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Tentazioni
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E-book567 pagine8 ore

Tentazioni

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Info su questo ebook

Roberto Ferrari, giovane possidente, dopo l’ennesimo scontro con l’autorità paterna, decide di partire alla ricerca di autoaffermazione, lontano da tutti quegli schemi che fino a quel momento gli venivano imposti.
Inizia così la sua avventura, il suo peregrinare per il mondo. Diverse figure femminili lo accompagneranno in questo suo girovagare: ognuna di loro ha caratteristiche ben delineate e segnerà in modo indelebile la sua esistenza.
Il nostro protagonista è un personaggio complesso, perennemente in bilico tra due possibilità, spesso si trova a non decidere, a lasciare che gli eventi lo facciano per lui. Eppure, nonostante sia spesso vittima delle circostanze, tutto ciò lo conduce ad elaborare la terribile considerazione di meritare i risvolti negativi che si vengono a creare: il suo senso di colpa è uno stato cronico, lavora nel suo sottosuolo da anni, fino al punto da diventare parte integrante del suo essere, in perenne scontro con le innumerevoli tentazioni a volte innocue altre un po’ meno. Avrebbe potuto scegliere Roberto? Oppure no?
Tentazioni di Gianluigi Ghidelli è un testo dal sapore un po’ retrò, fa da sfondo il meraviglioso lago di Como, con la sua natura lussureggiante. I luoghi sono affrescati con tinte morbide, sinuose, illuminati da fasci di luce giallognola dove intorno aleggia l’umidità del lago… 
I personaggi si muovono in un’atmosfera ovattata, come se fossero inglobati in una sfera di cristallo. 
Gianlugi Ghidelli, dal talento straordinario, ci regala questo bellissimo testo, da non perdere assolutamente!

Gianluigi Ghidelli è nato il 7 marzo 1954 a Bergamo, città dove tuttora risiede. Ha iniziato a lavorare a 16 anni come aiuto elettricista e riparatore Radio-Tv nella bottega di un artigiano. Si è diplomato all’Istituto Tecnico Industriale Statale “Pietro Paleocapa” di Bergamo con la qualifica di Perito Elettrotecnico. Prima di ritirarsi a vita privata era funzionario della società francese Alcatel-Italia (ex Industrie Face Standard) azienda presso la quale è rimasto circa 40 anni occupandosi, per il reparto tecnico, del settore Telecomunicazioni. Ha viaggiato parecchio in Italia e all’estero per turismo e per esigenze aziendali. Da 25 anni è felicemente sposato con Elda. Dal 2011 è in pensione e dal 2013 ha iniziato a dedicare parte del proprio tempo libero alla scrittura. Nel mese di novembre 2019 è stato pubblicato il suo primo romanzo La costola di Eva. Quello appena completato è il suo secondo romanzo.
LinguaItaliano
Data di uscita30 giu 2021
ISBN9788830644700
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    Anteprima del libro

    Tentazioni - Gianluigi Ghidelli

    Prefazione di Barbara Alberti

    Il prof. Robin Ian Dunbar, antropologo inglese, si è scomodato a fare una ricerca su quanti amici possa davvero contare un essere umano. Il numero è risultato molto molto limitato. Ma il professore ha dimenticato i libri, limitati solo dalla durata della vita umana.

    È lui l’unico amante, il libro. L’unico confidente che non tradisce, né abbandona. Mi disse un amico, lettore instancabile: Avrò tutte le vite che riuscirò a leggere. Sarò tutti i personaggi che vorrò essere.

    Il libro offre due beni contrastanti, che in esso si fondono: ci trovi te stesso e insieme una tregua dall’identità. Meglio di tutti l’ha detto Emily Dickinson nei suoi versi più famosi

    Non esiste un vascello come un libro

    per portarci in terre lontane

    né corsieri come una pagina

    di poesia che s’impenna.

    Questa traversata la può fare anche un povero,

    tanto è frugale il carro dell’anima

    (Trad. Ginevra Bompiani).

    A volte, in preda a sentimenti non condivisi ti chiedi se sei pazzo, trovi futili e colpevoli le tue visioni che non assurgono alla dignità di fatto, e non osi confessarle a nessuno, tanto ti sembrano assurde.

    Ma un giorno puoi ritrovarle in un romanzo. Qualcun altro si è confessato per te, magari in un tempo lontano. Solo, a tu per tu con la pagina, hai il diritto di essere totale. Il libro è il più soave grimaldello per entrare nella realtà. È la traduzione di un sogno.

    Ai miei tempi, da adolescenti eravamo costretti a leggere di nascosto, per la maggior parte i libri di casa erano severamente vietati ai ragazzi. Shakespeare per primo, perfino Fogazzaro era sospetto, Ovidio poi da punizione corporale. Erano permessi solo Collodi, Lo Struwwelpeter, il London canino e le vite dei santi.

    Una vigilia di Natale mio cugino fu beccato in soffitta, rintanato a leggere in segreto il più proibito fra i proibiti, L’amante di lady Chatterley. Con ignominia fu escluso dai regali e dal cenone. Lo incontrai in corridoio per nulla mortificato, anzi tutto spavaldo, e un po’ più grosso del solito. Aprì la giacca, dentro aveva nascosto i 4 volumi di Guerra e pace, e mi disse: Che me ne frega, a me del cenone. Io, quest’anno, faccio il Natale dai Rostov.

    Sono amici pazienti, i libri, ci aspettano in piedi, di schiena negli scaffali tutta la vita, sono capaci di aspettare all’infinito che tu li prenda in mano. Ognuno di noi ama i suoi scrittori come parenti, ma anche alcuni traduttori, o autori di prefazioni che ci iniziano al mistero di un’altra lingua, di un altro mondo.

    Certe voci ci definiscono quanto quelle con cui parliamo ogni giorno, se non di più. E non ci bastano mai. Quando se ne aggiungono altre è un dono inatteso da non lasciarsi sfuggire.

    Questo è l’animo col quale Albatros ci offre la sua collana Nuove voci, una selezione di nuovi autori italiani, punto di riferimento per il lettore navigante, un braccio legato all’albero maestro per via delle sirene, l’altro sopra gli occhi a godersi la vastità dell’orizzonte. L’editore, che è l’artefice del viaggio, vi propone la collana di scrittori emergenti più premiata dell’editoria italiana. E se non credete ai premi potete credere ai lettori, grazie ai quali la collana è fra le più vendute. Nel mare delle parole scritte per esser lette, ci incontreremo di nuovo con altri ricordi, altre rotte. Altre voci, altre stanze.

    Questo libro lo dedico a tutti coloro che continuano a porsi domande su domande e cercare risposte sempre più stringenti rispetto al senso della propria vita.

    Un pensiero particolare lo dedico a due cari amici: Bobo e Giacomo. Con il loro esempio, affrontando l’inevitabile con grande dignità, mi hanno davvero insegnato molto. Grazie ragazzi! Un grazie che viene dal profondo del mio cuore.

    Quanto riportato in queste pagine è unicamente frutto della mia fantasia ed eventuali fatti o persone descritte nel libro sono puramente casuali.

    Premessa

    Un oceano di domande

    Como oggi

    Nel corso della nostra vita ciascuno di noi si sarà sicuramente soffermato, come minimo per qualche istante del proprio breve e molto prezioso tempo, a porsi le seguenti domande:

    Cosa distingue una tentazione dal legittimo desiderio?

    Cosa differenzia una scelta sbagliata da una scelta giusta?

    Il libero arbitrio esiste davvero?

    Veramente immaginiamo prima e realizziamo in un secondo momento quello che vogliamo o ci limitiamo a credere di volere ciò che realizziamo, sollecitati unicamente dalle circostanze che incombono su di noi in un determinato attimo della nostra perigliosa esistenza?

    Ognuno di noi avrà cercato e forse trovato le proprie risposte… io credo di aver trovato le mie!

    Un oceano di perché…

    All’età di due anni non smettevo mai di tempestare i miei genitori con i "perché"…

    Chiedevo perché per tutto e per ogni cosa. Non c’era una frase rivoltami dai miei genitori o da chiunque altro, alla quale io non rispondessi sempre e comunque con uno squillante perché? E questo anche se la risposta avrebbe dovuto essere un’altra, ad esempio un semplice oppure no. Poi… con il passare degli anni, ho smesso di chiedere il perché agli altri e ho cominciato a rispondermi da solo basandomi sulle esperienze che nel frattempo avevano segnato in modo indelebile il mio spirito, la mia mente e il mio meschino corpo!

    Oggi, all’età di quarantotto anni, mi domando perché sono qui, in questo odioso letto, senza più essere in grado di muovere nemmeno un muscolo del mio fisico se non la mia povera e inutile testa. E ci mancava pure la solita influenza di stagione e adesso anche il Covid-19 a distruggere quasi del tutto quel poco di socialità che mi è ancora concessa.

    Il Covid in particolare ha praticamente azzerato gli ormai sempre più sporadici contatti umani che ancora mi erano concessi. A me questo virus pare quasi essere l’arma perfetta! Studiata a tavolino non per distruggere l’ambiente, gli animali e le cose, ma capace di colpire subdolamente solo l’uomo, e da quanto sta accadendo sembra essere in grado di colpire principalmente gli elementi più deboli della nostra specie e pertanto, non solo è un’arma letale, ma addirittura un’arma letale e selettiva. Se non è stata ideata dall’uomo, certo è che qualcuno potrebbe convincersi di avere tra le mani lo strumento più adatto per scatenare una guerra batteriologica. Spero proprio di no, soprattutto per le nuove e future generazioni. Per quanto mi riguarda ormai ha poca importanza. Alle mie spalle, sulla volta del muro, che una volta era il fulcro di un luogo di preghiera, c’è dipinto un affresco molto antico che ritrae una delle scene più significative della religione cristiana: La crocifissione di Gesù!

    Ecco… Io oggi mi sento esattamente la rappresentazione vivente di questo affresco: Il crocefisso in mezzo a due ladroni!.

    Alla mia destra ho le gambe che non mi portano più da nessuna parte e alla mia sinistra le braccia che sono solo un peso morto attaccato a tutto il resto del corpo che rifiuta il ben che minimo movimento richiesto dal mio cervello che purtroppo funziona ancora. Eccome se funziona! Funziona a tal punto da farmi percepire in tutto me stesso l’amarezza di vivere in una macchina che era quasi perfetta e che invece ora è solo un ammasso di rottami, un ammasso di elementi disuniti, incapaci di coordinarsi e comunicare tra loro e interamente inutilizzabili dal mio povero e sventurato cervello.

    prima parte

    Como 30 anni prima

    Il mondo in mano

    Oggi compio 18 anni. Mai così intensamente come oggi, ho provato la sensazione di essere totalmente padrone di me stesso e di poter affrontare il mondo intero senza alcun affanno. Cosa può desiderare di meglio un ragazzo come me? Sono alto 1,89, fisico atletico grazie al nuoto che pratico più volte la settimana, capelli neri ricci e ribelli, occhi neri come la pece, naso aquilino, mani lunghe e capaci di esprimere forza e nel contempo offrire alle leggiadre fanciulle dolci e appassionate carezze. Non sono un narcisista, ma guardandomi allo specchio posso a ragion veduta considerarmi praticamente bello e così mi giudicano anche tutte le ragazze che mi ronzano attorno. Sono molto simpatico e questo me lo dicono indistintamente tutti, nemici compresi, e il denaro non mi manca. Non è che il denaro sia importante, almeno per me non lo è, ma averne un po’ in tasca non guasta mai. Per il mio vecchio è tutt’altra faccenda. Lui, il denaro, lo considera il tutto e fare soldi è in cima ai suoi pensieri.

    Peggio per lui! Non sa proprio godersi la vita!

    Mia madre sta esattamente nel bel mezzo della mischia e cerca di tenere insieme, almeno in apparenza, questa agiata famiglia. Come regalo di compleanno mio padre ha pensato a qualcosa di speciale e una volta tanto ha fatto centro decidendosi per un oggetto veramente adatto al mio spirito libero. Mi ha regalato una moto! Ma non una moto qualsiasi, mi ha regalato una Harley Davidson con la promessa però che io prenda la maturità con almeno 54/60 e mi iscriva subito alla Bocconi di Milano. Io di bocconi, anzi di bocconcini, ne preferisco altri. E per essere più precisi coniugherei in modo univoco al femminile il pronome indefinito altri! Ma devo stare al gioco. Per la maturità non ho problemi. A scuola sono sempre andato bene e poi conta molto anche come sai venderti ed io so vendermi molto bene. A proposito mi chiamo Roberto, Robert per gli amici e purtroppo credo proprio che per tutto il prossimo mese la moto non potrò usarla. Dovrò necessariamente passarlo, per causa di forza maggiore e superiore, con la testa posizionata esattamente sopra i libri di scuola e lo sguardo molto attento a quanto ho dinnanzi e non, come mio solito, perso in qualche ardente e recentissimo ricordo. Forzatamente devo far vedere al vecchio che mi impegno molto seriamente e inoltre, è mia intenzione prepararmi al top per superare gli esami in modo da dimostrargli, una volta per tutte, che non sono affatto un fallito. Ad ogni modo non mi preoccupo più di tanto. Di certo riuscirò ad escogitare qualcosa e trovare il modo per svicolare via senza essere visto, direi per quel paio, no forse è meglio… per tre orette, tutti i santi giorni che mi obbligheranno per un bel po’ a questa catena. Ma oggi è la mia festa e stasera ho organizzato una cenetta con un paio di amichette qua nel cottage che abbiamo in fondo al parco della villa. La villa dove abito con i miei genitori si trova proprio di fronte al lago. Il lago ha la forma di una y rovesciata e il suo emissario, il fiume Adda, ha l’intero suo corso totalmente racchiuso nella operosa regione Lombarda. Al tramonto il lago è veramente uno spettacolo. I raggi del sole, proprio sul fare del tramonto, fanno sembrare le sue acque un enorme piatto dorato, e quando la luna prende possesso della volta celeste, il piatto dorato si trasforma in argento puro e in entrambe le occasioni io resto ammutolito da tanta bellezza. La natura sa regalarti veramente dei flash che nemmeno il sommo pittore è sempre riuscito a catturare e riportare nella propria tela. Giusy e Francy sono puntuali. La cena l’ho prenotata e organizzata tramite il solito catering. Il proprietario è ormai diventato un amico di famiglia, visto che i miei si rivolgono sempre a lui ogni qualvolta organizzano una festa. Io pertanto mi sono limitato ad aggiungere al loro conto anche il servizio e le portate previste per la mia serata. Questa è la prima che organizzo tutta per me e pertanto nessuno avrà nulla da ridire. Visto che è tutto organizzato, noi tre abbiamo tutto il tempo per immergerci nelle acque del lago per una bella nuotata. E dopo esserci sciacquati ben bene sotto la doccia, tentare anche qualche tuffo dal trampolino della piscina che i miei hanno fatto costruire ad un centinaio di metri circa dal lago stesso. Infine, prima di accomodarci sulle poltrone poste sotto il gazebo, potremo anche allungarci sulle sdraio e goderci gli ultimi raggi di sole di una delle più calde giornate di fine aprile che io al momento ricordi.

    «Forza ragazze in acqua, arriviamo a quella boa laggiù e poi torniamo indietro. L’ultimo che arriva paga pegno. Vi lascerò una trentina di metri di vantaggio, così non potrete dire che la gara è stata impari. Ok?».

    Ridendo ci tuffiamo nel lago e ovviamente, nonostante il vantaggio concesso loro, sono io il primo a doppiare la boa e raggiungere la riva in tutta tranquillità. Giusy e Francy arrivano quasi insieme, ma Giusy tocca per prima la sponda e quindi sarà Francy a pagare pegno! Le due ragazze sono una l’opposto dell’altra. Giusy è una brunetta tutto pepe, mentre Francy è un leopardo, bionda e flessuosa esattamente come l’animale che più la rappresenta.

    Appena terminata la doccia Francy con il visino a mezza strada tra l’imbronciato e il malizioso ci chiede:

    «E quale sarebbe il pegno che dovrei pagare? Non dovremo ricorrere alla solita bambinata di sempre: dire, fare, baciare e…»

    «No, no, niente affatto! Tu dovrai "solo" servirci la cena di stasera».

    «Ma siete fuori? Non ci sono i camerieri per questo?».

    «Certo, ma tu dovrai esattamente comportarti come fossi una di loro e servirci, come minimo, sino al termine delle portate previste per gli antipasti. Poi vedremo. È questo il tuo pegno dolcezza!».

    Dandole una sculacciata sul suo bel sederino la spingo verso il capo del catering che, informato per tempo, è lì ad attenderla vicino al bancone stracolmo di prelibatezze e sorridendo le porge un camice, una cuffietta e un paio di guanti bianchi appositamente preparati per la concorrente sconfitta. Io non potevo di certo perdere nemmeno con un braccio legato!

    «Forza Giusy, facciamo un tuffo in piscina e poi andiamo a sdraiarci sui lettini e godiamoci questi ultimi raggi di sole prima della cena gentilmente servitaci dalla nostra nuova cameriera privata».

    Il dito medio di Francy scatta inesorabilmente verso l’alto! Ma sta allo scherzo, si mette guanti, camice e cuffietta in modo da non nascondere nessuna delle sue magnifiche forme e segue Giorgio dietro il banco per preparare i piatti degli antipasti.

    Credo proprio che sarà una serata piuttosto eccitante!

    Conflitti

    Mio padre proprio non capisce che a me non interessa fare soldi. Non vuole arrendersi, ma ormai lo sa benissimo che io sono uno spirito libero e non mi pongo di certo problemi per le mie tasche. Se ho soldi da spendere… ebbene li spendo, e se non li ho, fa esattamente lo stesso. A me bastano gli amici e le ragazze, il resto se deve venire a me, arriverà indipendentemente dalla mia volontà e soprattutto senza sprecare inutile fatica. Non devo andare a cercarlo e nemmeno mi devo sforzare per ottenere qualcosa in più di quello che mi è sufficiente per placare e in parte soddisfare, i miei desideri. Che senso ha accumulare denaro, vestiti, gioielli, case, ecc. ecc. se poi non ti godi i pochi attimi di felicità che ti sono concessi dal fato? A cosa ti giova la ricchezza se poi gli amici, quelli veri intendo, non li vuoi mai attorno perché sono lì a ricordarti quanto sei meschino e quelli che invece credi amici e ti osannano in ogni tuo agire, sono lì con te solo per puro profitto e fuggono appena vedono la mal parata? Che senso ha tutto ciò? Non ha alcun senso. Almeno per me!

    "Quant’è bella giovinezza, che si fugge tuttavia! Chi vuol esser lieto, sia: di doman non v’è certezza".

    Così, se non ricordo male, si esprimeva Lorenzo il Magnifico e se lo diceva lui…

    Ma con mio padre non riesco a ragionare di queste cose. Appena accenno ad esse lui subito mi risponde che sono solo un fannullone perditempo e che non ho nessunissima voglia di impegnarmi seriamente nella vita. A parte che non è del tutto vero, questo mio atteggiamento è anche a causa sua e soprattutto di mia madre in quanto entrambi, ma soprattutto mia madre, mi hanno sempre assecondato e concesso ogni cosa senza mai opporsi e perciò il sottoscritto ha sempre ottenuto quanto desiderava senza mai dover alzare nemmeno un dito. Ad ogni modo anche oggi ci risiamo e dunque rieccomi di nuovo costretto a sorbirmi uno dei suoi soliti sermoni. Quando inizia con le sue ramanzine mi sembra quasi di essere dietro ad affogare nelle acque, a volte torbide, del lago.

    «Ora basta signorino! Se vuoi i miei baiocchi devi meritarteli. D’ora innanzi non avrai più un centesimo da me. Ti pagherò l’università e il campus, ma non ti darò nemmeno un centesimo in più fino a quando non dimostrerai che prendi seriamente la tua vita. Voglio che ti impegni su ogni esame come se fosse l’ultima chance che ti rimane. Meno di trenta non accettarlo nemmeno! E se vuoi i soldi per i tuoi bagordi, guadagnateli lavorando! Sono stato chiaro?».

    «Chiarissimo! E tanto per essere chiaro a mia volta ti comunico che all’università non ci penso proprio! Sono stato assunto da una ditta che installa centrali telefoniche in Italia e all’estero e tra un mese parto per la Nigeria con un contratto di tre anni. Quindi non preoccuparti per me! Tieniti pure stretti i tuoi… baiocchi. D’ora innanzi mi posso tranquillamente mantenere da me stesso senza problemi!».

    Una mazzata in fronte non lo avrebbe tramortito peggio delle mie parole.

    «Co… cosa hai fa… fatto tu?».

    Il vecchio quando si arrabbia sul serio inizia sempre a balbettare. E infatti prosegue con il suo sproloquio continuando in modo impressionante ad esprimersi balbettando.

    «Co… come osi andare contro la volontà mia e di tua madre? Tu devi prendere una laurea esattamente come abbiamo deciso io e tua madre! Poi vedremo come inserirti nel mondo del lavoro. Ma prima devi laurearti perché noi non ci siamo sacrificati tutti questi anni per te per poi vederti mandare tutto a puttane! Non ammetto repliche su questo! Chi… chiaro?».

    «Primo: sei solo tu che hai deciso! Mia madre…».

    Non dico Tua moglie apposta per farlo maggiormente imbufalire. Riuscire ad esasperarlo è quasi diventata una missione per me.

    «… non ha mai accennato a nessuna di queste imposizioni!».

    Mia madre zitta si limita ad ascoltare abbassando gli occhi verso terra e la cosa mi fa infuriare maggiormente.

    «Quindi delle tue pensate non mi importa un fico secco!. Tra un mese Io parto e vado a lavorare in Nigeria, che ti piaccia o no! E finalmente farò della mia vita esattamente quello che voglio! Sono maggiorenne e non puoi impedirmi di fare quello che mi pare e ti dimostrerò che contrariamente a quello che credi, sono un tipo in gamba e so lavorare e mantenermi senza il tuo aiuto!».

    «Fu… fuori di ca… casa m… mia!».

    «Certo che me ne vado! E spero di non rivederti mai più!».

    Mia madre piange. Mi si spezza il cuore nel vederla soffrire a causa di un cocciuto marito e padre padrone!. Fosse solo per lei avrei fatto di tutto per accontentarla e restarle sempre vicino. Ma per lui… Mi avvicino a mamma e la bacio sulla fronte! Lei cerca di trattenermi, ma non posso restare. In fretta raccolgo le poche cose che mi sono care e con il solo zainetto dove ho stipato il tutto inserendo giusto in più i miei documenti e un cambio d’abito, esco definitivamente dalla casa che mi ha visto nascere e crescere, ma che ormai è diventata per me troppo stretta e inospitale.

    Chissà se in futuro sfiorerò nuovamente queste pietre! Sicuramente non potrà accadere fino a quando lui…

    E vai…

    Sino al giorno della partenza resterò dallo zio Jo. È il fratello di mia madre, e come lei, anche lui è molto più sensibile e affine al mio carattere. È un incallito scapolone, ma so per certo che le donne non gli mancano. Qualcuna ha tentato di accalappiarselo, ma lui tiene duro. Credo abbia saputo della rottura con mio padre proprio dalla sorella. Appena entro in casa sua, un appartamento di circa ottanta metri quadri all’ultimo piano di una palazzina che si trova in centro a lato della cattedrale di s. Maria Assunta, si limita a chiedermi:

    «Roberto sei proprio convinto di fare la scelta giusta? Non sarebbe meglio attendere almeno di prendere la laurea? Oggi come oggi se non sei laureato non puoi ambire a nessun posto di lavoro serio e degno di ritenersi tale e poi…».

    «Scusa zio ma non ho voglia di parlarne. Ho deciso così e se sbaglierò… Beh avrò pur diritto di sbagliare. La vita è mia e non chiedo nulla a nessuno».

    «Ok ragazzo mio, non parliamone più allora, ma almeno tieni informata tua madre, falle sapere come stai e dove ti trovi. Almeno questo a lei glielo devi. Tua madre ti vuole un mare di bene e ha sopportato di tutto per te e se hai bisogno d’aiuto…».

    Fortunatamente ha accolto la mia richiesta di non indagare oltre e pertanto evita di farmi ulteriori fastidiose domande.

    «Lo so, e questo è l’unico mio vero cruccio. Stalle vicino tu per me e grazie, ma d’ora innanzi voglio camminare con le mie sole gambe e far vedere all’orso di che stoffa sono fatto!».

    Alla mia partenza per Lagos da Milano non c’è proprio nessuno a salutarmi. Lo zio Jo mi ha salutato prima che partissi da casa sua e si è nuovamente raccomandato di restare in contatto con mia madre. Parto con altri colleghi che hanno scelto come me di firmare un contratto triennale senza possibilità di revoca, pena la perdita totale del premio in dollari che, per uno spiantato quale sono io ora, sono una vera manna. Dei soldi non mi importa molto, questo è vero, ma d’ora innanzi dovrò fare i conti con una realtà leggermente diversa rispetto a prima. E la mia testolina, una volta preso coscienza di questa nuova realtà, mi rammenta e evidenzia un risvolto piuttosto spiacevole che forse non avevo tenuto nella sua giusta considerazione: Se non ho soldi in tasca, devo dire addio ad alcuni piaceri ai quali sono piuttosto affezionato!. Vorrà dire che dovrò impegnarmi al massimo per evitare di perdere questo lavoro e fare in modo che quanto mi è necessario non venga mai a mancare.

    Non so nemmeno esattamente che lavoro dovrò svolgere. Mi hanno giusto chiesto se sapevo usare il computer, se parlavo e scrivevo correttamente l’inglese e se avevo voglia di mettermi in gioco per tre anni in un ambiente difficile ma non impossibile. Per me è stato come centrare un terno al Lotto. Ho detto subito di sì e ho firmato immediatamente il contratto senza nemmeno pensare alle implicazioni di un possibile contagio che potrebbe minare per sempre la mia salute qualora dovessi beccarmi la malaria o peggio ancora, la febbre gialla. Malattie queste, tuttora latenti nelle zone centrali del continente africano. Durante il viaggio mi si presenta l’opportunità di conoscere alcuni dei futuri colleghi: Franco, Guido e Renato. Tutti e tre mi sembrano ragazzi in gamba e da Franco comincio ad avere una vaga idea del nostro futuro lavoro.

    «Dovremo sviluppare alcuni dei programmi che permetteranno alle nostre… scusa ma comincio già a considerare anche mio ciò che di certo mio non è, e nemmeno è possibile considerare nostro. Volevo dire che dovremo sviluppare programmi per le nuove centrali che la nostra società sta installando nel paese, in modo da permettere ad esse il corretto dialogo con gli impianti esistenti e ormai obsoleti. Piano, piano questi vecchi impianti verranno sostituiti dai nostri.

    Ma necessariamente per qualche anno dovranno coesistere vecchie e nuove centrali e noi, con i nostri programmi, dovremo fare in modo di mantenere attiva e funzionante tutta la rete».

    «Beh… mi immagino che in un paese come questo, in cerca di una sua nuova collocazione internazionale e una nuova dimensione politico-sociale proiettata verso il futuro, migliorare la rete di comunicazione sia molto importante. Se non sbaglio, soldi, questo paese, ne ha parecchi da spendere grazie al petrolio e diverse ditte internazionali ed europee… ho letto da qualche parte che si sono già da tempo buttate a capofitto in progetti che sicuramente aiuteranno nella crescita e soprattutto tenteranno di modernizzare questo grande stato africano. Non pensi anche tu la stessa cosa Franco?».

    «Bah… Spero proprio di sbagliarmi, ma ho il forte sospetto che purtroppo aiuterà unicamente le sole società multinazionali a conquistarsi ulteriori fette di mercato. Per quel poco che conosco circa le regole che governano le aziende multinazionali, queste puntano unicamente al solo obbiettivo di far crescere il proprio business. Se poi qualcuno ottiene qualche beneficio ulteriore, è solo tanto di guadagnato!».

    Nigeria 29 anni prima

    Il primo impatto

    Dopo circa sei ore di volo atterriamo a Lagos e appena sbuco fuori dal portellone dell’aereo, una vampata di intensa umidità quasi incolla alla mia pelle la leggera camiciola che indosso. Ad attenderci c’è Jhimo un ingegnere del luogo che sarà d’ora innanzi il nostro contatto con le autorità locali che si occupano del settore delle telecomunicazioni. Dobbiamo subito prendere un volo interno per Kaduna che si trova più a nord. Dalle comodità di un dc-10 passiamo ad un Fokker che, in quanto a comodità, te lo raccomando e anche il pilota non sembra un granché visto che mi sembra di essere in groppa ad un cavallo non ancora del tutto domato. L’hotel presso il quale alloggiamo, in attesa di una sistemazione più consona a lunghi periodi, non è per niente male, è l’Asaa Pyramid Hotel, c’è anche una bella piscina e un bar fornitissimo nonostante da queste parti siano per lo più di religione mussulmana. Jhimo ci avverte che dovremo attendere il mese prossimo per l’alloggio, in quanto alcuni nostri colleghi rientreranno definitivamente in Italia e lasceranno libera una villetta con quattro stanze, tutte con bagno annesso.

    Fiuuu… meno male. Con una casa così privacy e ménage quotidiano saranno molto più gestibili.

    Dopo aver sistemato velocemente in camera i bagagli ci troviamo tutti nella hall dell’albergo per andare in quello che sarà d’ora innanzi il nostro ufficio. Giuseppe, il nostro nuovo responsabile, è un tipo veramente in gamba. Conosce perfettamente la rete telefonica locale e i sistemi ormai datati al momento funzionanti nelle vecchie centrali nigeriane. Inizia subito a spiegarci cosa si attende da noi.

    «Cari ragazzi conosco molto bene i problemi che dovrete affrontare, ma non preoccupatevi qualsiasi strumento vi servirà per testare i nuovi programmi di interfaccia con le attuali centrali ve lo procurerò o ve lo costruirò io».

    È un buon inizio, ma io comincio ad essere preoccupato. Non ho ancora del tutto chiaro il mio compito, non sono un programmatore e non conosco nemmeno la telefonia. Cerco di spiegarlo a Giuseppe, ma sembra che per lui non sia affatto un problema.

    «È semplice! Io ti passo i documenti che ti descrivono cosa deve fare il tuo programma, tu riporti quanto indicato sotto forma di diagramma di flusso e poi lo trasformi in istruzioni utilizzando il linguaggio che le nostre nuove macchine sanno eseguire. Così mi hanno detto che siete abituati a fare voi softwaristi».

    Dalle sue parole deduco che lui non lo sia e che forse ha qualche sassolino nella scarpa da togliersi nei confronti di questa categoria alla quale non sapevo di dover appartenere d’ora innanzi. Franco mi strizza l’occhio e sottovoce mi dice di non preoccuparmi. Mi dirà lui quali sono i documenti giusti da studiare e mi darà pure una mano, almeno all’inizio. Lui ha già fatto qualcosa di simile in Italia e pensa che io sia perfettamente in grado di svolgere il mio compito e completare senza problemi quanto si aspettano da me.

    «Ho parlato col collega che ti ha fatto il colloquio di assunzione e lui mi ha riferito che tu hai una mente molto attenta, aperta e brillante. Fabio non sbaglia mai e se ti ha mandato qua con noi vuol dire che è convinto che in breve tempo sarai in grado di svolgere al top il compito che ti aspetta quaggiù».

    «Ad essere sincero io non ne sono del tutto sicuro. Comunque vedremo!».

    Franco mi dà una pacca sulla spalla e insieme agli altri due colleghi entriamo nel nostro nuovo ufficio.

    «Eccoci qua. Siamo i novelli quattro moschettieri. Fateci strada, stiamo arrivando!».

    È Guido a parlare. Il più burlone del gruppo a quanto pare. A me tocca la scrivania appena dietro la porta. È la più scomoda, ma sono il pivello della comitiva e non posso di certo pretendere di essere trattato meglio degli altri.

    Comincio ad intuire il vero significato della parola gavetta.

    Nuove sensazioni

    La prima cosa che scopro è che da queste parti trovare compagnia è abbastanza facile. Se scegli la ragazza giusta, ovviamente che ti piace e tu piaci a lei, se le compri un bel vestito, la porti a cena in un bel ristorante e le proponi di venire a vivere con te, il gioco sembra fatto. Il colore ambrato della pelle di una bellissima ragazza che annoiata siede nella hall dell’albergo, appena rientriamo dall’ufficio mi attira subito.

    «Ciao, disturbo? Posso sedermi qui accanto a te?».

    Lei mi guarda con due occhi da gatta e molto lentamente si liscia la gonna e mi risponde: «No, non disturbi e siedi pure. Il divano è di tutti!».

    Ghiaccio rotto e sembra anche spiritosa la tipa.

    «A proposito io mi chiamo Roberto e tu come ti chiami?».

    «Io mi chiamo Kubra».

    Mentre lo dice vedo il rosa della sua lingua sottile e affilata sfiorarle le labbra appena un poco carnose e mi sento subito attratto da lei.

    «Kubra hai impegni stasera? Se sei libera mi farebbe molto piacere invitarti a cena e…».

    «Scusa ma se sei in vena di approcci strambi hai sbagliato persona. Io non sono una di quelle… Sono la figlia del direttore di questo albergo e non mi interessano né flirt e tantomeno simili surrogati».

    Che figura di m… Solo a me poteva capitare. Io cercavo vita facile e invece adesso non posso che sterzare a 180° e cercare di rimediare.

    «Touché! Ma davvero non era mia intenzione offenderti. Anzi volevo rendere onore alla tua bellezza! Quando vedo una bella ragazza io perdo la testa e…».

    «Quindi fai così con tutte!».

    Altra figura di m… «No anzi! Ehm… Volevo dire… Insomma, volevo solo farti un semplice complimento. E davvero, mi farebbe molto piacere invitarti a cena e senza altri reconditi fini».

    Alzo le mani al cielo «Solo per chiacchierare. Parola di scout! Lo giuro! Croce sul petto come prova della mia buona fede».

    Ora mi attendo un bel niet! Invece stranamente lei sorride e…

    «Ok allora. Io ceno di solito verso le nove. Ci vediamo qua alle nove stasera allora».

    Così dicendo si alza e mi saluta con la mano dietro la schiena. Il suo lato b è davvero uno spettacolo. Non ho mai cercato legami stringenti a casa mia ed ora vado ad impiccarmici qua? Ma sono proprio scemo! Questa non è per nulla una ragazza frivola e nemmeno una facile! Altro che dire: Così fan tutte!.

    Ma adesso per me è diventato un punto d’onore e se voglio avere una piccola chance con lei, devo tenerlo sempre bene in mente! Se voglio conquistarla devo giocare le mie carte molto sapientemente e con molta, moltissima attenzione. Di per certo molto più attentamente di come hai mai fatto sino ad ora caro ragazzo. Bella sfida! Ma dove ci porterà? Vado su internet a documentarmi un poco sulla popolazione nigeriana e scopro che le tre principali etnie che popolano questo paese sono Hausa, Yoruba e Ibo. Kubra, il cui nome significa all’incirca Grande, appartiene alla tribù Hausa che si è principalmente insediata nel nord della Nigeria. Puntuale alle nove lei è lì! Insieme a… suo padreee! Non posso crederci! Mi tocca subire immediatamente altre paternali anche qua? Kubra si avvicina con padre al suo fianco e ci presenta subito.

    «Padre questo è Robert il ragazzo italiano che mi ha invitato a cena stasera qua in albergo. La mia cena quindi, almeno per questa volta, non me la devi pagare tu, ma la metti sul suo conto».

    Non capisco la battuta ma prima o poi scoprirò cosa intende trasmettere al padre. Lui molto garbatamente non commenta, mi saluta in modo molto formale e poi, senza ulteriori convenevoli, ci scorta al tavolo riservato per noi nel ristorante. I miei tre nuovi amici Franco, Guido e Renato quasi spalancano la bocca quando mi vedono entrare scortato dal direttore e con una autentica gemma africana al mio fianco. Li saluto con un gesto della mano che vuol dire calma poi vi spiego tutto e prendo posto di fronte alla mia bellissima ospite. Indossa un vestito verde che molto si intona con i suoi occhi da gatta color… verde marino direi, con delle striature dorate. Sembrano sottilissime pagliuzze che rendono i suoi occhi ancora più belli di quelli che sembrano a prima vista. Durante la cena parliamo poco. Ai miei tentativi di sondare il terreno, Kubra risponde sempre e solo usando dei monosillabi: Sì - No - Forse - Vedremo.

    Non riesco a trovare un punto di contatto. Il padre non l’ha mai persa di vista e dopo il caffè lei si alza e si scusa dicendomi che la mattina seguente ha un impegno molto presto, mi saluta e lascia la sala senza dire nulla. Non so cosa pensare. Sto per alzarmi anch’io quando noto sotto il suo piattino del caffè un bigliettino che sporge appena. Come se volessi mettere le due tazzine vicine per aiutare i camerieri a liberare il tavolo, trascino la sua tazzina vicino alla mia, sfilo il biglietto da sotto il piattino e tenendolo nel palmo della mano, mi avvio all’uscita salutando il direttore da lontano inclinando leggermente il capo nella sua direzione. Non sto nella pelle! Cosa mi avrà scritto Kubra? Salgo in camera e chiudo la porta con la leva di sicurezza poi mi butto sul letto vestito e mi accingo a leggere.

    «Ciao Robert, sei un ragazzo molto simpatico e mi piaci, ma stai correndo un po’ troppo. Dalle nostre parti le ragazze perbene, anche se più disinibite di una volta, devono rispettare certe tradizioni e pertanto se hai intenzione di frequentarmi seriamente devi presentarti in famiglia e chiedere il permesso ai miei genitori. La cena di stasera è passata solo perché eravamo nel ristorante dell’albergo e sotto la stretta sorveglianza di mio padre e dei suoi dipendenti. Se hai notato i camerieri cercavano ogni pretesto per soffermarsi al nostro tavolo in modo da poter ascoltare quanto ci dicevamo per riportarlo a mio padre. Questo è il motivo del mio parlare molto stringato. Ora, se a te fa piacere, potremmo vederci e parlarne tranquillamente domani, diciamo all’ora di pranzo. Tra le dodici e le tredici sarò con alcune amiche dell’università al Safari bar dopo il centro commerciale Mangal Plaza. Quando esci dall’albergo vai verso la Independence way e svolta a sinistra. Poi, quando arrivi in prossimità del Kaduna Golf Club, svolta a destra e procedi fino in fondo alla Yakubu Gowon way, poi attraversa la rotatoria e prendi a sinistra sulla Ahmadu Bello way e infine prendi la Ibadan street e sei praticamente arrivato. Quando ti vedrò arrivare ti farò un cenno, ma non venire subito lì dove sono seduta. Non voglio che le mie amiche spettegolino su di noi e magari riportino tutto ai miei. Aspetta che io mi allontani con un pretesto e seguimi. A domani allora e, buonanotte».

    "Great performance!"

    Ho fatto nuovamente centro. La tentazione di buttarmici, in questa nuova avventura intendo, è troppo potente per resisterle! Ma sono veramente disposto a mettere a repentaglio e rischiare la mia libertà per una storia con una ragazza che indubitabilmente nemmeno mi consentirà di assaggiare il suo miele se non dopo aver ricevuto dalla propria famiglia la loro benedizione ed esser diventati a tutti gli effetti marito e moglie e pertanto ufficialmente sposi? Sì voglio rischiare! Se io ho colpito lei, lei ha colpito me e questa potrebbe essere l’occasione giusta per scoprire le mie capacità di conquista in un territorio a me sconosciuto, sia in termini di cultura, che di costumi e tradizioni.

    Io domani ci vado all’appuntamento e poi vedremo come butta.

    Il problema è che proprio domani comincia un corso accelerato inerente al lavoro che dovrò svolgere nel corso dei prossimi tre anni e il programma prevede che le lezioni durino tutto il giorno.

    Ma non posso rinunciare a questa ghiotta occasione.

    Devo assolutamente escogitare un pretesto che mi consenta domani all’ora di pranzo di allontanarmi dal corso almeno per un’oretta.

    Il rendez-vous

    Il corso è abbastanza impegnativo ma fila via liscio. Dalle dodici e fortunatamente per un paio d’ore è prevista una pausa. Io, senza dare spiegazioni a nessuno, filo via e mi faccio portare da un taxi al Safari bar. L’autista in meno di dieci minuti mi porta davanti all’ingresso. Lei è seduta con due sue amiche nel primo tavolo appena vicino all’entrata. Mi avvicino al banco e chiedo una cocacola. Dopo un paio di minuti lei si alza e con la scusa che vuole fumare una sigaretta, si avvia verso il fondo del bar dove c’è una seconda porta che immette in un giardino interno. La seguo con la coca nella sinistra e nella destra tengo ben evidente un pacchetto di Lucky… Appena fuori vedo che il suo magnifico lato b sta svoltando dietro una panchina seminascosta da un basso muretto oltre il quale si intravedono dei bellissimi fiori gialli.

    Appena la raggiungo indicando i fiori Kubra mi dice: «Sono i Costus Spectabilis. Sai che compaiono nel nostro stemma nazionale?».

    Mi fingo interessato, ma molto onestamente, sempre nel massimo rispetto di tutti e di tutto, in questo momento dei fiori non mi frega proprio un accidente di niente.

    «Come vedi sono qua! Ieri sera, appena ho letto il tuo biglietto, mi sono detto: Questa ragazza è troppo speciale per non incontrarla di nuovo. Quello che hai scritto in quel biglietto mi intriga più di un bacio rubato!».

    «Cosa vorresti dire?».

    «Voglio solo dire che mi ha fatto molto piacere sapere che non ti eri offesa per l’invito a cena di ieri sera e che mi farebbe davvero molto piacere frequentarti. Pur di non perderti, se è proprio necessario, sono disposto a tutto».

    Il sorriso che vedo nascere sul suo volto la illumina e la rende ai miei occhi ancora più bella e più cara. No non posso perdere questa ragazza. Costi quel che costi! Forse in questo paese, lontano migliaia di chilometri dal mio mondo, ho trovato davvero la compagna giusta per me!

    «Robert se davvero ci tieni a me e vuoi che ci rivediamo, presto dovrai chiedere il permesso ai miei genitori. Non subito però! Io vorrei prima che ci frequentassimo per qualche tempo senza ufficializzare la cosa. Se poi ci troveremo bene insieme allora dovrai per forza dichiararti formalmente».

    Mentre mi parla il suo volto da sorridente e disteso diventa molto teso e il suo sguardo rimane basso e fisso verso le sue nervose mani. Poi, molto lentamente, alza il suo sguardo verso di me e i suoi stupendi occhi verdi incrociano i miei e mi accorgo che è molto turbata e quasi implorante. Non resisto e avvicino il mio volto al suo e le sfioro le labbra con le mie. Lei non si tira indietro e allora il fuggevole bacio diventa un bacio profondo e pieno di emozioni e di desideri repressi. Il suo corpo da rigido e impacciato si scioglie e si abbandona all’abbraccio che il mio tutto reclama. Dopo… una vita le nostre bocche si separano ed io mi sento subito orfano di quel bacio e il distacco sembra quasi ferirci entrambi e strappare le nostre anime dalla infinita dolcezza e dall’amore assoluto che credevo possibile solo in paradiso. Dentro di me, insegnamenti catturati nei lunghi anni passati sui banchi di scuola ed elucubrazioni personali che spesso mi assillano ogni qualvolta ragiono sui sentimenti e sulle emozioni che agitano il mio animo, affiorano simultaneamente dal più profondo della mia memoria e si mescolano in un turbine di pensieri.

    L’Amore: "Eros è l’amore gratificante; Philia è l’amore sentimentale; Agapè l’amore spirituale. Credo che tutti i tipi di sentimento siano il tramite attraverso i quali ognuno di noi sperimenta e cerca di soddisfare il desiderio e la passione per eccellenza e più appagante per la componente umana di ciascuno di noi. Passione sia fisica che mentale e del proprio intelletto, quando si fondono diventano così potenti da farci credere di aver raggiunto l’apice. Ma il terzo e ultimo grado dell’Amore, il più importante, quello che una volta raggiunto porta all’estasi, porta all’apoteosi, è l’Agape. È l’Amore che lega l’uomo al suo Dio, al proprio Creatore. Forse solo i Santi sono capaci di sperimentare questo sentimento così sublime e così puro da annullare persino la necessità di percepire i primi due. Potrò mai io sperimentare questo Amore? Potrà mai il mio spirito aleggiare tra le braccia di questo… Tutto?" Non lo so! Per il momento mi devo unicamente accontentare delle prime due. Ma non è poi tanto male, diciamocelo tranquillamente. Non è per nulla malaccio quello che sento ardere dentro di me.

    «Kubra, io posso aspettarti fino alla fine del mondo, ma d’ora innanzi il mio vivere senza di te mi sarebbe impossibile. Aspetterò e agirò come vuoi, ma non dirmi di no, sii la mia donna ed io sarò il tuo uomo per sempre!».

    Lei sorride di nuovo e molto timidamente mi accarezza il volto e dopo un profondo sospiro mi dice semplicemente: «Vedremo…».

    Il bacio quasi fuggevole di poco prima ora si trasforma in un vero bacio e accarezzandole le spalle e scendendo verso il basso, sento tutti i nodi che rendono veramente speciale la sua spina dorsale e sua magnifica schiena. Grazie ad essa il suo corpo è dritto come un fuso, ma quando si piega i nodi la rendono simile alla stupenda pantera nera che da subito ho associato a Kubra. Ognuno di noi può essere assimilato ad uno specifico e unico animale. Se ci soffermiamo, anche solo per pochi attimi, a guardare con grande attenzione i lineamenti di chi ci sta vicino, ci possiamo subito rendere conto che proprio per i caratteri somatici e la gestualità espressa, ogni persona può richiamare nella nostra mente uno specifico e ben determinato animale. Le fattezze di una pantera, di un leopardo, di una gazzella, di una giraffa, di un lupo, di un orso e di molti altri animali, possono essere intraviste e individuate nel modo di agire, nella postura e anche nei tenui tratti del volto di ogni persona e molto spesso si finisce con l’identificare la persona stessa con lo specifico animale che emerge da quanto osservato. È forse per questo che ognuno di noi molto spesso sceglie, quando ovviamente gli è possibile, un cane a propria immagine e somiglianza. Io avevo un Husky e rammento molto bene che è cresciuto ed è vissuto con me fino all’età di 17 anni e quando è morto ho sentito

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