di tutti, amici e conoscenti.

    Davvero non si può descrivere quanto mi sia divertito. E quel divertimento, puro e genuino, ha contribuito a plasmare, in positivo, il mio DNA. Oltre che a donarmi un soprannome, che amo e conservo tuttora e che sembra cucitomi addosso: Satana.

    All’epoca, credendomi invincibile e assolutamente certo di poter spaccare il mondo, mai e poi mai avrei immaginato che invece una feroce disoccupazione era lì ad aspettarmi, a braccia spalancate, pronta a regalarmi delle (dis)avventure che mai avrei immaginato di vivere…

    Infatti, sin dall’adolescenza, il mio grande sogno è sempre stato quello di diventare Procuratore sportivo (il professionista che si occupa di assistere legalmente ed economicamente i calciatori e di curarne i trasferimenti) e non ho mai minimamente dubitato di potercela fare; e la cosa bella è che lo sono anche diventato ed è stato il primo di numerosissimi fallimenti… ma probabilmente il più bello, tra simil-sequestri in Transilvania, campi polverosi e ghiacciati, venditori ambulanti spacciati per calciatori professionisti, procure di giovani talenti della Nazionale italiana e di promettenti calciatori spagnoli.

    IL PROCURATORE SPORTIVO

    «Mamma, papà, ho deciso: dopo

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