Volevo fare l'astronauta
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Anteprima del libro
Volevo fare l'astronauta - Benedetta Lo Zito
Introduzione
Ciao, mi chiamo Benedetta e magari qualcunə di voi mi conosce già.
Ho trentaquattro anni, sono un’autrice e una social worker nell’ambito del consenso sessuale.
Vivo a Londra con mia moglie Ola e la nostra gatta Zelda; come ogni coppia lesbica di millennial che si rispetti, mangiamo takeaway sul divano, siamo abbastanza minimaliste e nei weekend andiamo alla ricerca di mostre gratuite, vintage garage sales e caffè indipendenti. Abbiamo piante, abbonamenti a Netflix, amicə e famiglie cuscinetto intorno a noi. E io ho fatto coming out solo un anno fa.
Quando ero alla scuola materna, se mi chiedevano: «Cosa vuoi fare da grande?», rispondevo sempre: «L’astronauta». Sicuramente non la lesbica con la salopette di Lucy&Yak (che non mi posso permettere), un lavoro autonomo precario e i salti mortali per pagare l’affitto. La vita, nel 1991, sembrava molto più semplice. E, forse, lo era davvero.
Facevo ridere un po’ tutti, ovviamente, microscopica, con una massa di capelli ricci che mia madre cercava di contenere in un paio di trecce perennemente disordinate, e un naso a patata sempre all’insù; i piedi inciampavano, tentando di saltare la corda durante le primissime ore di ginnastica della mia vita, e le lezioni non ero in grado di seguirle, perché la testa andava per conto suo, creava storie, film che andavano in onda a ripetizione, nella mia testa, mentre venivo costantemente richiamata dagli altri sulla terra. Solo da grande avrei capito perché.
Mi chiamo Benedetta, e sono sempre stata queer, disabile e anche neurodivergente. E sono finalmente orgogliosa di tutte e tre le cose, oggi. Senza alcun dubbio.
Quando ero piccola, però, pensavo soltanto a cercare nuovi compagni verdi, qualcunə che finalmente mi avrebbe compresa e non giudicata, volavo con la mente sopra un razzo su cui non sarei salita mai: crescendo, infatti, avrei odiato persino prendere l’aereo.
«Signora, è intelligente ma non si applica» dicevano.
«Signora, la faccia controllare che è troppo pigra».
«Signora, in classe fa un po’ il cazzo che vuole lei. Però è intelligente».
Sono cresciuta, come tuttə, in un mondo fortemente eteropatriarcale. Le donne che dovevano essermi d’esempio erano mogli, madri, o sapevano comunque da che parte stare, con ottimi part-time (che, si sa, per una donna
sono l’opzione migliore) e/o contratti a tempo indeterminato. Le ragazzine intorno a me cercavano il fidanzato, io non sapevo bene che fare. Ho iniziato ad amare i rossetti e ho creduto alla balla per cui devi scegliere tra i trucchi e la scienza, e, soprattutto, al pregiudizio per cui le donne femminili sono per forza eterosessuali.
Questo libro che hai fra le mani parla di indipendenza femminile, diritti LGBTQIA+, anticapitalismo e lotta politica. E il filo comune che lega tutto questo sapete qual è? Semplicemente, l’amore.
Quindi, questo libro parla d’amore.
Un amore che ho scoperto avere tante forme, dalla solitudine alla comunità.
Un amore che passa per il non amore, di cui è importante parlare, per prevenzione. E anche per liberazione.
Un amore che sento per ogni ragazzə che perde cinque minuti del suo tempo per mandarmi un messaggio per dirmi che è riuscitə a uscire dall’armadio dopo aver visto che l’ho fatto io. Ricordandovi, però, che il coming out è politico: non lo dovete a nessuno e non abbiamo bisogno di altrə martiri.
Un amore immenso per ciò che siamo, esattamente come siamo. Con rabbia e orgoglio.
Non ho fatto l’astronauta, ma, appunto, ho imparato a essere me stessa, che forse è più difficile ancora. Ci sto lavorando, ecco, ma sento di essere sulla buona strada.
Soprattutto, ho imparato ad accettare l’amore che merito. Sembra una frase fatta, ma, come tutte le lezioni estrapolate dalle canzoni del buon vecchio Tizianone nazionale, contiene tantissima verità. Sono tornata con la testa fra le stelle, in un certo senso. E quelle stelle le ho create io, dal nulla.
Qui, provo a raccontarvi cos’ho capito durante il viaggio, e cosa porto con me. Si accettano suggerimenti per il futuro, perché abbiamo ancora paura di volare e non è permesso fingere.
Agli alieni che alla fine, per fortuna, ho conosciuto.
Perché l’amore?
Quando la mia editor mi ha chiesto un tema per questo libro, io ho proposto, senza rifletterci troppo, di scrivere d’amore e politica. Semplicemente perché boh, avrei sempre voluto farlo. Cinque minuti dopo aver firmato il contratto, però, mi sono pentita.
Mi è sembrato particolarmente banale, perché tuttə, tuttə parlano e scrivono e suonano e cantano d’amore. Mi rendevo conto, improvvisamente, di non aver avuto un’idea particolarmente originale.
Poi, soprattutto, è un tema di cui io non capisco assolutamente nulla. Sono la regina del dramma, la dea della dipendenza emotiva, l’esempio che si fa allə amichə quando si parla di relazioni sbagliate, attaccamento, comportamenti distruttivi, ghosting e atteggiamenti tossici.
Cioè, molto bello, ho pensato, ma chi voglio prendere per il culo? Io, in grado di spiegare a qualcunə come si dovrebbe stare in un rapporto sano? Chiediamo a Olindo e Rosa di parlarci di regole di buon vicinato? O a Salvini una lezione sull’antirazzismo?
Solo che, poi, sono successe un paio di cose: innanzitutto, ho pensato che in realtà, dovevo essere proprio io, stavolta. Perché ci siamo anche un po’ stufatə di tutte queste meravigliose lezioni su come avere una relazione corretta, magari scritte da espertə che quella roba lì non l’hanno mai vissuta (tipo il Papa); bisogna andarsene quando fa male, certo, non correre dietro a nessunə, salvare i matrimoni e anche riuscire a farla venire in cinque semplici mosse. E questi esperti
sono tuttə felicemente sposatə; da quarantacinque anni. E vanno in terapia da dodici.
Tutto giusto, per carità, ma se a dirvi cosa si prova per una volta fosse una che le cazzate le ha fatte prima di voi e sta ancora imparando?
Se non altro, mi son detta, sarà un libro onesto.
La seconda cosa che è successa prima che potessi cambiare idea, e che proprio non mi aspettavo, ma nemmeno in un milione di anni, è che l’amore, quello vero, mi ha colpita in piena faccia. E vorrei raccontarvelo. Perché stavolta non ho fatto cazzate, e non sono ricaduta in abusi, manipolazioni e dipendenza emotiva come mio solito. Anzi, me la sono pure sposata, nel pieno di quella che credevo essere la mia hot lesbian summer.
Questa volta, ho spezzato il circolo del dolore di chi è sopravvissutə, e secondo alcunə, sembrerebbe farsi del male per sempre. Non è immutabile; non è colpa tua, ma non è immutabile.
Mentre scrivo queste umili righe, comunque, sto consultando la pagina Facebook di un’accademia (non in senso ironico, giuro, la chiamano davvero accademia), che insegna agli uomini come conquistare e tenersi una donna (perché si sa, siamo tutte uguali), alla modica cifra di almeno mille euro (scontatissimi) per workshop. Ha un che di predatorio che fa spavento, scorro i post e il fine ultimo di chi la gestisce mi paralizza e terrorizza contemporaneamente: scrivono infatti che le donne cercheranno sempre di approfittarsi di te, o, ancora peggio, di