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Lacrime di sangue
Lacrime di sangue
Lacrime di sangue
E-book175 pagine2 ore

Lacrime di sangue

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Info su questo ebook

"Lacrime di sangue", pubblicato per la prima volta nel 1919, raccoglie una compagine variegata e originale di testi, che spaziano dalla novella in senso classico alla commedia, dal memoriale alla critica letteraria. Quindici testi che traspirano brillantezza e voglia di vivere, disprezzo delle noiose certezze borghesi e ricerca di una giustizia che sia di questo mondo, e non soltanto un orpello metafisico. La vita umana è descritta da Mariani secondo le più varie gradazioni e dalle più diverse angolazioni: amore, tradimenti, fede, alienazione, fuga, sono solo alcuni dei moltissimi temi che sembrano quasi scalpitare, per uscire dalla sua penna infervorata. Come scrive lui stesso, in "Per l'ultima volta", "Io penso. E a modo mio. E la mia arte è costruita sulla base di un mio pensiero politico e sociale" ... -
LinguaItaliano
Data di uscita13 dic 2022
ISBN9788728492475
Lacrime di sangue

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    Anteprima del libro

    Lacrime di sangue - Mario Mariani

    Lacrime di sangue

    Immagine di copertina: Shutterstock

    Copyright © 1919, 2022 SAGA Egmont

    All rights reserved

    ISBN: 9788728492475

    1st ebook edition

    Format: EPUB 3.0

    No part of this publication may be reproduced, stored in a retrievial system, or transmitted, in any form or by any means without the prior written permission of the publisher, nor, be otherwise circulated in any form of binding or cover other than in which it is published and without a similar condition being imposed on the subsequent purchaser.

    This work is republished as a historical document. It contains contemporary use of language.

    www.sagaegmont.com

    Saga is a subsidiary of Egmont. Egmont is Denmark’s largest media company and fully owned by the Egmont Foundation, which donates almost 13,4 million euros annually to children in difficult circumstances.

    La prova del fuoco

    UN ATTO IN DUE APPUNTAMENTI E TRE SCENE

    PERSONE

    GISELLA ROSARIO. Femmina della nostra razza e del nostro tempo. Per non portare vesti strappate si strappa ogni tanto la virtù. Come è necessario ai dì nostri. Pesta la morale con i tacchi altissimi delle scarpette scalvate, di pelle di guanto. Meno morbide della sua pelle morbidissima. Si veste come un serpente a sonagli. È bionda. Ha una piccola faccia da bambola di Norimberga e cerca, senza riuscirci, di rendere affascinanti e fatali gli stupidissimi occhi azzurri bistrandosi le occhiaie terribilmente. Il bistro pare un pugno sopra un sorriso. Tutta la sua anima rispecchia la contraddizione dei due occhi. Ha una piccola anima da sartina romantica, ma dice una quantità infinita di sciocchezze strambe per darsi un’aria da cerebrale. Il mondo che muore e quello che nasce lottano in lei disperatamente. Adesso ha ventitrè anni. L’agonia del vecchio mondo fa di lei una sgualdrina sentimentale volgarissima perchè ancora ipocrita fino alle midolla. A trent’anni forse l’aurora del mondo che sorge la bacerà in fronte; allora si strapperà la maschera dalla pelle della faccia e diventerà una donna.

    MAURIZIO CARREGNO. Attore. Bel giovane. Strano per un attore e per un bel giovane; non è cretino. Naturalissimo in un attore; è tutta boria. Conquistatore di mestiere. Cinico, elegante, pallido. Recita meglio nella vita che non sul palcoscenico. Perchè, nella vita, forza meno i toni e riesce più naturale. Ha gli occhi da sognatore dei bei giovani bruni; di velluto nero. La piega dei pantaloni è sempre più diritta e più tagliente di una spada. Sul palcoscenico si veste con garbo e serietà, nella vita si veste da pagliaccio. Deve piacere, con tutte queste qualità, straordinariamente alle donne.

    PRIMO APPUNTAMENTO.

    SCENA PRIMA.

    In un piccolo caffè di Milano. Saletta nascosta dove si recano gli innamorati con la scusa di sorbire un tè che sa di camomilla e che si dimenticano quasi sempre di sorbire. La saletta è sempre occupata da un’ombra compiacente e complice che impedisce di vedere il gioco delle mani. Quando si alza la tela i due protagonisti seguitano una conversazione incominciata da tempo.

    Gisella. — Sì… perchè dovrei mentire? Io vi cerco. Mi sento sola, terribilmente sola… E io non posso vivere sola. E non posso soffrire le donne. Mi siete simpatico. Vi cerco e vi temo…

    Maurizio. — Mi temete… Perchè?

    Gisella. — Perchè ho paura che siate come gli altri, come tutti gli altri…

    Maurizio (sorride). — Come sono gli altri?

    Gisella. — D’una volgarità ossessionante…

    Maurizio. — Vi danno dei pugni?

    Gisella. — No. Questo forse non mi dispiacerebbe: io sono un po’ masochista.

    Maurizio. — E allora?…

    Gisella. — Oh!… Dio… non sono uomini. Sono soltanto maschi. Mi vogliono. E subito. E non vogliono altro. E tutto questo desiderio che esplode brutalmente mi avvilisce, mi attrista, mi repugna…

    Maurizio. — Perchè? Intendetelo come un omaggio alla vostra bellezza. Siete carina, giovane; è naturalissimo…

    Gisella. — Sì, ma io non sono soltanto una femmina!… In nome di Dio. Non sono nè una giumenta in frega, nè una scrofa in caldo. A me fa l’effetto che tutti gli uomini oggi siano diventati selvaggi. Io ho sempre creduto che possa esistere, fra un uomo e una donna, anche un semplice rapporto di amicizia. Poi…

    Maurizio. — Certo, cocca mia, gli uomini sono uomini, ma anche maschi. Almeno quelli che sono maschi. Io credo che se non lo fossero non vi piacerebbero… Del resto c’è un rimedio; sceglietevi per amici dei vecchi.

    Gisella. — Sono più schifosi degli altri.

    Maurizio. — Ah!… Già… anche questo è vero. Vivete fra donne.

    Gisella. — Vi ho già detto che non le posso soffrire. Sono poco intelligenti. Parlano sempre di futilità. Poi…

    Maurizio. — Poi?…

    Gisella. — Poi il lesbismo sta prendendo un tal piede che in molti casi bisogna difendersi anche con le donne.

    Maurizio. — E allora vivete sola. La solitudine è degli spiriti forti.

    Gisella. — Vi ho già detto che non posso. Purtroppo non sono forte abbastanza…. Quando sono sola mi annoio e mi frullano per il capo tante idee tristi…

    Maurizio. — E allora, figliola mia, lasciatevi desiderare…

    Gisella. — Sì, va bene, questo non mi annoia; anzi… Io in fondo sono un po’ civetta. Sono donna, ho ventitrè anni… Ma c’ è modo e modo. Insomma quando un uomo mi dice: io ti voglio, mi sembra di dover rispondere: benedetto iddio! datemi almeno il tempo di pensarci. Non so, quarantotto ore, dodici ore. E invece si arrabbiano e io mi faccio dei nemici perchè non porto addirittura il materasso con me. Tatto ciò è ripugnante.

    Maurizio. — Un pochino forse sì. Ma però è naturale. È un nuovo problema di morale sessuale che sorge; un problema che soltanto le donne intelligenti e piene di tatto sanno risolvere. La donna del passato aveva una scusa facile per far aspettare un uomo. Diceva: « io sono una donna onesta ». Oggi non può più dirlo; farebbe ridere. Deve dunque trovare un sostitutivo per questa benedetta onestà che forse, anche in passato, non aveva altro scopo che quello di rendere, con l’attesa, più piccante e smanioso un atto il quale, in se stesso, è un po’ volgaruccio. L’onestà, l’attesa, la resistenza non sono e non sono mai stati, in fondo, altro che afrodisiaci come la cantaride la joimbina. La stessa donna che faceva attendere in nome della virtù per tre mesi un idealista paziente e forse impotente, era capacissima, se apparteneva a quel genere di donne che hanno bisogni sessuali, di sfogarsi poi con il carbonaio che portava il carbone la mattina, con il figlio del portiere o con lo chauffeur. Scoperto il gioco è accaduto questo fatto; che di idealisti pazienti oggi se ne trovan più pochi; anche perchè non vogliono sembrare impotenti. Si aggiunga questo; che voi donne ossessionate un uomo con il prolungare l’attesa semplicemente per speculazione; una speculazione che non è sempre puramente amorosa, sessuale. Voi non volete soltanto rendere più bello, più voluttuoso, più straziantemente giocondo il vostro amore, voi spesso volete innamorare un uomo: far sì che il desiderio diventi amore; l’amore passione, la passione ossessione, perchè quest’uomo diventi il vostro schiavo, perda per voi tempo e denaro e magari si rovini per voi. Questo è il calcolo. La colpa non è vostra; siete state educate dalla società a vendervi, dovete vivere vendendovi; dunque dovete anche cercare di vendervi il più a caro prezzo che potete. Del resto sapete perchè vi spiego queste cose?

    GISELLA. — No.

    Maurizio. — Ve lo dico subito; io sono più sincero o forse soltanto meno buon diplomatico di voi. Io non ho peli sulla lingua. Noi uomini del resto siamo tutti così; più sgarbati di voi; lo avete già detto: andiamo diritti allo scopo ed è questo che vi urta. E sono così specialmente quegli uomini che di donne ne possono trovare parecchie; quelli che alle donne piacciono di più. Dunque; dunque; voi mi spiegate la vostra irritazione per l’impazienza degli altri soltanto per pregare me di essere più paziente degli altri.

    Gisella (sorride). — No… no.

    Maurizio. — Sì; ebbene; io vi spiego le ra gioni dell’impazienza degli altri per dirvi le ragioni della mia impazienza. Ma mi sembra inutile girare al largo. Siamo tutti e due troppo intelligenti per girare al largo. Parliamo in persona prima, scendiamo dal caso generale al caso particolare. È più semplice ed è anche più chiaro.

    Gisella. — Vada. Se vi piace di più.

    Maurizio. — Sta bene, lo come tutti gli uomini non ho tempo da perdere. La lotta per la vita è oggi un qualcosa di rabbioso, di terribile. Io sono accanato. Debbo fare due prove il giorno e recitare la sera. A ogni interpretazione debbo migliorare sensibilmente la mia forma d’arte. Sono sui trent’anni. Sta per decidersi il mio destino e la mia vita. Se non sfondo adesso, non sfondo più. Ogni ora, ogni attimo tolto allo studio è in questo momento un delitto contro me stesso e contro il mio avvenire. Una donna che tenti di farmi perdere tre o quattro ore il giorno in un tale periodo della mia vita tenta di assassinarmi. E io di fronte a una tale donna ho il diritto di difendermi. Avrei il diritto di difendermi persino a revolverate, ma siccome questo diritto la legge non me lo consente, io mi limito a congedarla. Spero che mi darete ragione. Poi c’è un motivo gravissimo. Un motivo d’amor proprio. Siamo sempre lì: la benedetta scusa della virtù aveva il suo valore una volta. Voi non potete dire a me di aspettare e mettermi sulla strada dell’amore romantico e sentimentale con i giuramenti di fedeltà eterna, con gli appuntamenti eterni, le lettere lunghe (magari con il fiore secco dentro) e tutti gli altri aggeggi dei commessi di negozio e delle sartine. Per far questo, se vi sentite l’anima da sartina, voi dovete trovare il relativo commesso di negozio. Io non mi posso prestare. Non ho tempo da perdere. Voi non potete prendere di fronte a me questo atteggiamento. Perchè io vi conosco, perchè vi si conosce. Voi stessa siete tanto sincera da raccontare il vostro passato. Voi mi avete detto che a Bologna, quando avevate sedici anni, andavate a trovare tutti gli studenti che ve lo domandavano, nelle loro camere. Voi siete stata piccola attrice di cinematografo, voi siete stata notoriamente l’amante di molti, anche di parecchi amici miei. Aspettare con voi significherebbe lasciarsi menar per il naso. Ciò offenderebbe il mio amor proprio. Voi capirete che io dovrei dire a me stesso; tu che sei discretamente intelligente, che non sei vecchio, che non ti vesti da pezzente, che cominci a farti un nome, che hai parecchie donne che ti desiderano, tu, se vuoi avere la signorina Gisella, devi farle la corte quanto piace a lei perchè questa brava ragazza che forse, quando era attrice di cinematografo,

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