De vita rustica: Biografia di Giacomo Dradi
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Anteprima del libro
De vita rustica - Giada Domeniconi
Giada Domeniconi
De vita rustica
Biografia di Giacomo Dradi
UUID: 2530ddf1-9f96-4d30-83cc-aa0fd8b5924b
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INDICE
De vita rustica
Introduzione
Le mie radici nella terra
Il codirosso, il mio maestro
Di venticinque in venticinque
Che forma ha una passione?
Il parassita e il suo veleno
Nuovo Cinema Paradiso
La canapa
L’uva
Il grano
Il baco da seta
Nella vecchia fattoria
Oggi
A caccia
Durante il fascio nero
Una ferita a metà Italia
Il nucleare
Post guerra
Dedica
De vita rustica
Introduzione
Quando si lascia questa vita, qualcosa comunque rimane anche qua, così anche le mie memorie. Ho voglia di raccontare cosa ho vissuto, credo che ognuno di noi abbia qualcosa da dire... ma quanto a me, la dislessia spesso mi ha messo a tacere. E dunque ora vi racconto, perché le mie parole possano giungere alle orecchie delle nuove generazioni, sempre più sorde e occupate con altri rumori.
Le mie radici nella terra
Con soli venti giorni alle mie spalle, me ne stavo comodo in una culla a riposare, quando all’improvviso, una trave appesantita dalla tanta neve che sosteneva, decise di mollare e soccombere, così quel mucchio bianco che gli stava sopra mi ricoprì tutto. Ero sommerso e infreddolito, ma mia madre mi tirò fuori intatto e pronto alla vita. Iniziai a trascorrere i miei giorni con i due fratelli che mi precedevano, uno di questi si chiamava Michele, di cui parlerò. Ben presto diventammo un branco di sette ragazzi, cresciuti nella terra dei nostri padri contadini. In quel tempo vigeva la mezzadria, i coltivatori diretti erano piuttosto rari, perché per esserlo occorreva appartenere a una famiglia benestante. Come avrete letto nei libri di storia, le terre appartenevano ai ricchi, il cui privilegio era quello di lasciare il lavoro sporco agli operai agricoli, addetti alla lavorazione dei campi, mentre loro, d’altro canto, ci guadagnavano dalle rendite. In realtà anche i contadini ne giovavano, infatti le famiglie molto numerose come la mia necessitavano di una dimora e i proprietari ne concedevano una annessa alla terra da lavorare. Del raccolto si faceva a metà, così come del ricavato dal bestiame. Il proprietario offriva le bestie, il contadino doveva gestirle. Anche mio padre era un fattore e come il suo sangue, anche quello dei suoi figli conobbe la fatica della campagna, in una casa non nostra, ma di mano ricca. In quel tempo, si parla di quando ero ancora un bambino, perciò intorno agli anni ’30 del secolo scorso. Degli anni miei posso dire che si conosceva ancora il dono dell’accontentarsi, di un tetto sopra la testa (purché non crollasse) e di un dignitoso lavoro per guadagnarsi da mangiare.
Riquadro di famiglia
Inoltre, il merito di una persona era l’onestà e la semplicità; poteva mancare il cibo, spesso, la felicità e la salute, ma l’onestà non doveva venire a meno mai. Era capostipite di tante virtù che si portavano con fierezza e che vanno perdendosi oggigiorno con noncuranza. Michele, il secondo figlio, che come noi assaporò il lavoro agricolo, decise di guadagnare due soldi in industria, senza forse rendersi conto di quanto quella vita fosse stressante, fatta di turni notturni e tempi scanditi. Si ammalò di