Alla ricerca della verità
Di Mario Tonon
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Anteprima del libro
Alla ricerca della verità - Mario Tonon
Mario Tonon
Alla ricerca della Verità
Youcanprint Edizioni
Copyright © 2012
YOUCANPRINT EDIZIONI
Via roma 73 - 73039 Tricase (LE)
Tel. 0833.772652
Fax 0832.1836533
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www.youcanprint.it
Titolo : Alla ricerca della Felicità
Autore : Mario Tonon
Copertina: Youcanprint Edizioni
ISBN: 9788866180000
Prima edizione digitale 2012
Questo eBook non potrà formare oggetto di scambio, commercio, prestito e rivendita e non potrà essere in alcun modo diffuso senza il previo consenso scritto dell’editore.
Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata costituisce violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla legge 633/1941
Capitolo I
Il bambino correva per le scale del piccolo borgo, inseguito dai compagni di gioco, che rispondevano con urla e grida di gioia alle incitazioni di carica a nemici immaginari.
Correndo come scalmanati i fanciulli saettavano gioiosamente come giovani ed agili elfi tra le gambe degli adulti che si trovavano a passare e che erano affaccendati nei soliti impegni quotidiani.
Tutti erano abituati a vedere ogni sabato la stessa scenetta, con qualche piccola variante.
Le cose in un piccolo paesino di campagna sono spesso semplici, genuine, e altrettanto spesso ripetitive, ma alla fine quando cresci in posti simili puoi anche allontanarti per cercare orizzonti più aperti, lavoro e fortuna altrove, ma prima o poi senti la necessità di un ritorno a quelle origini magari più chiuse, più banali, monotone e ripetitive ma nelle quali ci si può spesso e volentieri rifugiare in un tiepido calore ai più sconosciuto.
Come si potrà ben capire io trovo le mie origini proprio da uno di quei paesini di campagna, dove spesso si gioca a pallone per le strade oppure si gioca a mazzapicchio con qualche bacchetta di legno correndo il rischio di andare a rompere la finestra del proprio dirimpettaio, a proposito uno dei bambini che ogni sabato correva per le scale del piccolo borgo, infastidendo i passanti, e i vacanzieri, beh uno di quei birbanti ero io. E pensare che a vedermi ora uno non l’avrebbe detto mai, serio, impostato e anche a dire il vero con qualche chiletto di troppo sulla pancia. Mah che volete! È la vita, gli anni che passano, i sogni che svaniscono poco a poco lasciando posto alla rassegnazione del crescere e del rendersi conto che la spensieratezza di allora non tornerà più e che ha definitivamente lasciato il posto alla realtà quotidiana fatta di impegni, soldi, altri impegni, altri soldi, e pagamenti, e poi pagamenti e ancora pagamenti a non finire fino a che non arrivi un bel giorno a fermarti e a domandarti – Ma tutto questo ha un senso? Ma ne vale la pena?-
E tutto questo logicamente necessiterebbe una risposta, volete la mia? La mia è no! Sicuramente non ne vale la pena.
Comunque io mi chiamo Amleto, e tutti scherzosamente nel mio paesino mi chiamano Shakespeare, d’altronde anche i miei genitori non mi potevano mettere un altro nome? Ma che volete in un paesino è così, ognuno è un personaggio, e ognuno si identifica non tanto con il nome che gli hanno dato mamma e papà ma con un soprannome che gli assegnano gli altri. Comunque con gli anni ci ho fatto l’abitudine, e che volete che vi dica, a loro va bene così? A me pure.
Ma cominciamo dall’inizio, da quando ancora molto piccolino ero uno di quei ragazzini pestiferi che doveva trovare il modo di impegnare i giorni di festa per far fruttare al massimo il proprio divertimento. Certo che eravamo veramente delle piccole carogne, ne facevamo di tutti i colori, e io in particolar modo avevo fin da piccolino il pallino delle donne, dovevo fare del tutto per vedere nelle loro scollature oppure per dare uno sguardo sotto le loro gonne, e a pensarci bene mica lo so come mi era venuta questa mania, voglio dire non c’era nessun episodio significativo della mia infanzia che mi avesse potuto portare a simili perversioni già da così piccino, ma da qualunque parte venisse tale stimolo, esso condizionava completamente la mia vita. Basti pensare che un’estate per vedere le gambe di una bella ragazza che girava vestita con un pareo di seta, mentre andavo in bicicletta, mi voltai completamente con la testa rapito da quell’affascinante immagine, quasi estasiato, e non mi accorsi che ero arrivato alla fine di un vicolo cieco, andando così a schiantarmi contro una staccionata ad altissima velocità, e per fortuna che al di là di essa c’era un porcile nel quale andai rovinosamente a cadere, sporcandomi completamente, ma rimanendo però quasi totalmente illeso, salvo che per dignità e amor proprio.
La scuola per me era un gioco, si un grande gioco, dove ognuno occupava un suo ruolo ben preciso, i miei compagni, alcuni le mie vittime preferite, e altri passivi spettatori, altri ancora complici attivi. Poi la maestra vittima per eccellenza. Povera maestra! Era veramente una brava donna, e a ripensarci ora quanto mi sento in colpa! I compiti? Beh si, c’erano i compiti anche per me, ma non è che erano un problema, i miei guai non erano legati a questioni di intelligenza o di apprendimento, ma alla mia innata e scalmanata vivacità.
Eh già, basti pensare che una volta durante una gita, nella quale eravamo andati a vedere una fattoria, per osservarne la vita quotidiana, l’operato del fattore, l’allevamento del bestiame, la gestione delle sementi ed altro, mi ero preso la libertà di aprire il recinto nel quale era rinchiuso il bestiame, facendo scappare tutti a gambe levate e favorendo la crescita esponenziale di collera dell’allevatore, e che quel giorno il pulmino della scuola ripartì senza di me in quanto io grazie a quella visita giornaliera avevo conosciuto la figlia del fattore che all’epoca aveva già tredici anni, e mi ero completamente perso nell’approfondimento della sua conoscenza all’interno del fienile. Non giudicatemi male! Quella divenne una conoscenza molto importante nei mesi e negli anni successivi per la mia crescita personale e per l’approfondimento dell’universo femminile.
Che dire? Ero un po’ particolare per la mia età, comunque quella splendida creatura si chiama-va Elena, e diventammo veramente amici, e la nostra amicizia esiste ancora, cresciuta, colti-vata nel tempo e rafforzata dalle esperienze di vita comuni.
Ora le cose sono molto cambiate, io oramai come tanti altri faccio parte malvolentieri dei meccanismi automatici che regolano il flusso del nostro vivere civile. Alcuni direbbero schiavo del sistema, anche io, è solo che volevo trovare un modo più originale per esprimerlo, eh si, anche io come tanti, oramai laureato da tempo, e da tempo buttato gentilmente fuori casa, ho avuto la triste e insana sventura di trovare un posto di lavoro. Esercito la professione di avvocato in uno studio di Roma, e sono anche discretamente bravo. Si, il lavoro a dire il vero va alla grande, è solo che mi sono ritrovato come tanti dopo una vita di studi e dopo aver iniziato l’attività per la quale si è studiato a interrogarsi sulla monotonia della solita routine e a domandarsi – Ma è questo quello che volevo davvero?-
Io credo proprio di no! Magari non ha senso porsi queste domande, far insinuare in se stessi questi dubbi, ma l’uomo è fatto anche di questo, di sensazioni, sentimenti, che traggono fon-damento dalle certezze, incertezze, sicurezze, dubbi e perplessità che ognuno di noi ha dentro di se, e senza tutto ciò, che cosa saremmo? Forse solo delle canne vuote, delle forme prive di contenuto che come ombre si confondono nel buglio dell’oblio.
Comunque per adesso la mia vita è andata così, come quella di tutti d’altronde, eh si penso che la vita di ognuno di noi sia fatta di alti e bassi, di giornate, alcune belle, entusiasmanti, colo-rate di tutti i colori del creato, ed altre invece grigie, tristi, sottotono.
Comunque ora lavoro qui, sono sicuramente cresciuto, ma i miei problemi con il sesso femminile rimangono, e le distrazioni anche qui non mancano e a proposito di esse eccola li, Giorgia, bella, formosa al punto giusto, né troppo né poco seno, insomma una bellezza non volgare, capelli castani, corti sulle spalle e leggermente mossi, occhi scuri ma pungenti e penetranti. È nello studio da cinque anni prima di me, laureata con il massimo dei voti e bacio accademico, e che ve lo dico a fare? I migliori clienti capitano tutti a lei, a me solo i casi disperati. E devo faticare non poco per farmi pagare le parcelle da quei poveri cristi che gestisco, alle volte mosso a compassione lascio anche stare. Comunque è una lotta impari.
Forse sarà anche per questo motivo che mi sono iniziato a porgere tutti i vari interrogativi di vita.
Comunque bisogna essere realisti, andare avanti e restare con i piedi a terra, arrivo nel mio ufficio e controllo l’agenda degli appuntamenti, vediamo un po’ chi c’era per primo questa mattina! Ah, si ora ricordo, Giovanni Proietti, un mio caro ed affezionato cliente, che da circa un anno si è separato dalla moglie, e con vari macheggi e raggiri sta cercando di fare del tutto per non pagare gli alimenti e per intestare tutto alla sua amante, cosa da me abbondantemente sconsigliata in più di una occasione, eccolo che arriva, in perfetto orario come sempre.
-Buongiorno Signor Proietti, allora come va?-
-E come va? Amleto, me lo chiedo anche io, come va?-
-Va male caro Amleto, purtroppo va male!-
-Perché? Cosa è successo?-
-E’ successo che quella maledetta mi ha mandato un altro atto.-
-Un altro precetto?-
-Ah no?-
-Fammi vedere!-
Prendo la busta verde che mi porge disperato il signor Proietti, ne estraggo la documentazione contenuta, e la leggo con cura, fortunatamente mi accorgo che non è altro che il rinnovo di un atto precedente per il quale si era già trovato un accordo sulla sua rateizzazione. Guardo nel viso il cliente con un espressione che mi sembra lo tranquillizzi, e sorridendo gli dico
– Ma Giovanni, non è niente, è solo il rinnovo del precedente atto per il quale si è già trovato l’accordo sulla rateizzazione, piuttosto come hai pensato di risolvere per il futuro, come ci vogliamo muovere? La volta scorsa avevamo fatto una piccola panoramica generale su quelle che potevano essere le varie possibilità, ci hai pensato?-
Lo vedo pensieroso, Giovanni è un uomo sulla sessantina, alto uno e novanta, brizzolato, naso aquilino, carnagione chiara, fronte alta da anti-co romano, e zigomi sporgenti e spigolosi da tedesco, lo osservo mentre contempla uno dei quadri presenti nel mio studio minimalista, un quadro da poche centinaia di euro, ma di buona fattura e molto adatto all’arredo di uno studio professionale, poi improvvisamente ritorna in se, torna sul pianeta terra, torna a guardare verso di me e mi risponde
- A dire il vero, io sulla base di quanto ci eravamo detti sono andato con mio figlio dal commercialista, con lui abbiamo fissato un appuntamento con il notaio, e sono comple-tamente uscito dalla società lasciando tutto a Giacomo, insomma, oramai risulto nullate-nente.-
-Bene, e per quel che riguarda l’asse immobiliare? Come ti vuoi muovere?-
-Beh io avevo pensato di intestare i beni immobili dove opera l’azienda sempre a mio figlio.-
-Bene ottima scelta, e per la casa?-
-Quella la volevo intestare a Irina. Sai, per farla stare più tranquilla! Logicamente a me va il diritto di usufrutto.-
-E bravo! Così casa la intesti all’amante romena, non ti pari comunque il didietro perché l’usufrutto è pignorabile, e in più…, ma di cosa deve stare tranquilla la tua cara Irina? Allora fai una bella cosa intesta anche casa a tuo figlio, e tieni per te il diritto