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Relazionarsi in modo felice: Coaching relazionale: teoria e pratica
Relazionarsi in modo felice: Coaching relazionale: teoria e pratica
Relazionarsi in modo felice: Coaching relazionale: teoria e pratica
E-book423 pagine5 ore

Relazionarsi in modo felice: Coaching relazionale: teoria e pratica

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Info su questo ebook

Un testo didattico e, al tempo stesso, una guida utile e preziosa per tutti: perché la vita è fatta di relazioni e le relazioni soddisfacenti sono alla base della felicità personale, dell'armonia familiare e della produttività aziendale.

Questo libro conduce alla scoperta del più recente e universale campo di applicazione del coaching: le relazioni.

Per i professionisti o aspiranti tali, si tratta di un prezioso testo di riferimento per approfondire come si struttura il coaching relazionale, quali sono i suoi ambiti di efficacia e gli approcci possibili e come affrontare le questioni etiche.

Per chiunque, invece, è una vera e propria "scuola di relazione", con teoria e pratica, che offre la possibilità di avvalersi di oltre 20 anni di formazione ed esperienza di Gloria Di Capua e Maurizio Lambardi, specializzati in dinamiche di relazione e coaching relazionale, tra i maggiori esperti nazionali di relazioni.
LinguaItaliano
Data di uscita27 gen 2023
ISBN9791221457391
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    Anteprima del libro

    Relazionarsi in modo felice - Gloria Di Capua

    Capitolo 1

    Cosa è il coaching

    Il coaching è una professione tra le più moderne, nata di recente a livello mondiale, arrivata ufficialmente in Italia intorno a gli anni 2000, ma non ancora molto diffusa e conosciuta dalla maggior parte della popolazione. John Whitmore, uno degli ideatori del coaching, in proposito disse:

    "È triste che le persone

    che più trarrebbero beneficio dal coaching

    siano proprio quelle

    con meno possibilità

    di scoprire che esista."

    Il coaching è un processo di sviluppo a disposizione dell’individuo, di un gruppo o di una organizzazione, che ha tre attori in gioco: il coach, il cliente o i clienti (coachee in inglese) e la relazione tra le due parti.

    Il coach è un facilitatore che, attraverso una serie di competenze, aiuta il cliente a costruire il suo futuro desiderato, attivando in lui le risorse necessarie per far sì che questo futuro diventi realtà.

    Cosa significa coach? Coach significa carro, carrozza, infatti il coach trasporta il cliente dal punto attuale in cui si trova, al punto desiderato, dove si trova l’obiettivo che vuole raggiungere. Ecco perché la sessione di coaching non è una chiacchierata, ma un processo orientato verso un obiettivo. Non c’è coaching se non c’è un obiettivo. Sostanzialmente il coach può essere considerato l’allenatore del potenziale già presente nel cliente.

    Cosa è il relationship coaching?

    È un percorso di potenziamento della performance personale, sul piano della gestione delle relazioni interpersonali: di coppia, familiari, aziendali, sportive o di un team. Il risultato si ottiene partendo dalla relazione del cliente con se stesso, che è la prima a dover migliorare.

    • La storia del coaching

    Il primo maestro di coaching può essere considerato Socrate, grande filosofo greco nato nel 470 a.C., in un’epoca in cui erano molti i maestri e le guide spirituali.

    Era un figlio di un artista e di una levatrice, e aveva probabilmente derivato dal mestiere materno la caratteristica di sviluppare la capacità innata delle donne di partorire, senza bisogno di insegnare tecniche o trasferire informazioni. In modo del tutto analogo nei suoi insegnamenti non c’era un passaggio di nozioni ma un’induzione al parto delle potenzialità individuali del discepolo. La sua Maieutica, in senso letterale, significa proprio l’arte della levatrice ed è proprio orientata a tirar fuori dall’allievo pensieri e vedute personali, attraverso la relazione ed il dialogo. In altre parole, il proprio maestro interiore.

    Una frase tipica di Socrate era: Io so di non sapere!

    La citiamo perché è utile per comprendere il motivo per cui il coach non ha bisogno di possedere specifiche competenze circa l’obiettivo del cliente. Il coach non deve fornire al cliente nuove conoscenze specifiche (come un consulente specialista), ma essere veicolo e stimolo per aiutare il cliente a sviluppare le proprie potenzialità, partorendo in questo processo nuove idee, per individuare risorse alternative che conducano alla soluzione del problema in essere o al raggiungimento dell’obiettivo auspicato.

    La storia del coaching inizia (o prosegue, se vogliamo considerare Socrate come precursore) con Abraham Harold Maslow e Carl Rogers, che negli anni ‘50 e ‘60 del secolo scorso furono i padri della psicologia umanistica. Il loro nuovo approccio non si fondava sulle patologie e le disfunzioni, ma sulle dinamiche emozionali e le caratteristiche comportamentali di un’esistenza umana piena e vitale: in altre parole, sulle potenzialità dell’individuo. Sulla soluzione e non sul problema. Questo passaggio è un punto estremamente importante per il coaching, dove il cliente è al centro dell’attenzione del coach, come portatore di potenzialità da esprimere e non come malato da curare.

    Un altro punto cardine della storia del coaching è dato dall’americano Timothy Gallwey che nel 1974 era istruttore di tennis. Si rese conto che se invece di dare insegnamenti tecnici, incoraggiava l’allievo a palleggiare, questi col tempo apprendeva e migliorava la tecnica in base alle proprie potenzialità e caratteristiche. Questo lo convinse a cambiare metodo di insegnamento, spostando l’attenzione sullo sviluppo delle potenzialità innate ed inespresse di ciascun allievo. Timothy Gallwey è considerato il padre del coaching moderno. Una sua affermazione è rimasta celebre sia nel tennis che nel coaching:

    L’avversario interiore è molto più forte di quello dall’altra parte della rete.

    Il senso di questa frase è che le voci limitanti interiori, come le paure e gli auto-sabotaggi, sono l’ostacolo principale per l’atleta, e per estensione per ogni persona che voglia raggiungere un obiettivo.

    Fu poi la volta di John Whitmore, un pilota automobilistico e maestro di golf inglese, che rimase folgorato dal libro di Gallwey, intitolato: The Inner Game of Tennis.

    La sua prima intuizione fu che i principi di Gallwey e la psicologia transpersonale potevano essere applicati a tutto il mondo sportivo, la seconda fu che potevano essere estesi ed applicati al mondo aziendale.

    Fu con Whitmore che il coaching giunse in Europa e fu dalla sua collaborazione con Gallwey che nacquero il performance coaching ed il business coaching. Una delle sue frasi più significative è:

    Se lo devo fare è per te, se lo voglio fare è per me. Sulla base di questo principio, la persona è spinta ad agire a seguito di un bisogno da soddisfare, che costituisce il nucleo della sua motivazione, da cui scaturiscono volontà, impegno e perseveranza. Si tratta di un approccio molto umanistico, fondato sulla volontà di consentire all’individuo di esercitare le sue piene potenzialità, rielaborando le risorse disponibili, per trarre il massimo rendimento.

    Whitmore è l’ideatore del modello G.R.O.W., sul quale, ancora oggi, si basa il processo di coaching. Grow in inglese significa crescere, che in sostanza è una buona definizione del modello e del processo stesso.

    Il modello G.R.O.W. di Whitmore

    (Goals, Reality, Options, Will)

    • G – Goals. Obiettivi. Il cliente viene stimolato a definire l’obiettivo della sessione e del percorso di coaching. In questa fase di esplorazione, il coach aiuta il cliente a mettere a fuoco l’obiettivo che spesso è vago o non chiaro e conseguentemente a fissare i criteri che serviranno per comprendere se l’obiettivo sarà o meno raggiunto.

    • RReality. Realtà. Si esplora la situazione attuale rispetto all’obiettivo, si osserva il punto di vista del cliente, si indaga sulla sfera di influenza, sulle forze e le persone coinvolte.

    • O – Options. Opzioni. Si esplorano le opzioni nascoste, le possibilità celate, gli ostacoli e le strategie. Si indaga sulle opportunità, sui rapporti costo-beneficio e sulle azioni in precedenza intraprese. È il momento più importante per aprire la mente del cliente a nuove visioni, idee ed opportunità in grado di favorire il raggiungimento dell’obiettivo.

    • WWill. Azioni. È il momento in cui si traccia la strada che conduce al risultato. Si selezionano le azioni migliori, si individuano le risorse e si stabilisce una scaletta temporale e un piano per sviluppare la propria motivazione.

    Nel 1995 nasce negli USA la I.C.F. International Coaching Federation, che rapidamente diventa la struttura di riferimento della professione su scala mondiale, e vengono delineate le 11 competenze chiave del coaching (integralmente riportate nell’Appendice di questo libro).

    Da quel momento in poi nasce il Life coaching, rivolto alla persona, oltre che al professionista.

    Alla fine degli anni ‘90, il professore universitario, psicologo e saggista statunitense Martin Seligman crea la psicologia positiva, basata sugli stessi principi della psicologia umanistica. È un approccio in cui gli aspetti patologici dell’individuo hanno la stessa importanza degli aspetti positivi, quali le sue emozioni piacevoli, le potenzialità, le virtù e le abilità. È una metodica che si concentra sulle condizioni che permettono alle persone (aziende, organizzazioni e comunità) di generare un atteggiamento positivo in se stessi e nel gruppo, sulla motivazione, sulla voglia di vivere, sulle capacità di analisi e sulla costruzione attiva dei fattori che possono portare a raggiungere risultati, alla resilienza (capacità di apprendere dagli errori e rialzarsi dopo un insuccesso). A migliorare e progredire lungo un percorso che conduce al benessere. La psicologia positiva è uno dei pilastri del coaching e possiamo affermare che include il coaching stesso.

    Con Seligman il coaching entra ufficialmente nel mondo accademico e nella psicologia ed il life coaching diventa a tutti gli effetti una importante realtà mondiale.

    Nel 2018 fondiamo in Italia il relationship coaching, il coaching che si occupa di relazioni, e contestualmente fondiamo AICOR, Associazione COach e COunselor Relazionali, che coordina coach e counselor relazionali.

    • Per iniziare

    Tutti hanno bisogno di un coach relazionale ma pochi lo sanno.

    È triste che le persone che più trarrebbero beneficio dal coaching siano proprio quelle con meno possibilità di scoprire che esista.

    Questa nota affermazione di Whitmore si applica in modo ancora più efficace e calzante al coaching relazionale. Sono veramente molte le persone che sperimentano enormi difficoltà nella formazione, nella gestione o nel mantenimento di relazioni stabili e soddisfacenti; potrebbero trarre enormi benefici dal coaching relazionale, tuttavia non sanno neanche che esista. Allo stesso tempo molti coach ignorano che i principi del loro lavoro possono essere applicati con successo ed efficacia alle problematiche relazionali.

    Il desiderio di relazionarsi in modo intimo è considerato una necessità fondamentale e distintiva dell’essere umano, oltre che un fattore chiave per la qualità della vita.

    Uomini e donne sono naturalmente protesi a creare e conservare almeno un quantitativo minimo di relazioni interpersonali significative, durature e positive. Non c’è da sorprendersi, quindi, che il riuscire o meno a mantenere tale numero minimo incida in modo significativo sulla qualità della vita e sul benessere del corpo e della mente.

    Le relazioni sentimentali romantiche sono fonte di grande gioia, di appagamento, connessione ed equilibrio, ma al tempo stesso possono diventare causa di sofferenza profonda.

    Come disciplina che ispira e nutre la crescita personale, il coaching è per sua natura lo strumento ideale per supportare l’individuo nella ricerca di relazioni appaganti e di successo.

    Una delle definizioni più calzanti del coaching è stata elaborata dal professor Tatiana Bachkirova, che lo ha descritto come un processo di sviluppo umano che implica un’interazione strutturata e concentrata, oltre che l’uso di strategie, strumenti e tecniche per facilitare l’attuarsi di un cambiamento desiderato e sostenibile, che porti beneficio al cliente e ad eventuali partner.

    In questo libro vi illustreremo come una simile struttura di aiuto personale possa essere usata nei principali contesti relazionali.

    Spesso si passa dall’essere single all’essere parte di una coppia all’essere genitore in un lasso di tempo molto breve, durante il quale sono molte le persone ad aver bisogno di supporto.

    Il ruolo di un coach, come sappiamo, è quello di aiutare il cliente a trovare le sue risposte, ponendo domande e a volte anche proponendo nuovi spunti di riflessione, ma mai soluzioni.

    Se il cliente si aspetta che sia il coach a risolvere i suoi problemi o se il coach crede di dover fornire consigli specifici al cliente, siamo in presenza di un errore fondamentale nell’intendere il rapporto di coaching.

    Il coach relazionale non fa eccezione, può (e deve) usare la riflessione e l’analisi critica per stimolare il distacco emotivo e la visione in prospettiva, ma non può (né deve) dare consigli o proporre soluzioni.

    Il coaching relazionale si basa sulla scoperta, valorizzazione e gestione delle potenzialità personali del cliente in combinazione con lo sviluppo di nuove abilità e percezioni, che provengono dalla conoscenza del ruolo giocato da alcuni fattori basilari sottesi al comportamento e alla personalità degli esseri umani. L’obiettivo è migliorare la relazione o - se preferite - migliorare il modo in cui il cliente si relaziona con gli altri esseri umani.

    Fino a tempi recentissimi, le uniche forme di sostegno e supporto personale per la soluzione delle criticità relazionali, erano rappresentate da terapeuti e counselor, sebbene questi ultimi in Italia siano meno noti. Il professionista, in base alle varie teorie di riferimento e alla situazione specifica, adotta un approccio individuale, umanistico, di terapia familiare, psicodinamico o integrato. Fra le varie opzioni c’è anche l’approccio in chiave coaching, inteso come apprendimento, sviluppo e mantenimento di attitudini mentali e di comunicazione da usare nelle relazioni. In ogni caso, in assenza di letteratura scientifica conclusiva su quale approccio sia effettivamente più efficace, è il rapporto fra cliente e terapista a prevalere rispetto al metodo: maggiore è la fiducia che si instaura e più significativi saranno i progressi relazionali.

    Come sarebbe imparare a gestire le proprie relazioni amorose, amicali, familiari e professionali, attraverso una esperienza pratica, vissuta, concreta?

    Quello che rende particolare il coaching relazionale è proprio che attraverso la relazione con il coach, è possibile osservare come il cliente gestisce le relazioni, gli accordi e tutte le dinamiche di relazione. Così diventa una palestra reale e protetta, nella quale allenarsi e sviluppare le proprie potenzialità.

    Nel coaching relazionale, sebbene sia indubbio che per risolvere una criticità relazionale sia necessario apprendere, sviluppare e mantenere delle abilità mentali e comunicative, occorre anche stimolare un cambio di prospettiva (e quindi di forma mentale), una trasformazione del modo in cui vengono percepite e vissute le interazioni, un mutamento del modo di essere (e di porsi) del cliente stesso.

    Il terapeuta si focalizza sull’eliminazione di problemi e disfunzioni psicologiche, mentre il coach sul miglioramento della qualità della vita ed il potenziamento delle prestazioni. Il terapeuta deve passare attraverso la valutazione per giungere alla terapia, ed il suo obiettivo è medico: condurre alla guarigione. Il coach deve invece restare sempre lontano da qualsiasi valutazione e giudizio, il suo presupposto è che il cliente sia sano, ed il suo obiettivo è concreto, ancorato alla tangibilità. Il coach è sullo stesso piano del cliente, non è superiore perché sa di più o perché ha deciso il piano terapeutico. Nel coaching relazionale è il cliente ad esaminare e valutare la sua vita, le sue opzioni e le sue risorse ed è sempre il cliente a fare le sue scelte migliorative. Il coach è la figura che lo assiste per fissare gli obiettivi, stimolare la generazione di nuove idee e nuovi punti di vista da cui possano emergere strategie di sviluppo e raggiungimento dell’obiettivo.

    La traduzione letterale di coach, come abbiamo visto, è carro, e il carro a cosa serve? È lo strumento per andare da A a B, per scoprire e raggiungere l’obiettivo autodeterminato dal cliente.

    Eventuali conoscenze psicologiche e psicoterapeutiche del coach, indubbiamente utili sia nel rapporto con il cliente che nella comprensione della sua difficoltà relazionale, vanno condivise col cliente stesso, per aiutarlo a capire la sua situazione nel modo più approfondito possibile, e non devono comunque condurre a diagnosi o terapie, né regolare l’approccio del coach, per non rischiare di trasformare la seduta di coaching in una di psicoterapia.

    In base alla nostra esperienza diretta, i possibili ambiti di intervento per il coach relazionale sono riassumibili intorno a tre cardini interconnessi:

    se stessi • l’altro • gli altri

    Si tratta, fondamentalmente, delle tre dimensioni delle relazioni.

    Migliorare la relazione con se stessi, che è sempre il primo passo in ogni percorso di crescita personale e relazionale, comporta la possibilità di eliminare pensieri ed azioni auto-sabotanti che ostacolano il raggiungimento degli obiettivi di vita.

    Migliorare la relazione con l’altro, implica il lavoro su una specifica dinamica interattiva con un singolo soggetto (partner, figlio, collega…), che comunque non può prescindere da esame e miglioramento della relazione con se stessi.

    Migliorare la relazione con gli altri, attiene invece alla gestione di difficoltà o criticità che emergono nell’interazione di una pluralità di soggetti (gruppo di lavoro, famiglia, parenti, squadra sportiva…), potenziando le abilità relazionali dei singoli coinvolti. Anche questo è un passaggio che non può prescindere dall’esame e dal miglioramento della relazione con se stessi, in questo caso l’azione riguarda ciascun componente della pluralità in questione.

    L’approccio

    Il coach relazionale stimola il cliente all’autodeterminazione di un chiaro obiettivo e la creazione di uno specifico piano di azione per raggiungerlo. Tutte le tecniche note di coaching sono presenti, come l’analisi delle esperienze passate (quando è opportuno), il brainstorming per l’emersione delle soluzioni creative, l’individuazione delle risorse (incluse quelle formative) necessarie, la pianificazione della strategia più efficace.

    Tuttavia, essendo un tipo specifico di coaching orientato alla crescita personale, alla stimolazione di un cambiamento e allo sviluppo di nuove competenze relazionali, non sempre può avere dei tempi standardizzabili. Il processo può richiedere una o poche sessioni oppure tutta la vita, in ogni caso il coaching stimola dei cambiamenti e miglioramenti visibili e duraturi.

    Contesti per il coaching relazionale

    Un coach relazionale può trovarsi ad operare un molti contesti differenti, che cerchiamo di riassumere in:

    - persone single in cerca di formare relazioni

    - coppie che desiderano migliorare la loro relazione

    - genitori che desiderano creare relazioni migliori con i loro figli.

    - gruppi (famiglie, colleghi, piccole imprese)

    I single

    Sono sempre di più gli uomini e le donne che vorrebbero delle relazioni durature ma non riescono ad averne. Alcuni hanno una lunga storia di tentativi falliti senza che riescano a comprendere il motivo di tali fallimenti, altri hanno investito pesantemente in relazioni a lungo termine dove non sono riusciti a mantenere gli impegni presi. Alcuni vengono sistematicamente rifiutati e respinti, altri invece allontanano e troncano ogni legame. A prescindere dalle motivazioni specifiche alla base del fallimento relazionale, queste persone vivono la condizione di single come frustrante e gli insuccessi passati come fonte di malessere e confusione. In base alla nostra esperienza ci sono una serie di piccoli aggiustamenti che possono portare ad un enorme cambiamento nella possibilità, per queste persone, di riuscire a formare relazioni più stabili e soddisfacenti. Solitamente anche la semplice consapevolezza di cosa li stia intrappolando in tale circuito che si ripete è già sufficiente per aumentare nettamente la loro capacità di gestire il problema. Inoltre, una volta acquisita tale consapevolezza, i clienti si mostrano tipicamente molto motivati a capitalizzarla e metterla a frutto. A volte basta davvero un piccolo stimolo di supporto in un momento cruciale per trasformare una catena di fallimenti in una storia di eccitante successo.

    Le coppie

    In questa società in continua mutazione, le coppie si trovano a fronteggiare sfide molteplici. In occidente, fino a non molto tempo fa, ci si aspettava dalle donne di stare in casa e occuparsi dei figli per una gran parte della loro esistenza; oggi ci si aspetta da loro di tornare a lavorare dopo un periodo abbastanza breve dal parto. Fino a tempi relativamente recenti, ci si aspettava dagli uomini che evitassero qualsiasi tipo di lavoro domestico, oggi, invece, è previsto che li condividano tutti. Da donne e uomini, inoltre, ci si aspetta una consistente dedizione al lavoro, che viene spesso portato a casa e rivisto nelle ore serali e nei fine-settimana.

    Questi mutamenti di tipo sociale ed economico comprimono gli spazi, i tempi e le energie riservati alla relazione, sulla quale, paradossalmente, abbiamo aspettative molto alte in termini di appagamento e benessere.

    Il coaching relazionale può essere di grande aiuto a ritrovare il focus sulle nostre priorità di vita, sull’importanza della connessione con le persone che amiamo e a riorganizzare il tempo e lo spazio da dedicare all’individuo e alla coppia.

    I genitori

    I genitori sono sotto pressione sempre maggiore, dovendosi destreggiare fra lavoro, incombenze domestiche, preoccupazioni economiche, accompagnare i figli a scuola, dagli amici, alle varie attività extrascolastiche, star dietro alle loro esigenze, al loro gioco e ai loro capricci. La situazione diventa ancora più tesa quando i figli entrano nell’adolescenza ed affrontano le pressioni scolastiche, le spinte conformanti e quelle individuali, l’influenza dei mezzi di comunicazione e dei social. Sono tutti stimoli che possono sommergere e sopraffare i genitori, portandoli ad un atteggiamento di costante emergenza immediata e non di programmazione a medio e lungo termine, il che significa ritrovarsi a rincorrere gli eventi, con tutti i rischi di fallimento che questo comporta. Il coaching relazionale può essere di grande aiuto per creare una piattaforma sicura dove discutere e pianificare delle vere e proprie strategie genitoriali, individuare le priorità e fare in modo che i propri valori teorici sulla buona genitorialità si allineino con come effettivamente si riesce ad essere madri e padri.

    I gruppi (famiglie, colleghi, piccole imprese, team)

    La nostra società non ci insegna a relazionarci in modo efficace con gli altri esseri umani, sebbene la qualità delle relazioni sia così importante per la percezione della nostra felicità. Alla luce di questo presupposto di base, non è difficile comprendere il motivo per cui interagire con le persone sia così complesso e problematico e il perché la cura delle relazioni risulti essere di grande supporto ed efficacia in tutti i contesti in cui più esseri umani devono operare insieme per raggiungere un obiettivo.

    Se è vero che la cura individuale del modo di relazionarsi genera come conseguenza in ogni persona il miglioramento di tutte le sue relazioni, è anche evidente che l’intervento nel gruppo specifico sia più incisivo, inclusivo e mirato per curare la qualità delle interazioni di quel determinato insieme di persone. A partire dalla famiglia, per proseguire con i colleghi di un reparto o con l’intero staff di una piccola impresa, un team operativo o un set di manager, intervenire direttamente sul gruppo specifico consente al coach relazionale di far emergere le peculiari criticità interattive, che, turbando l’armonia e la coesione interna, generano stress e malessere, riducono la motivazione, limitano la produttività e diminuiscono la qualità del lavoro svolto. I potenti strumenti comunicativi, di ascolto e mediazione, di apertura mentale e focus, di cui il coach relazionale dispone, sono in grado di ottenere risultati straordinari sia nella crescita personale dei singoli membri del gruppo, sia nell’evoluzione dell’intero sistema gruppo.

    Il gruppo come modalità operativa:

    group coaching relazionale

    Il coaching relazionale può essere condotto e applicato anche avvalendosi del gruppo come strumento potenziante. In questo caso il gruppo si forma in sede di coaching con partecipanti che sono uniti da uno o più temi comuni, ma che non operano insieme e non si conoscono. Si tratta di coaching relazionale individuale, praticato con la presenza e/o la partecipazione di più persone.

    Capitolo 2

    Evoluzione personale e coaching relazionale

    Molti professionisti basano il loro approccio di coaching su teorie circa l’evoluzione personale, la crescita e la maturità del cliente, che sono strutturate in base ad ipotetiche tappe intermedie o fasi di sviluppo dell’ego.

    Léonie Sugarman, docente di Psicologia, nell’introduzione alla pubblicazione sul coaching per lo sviluppo di Sheila Panchal e Stephen Palmer, ipotizza che il coaching abbia da sempre adottato un punto di vista evolutivo, anche se spesso implicito.

    Il coaching guarda più avanti che indietro, è più centrato sulle prospettive per il divenire che sulla resa dei conti col passato, è completamente focalizzato su come evitare future stagnazioni o errori di valutazione.

    Questo significa che - esplicitamente o implicitamente - è proteso alla crescita della persona e alla sua evoluzione in tutto ciò che può potenzialmente diventare.

    L’evoluzione di un adulto può essere descritta come un naturale flusso di pensieri, un processo trasformativo che dura per l’intera esistenza e che ha luogo con o senza l’ausilio di un coach. L’evoluzione è il risultato del mutamento e dell’espansione delle nostre prospettive, delle nostre abilità e delle nostre attitudini man mano che affrontiamo le varie esperienze di vita.

    Ogni volta che ci accade qualcosa, noi subiamo un processo evolutivo. Apprendiamo da quell’esperienza, la metabolizziamo, ne assorbiamo gli insegnamenti, rendendoli parte di ciò che siamo, e li depositiamo nella nostra struttura consapevole e non consapevole, rimodellando la nostra abitudine mentale. Ogni volta la nostra mente si espande e vede nuove possibilità. Questo è il processo che può essere facilitato, migliorato e accelerato dal coaching relazionale. Il coaching relazionale consiste proprio nello stimolare il cliente ad uscire dalle sue ordinarie abitudini mentali, per agevolare una visione diversa, una prospettiva più ampia, che consenta di vedere altre alternative ed altre possibilità, e quindi di usare differenti percorsi mentali per giungere ad azioni sempre più consapevoli. Trattandosi di relazioni, questa prospettiva più ampia si ottiene aumentando la capacità dell’individuo di aprirsi alle differenze percettive e di pensiero che esistono in ogni persona.

    La relazione è una connessione fra due o più persone, quindi essere in grado di aprirsi al punto di vista dell’altro è un fattore di importanza vitale.

    Altro fattore importante è la capacità di apprendere e di disapprendere, cioè rinunciare alle proprie convinzioni. Importante è anche l’attitudine alla consapevolezza e all’attenzione non giudicante, a quella presenza nel qui ed ora che è sia mentale che energetica, a cui ci si riferisce col termine di mindfulness (letteralmente pienezza mentale) e che solitamente si conquista con le discipline meditative. È importante perché insegna il distacco e la non identificazione fra la persona ed i propri pensieri automatici, le proprie abitudini inconsapevoli, i propri schemi comportamentali involontari.

    Nel momento in cui si diventa consapevoli di non essere definiti da tali meccanismi, si possono nutrire ed incrementare altri pensieri, altre reazioni ed altre azioni.

    La maggior parte delle persone che vivono relazioni non funzionanti desidera sentirsi meglio e non è interessata a questioni di crescita o evoluzione personale. Ciò nonostante, nel momento in cui queste persone sono indotte a pensare a se stessi, alla loro relazione e alla loro situazione in modo diverso, da altri punti di vista e con prospettive più ampie, oltre a sentirsi meglio perché stanno facendo qualcosa per il loro problema, ottengono allo stesso tempo anche un potente stimolo nel loro percorso di evoluzione personale.

    • Fasi evolutive

    Sintesi delle principali teorie sulle fasi evolutive dello sviluppo individuale.

    Lo psicologo e psicanalista Erik Homburger Erikson (1902-1994) elaborò una teoria con 8 fasi di sviluppo, ciascuna legata ad un conflitto bipolare. Il passaggio da una fase all’altra avviene ogni volta che un individuo riesce a superare tale conflitto.

    Il modello Erikson:

    Per lo psicologo Daniel Levinson la vita umana è una sequenza evolutiva costante in cui a periodi di stabilità si alternano fasi di transizione, durante le quali si effettuano scelte che cambiano la biografia individuale.

    Il modello Levinson:

    Entrambi questi modelli non sono in linea con gli ultimi 15 anni il mutamento sociale in essere, che si è orientato sia nel prolungare l’infanzia che nell’aumentare l’età lavorativa e produttiva, rendendo la classificazione delle fasi e delle età un po’ diversa da come è stata teorizzata in questi studi.

    Ciò nonostante si può

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