Mowgli - La favola di un randagio
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Anteprima del libro
Mowgli - La favola di un randagio - Domenico Farina
Uno
Era una magnifica notte di settembre, l'aria era fresca, pulita e pregna di odori di fiori, d'erba e di terra umida, le stelle brillavano superbe nel cielo terso, ammiccando alla luna, rotonda e rossa, poco distante una distesa sconfinata di acqua, che nel tempo avrei saputo chiamarsi mare
.
C'era silenzio intorno, un silenzio rotto, di tanto in tanto, dal miagolare dei gatti o dall'abbaiare dei cani.
Non c'era anima viva in giro, tante case vuote, come se fossero state abbandonate da tempo immemore e in tutta fretta.
Ecco, io sono nato lì, in quella notte meravigliosa, sotto quel cielo stellato beneaugurante, fra quegli odori inebrianti, subito accolto e abbracciato dalla mia mamma, che si prendeva amorevolmente cura di me e dei miei quattro fratellini.
Mi chiamo Mowgli.
No, non sono il figlio della giungla e, per la verità, non sono neppure un uomo, sono un gatto, anzi un gattino, nemmeno nato nella giungla, ma al mare, sotto le stelle, come vi dicevo.
Che poi il nome non me l'ha dato mica la mia mamma, no, lei mi chiamava miagolando e si faceva capire, il nome me l'hanno dato alcuni miei amici umani, che da un po' di tempo costituiscono la mia fantastica famiglia e con i quali ora vivo bene, in serenità e in amore, sentimenti mai provati prima.
Ma andiamo con ordine.
Due
Sono nato a Ippocampo, un grazioso villaggio turistico alle pendici del Gargano, un posto pieno di case, di verde, di giardini, di prati e di piante meravigliose, un posto bello, ma disabitato, almeno quando sono nato io.
La mia mamma pensava a tutto, dapprima ci ha allattato, poi ha cominciato a procurarci del cibo, non so dove andava a trovarlo, ma riusciva a procurarcelo, non era molto e neanche gustoso, ma andava bene e, comunque si mangiava, poco, ma tutti.
Nei primi giorni di vita, come tutti i gatti, mi muovevo in maniera impacciata, come se nuotassi appiccicato al pavimento, poi, dopo una ventina di giorni, ho cominciato a muovere i primi passi dapprima vicino alla mia mamma e poi da solo, mi muovevo agevolmente e sinuosamente, girando per il villaggio deserto.
Una mattina, tutto solo, sono anche andato al mare, che bella la spiaggia di giorno, che bella quella magnifica distesa di acqua azzurra, illuminata dai raggi del sole.
Era di ottobre quando sono andato per la prima volta a vedere il mare, quel giorno il sole splendeva luminoso nel cielo azzurro, non c'era nessuno, tranne piccole barche di pescatori in lontananza, certo l'aria era frizzante, ma non era freddo, tutt'altro.
Quella mattina poi, oltre al sole, c'era anche una brezza leggera, che, a tratti, riusciva a increspare il mare e a creare piccole onde, che sembravano rincorrersi una dietro l'altra, in una sorta di gioco spensierato e gioioso.
Sì, tutto sommato, posso dire che dove sono nato io si stava bene, almeno così pensavo nei primi giorni della mia vita e, in particolare, in quella fantastica mattina di ottobre.
Poi un giorno la mamma ci disse che stavamo crescendo e che dovevamo procurarci da soli il cibo, anche perché, diceva, i gatti sono felini, grandi cacciatori e predatori e, dunque, dovevamo cominciare a essere uomini, pardon a essere gatti, e per di più ... feroci predatori.
Il problema era che lì da predare non c'era proprio niente, con un po'