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LoopHole: Overworld: LoopHole (ITA), #1
LoopHole: Overworld: LoopHole (ITA), #1
LoopHole: Overworld: LoopHole (ITA), #1
E-book299 pagine4 ore

LoopHole: Overworld: LoopHole (ITA), #1

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Info su questo ebook

13/05/2023: L'Evento travolge il mondo, conferendo incredibili poteri a milioni di persone.

 

Una di loro, Nicola, si ritrova con la capacità di tornare indietro nel tempo. Anni dopo, ma anche quello stesso giorno, si risveglia nel corpo del sé stesso più giovane, pronto a fare ciò che deve... per fermare un vecchio nemico.

Armato di potere e conoscenza, intraprenderà un viaggio per reclutare i più grandi supereroi della sua linea vecchia temporale, nel tentativo di radunare la sua squadra un'ultima volta.

 

Con l'aiuto del suo migliore amico Marco, addestrerà questi eroi e viaggerà con loro; anche se presto realizzeranno che non sembra essere tutto come Nicola ha detto loro. Una certa idea si insinuerà nella loro mente, e la sfiducia si diffonderà quando incontreranno qualcuno proveniente da un futuro dimenticato.

In un mondo che cerca di abituarsi ai superumani, dovrà tenere tutti insieme se vuole avere successo. E alla fine, questi presunti eroi dovranno dimostrare cosa significa davvero fare la cosa giusta.

 

Riusciranno a diventare i campioni di cui il mondo ha bisogno?

 

Lunghezza approssimativa del libro: 300 pagine

Trigger Warning: sangue, omicidio, morte, abuso, attacco di panico, manipolazione, violenza

LinguaItaliano
Data di uscita26 dic 2022
ISBN9798215694879
LoopHole: Overworld: LoopHole (ITA), #1
Autore

Charlie Becker

Charlie Becker nella vita scrive, il che non è davvero una sorpresa considerato dove state leggendo questa cosa. Passa troppo tempo a fare questo invece di studiare per l’università. Unica mente dietro alla saga "LoopHole". Se vi piace davvero la biografia dell'autore, buon per voi. Se vi piacciono anche i supereroi, allora è probabilmente la persona che fa per te. Ora, però, torna a leggere. Dai, vai via. Buona lettura. Persona orgogliosamente supportata da chi legge le sue opere. Se avete guadagnato qualcosa dai libri, perché non considerare di reintrodurre un po' di valore nel progetto? Potete farlo a: patreon.com/charlie_becker00 ko-fi.com/charliebecker

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    Anteprima del libro

    LoopHole - Charlie Becker

    Chapter 1:

    Country Lode, Take Me Home

    [RESET]

    Caldo. La prima sensazione che provava era una di calore. Sempre. Non aveva scelta in merito, era una delle poche cose in tutta la sua vita che non poteva realmente cambiare, forse l’unica cosa. Tutto quel potere, e faceva comunque caldo. Non era né calore materno né il calduccio che si sente davanti al camino l’inverno. Più il caldo umido di quei giorni di maggio, quando l’estate arrivava in anticipo. Quello che tiene incollati al letto senza voglia di far niente, e per cui si decide che è arrivato il momento di accendere l’aria condizionata. Si disse che probabilmente doveva essere una specie di punizione karmica o una cosa del genere. Dopo essersi rigirato pigramente fra le lenzuola, si rispose che il Karma poteva anche andarsene a fanculo. Ogni volta che tornava indietro a quel giorno, il che accadde già fin troppe volte, si sentiva stordito. Come quando gli capitava di dormire troppo, e venire svegliato dai raggi del sole filtrati dalle fessure della finestra, a ricordargli che il resto del mondo era già al lavoro da ore. Dormire troppo non era mai più stato un problema da allora. La cosa non lo avrebbe preoccupato in ogni caso; aveva fretta, sì, ma il primo giorno era sempre libero. Avrebbe dovuto comunque aspettare l’indomani per guardare i numeri vincenti, parlare coi genitori e con Marco. Il primo giorno lo avrebbe usato per riprendersi ed organizzare i pensieri. E di quelli ne aveva fin troppi, molti più di quelli che una persona della sua età biologica avrebbe mai potuto avere. Ormai ci aveva fatto l’abitudine. Dopo una breve battaglia mentale per decidere quanto ne valesse la pena, si alzò. Raggiunse il bagno trascinandosi senza troppe energie, urinò, quindi si lavò mani, faccia e denti. Non si soffermò a lungo sul suo riflesso, ma non poté fare a meno di notare l’assenza delle solite rughe. Ventitré anni. Dall’ultima volta che gli era capitato di essere tanto giovane era trascorso... quanto? Se si fosse impegnato gli sarebbe tornato in mente, ma non ci provò nemmeno. Si sarebbe concentrato sul presente. Meditò per qualche istante, cercando di capire se i suoi poteri fossero ancora in ordine. Avrebbe fatto almeno un tentativo. Raggiunse il telefono poggiato sulla scrivania di camera sua, giusto accanto agli occhiali, e guardò l’ora. Le nove e tredici. Aspettò pazientemente un paio di minuti guardandosi attorno. Erano anni che non tornava a casa. Fece per distrarsi guardando i suoi fumetti; si era quasi sorpreso di quanti ne avesse già a quei tempi. Si trattenne.

    [RESET]

    Di nuovo le nove e tredici. Tutto in ordine. Gli sfuggì un sospiro di sollievo, si mise gli occhiali e si avviò verso la cucina per cercare da mangiare. Quando per la prima volta ottenne i poteri pensò che fossero una benedizione. Chi non lo avrebbe fatto? Insomma, essere in grado di tornare indietro nel tempo, nel corpo del sé stesso più giovane, ed avere una seconda, terza o qualunque altra chance, avrebbe fatto gola a chiunque. Solo in seguito scoprì che molte altre persone ricevettero poteri in quel periodo, ma nessuno come il suo. Qualcuno di simile, ma niente era come lui là fuori. Ed in ogni caso non li avrebbero usati come lui. Nella maniera giusta. Una sola persona era stata in grado di sfruttare la sua abilità, ed eccolo ad affrontarne le conseguenze. Non avrebbe dovuto fidarsi. Non sarebbe successo di nuovo. Perso fra questi pensieri si preparò una tazza di thè e recuperò una confezione quasi vuota di biscotti secchi. Tornò a riflettere sul da farsi, cercando di decidere il migliore piano d’azione. Poco dopo un biscotto gli cadde dentro il thè, sciogliendosi al contatto con la bevanda calda. Concluse che quel problema avrebbe richiesto più riflessione di quella offertagli da una colazione. Proprio per questo decise di mettersi a giocare al computer. Per i prossimi mesi non avrebbe fatto altro che pensare, viaggiare, parlare, e alle volte pure combattere magari; perciò, non si fece sfuggire l’occasione per rimettere mano ad alcuni dei suoi videogiochi preferiti. Giusto per distendere i nervi, si disse. E così fece fino a pranzo. A quel punto ordinò qualcosa di poco sano, lo divorò finendo un livello, e poi passò il pomeriggio in maniera altrettanto produttiva: guardando video su internet fino a sera, finché finalmente non si fecero le quattro del mattino e si addormentò. Si svegliò due ore e ventisei minuti dopo, perfettamente riposato, come ormai si era abituato a fare dall’arrivo dei suoi poteri. Poco dopo aver riaperto gli occhi si allungò verso il telefono per consultare la data: domenica 14 maggio. Alla fine, il giorno dopo era arrivato davvero. Per un attimo, contemplò la possibilità di tornare a sabato e non fare niente per altre ventiquattro ore, o anche per un'altra settimana. In effetti, avrebbe potuto passare eoni a non fare niente, godendosi quel giorno all’infinito. Scartò all’istante quella possibilità. Sapeva benissimo che si sarebbe annoiato subito. Senza perdere altro tempo, passò all’azione. Cosa che, in questo caso, consistette nel cercare su internet alcuni numeri e memorizzarli.

    [RESET]

    Caldo. Di nuovo. Sempre. Era una di quelle cose che un giorno gli avrebbe fatto perdere la testa, la famosa goccia che fa traboccare il vaso o qualcosa del genere. Ma quel giorno non era oggi o, almeno, non quella versione di oggi. Pipì, lavarsi, colazione, vestirsi. Questa volta le cose sarebbero andate diversamente. A quel punto della sua vita aveva un conto in banca per via di lavoretti che faceva mentre studiava all’università, e su quel conto erano presenti poco più di un migliaio di euro. Nel giro di mezz’ora lo svuotò, comprando biglietti di diverse lotterie sparse in tutto il pianeta. Tramite un paio di trucchetti informatici appresi tempo prima, si assicurò che nessuno potesse risalire a lui. L’indomani i primi soldi sarebbero già arrivati, ed entro un paio di settimane al massimo, su sette conti separati avrebbe avuto una somma cumulativa di svariati milioni fra euro, dollari, sterline, yen e yuan. Solo allora si sarebbe occupato di assoldare chi di dovere. Conclusa questa operazione, dovette passare alla parte difficile: incontrare Marco.

    Uscì e si avviò verso la casa del suo migliore amico dai tempi delle medie. Una vita fa ormai. I due entrarono assieme al liceo ed insieme ne uscirono, e così anche per l’università. In un altro mondo, nessuno avrebbe mai osato mettere in dubbio la solidità del loro rapporto. Gli fece particolarmente bene la passeggiata di venti minuti che separava le loro case, la giornata era fresca e seguire il percorso del fiume, che passava in mezzo ad un boschetto, gli fece evitare lo smog delle macchine. Respirò a pieni polmoni e, senza neanche essere del tutto sicuro del motivo, iniziò a correre. Allargò le braccia concentrandosi sullo scorrere del vento sul suo corpo. Improvvisamente si sentì molto ottimista. Questa volta sarebbe andato tutto bene, ne era sicuro. Stava facendo la cosa giusta. Raggiunse casa dell’amico prima del previsto, ancora col fiatone. Si soffermò davanti al citofono per riprendere fiato. Il palazzo non era particolarmente grosso ed erano presenti solo cinque nomi. Si fermò al quarto. Sassi, il cognome di Marco. Non gli restava che schiacciare il pulsante, ma per qualche motivo si ritrovò a tergiversare. Sarebbe stata la prima delle molte interazioni sociali che lo avrebbero atteso nel corso del viaggio. Non è che avesse ansia nel parlare con le persone, solo che non si era mai abituato ad incontrare le versioni passate di quelle cui aveva visto il futuro. Col tempo aveva imparato a convivere con la cosa, conscio che in fondo non conosceva davvero il loro futuro, non per certo. Una versione possibile? Sicuro. Non per forza quella che lo avrebbe atteso questa volta. Alcune persone potevano cambiare drasticamente a seconda degli eventi, altre no. Marco era una di quest’ultime, una di quelle che, nonostante tutto, sarebbe sempre rimasto uno degli uomini più buoni da lui mai incontrati. Probabilmente era proprio quello il problema. Prima di citofonare scacciò quei pensieri e si concentrò su un semplice fatto: quello era il suo amico, e lui voleva davvero rivederlo. Si decise a premere il bottone. Dopo qualche secondo, una voce dall’altra parte chiese chi fosse. 

    «Sono io.» rispose il ragazzo quasi distrattamente, consapevole che l’altro gli avrebbe aperto in ogni caso non appena avesse sentito la sua voce. La risposta, infatti, non si fece attendere. Si sentì un rumore meccanico, il portone del palazzo si aprì, e lui salì le scale. Sulla rampa che dal primo piano conduceva al secondo lo vide: Marco Sassi, in forma e sorridente come sempre. L’amico non esitò un solo istante e gli venne incontro per abbracciarlo. Sassi era grosso una taglia in più rispetto al ragazzo, superandolo di dieci centimetri buoni in altezza, ed essere stretto da lui gli dava sempre la sensazione di essere circondato da una specie di grosso peluche. Ebbe giusto un secondo per godersi quella sensazione di calore, dopodiché Sassi parlò, dicendogli qualcosa per cui non si era preparato.

    «Ciao Nick! Che ci fai da queste parti?» esclamò senza nascondere l’allegria nella sua voce.

    [RESET]

    Era di nuovo davanti al citofono, ma stavolta si interruppe l’istante prima di premere il bottone, colto da un improvvisa mancanza di fiato. Fece fatica a respirare, e le sue gambe divennero improvvisamente molli. Si ritrovò a terra tremante, raggomitolato contro il muro, stringendosi il petto. Il suo stomaco sembrò prendere vita propria, contraendosi e muovendosi all’interno del corpo. Gli venne in mente l’immagine di un gatto rinchiuso dentro un sacchetto, che cercava disperatamente di uscire. Ci mise qualche istante a capire cosa stessa accadendo, ma non esitò oltre. Iniziò a concentrarsi sul respiro, ignorando il violento capogiro che non sembrava intenzionato ad andarsene. Toccò la strada sotto di lui, sentendo con mano la ruvidità del cemento, già parzialmente riscaldato dal sole. Strappò un filo d’erba che stava crescendo approfittando di una piccola fessura nel marciapiede, se lo portò davanti agli occhi ed iniziò ad esaminarlo attentamente. Il mondo smise finalmente di girare. Notò solo in quel momento che un paio di persone gli si erano avvicinate, preoccupate da quello che doveva essere stato il suo brusco collasso. Una delle due stava parlando al telefono, probabilmente con il numero d’emergenza. Merda. Iniziamo alla grande.

    [RESET]

    Di nuovo il citofono. Fece un respiro profondo. Fu particolarmente contento di aver piazzato un checkpoint in quel momento. Ne poteva tenere solo sette o otto attivi contemporaneamente, ed il farlo gli procurava sempre un certo mal di testa, ma in quel caso si disse di aver fatto un ottima scelta. Si sentì più lucido, e ne approfittò per capire cosa gli fosse successo. Erano... non ne era neanche sicuro, ma in ogni caso era passato parecchio tempo dall’ultima volta che qualcuno lo avesse chiamato in quella maniera. Nick.

    «Nicola Colombo...» bisbigliò il ragazzo, assaporando il suono delle due parole. Il suo nome vero... No! Solo quello originale. Sarebbe stato difficile da spiegare. Per un po’ si rassegnò ad essere chiamato così, preparandosi mentalmente all’impatto che sentire quelle due innocue parole avrebbe avuto su di lui. Questa volta era stato solo preso alla sprovvista. Non sarebbe più successo. Alla fine, gli avrebbe parlato. Marco era sempre stato bravo ad ascoltare, avrebbe capito. Non ora però. Adesso la sua preoccupazione sarebbe stata un’altra. Si decise a fare un altro tentativo, e premette nuovamente il pulsante. Dopo qualche secondo, una voce dall’altra parte chiese chi fosse. 

    «Sono io.» rispose Nicola, preparandosi mentalmente al confronto con Sassi. La risposta non si fece attendere. Il portone del palazzo si aprì e salì le scale. Nuovamente, una volta raggiunta la rampa che dal primo piano conduceva al secondo, lo vide. Marco non esitò un solo istante e gli venne incontro per abbracciarlo.

    «Ciao Nick! Che ci fai da queste parti?» esclamò senza nascondere l’allegria nella voce. Colombo si dovette impegnare, ma riuscì ad ignorare il nome usato dall’amico, concentrandosi sul calore dell’abbraccio ricevuto, una sensazione che non gli capitava più di provare tanto spesso.

    «Ti devo parlare.» rispose con voce soffocata una volta staccatosi dall’altro. Il ragazzo lo guardò leggermente preoccupato, e gli bastò questa rapida occhiata per capire che, qualunque cosa fosse, doveva essere serio.

    «Ok, allora accomodati pure. Però magari andiamo in camera mia, che papà sta lavorando nello studio e non vorrei disturbarlo.» replicò Marco con un sorriso comprensivo. Lo condusse attraverso il soggiorno, nel corridoio, e fino alla sua caotica stanza, popolata da libri di scuola, raccoglitori stracolmi di appunti, poster di videogiochi, ed un impressionante quantità di romanzi e fumetti. Molti più di quanti non ne avesse Nicola nella sua. Ai tempi era sempre stato vagamente geloso di quella collezione, ma l’amico non si fece mai alcun problema a prestarglieli per delle letture occasionali. Alcuni dei migliori pomeriggi passati assieme li avevano trascorsi semplicemente leggendo, godendosi la reciproca compagnia. Sassi si sedette sulla sedia dotata di ruote davanti alla scrivania, ricoperta da appunti con diverse formule matematiche scribacchiate sopra con una calligrafia quasi incomprensibile. Nicola invece si poggiò sul letto ancora da rifare, ignorando le lenzuola quasi del tutto abbandonate a terra. Incrociò le gambe e si grattò la barbetta leggermente incolta sul mento, cercando le giuste parole da usare.

    «Allora, non so da dove cominciare, ma ti sto per raccontare una storia abbastanza assurda, e se non mi credi perderemo solo tempo; perciò, prima ti dovrò chiedere di fare qualcosa. Te assecondami, ok?» Marco si limitò ad annuire chinandosi verso l’amico, insicuro di cosa aspettarsi. «Va bene. Allora dì una frase. Una qualunque, davvero. Meglio se particolarmente assurda e imprevedibile.» continuò Nicola. Sassi fece per chiedere qualcosa, ma poi si trattenne. Dopo averci riflettuto un momento, fece spallucce ed esclamò la prima cosa che gli venne in mente.

    «Oggi nel negozio senza fondo ho incontrato una scimmia che cavalcava un cagnolino giallo!» disse allora a tutta velocità, quasi mangiandosi le parole. Colombo si limitò a ridacchiare.

    [RESET]

    Sassi fece per chiedere qualcosa, ma poi si trattenne. Dopo averci riflettuto un momento, fece spallucce ed esclamò la prima cosa che gli venne in mente.

    «Oggi nel negozio senza fondo ho incontrato una scimmia che cavalcava un cagnolino giallo!»

    «Oggi nel negozio senza fondo ho incontrato una scimmia che cavalcava un cagnolino giallo!»

    Marco lo guardò senza riuscire a dire niente. Aveva appena partorito completamente a caso quella frase, eppure l’amico la ripeté uguale senza il minimo problema. Non solo contemporaneamente, ma anche con la stessa intonazione. Colombo fu sul punto di aggiungere altro, ma Marco volle immediatamente fare un altro tentativo.

    «Il cielo è marrone! Il numero quarantasette ce l’ha a morte col colore verde acqua perché gli ha rubato il ragazzo! I Koala sono molto carini!» disse allora con toni e velocità diverse, incuriosito di capire quali fossero i limiti del trucchetto usato dall’amico. Nicola lo guardò per qualche momento, indeciso sul da farsi. Per ora sarebbe stato meglio assecondarlo.

    [RESET]

    Marco volle immediatamente fare un altro tentativo.

    «Il cielo è marrone! Il numero quarantasette ce l’ha a morte col colore verde acqua perché gli ha rubato il ragazzo! I Koala sono molto carini!»

    «Il cielo è marrone! Il numero quarantasette ce l’ha a morte col colore verde acqua perché gli ha rubato il ragazzo! I Koala sono molto carini!» copiò nuovamente Colombo, seguendo i ritmi dell’altro. Sassi strabuzzò gli occhi e si fece sfuggire un sorriso a metà fra il confuso e il divertito.

    «Porca vacca amico! Ok dai, sei bravo, lo ammetto. Ma qual è il trucco? Insomma, questa è una cosa che alle feste andrà alla grandissima, voglio saperlo.» esclamò quindi il ragazzo, accostandosi a lui sfruttando la sedia girevole. Nicola per qualche momento si limitò a sogghignare, scegliendo con cura le parole.

    «Non c’è trucco, non c’è inganno. Senti: so che ti sembrerà assurdo, e intendo dire davvero assurdo, del tipo del tutto impossibile-» iniziò a rispondere il ragazzo, cercando di preparare l’amico.

    «Eddai, dimmi solo come fai, giuro su quello che vuoi che ti crederò.» lo interruppe Marco, guardandolo dritto negli occhi con la curiosità di un bambino. Colombo assunse uno sguardo improvvisamente serio.

    «Ho dei super poteri.» disse con tono piatto. L’altro sollevò un sopracciglio e si allontanò dall’amico con sguardo deluso, iniziando a roteare lentamente per la stanza.

    «Ok, se non vuoi dirmelo va bene. Però non vedo che bisogno ci fosse di venire qui tutto serio, se poi volevi solo fare un trucchetto.» commentò Sassi quasi sbuffando. Nicola roteò gli occhi.

    «E grazie al cazzo che non mi credi, manco non ti avessi avvertito. Ok, sai cosa? Ora ti dirò tutta la verità, ma te devi stare zitto ed ascoltarmi, ok?» ribatté il ragazzo senza nascondere l’irritazione nella voce. Marco smise di roteare fermandosi davanti a lui. Lo esaminò con fare serio.

    «Ok.» si limitò a rispondere, guardandolo sospetto. Colombo si schiarì la voce.

    «Dunque, stamattina io e svariati altri milioni di persone ci siamo ritrovati in possesso di superpoteri. Io sono in grado di tornare indietro nel tempo ad alcuni punti determinati. Non posso portare nulla con me, solo la mia coscienza e la mia memoria, che entrano nel corpo del me stesso più giovane. Tutto chiaro?» concluse quindi Nicola, che sentì il bisogno di alzarsi per stiracchiarsi. L’amico congiunse i polpastrelli delle mani e si concentrò per qualche istante.

    «No è una risposta valida?» domandò Marco infine.

    «No.» replicò secco l’altro.

    «Beh allora abbiamo un problema.» commentò l’amico prima di riprendere a roteare sulla sedia.

    «Oh, Gesù. Va bene, cosa devo fare per convincerti che sto dicendo la verità? I giochetti di prima non ti sono bastati?»

    «Io che ne so che tu non abbia usato un qualche trucco per fregarmi, o uno scherzetto psicologico per capire cosa stavo per dire? Ora, non lo faccio per tirarmela, lo sai che non mi piace, però io una laurea in fisica ce l’ho ancora; quindi, sono abbastanza sicuro di poter affermare che è impossibile che tu, o chiunque altro se è per questo, abbia i poteri. Specie qualcosa come il tuo. Non farmi neppure iniziare sulla causalità, ci ho fatto mezza tesi sopra.» rispose Sassi indicando un librone con la copertina in tessuto rosso, rilegato con una scritta in oro che recitava Sulle condizioni iniziali dei sistemi complessi: causalità e casualità.

    «Ah! Ma è qui che ti volevo! Non sei forse tu, che ogni volta che parliamo di fisica, te ne esci con la storia della penna? Dicendo sempre che se adesso prendi una penna, e quella cade verso l’alto invece che verso il basso, allora si riscrive la fisica? Ecco, bene, ora le persone hanno i poteri e si riscrive la fisica.» ribatté Nicola tornando seduto a gambe incrociate.

    «Già. Però, prima di riscrivere la fisica, si controlla che io non sia a testa in giù mentre sto facendo cadere la penna.» replicò Marco, divertito da quel discorso. Notando lo sguardo serio dell’amico, si decise a testare quanto fosse disposto ad andare avanti con la sua storiella. Premette un paio di pulsanti ed il suo computer prese vita. «Ok, d’accordo, diciamo che per un solo secondo ti credo. Per te non ci sarà alcun problema se adesso prendo un generatore di numeri casuali dal pc, uno dal telefono, usando siti diversi che sfruttino diversi sistemi di generazione, no?» domandò senza nascondere il proprio sorrisetto, preparandosi a spegnere nuovamente il dispositivo una volta che l’amico si fosse ritirato. Colombo non ci dovette neanche pensare.

    «Ottima idea. Vai.» gli disse deciso, incrociando anche le braccia. Sassi lo guardò sorpreso. Non avrebbe potuto... insomma, sarebbe stato assurdo. Di non si sarebbe tirato indietro adesso, sicuramente doveva essere un bluff. In ogni caso, per levarsi ogni dubbio staccò il telefono dal wi-fi di casa, usando quindi la rete mobile, ed inoltre sfruttò un VPN. Infine, prima di avviare i due generatori, non poté trattenersi dal verificare che non fossero presenti specchi nascosti nella sua stanza. Si assicurò che Nicola non stesse guardando.

    «Fatto. Che numeri sono?» gli domandò infine, senza riuscire a nascondere una leggera tensione mista ad eccitazione nella voce. L’amico si voltò a leggere i numeri, ma interruppe Marco prima che potesse dire niente.

    «Prima me li devi far vedere, no? Solo poi posso tornare a quando me lo hai chiesto e risponderti.» disse esaminando le due cifre davanti a lui.

    «Ma... se il tuo potere funziona come dici, io come posso sapere se il presente in cui ci troviamo è quello in cui hai già visto i numeri?» l’amico sollevò un valido punto, ma Colombo non volle ammettere la sconfitta per ragioni a lui stesso ignote.

    «Funziona che io ho ragione e gli altri torto, ora fai un attimo di silenzio che li devo comunque imparare a memoria.» Sassi fece un respiro profondo, e realizzò solo in quel momento che aveva settato i due generatori in modo che creassero cifre lunghe venti numeri ciascuna. Troppi a prescindere.

    «Ok, forse ho esagerato, anche se tu stessi dicendo la verità sarebbe impossibile ricordarti in mezzo minuto tutti questi numeri. Facciamo che li genero più corti-» aggiunse allora muovendosi in direzione della tastiera. Nicola lo fermò.

    «Tranquillo, ho fatto.» gli disse girandosi verso di lui con un sorriso soddisfatto.

    «Eh? E come cacchio è possibile, scusa?» domandò l’amico quasi divertito.

    «Un attimo e te lo spiego.»

    [RESET]

    «Fatto. Che numeri sono?» Colombo rispose a occhi chiusi, senza un filo di esitazione nella voce.

    «Allora?» chiese quindi il ragazzo con aria da spaccone. Marco esaminò attentamente i due schermi davanti a lui. Si alzò come se stesse cercando qualcosa, ma dopo qualche istante si rimise seduto. Guardò l’amico dritto negli occhi, stavolta senza sorridere.

    «Tutti giusti.» disse sottovoce. Nicola per un istante si impensierì per l’altro ragazzo.

    «Tutto ok?» domandò con voce genuinamente preoccupata.

    «Come hai fatto?» replicò quello, avvicinandosi nuovamente a lui con la sedia.

    «Te l’ho già detto.»

    «Tu hai i superpoteri?» chiese estremamente serio.

    «Io ho i superpoteri.» ripeté mettendogli una mano sulla spalla. Gli diede qualche secondo per metabolizzare la cosa, dopodiché riprese a parlare. «Già che ci siamo: te ovviamente non lo ricordi, ma prima che ti rispondessi ho dovuto leggere i numeri, ricordarmeli in un istante e poi tornare indietro per dirteli. Ecco, tu mi hai chiesto come avrei fatto a ricordare tutti i numeri in un istante. Vedi, il mio potere ha un paio di effetti collaterali: uno, non ho più il bisogno mentale di dormire, dormo un paio di ore al massimo per quella che credo sia una questione fisica; due, la mia mente ha ricevuto un upgrade

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