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Piciocas. Storie di ex bambine dell'Isola che c'è
Piciocas. Storie di ex bambine dell'Isola che c'è
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E-book62 pagine1 ora

Piciocas. Storie di ex bambine dell'Isola che c'è

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Sei autrici sarde, sei mondi ironici, struggenti, pieni di passione. Una narrazione che alterna l’ironia alla nostalgia per quando erano piciocas. Francesco Abate, dopo Piciocus, riunisce sei voci femminili dall’indubbia personalità, per un viaggio in una Sardegna ricca di suggestioni, un mondo che ne racchiude un altro, quello incredibile dell’infanzia.

Dall’Isola che c’è si leva un coro di voci femminili, voci di ex piciocas.

Un viaggio nelle terre e nelle atmosfere di Sardegna, attraverso l’inconfessabile segreto di quel Ferragosto a Santu Lussurgiu, che Michela Murgia ci svela in una narrazione dall’ironia travolgente, passando poi all’atmosfera struggente di un’estate molto diversa da quella a lungo sognata dalla giovane Barbara Parodo. Attraversiamo i toni più malinconici e la scrittura impetuosa di Giulia Clarkson, in un’alternanza stridente fra velocità e lentezza, per ritrovarci con Milena Agus sotto il lettone, eterno rifugio quando il mondo reale proprio non ci va giù. Ammaliati da una lingua che affascina e conquista seguiamo Savina Dolores Massa fra le palazzine di viale Indipendenza, dove fervida immaginazione e spietato realismo se ne vanno a braccetto. Mentre Simona Tilocca, ci riporta, con sorprendente vividezza, all’amore dei tredici anni, quando «il sogno più spinto» è il bacio «e dopo quello, il nulla estatico». Le immagini e le suggestioni evocate si fanno strada così nitide nella mente da indurci a credere che ci appartengano.
LinguaItaliano
Data di uscita13 ott 2012
ISBN9788897567219
Piciocas. Storie di ex bambine dell'Isola che c'è

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    Anteprima del libro

    Piciocas. Storie di ex bambine dell'Isola che c'è - Michela Murgia

    www.caraco.it

    UNA PICCOLA PROMESSA

    di Francesco Abate

    In un momento in cui i piccoli, che siano librai o editori, sono in difficoltà perché devono fare i conti con un mercato globale e con la grande distribuzione, noi come scrittori sardi ci siamo chiesti: Cosa possiamo fare?. Domanda che è rimbombata nelle nostre menti nei giorni in cui Michela Murgia organizzava una grandissima manifestazione pubblica a Sassari a favore di una libreria che stava chiudendo. Un momento in cui ognuno di noi, poi, portò una testimonianza in difesa delle librerie di quartiere, dei piccoli editori, perché non può esserci spazio soltanto per ciò che vende tantissimo, sta in classifica o per i megastore.

    Cosa possiamo fare? Siamo solo scrittori mi sono detto. La risposta è stata: Unisco un po’ di forze e insieme regaliamo il nostro lavoro, una nostra storia a una giovane casa editrice che ci piace, che agisce in sintonia con i nostri pensieri. E mi sono chiesto: Ma che libro possiamo regalare?. Che libro può in questo momento toccare le corde giuste dei lettori, far sì che non passi inosservato e raccolga intorno a sé attenzione? Raccontiamo storie di ragazzini!, questo mi venne in mente: cercare attraverso la narrazione della nostra gioventù di riportare a galla storie condivise, sensazioni perdute, divertenti o agrodolci. Piccole narrazioni, a un piccolo costo.

    Volli che a raccontarle fossero degli amici che, nel frattempo, sono diventati scrittori, ma con i quali realmente ho condiviso l’adolescenza. Detto ciò, a dicembre dello scorso anno, con Paolo Maccioni, Gianni Zanata, Silvia Sanna e Gianluca Floris è nato Piciocus. Mille copie che a Natale sono volate via in una settimana, tantissime presentazioni e altre due ristampe a seguire nei due mesi successivi. Dati che metto in evidenza non per vanagloria ma solo perché rafforzano, pure in noi che ci abbiamo provato, il pensiero che può esistere uno spazio anche per chi è piccolo.

    «Il progetto Piciocus non termina qui, ma prevede un’ulteriore pubblicazione di Piciocus 2 su cui stiamo lavorando. Il mio ruolo è quello di fare un po’ da collante su una memoria che non è solo dei cinquantenni, ma anche dei quarantenni e dei trentenni, di ricomporla e conservarla.» Questo dissi durante un’intervista nei giorni di entusiasmo pensando che la seconda avventura sarebbe dovuta essere tutta al femminile, visto che con Piciocus avevamo tenuto stretta la forbice raccontando solo storie al maschile, e che avrebbe dovuto offrire possibilità di pubblicazione a chi desiderava esordire.

    Ogni promessa è debito. Ed ecco che con Piciocas quel debito in parte è saldato. Sei scrittrici che hanno voluto rispondere entusiaste all’appello, che hanno voluto donare questa loro storia, che fossero famosissime o esordienti. Buona lettura e occhio!, perché il debito non è del tutto esaurito.

    L’ARAGOSTA

    di Michela Murgia

    «L’aragosta data te l’hanno?»

    «Tranquilla, già c’è.»

    Quando gli feci questa domanda, il disastro che doveva succederci non era ancora successo. Giacomo Contu era figlio di un grossista di pesce e agli spuntini ferragostani la mamma lo foraggiava di roba grossa, mica come a noi, che ci davano una parmigiana di melanzane fritte leggera come un blocco di arenaria e a volte mezzo pollo alla griva con il mirto rubato dalle siepi comunali di piazza Azuni. Per questo noi le volevamo bene, alla mamma di Giacomo Contu. Quel Ferragosto gli prestavano anche il fiorino, ma quel bonus per noi non cambiava niente: davanti c’era posto solo per lui e la sua pivella Nenna Manca, e il cassone era zona chimica impraticabile: il babbo ci portava le cassette di pesce da vendere a Tiesi e l’odore aveva posseduto la vetroresina come un demone, uscendone a zaffate in modo talmente intenso che avresti detto che usasse apposta l’Arbre Magique all’anguilla. Le salite dei monti di Santu Lussurgiu ce le saremmo perciò fatte in scooter, senza rimpianto. Santu Lussurgiu, sì.

    Era lì che andavamo, perché il mare nel ’99 ci aveva anche un po’ rotto, che se uno nasce e cresce con i piedi a bagno a un certo punto comincia a sognarsi la giungla, la prateria, le cime innevate, la foresta pluviale, qualunque

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